Indice della sezione   Le altre sezioni Torna alla Home
 

 

Sette volte sette
Giorgio Pressburger, Di vento e di fuoco, Torino, Einaudi, 2000

Di Graziano Pampaloni

 
precedente

2/2

 

 

 

 

Per quanto sia un essere fortemente passionale, egli è contraddittorio, le amanti ne individuano con precisione il lato oscuro: demonio (Rivcà, p.18); pazzo // farabutto (Sara, p.24 e p.39); Non è un "giusto"// l'uomo piú bugiardo // non è un giusto (Rachele, p.54 e p.57); squilibrato (Lia, p.92), eppure la moglie dice:

mi aspetto ugualmente qualcosa di grande da lui, e questo qualcosa lo aspetto con fiducia. È per ciò che ti prego di non interrompere lo scambio di lettere con le donne che ti hanno scritto. Forse, prima che tuo figlio nasca, sapremo tutte e due qualcosa che potrà davvero cambiare il senso della nostra vita, e anche quella di tuo figlio. (pp.39-40).

Quello che ci si aspetta deriva dalla ricerca per sapere, una ricerca inesausta per conoscere ciò che il tempo ha sepolto: Il presente sarebbe un deserto terrificante senza le tracce del passato (p.9), oppure per scoprire un senso che liberi dalla penosa percezione dell'insensatezza (p.90); quell'insecuritas, che è il dramma della condizione umana. Un sapere, si potrebbe dire, carnale, fatto di memorie, ricordi, vicende di persone che hanno qualcosa a che fare con i personaggi e un sapere, si potrebbe dire, cognitivo, piú individuale, centrato sulla metodicità analitica, quasi un'oscillazione fra esterno ed interno, come afferma Andreas: Proiettare se stessi fuori di se stessi, nell'Universo, e ritornare in se stessi. (p.88). Ma che non è altro che una ricerca che porta alla narrazione È questo che voglio ora raccontare. (p.83), Poter descrivere è il senso del Viaggio che compi in te, fuori di te. (p.88). Infatti la narrazione è possibile o perché chi ha cuore ricorda, rimanda perciò ad un legame affettivo che rimette alla scoperta di quello che si è, attraverso le ascendenze genetiche e parentali, in una riemersione degli antenati che ritornano "vivi" attraverso le parole. Dato che l'oblio segna una seconda morte, ancor piú definitiva, è solo la dimensione memoriale a rendere significativo il nostro stesso esistere; oppure perché si è visto, osservato, scoperto qualcosa di singolare e inusitato, quasi mistero svelato. Il ricordo riporta alla luce, la visione illumina in quanto si incarnano, avverano e verificano nella parola. Solo nel raccontare, nel ricordare, nell'indagare, nel riferire, nel dire un evento, (in fondo nel linguaggio), si costituisce e fonda l'essere umano. Ricordo e visione si manifestano come racconto, storia, cioè un'epifania sonora: è solo la parola che permette il trasformarsi nella nostra mente di un evento in un fenomeno dotato di significato. E la storia è parola: non a caso l'etimologia di "storia" riconduce a vedere e a ricercare: si racconta ciò che si è visto, la scoperta non può che essere raccontata. Ecco, allora, l'occorrenza massiccia, nei personaggi femminili, e basti un solo esempio, dei termini: racconto (p.3) raccontare (p.9), leggenda (p.5) tramandare (p.9), ricordo (p.14) / ricordare (p.9), narrazione (p.19), riferire (p. 46), trasmettere (p.53), che spesso trovano un corrispondente speculare anche nel lessico di Andreas: racconto (p.83) raccontare (p.83), trasmettere (p.83), riferire (p.91), ricordo (p.107). Ma quello che risulta particolarmente distintivo sono i termini storia e visione/vedere, il primo esclusivamente usato dai personaggi femminili: Sara, Lia, Rivcà, Rachele; i secondi esclusivamente dal personaggio maschile: Andreas. La storia, in quanto memoria, ricordo di dati reali, è lo specifico femminile: il gestare e dare alla luce figli non è altro che l'analogo della memoria (occorre ricordare che nella mentalità greca arcaica il creare poetico non era che una reminiscenza: Mnemosine madre delle Muse!). La visione, in quanto fantasia, ricerca incessante (tema dello streben faustiano), in fondo "fuga", è lo specifico maschile: il narcisismo non è altro che l'analogo della visione. Questo sembra dire Pressburger. D'altra parte è singolare come l'ossessivo richiamo al 'vedere', (si confrontino ad esempio le pagine 104-116 dove i termini appartenenti a tale campo semantico superano le 140 occorrenze, creando un mantra ripetitivo e cadenzato, appunto per favorire l'estasi) si ribalti in un non-vedere: La grandezza ha altri aspetti. Non piú le forme, né le fantasticherie. Sta nel sapersi accecare. (p.116), che recupera la tradizione mistica (11) e annulla tutta la tensione protesa allo svelamento. Alla fine della sua ascesa Andreas giunge ad uno scacco: Ma non ne ho colto il senso. Il senso è soltanto nella visione del Volto che quel Velo nasconde, (p.111), ho cercato di ascendere all'ultima verità. Forse è impossibile, almeno per ora, raggiungerla. (p.116). L'ascesa verso l'estremo ed esterno si ribalta in un'incurvatura interiore tanto che quello che si manifesta è un suono: Non vedere, ma ascoltare. Ascoltare l'incessante sussurro della Grande Voce che parla in noi. Cercare di capire quello che dice. (p.116). Il ricordo non è altro che il "ripetere" le voci andate, come il vedere per il conoscere non è altro che un saper ascoltare. Da un lato saper estrarre dal silenzio, dall'altro saper fare silenzio, annientarsi perché si manifesti l'Invisibile. Solo l'essere che sa dare vita a chi non è piú può permettere il manifestarsi dell'inconoscibile. La responsabilità umana è questa decisione di non dimenticare e del saper ascoltare ciò che permette il conoscersi. Se da un lato le figure femminili raccontano delle storie e dall'altro Andreas riconosce che bisogna saper ascoltare, significa portare in primo piano la comunicazione, la relazione con l'altro da sé: l'essere che ci parla. Ecco perché nel testo ci sono cinque voci (il termine voce è diverso dal termine parola, perché rimanda ad una presenza): La quarta voce (p.30) come persona che parla; la Grande Voce (p.116) quella di Dio, che paradossalmente si manifesta con un sussurro, quasi a riprendere la tradizione biblica della terribilità annientatrice del divino che non può che manifestarsi all'umano indirettamente, di spalle (12) ; la "voce" dell'ispirazione: Quando scrivi, qualcosa ti sussurra: "Io sto scrivendo", ma un'altra voce ti sussurra quello che stai scrivendo (p.88), quasi a riprendere la tradizione medievale del dittatore; la voce della seduzione estetica e poetica: La tenera bellezza della mia voce colpiva gli ascoltatori, // sentire la tua voce (p.67); la "voce" come unico residuo fisico, traccia sonora che sostituisce il corpo e l'essere: Le porterò la voce registrata di suo padre. La sua voce. La sua voce resterà, lui no. La voce: vibrazioni dell'aria. (p.78). Curiosa, allora, diventa la sottile relazione che si può istituire fra coloro che hanno voce, parlano: le donne, un dio, un poeta, Pressburger e coloro che ascoltano: Andreas, gli esseri, gli uditori, noi lettori. Cosí pure si può stabilire una relazione simmetrica fra la realtà ultima, che è inconoscibile, ma che emana la Grande Voce ordinatrice e la realtà in cui si è immersi che è, anch'essa, enigmatica, caotica, un miscuglio inestricabile di bene-male, in una inesplicabile duplice commistione:

