Per quanto sia un essere fortemente passionale,
egli è contraddittorio, le amanti ne individuano con precisione
il lato oscuro: demonio (Rivcà,
p.18); pazzo // farabutto
(Sara, p.24 e p.39); Non è un "giusto"//
l'uomo piú bugiardo // non
è un giusto (Rachele, p.54 e p.57); squilibrato
(Lia, p.92), eppure la moglie dice:
mi aspetto ugualmente qualcosa
di grande da lui, e questo qualcosa lo aspetto con fiducia. È
per ciò che ti prego di non interrompere lo scambio di
lettere con le donne che ti hanno scritto. Forse, prima che tuo
figlio nasca, sapremo tutte e due qualcosa che potrà davvero
cambiare il senso della nostra vita, e anche quella di tuo figlio.
(pp.39-40).
Quello che ci si aspetta deriva dalla ricerca per
sapere, una ricerca inesausta per conoscere ciò che il tempo
ha sepolto: Il presente sarebbe un deserto
terrificante senza le tracce del passato (p.9), oppure per
scoprire un senso che liberi dalla penosa
percezione dell'insensatezza (p.90); quell'insecuritas,
che è il dramma della condizione umana. Un sapere, si potrebbe
dire, carnale, fatto di memorie, ricordi, vicende di persone che
hanno qualcosa a che fare con i personaggi e un sapere, si potrebbe
dire, cognitivo, piú individuale, centrato sulla metodicità
analitica, quasi un'oscillazione fra esterno ed interno, come afferma
Andreas: Proiettare se stessi fuori di se
stessi, nell'Universo, e ritornare in se stessi. (p.88).
Ma che non è altro che una ricerca che porta alla narrazione
È questo che voglio ora raccontare.
(p.83), Poter descrivere è il senso
del Viaggio che compi in te, fuori di te. (p.88). Infatti
la narrazione è possibile o perché chi ha cuore ricorda,
rimanda perciò ad un legame affettivo che rimette alla scoperta
di quello che si è, attraverso le ascendenze genetiche e
parentali, in una riemersione degli antenati che ritornano "vivi"
attraverso le parole. Dato che l'oblio segna una seconda morte,
ancor piú definitiva, è solo la dimensione memoriale
a rendere significativo il nostro stesso esistere; oppure perché
si è visto, osservato, scoperto qualcosa di singolare e inusitato,
quasi mistero svelato. Il ricordo riporta alla luce, la visione
illumina in quanto si incarnano, avverano e verificano nella parola.
Solo nel raccontare, nel ricordare, nell'indagare, nel riferire,
nel dire un evento, (in fondo nel linguaggio), si costituisce e
fonda l'essere umano. Ricordo e visione si manifestano come racconto,
storia, cioè un'epifania sonora: è solo la parola
che permette il trasformarsi nella nostra mente di un evento in
un fenomeno dotato di significato. E la storia è parola:
non a caso l'etimologia di "storia" riconduce a vedere
e a ricercare: si racconta ciò
che si è visto, la scoperta non può che essere raccontata.
