Diritto Oggi - Spazio di informazione giuridica
copertina     giurisprudenza     legislazione     documenti     link     studi legali     ricerche    

DOCUMENTI Costituisce tentata frode in commercio esporre prodotti scaduti con l'etichetta alterata
     nota a Cassazione s.u. pen. 28/2000 dell'avv. Bruno Sechi, Foro di Cagliari)



La Cassazione SS.UU., nella sentenza n° 28/2000, stabilisce che esporre sul bancone di un esercizio commerciale dei prodotti alimentari ( nel caso di specie barattoli di pomodori ) già scaduti, ma con etichetta alterata, indicante una data di scadenza successiva, costituisce il reato di tentata frode nell'esercizio del commercio ex art. 56 e 515 c.p..

Quest'ultimo così recita: "Chiunque, nell'esercizio di una attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all'acquirente una cosa mobile per un'altra, ovvero una cosa mobile, per origine,provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un piu' grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a lire quattro milioni………".

Nella fattispecie esaminata dalla Corte, il prodotto presentava un'etichetta sovrapposta che indicava, in modo chiaro, un termine di scadenza successivo a quello originariamente indicato dal produttore.

Pertanto, i potenziali consumatori non potevano accertare l'effettiva data di scadenza.

Non si tratta di una violazione amministrativa di cui agli artt 10 co. 7 e 18 co. 2 Dlgs 27 gennaio 1992 n° 109, ma di una condotta penalmente rilevante, idonea a consegnare una cosa diversa per qualità da quella dichiarata.

Inoltre, precisa ancora la Suprema Corte, la fattispecie in oggetto non ricade nella disciplina di cui all'art. 516 c.p. (vendita di sostanze alimentare non genuine come genuine); infatti, l'alterazione dell'etichetta sul prodotto già scaduto, "non comporta necessariamente una perdita di genuinità degli stessi".

Nella fattispecie concreta, si ravvisano gli estremi del tentativo di frode in commercio poiché gli atti, posti in essere dall'imputato, erano idonei e diretti in modo non equivoco alla commissione del delitto de quo.

La condotta tenuta dall'imputato presenta i requisiti della idoneità e univocità ex art. 56 c.p.

Il requisito di idoneità è palese nell'esporre sul bancone di un esercizio commerciale prodotti alimentari scaduti, ma indicanti la data di scadenza alterata.

Gli atti, in tal modo, erano capaci di trarre in inganno i potenziali acquirenti.

Secondo la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie (Cass. pen. Sez. I 7 dic. 1978 n. 141139; Cass. pen. Sez. I 28 ott. 1986 n. 175567) il requisito della univocità sussiste qualora la condotta, considerata nella sua oggettività, riveli l'intenzione di commettere un determinato delitto, secondo le regole dell'esperienza (id quod plerumque accidit).

La Corte, infine, afferma che "se i prodotti in questione vengono esposti sui banchi dell'esercizio….. o sono comunque offerti al pubblico, la condotta posta in essere dall'esercente dell'attività commerciale è invece idonea a dimostrare che la sua intenzione era quella di venderli agli acquirenti che si sarebbero prestati, con conseguente configurabilità del tentativo di frode in commercio.

Senorbì-Cagliari


Torna all'inizio