La natura è il luogo in cui tutti mangiano tutti, è fatta di ferocia, ma sa anche donare, gratuitamente, forme e sapori perfetti e innocenti. (p.86); portare i messaggi alle famiglie separate da quel qualcosa di apparentemente insensato che noi chiamiamo "gli eventi della Storia". (p.67); Parlavo del Male che dilaga. Anche il Bene trabocca. (p.11); l'insensata e spesso benevola casualità della vita e della materia. (p.64); C'è molta falsità dappertutto, ma molta, molta verità. È un miscuglio incredibile di queste due cose, le uniche di cui è composta la vita: falsità e autenticità. (p.72).

Parimenti è duplice la natura umana, qui rappresentata dal principio maschile (Andreas) e dal principio femminile (Sara, Lia, Rivcà, Rachele). Il principio maschile di volta in volta entra in relazione con quello femminile mediante un meccanismo di attrazione passionale e di frattura emozionale. Non esistono una relazione o un rapporto solo positivi, ma sempre una miscela contraddittoria e alla fine deludente. Sintomatica è pure la serie di rapporti e simbologie che si possono istituire vedendo le donne quattro pilastri del mondo (p.116), e considerando il carattere, la classe sociale, il rapporto con il generare, la dimensione affettiva nei confronti di Andreas, l'attrattiva da parte di Andreas, l'attività:

sanguigno
agricola
procrea cosciente
risarcimento
antimadre
attrice per gli altri

 

Rachele

 

 

Sara

 

flemmatico
borghesia funzionariale
genera insciente
trasporto
come la madre
insegna agli altri

 


Andreas
 

 

bilioso
aristocrazia
aborto
fissazione
amante possessiva
cura gli altri

Rivcà

 

Lia

 

melanconico
borghesia economica
sterilità
autenticità
"bambina"
politica e arte per gli altri

 

da cui si evincono delle relazioni simmetriche o antitetiche che, in realtà, costituiscono un insieme complessivo unico e rappresentante il principio femminile, il quale, però, rimette al positivo, non è a caso che tutte facciano una attività a favore degli altri. Mentre il maschile rimette al negativo:

Quando il male dilaga,[…] i maschi di tutto il pianeta sono chiamati a uccidere chiunque: bambini, donne, vecchi inermi (p.11); I maschi sono cosí paurosi da diventare violenti. Il loro mondo di violenza è ridicolo, ma comunque minaccioso. Può portare all'orrore (p.12); I maschi perdono sovente il bambino che potrebbe vivere in loro: resta soltanto il turbolento adolescente. In loro la tempesta dell'istinto non di rado cancella l'innocenza, in noi, no (p.25); ogni uomo vale per quello che riesce a conservare del bambino che è stato (p.49); L' uomo non ha volto, soltanto le donne e i bambini hanno un volto visibile. Il volto degli uomini è coperto da peli. I bambini, le donne. Loro rappresentano l'umanità (p.87).