Ecco, allora, l'occorrenza massiccia, nei personaggi femminili,
e basti un solo esempio, dei termini: racconto
(p.3) raccontare (p.9), leggenda
(p.5) tramandare (p.9), ricordo
(p.14) / ricordare (p.9), narrazione
(p.19), riferire (p. 46), trasmettere
(p.53), che spesso trovano un corrispondente speculare anche nel
lessico di Andreas: racconto (p.83)
raccontare (p.83), trasmettere
(p.83), riferire (p.91), ricordo
(p.107). Ma quello che risulta particolarmente distintivo sono i
termini storia e visione/vedere,
il primo esclusivamente usato dai personaggi femminili: Sara, Lia,
Rivcà, Rachele; i secondi esclusivamente dal personaggio
maschile: Andreas. La storia, in quanto memoria, ricordo di dati
reali, è lo specifico femminile: il gestare e dare alla luce
figli non è altro che l'analogo della memoria (occorre ricordare
che nella mentalità greca arcaica il creare poetico non era
che una reminiscenza: Mnemosine madre delle Muse!). La visione,
in quanto fantasia, ricerca incessante (tema dello streben faustiano),
in fondo "fuga", è lo specifico maschile: il narcisismo
non è altro che l'analogo della visione. Questo sembra dire
Pressburger. D'altra parte è singolare come l'ossessivo richiamo
al 'vedere', (si confrontino ad esempio le pagine 104-116 dove i
termini appartenenti a tale campo semantico superano le 140 occorrenze,
creando un mantra ripetitivo e cadenzato, appunto per favorire l'estasi)
si ribalti in un non-vedere: La grandezza
ha altri aspetti. Non piú le forme, né le fantasticherie.
Sta nel sapersi accecare. (p.116), che recupera la tradizione mistica
(11)
e annulla tutta la tensione protesa allo svelamento. Alla fine della
sua ascesa Andreas giunge ad uno scacco: Ma
non ne ho colto il senso. Il senso è soltanto nella visione
del Volto che quel Velo nasconde, (p.111),
ho cercato di ascendere all'ultima verità. Forse è
impossibile, almeno per ora, raggiungerla. (p.116). L'ascesa
verso l'estremo ed esterno si ribalta in un'incurvatura interiore
tanto che quello che si manifesta è un suono: Non
vedere, ma ascoltare. Ascoltare l'incessante sussurro della Grande
Voce che parla in noi. Cercare di capire quello che dice.
(p.116). Il ricordo non è altro che il "ripetere"
le voci andate, come il vedere per il conoscere non è altro
che un saper ascoltare. Da un lato saper estrarre dal silenzio,
dall'altro saper fare silenzio, annientarsi perché si manifesti
l'Invisibile. Solo l'essere che sa dare vita a chi non è
piú può permettere il manifestarsi dell'inconoscibile.
La responsabilità umana è questa decisione di non
dimenticare e del saper ascoltare ciò che permette il conoscersi.
Se da un lato le figure femminili raccontano delle storie e dall'altro
Andreas riconosce che bisogna saper ascoltare, significa portare
in primo piano la comunicazione, la relazione con l'altro da sé:
l'essere che ci parla. Ecco perché nel testo ci sono cinque
voci (il termine voce è diverso
dal termine parola, perché rimanda ad una presenza): La
quarta voce (p.30) come persona che parla;
la Grande Voce (p.116) quella
di Dio, che paradossalmente si manifesta con un sussurro, quasi
a riprendere la tradizione biblica della terribilità annientatrice
del divino che non può che manifestarsi all'umano indirettamente,
di spalle (12)
; la "voce" dell'ispirazione: Quando
scrivi, qualcosa ti sussurra: "Io sto scrivendo", ma un'altra
voce ti sussurra quello che stai scrivendo (p.88), quasi
a riprendere la tradizione medievale del dittatore;
la voce della seduzione estetica e poetica:
La tenera bellezza della mia voce colpiva gli ascoltatori, // sentire
la tua voce (p.67); la "voce" come unico residuo
fisico, traccia sonora che sostituisce il corpo e l'essere: Le
porterò la voce registrata di suo padre. La sua voce. La
sua voce resterà, lui no. La voce: vibrazioni dell'aria.
(p.78). Curiosa, allora, diventa la sottile relazione che si può
istituire fra coloro che hanno voce, parlano: le donne, un dio,
un poeta, Pressburger e coloro che ascoltano: Andreas, gli esseri,
gli uditori, noi lettori. Cosí pure si può stabilire
una relazione simmetrica fra la realtà ultima, che è
inconoscibile, ma che emana la Grande Voce ordinatrice e la realtà
in cui si è immersi che è, anch'essa, enigmatica,
caotica, un miscuglio inestricabile di bene-male, in una inesplicabile
duplice commistione:
La natura è il luogo
in cui tutti mangiano tutti, è fatta di ferocia, ma sa
anche donare, gratuitamente, forme e sapori perfetti e innocenti.
