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DOCUMENTI Riconosciuto al nascituro il diritto al risarcimento
     commento a Cassazione 11625/2000 dell'avv. Bruno Sechi, Foro di Cagliari)



La Cassazione, nella sentenza n. 11625/2000, affronta una questione molto dibattuta, implicante problematiche giuridiche ed etiche. La giurisprudenza di legittimità più' recente, sotto la spinta della dottrina più' insigne e della giurisprudenza di merito, ha gradualmente riconosciuto una adeguata tutela al concepito, successivamente nato.

L'orientamento tradizionale si arroccava su una interpretazione restrittiva dell'art. 1 co. 2 c.c., che così recita: "I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all'evento della nascita ".

La disposizione suindicata rinvia alle norme di legge che prevedono espressamente i diritti del concepito, attuabili al verificarsi della nascita ( diritto ad essere riconosciuto ex art 254 I° co c.c.; capacità di succedere mortis causa ex art. 462 I° II° co. c.c.; diritto ad acquisire donazioni ex art. 784 c.c. etc..... ).

La tutela aquiliana o extracontrattuale, secondo l'impostazione tradizionale, si basava sulla concezione formalistica del fatto illecito ex art. 2043 c.c.. In altri termini, è risarcibile il danno ingiusto, che leda cioè un diritto soggettivo assoluto esistente in concreto.

L'impostazione in esame subordinava la risarcibilità del danno alla lesione di un diritto soggettivo assoluto, e alla esistenza della persona danneggiata al momento della condotta illecita. Era, pertanto, richiesta, quale elemento fondamentale, l'esistenza di una relazione intersoggettiva tra l'agente ed il danneggiato al concretizzarsi del fatto illecito ( Cass. n° 11503/93 ).

Nella sua evoluzione, la giurisprudenza ha ampliato la sfera della tutela aquiliana ex art. 2043 c.c.; in essa sono entrati a pieno titolo i diritti relativi ( diritti di credito ), le aspettative nell'ambito dei rapporti familiari, anche di fatto, gli interessi legittimi, altre posizioni giuridiche soggettive, riconosciute alla stregua di diritti soggettivi, quali il diritto alla integrità del patrimonio, alla libera determinazione negoziale; è stato considerato risarcibile il danno derivante da perdita di chance.

L'orientamento tradizionale della responsabilità aquiliana poneva un'altra limitazione ( o vincolo ) alla azionabilità della tutela: la contemporaneità del fatto illecito e l'insorgenza dei danni conseguenti.

La dottrina e la giurisprudenza, secondo una lettura, ormai consolidata, delle norme codicistiche, ampliano il ventaglio dei danni risarcibili, sino a comprendere quelli indiretti o riflessi ( subiti da soggetti terzi ), mediati, futuri, purché siano conseguenti al fatto illecito considerato.

L'art. 1223 c.c., al quale rinvia l'art. 2056 c.c., stabilisce che sono risarcibili i danni " in quanto .... siano conseguenza immediata e diretta " del comportamento illecito. Il criterio dell'immediatezza non è di carattere esclusivamente temporale: non necessariamente il danno si verifica simultaneamente all'evento lesivo.

Il danno, affinché sia risarcibile, deve essere legato al fatto illecito dal rapporto di causalità giuridica, fondato sul criterio dell'adeguatezza causale. Sono risarcibili i danni che appaiono, con ragionevole certezza, l'effetto normale del comportamento illecito.

Secondo il principio dell'adeguatezza, sussiste il rapporto di causalità (o nesso eziologico) tra fatto illecito e danni qualora la condotta illecita ( dolosa o colposa ) sia idonea a produrre " quei " danni, secondo le regole dell'esperienza ( ).

E' opportuno sottolineare che la tutela della persona è stata rafforzata con l'introduzione del danno biologico ( lesione alla integrità psico-fisica ), in virtu' della valorizzazione dell'art. 32 Cost. e la lettura costituzionalmente orientata delle norme codicistiche. Di recente, la giurisprudenza di merito e di legittimità hanno individuato, nell'ampia categoria del danno biologico, il cd danno esistenziale.