D'altra parte l'età adulta maschile, evidentemente, per Pressburger, rappresenta la malvagità del potere, visto nella sua quadruplice espressione: quello che elimina, come nel caso dei genitori di Andreas; quello che stupra, come nel caso della nonna di Rivcà; quello che esclude ed esilia, come nella vicenda di Rachele; quello che si autocorrompe, come nella storia di Lia.
Ecco perché la commistione, intrisa di bene e male, di positivo e negativo, che è la realtà (13) risulta un hidah (= arcano), un enigma che, proprio per questo, incessantemente interroga e inesauribilmente provoca a una prassi biofila: un agire per gli altri. Andreas alla fine del suo viaggio giunge a ciò: Esisti solo negli altri, per gli altri. Per te non troverai mai nulla (p.87). Ma sono le donne a sottolineare tale concezione, sistematicamente:

ti parlo dell'amore materno […], sarà proprio quell'amore a mandare avanti il mondo (p.11); sono cosí stupida da soccorrere chiunque mi chieda aiuto, fino ad annullare i miei stessi interessi (p.40); il segreto della vita: trovare il modo di essere d'aiuto agli altri. (p.45); amare […] è l'unico senso della vita, anche se è soltanto illusione (pp.54-55); Il dare mi sembra la vera motivazione della vita, non riesco a vederne altre (p.123).

In fondo anche il titolo rimette a simile commistione-complessità: salgo, in un vortice di vento, in un vortice di fuoco (p.102); come a dire le due modalità: il maschile o vento, incatturabile e perennemente proteso alla conquista di una certezza, ma anche Ruah: spirito, inquietudine, sorpresa, ma pure "perdizione"; e il femminile o fuoco, incorruttibile, travolgente ed annientante, perché bisognoso di creazione, ma anche "Esh": fiamma, parola divina che emana e rassicura, mistero, passione assoluta, ma pure "ossessione".

Solo dall'insieme di queste due entità emerge possibilità.

Ma la scelta dell'autore non è per un'ideologia o una religione, anche se ci sono dei richiami all'ebraismo, per il riferimento a Sephirot come: la grazia della Presenza, (p.29), (= Malkut: la Shekinah); Giustizia e pietà siedono a destra, fedeltà e pace a sinistra (p.81). (= Gevurah, Hesed, Nezach, Hod); Ho visto la corona con le lettere incise (p.104), (= Keter) o anche all'Adam Kadmon: in nome dell'uomo primordiale (p.54), sono allusioni esoteriche. Lia, l'unica vera ebrea, perché discendente da madre ebrea, aspira al buddismo (p.29). Dato che anche la fede è vista come fantasma dell'umanità (p.55), quella che emerge è un'etica laica, dato che il Tao, la via, la linea di condotta, la Torah, la Legge, è in ogni libro buono, in ogni lettera d'amore, in ogni frettolosa, ansiosa dichiarazione, per dirci che ci apparteniamo (p.49) e dipende dal fare per gli altri, non dal credere a una concezione religiosa o a una visione del mondo filosofico-politica.

Allo stesso modo il fare dell' autore è l'avere generato un libro (il nascituro, come metafora del libro, è forse l'aspetto piú strabiliante del messaggio!), cioè un'opera che si proponga come un'incessante investigazione razionale (lo "spazio" di queste vicende è esclusivamente mentale, non ci sono né piante, né animali in questo libro; tutto si svolge nell'immaginario, nel pensiero, nel mentale), proprio perché sta al di là del tempo e delle contingenze tutti quelli che scrivono, sono in un limbo, sospendono il tempo e lo spazio (p.71), come solamente la passione amorosa può realizzare una passione che faceva scomparire, durante quegli incontri, tutto il mondo, il tempo, la realtà, l'irrealtà (p.47), tale da elaborare una domanda che provochi e una proposta che spinga ad una scelta questo grumo di luce e miseria che ciascuno di noi è.

Salvador - Bahia 27 gennaio 2001 (dies memoriae)


NOTE:

(11) - Basti pensare alla "'luce" del cuore che guida Juan de la Cruz nella I Canción o al sentido/que estaba oscuro y ciego , della seconda vv.15-16 Riprendi la lettura
(12) - "vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere". cf. Esodo 33, 23 Riprendi la lettura
(13)- Concezione presente nella tradizione biblica: "Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male;[…]; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza" Dt, 30, 15 e 19. Riprendi la lettura

 

 

precedente

2/2

 

 

torna su