(p.86); portare i messaggi alle famiglie
separate da quel qualcosa di apparentemente insensato che noi
chiamiamo "gli eventi della Storia".
(p.67); Parlavo del Male che dilaga. Anche il Bene trabocca.
(p.11); l'insensata e spesso benevola casualità
della vita e della materia. (p.64);
C'è molta falsità dappertutto, ma molta, molta verità.
È un miscuglio incredibile di queste due cose, le uniche
di cui è composta la vita: falsità e autenticità.
(p.72).
Parimenti è duplice la natura umana, qui rappresentata
dal principio maschile (Andreas) e dal principio femminile (Sara,
Lia, Rivcà, Rachele). Il principio maschile di volta in volta
entra in relazione con quello femminile mediante un meccanismo di
attrazione passionale e di frattura emozionale. Non esistono una
relazione o un rapporto solo positivi, ma sempre una miscela contraddittoria
e alla fine deludente. Sintomatica è pure la serie di rapporti
e simbologie che si possono istituire vedendo le donne quattro
pilastri del mondo (p.116), e considerando il carattere,
la classe sociale, il rapporto con il generare, la dimensione affettiva
nei confronti di Andreas, l'attrattiva da parte di Andreas, l'attività:
sanguigno
agricola
procrea cosciente
risarcimento
antimadre
attrice per gli altri
|
Rachele
|
Sara
|
flemmatico
borghesia funzionariale
genera insciente
trasporto
come la madre
insegna agli altri
|
|
Andreas
|
|
bilioso
aristocrazia
aborto
fissazione
amante possessiva
cura gli altri
|
Rivcà
|
Lia
|
melanconico
borghesia economica
sterilità
autenticità
"bambina"
politica e arte per gli altri
|
da cui si evincono delle relazioni simmetriche o
antitetiche che, in realtà, costituiscono un insieme complessivo
unico e rappresentante il principio femminile, il quale, però,
rimette al positivo, non è a caso che tutte facciano una
attività a favore degli altri. Mentre il maschile rimette
al negativo:
Quando il male dilaga,[
]
i maschi di tutto il pianeta sono chiamati a uccidere chiunque:
bambini, donne, vecchi inermi (p.11);
I maschi sono cosí paurosi da diventare violenti. Il loro
mondo di violenza è ridicolo, ma comunque minaccioso. Può
portare all'orrore (p.12); I maschi
perdono sovente il bambino che potrebbe vivere in loro: resta
soltanto il turbolento adolescente. In loro la tempesta dell'istinto
non di rado cancella l'innocenza, in noi, no (p.25);
ogni uomo vale per quello che riesce a conservare del bambino
che è stato (p.49); L' uomo non ha volto, soltanto le donne
e i bambini hanno un volto visibile. Il volto degli uomini è
coperto da peli. I bambini, le donne. Loro rappresentano l'umanità
(p.87).
D'altra parte l'età adulta maschile, evidentemente,
per Pressburger, rappresenta la malvagità del potere, visto
nella sua quadruplice espressione: quello che elimina, come nel
caso dei genitori di Andreas; quello che stupra, come nel caso
della nonna di Rivcà; quello che esclude ed esilia, come
nella vicenda di Rachele; quello che si autocorrompe, come nella
storia di Lia.
