ECLETTICI

 

Il sincretismo che caratterizza l’età ellenistico-romana, porta ad una significativa combinazione delle dottrine ricavate da diversi sistemi e scuole; l’eclettismo che è ampiamente presente nelle tre maggiori scuole postaristoteliche (epicureismo, stoicismo e scetticismo, concordi nel perseguimento della felicità da parte dell’uomo), trova la massima diffusione alla fine del II secolo a.C. Interessante è lo sforzo di conciliare le dottrine delle diverse scuole, rifacendosi anche alle differenze fra Platone ed Aristotele, minimizzando l’opposizione.

Filone di Larissa, abbandonato il principio scettico dell’εποχή, assume una posizione propriamente eclettica, sostenendo che l’uomo, pur non potendo raggiungere un sapere dell’evidenza, può tuttavia arrivare ad un grado di verità bastevole per la fondazione di un’etica.

Panezio di Rodi e Posidonio di Apamea, modificando il rigorismo etico dello stoicismo, assume il principio del “conveniente” come guida di ogni atteggiamento morale. Cicerone stesso a Roma diventa l’interprete di questi orientamenti, vedendo nel consenso universale delle genti il criterio primo di verità, rifiutando tesi meccanicistiche ed irrazionalistiche, elaborando una visione ordinata, all’interno della quale si colloca puntualmente anche il divino, sottolineando la costituzione eminentemente razionale del cosmo. La retorica entra a questo punto nel discorso filosofico, riuscendo ad imporre tale concezione, non in maniera dogmatica, bensì dialettica e attraverso gli strumenti della persuasione e della discussione.

Cicerone riesce poi a dare ampiamente voce al pensiero eclettico, caratterizzato dalla morale del contegno e del decoro, dalla figura del saggio intento alla cura della propria anima, da un nucleo di unitarietà cosmica.

<back