Ecco perché la commistione, intrisa di bene e male, di
positivo e negativo, che è la realtà (13)
risulta un hidah (= arcano), un enigma
che, proprio per questo, incessantemente interroga e inesauribilmente
provoca a una prassi biofila: un agire per gli altri. Andreas
alla fine del suo viaggio giunge a ciò:
Esisti solo negli altri, per gli altri. Per te non troverai mai
nulla (p.87). Ma sono le donne a sottolineare tale concezione,
sistematicamente:
ti parlo dell'amore materno
[
], sarà proprio quell'amore a mandare avanti
il mondo (p.11); sono cosí
stupida da soccorrere chiunque mi chieda aiuto, fino ad annullare
i miei stessi interessi (p.40); il
segreto della vita: trovare il modo di essere d'aiuto agli altri.
(p.45); amare [
] è
l'unico senso della vita, anche se è soltanto illusione
(pp.54-55); Il dare mi sembra la
vera motivazione della vita, non riesco a vederne altre (p.123).
In fondo anche il titolo rimette a simile commistione-complessità:
salgo, in un vortice di vento, in un vortice
di fuoco (p.102); come a dire le due modalità: il
maschile o vento, incatturabile e perennemente
proteso alla conquista di una certezza, ma anche Ruah: spirito,
inquietudine, sorpresa, ma pure "perdizione"; e il femminile
o fuoco, incorruttibile, travolgente
ed annientante, perché bisognoso di creazione, ma anche "Esh":
fiamma, parola divina che emana e rassicura, mistero, passione assoluta,
ma pure "ossessione".
Solo dall'insieme di queste due entità
emerge possibilità.
Ma la scelta dell'autore non è per un'ideologia
o una religione, anche se ci sono dei richiami all'ebraismo, per
il riferimento a Sephirot come:
la grazia della Presenza, (p.29), (= Malkut: la Shekinah);
Giustizia e pietà siedono a destra,
fedeltà e pace a sinistra (p.81). (= Gevurah, Hesed,
Nezach, Hod); Ho visto la corona con le lettere
incise (p.104), (= Keter) o anche all'Adam
Kadmon: in nome dell'uomo primordiale
(p.54), sono allusioni esoteriche. Lia, l'unica vera ebrea, perché
discendente da madre ebrea, aspira al buddismo (p.29). Dato che
anche la fede è vista come fantasma
dell'umanità (p.55), quella che emerge è un'etica
laica, dato che il Tao, la via, la linea di condotta,
la Torah, la Legge, è in ogni libro buono, in ogni lettera
d'amore, in ogni frettolosa, ansiosa dichiarazione, per dirci che
ci apparteniamo (p.49) e dipende dal fare per gli altri,
non dal credere a una concezione religiosa o a una visione del mondo
filosofico-politica.
Allo stesso modo il fare dell' autore è l'avere
generato un libro (il nascituro, come metafora del libro, è
forse l'aspetto piú strabiliante del messaggio!), cioè
un'opera che si proponga come un'incessante investigazione razionale
(lo "spazio" di queste vicende è esclusivamente
mentale, non ci sono né piante, né animali in questo
libro; tutto si svolge nell'immaginario, nel pensiero, nel mentale),
proprio perché sta al di là del tempo e delle contingenze
tutti quelli che scrivono, sono in un limbo,
sospendono il tempo e lo spazio (p.71), come solamente la
passione amorosa può realizzare una
passione che faceva scomparire, durante quegli incontri, tutto il
mondo, il tempo, la realtà, l'irrealtà (p.47),
tale da elaborare una domanda che provochi e una proposta che spinga
ad una scelta questo grumo di luce e miseria che ciascuno di noi
è.
Salvador - Bahia 27 gennaio 2001 (dies memoriae)
NOTE:
(11) - Basti pensare alla "'luce" del cuore
che guida Juan de la Cruz nella I Canción o al sentido/que
estaba oscuro y ciego , della seconda vv.15-16
Riprendi la lettura
(12) - "vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può
vedere". cf. Esodo 33, 23 Riprendi
la lettura
(13)- Concezione presente nella tradizione biblica: "Vedi,
io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male;[
];
scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza"
Dt, 30, 15 e 19. Riprendi
la lettura