Quest'ultimo consiste nella diminuzione o perdita di uno status parentale ( di figlio, di coniuge, di parente ), poiché attiene ai diritti fondamentali della persona. La perdita del padre o del coniuge causa la compromissione di quell'insieme di rapporti, utilità morali e materiali che sottendono allo status parentale.

E' ormai superata la concezione in virtu' della quale il danno risarcibile debba corrispondere ad una perdita economica.

Le nozioni, ormai consolidate, sul danno biologico e le sue componenti, confermano il netto superamento della visione strettamente economica e reddituale del risarcimento. E' risarcibile il danno psicofisico, a prescindere dalla titolarità di un reddito. L'ordinamento concentra maggiormente la sua attenzione sul valore della persona in sé, sui diritti fondamentali, previsti e garantiti dalla Carta Costituzionale. La sentenza in esame stabilisce che il nascituro, concepito al momento del fatto illecito, e nato successivamente, è titolare del diritto al risarcimento dei danni, verificatisi in contemporanea alla nascita o posteriormente a questa.

Qualora i danni non si siano verificati, per un qualche motivo, non sorge il corrispondente diritto al risarcimento.

Il principio delineato dalla Corte, che si considera, è in armonia con l'ordinamento giuridico. Infatti, nessuna pretesa risarcitoria può essere legittimamente azionata nell'ambito di un fatto illecito non produttivo di danni ex art. 2043 c.c.

Pertanto, saranno risarcibili i danni che incidono concretamente sul nato, anche se conseguenti a fatti illeciti commessi nel periodo in cui il nascituro era già concepito.

La Cassazione pone come condizione della risarcibilità la nascita dell'individuo e si spinge oltre quando afferma che " il danno ingiusto ( ovviamente nei confronti del nascituro ) non sorge così come nel caso in cui al fatto illecito ( che abbia provocato danni al feto ) sia stato posto rimedio e non permangono conseguenze al momento della nascita".

Il caso affrontato dalla Cassazione, che qui si considera, riguarda un omicidio colposo derivante da sinistro stradale.

All'epoca della verificazione del fatto in oggetto, il minore, figlio della vittima e parte civile nel relativo processo, era già concepito.

La Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d'Appello la quale ha condannato l'imputato e ha " legittimato " la costituzione di parte civile del minore medesimo, poiché sussiste " il suo diritto al risarcimento.

La Cassazione, nella materia in esame, non esclude la configurabilità del danno biologico, morale e patrimoniale e la corrispondente risarcibilità in favore del nascituro. la Corte stabilisce che il grave perturbamento psichico o danno morale (derivante per es. dalla perdita della figura paterna) è risarcibile qualora il minore sia in grado di prenderne coscienza.

La Corte di Cassazione, nella sentenza in esame, fa un excursus della giusprudenza in materia di diritti del nascituro.

Occorre partire dalla sentenza, datata 31 luglio 1950 ( Foro It. 1951, I, 987 ), del Tribunale di Piacenza: in essa si afferma la responsabilità del genitore per avere trasmesso al figlio una grave malattia ereditaria, di cui era a conoscenza.

Significativa è la sentenza della Corte dei Conti, datata 19 Febbraio 1957 ( Foro It. 1957, III, 203 ), la quale ha riconosciuto la trasmissione del diritto alla pensione di guerra in favore del soggetto, concepito all'epoca del fatto dannoso, che ha colpito il genitore. La Cassazione III Sez. civ., con la decisione del 28 dicembre 1973 n° 3467, ha stabilito la non risarcibilità dei danni in quanto il nascituro non ha personalità giuridica, che si acquista con la nascita.

L'art. 1 co. 2 c.c. ha carattere eccezionale e non può applicarsi analogicamente alle ipotesi di responsabilità extracontrattuale.

Inoltre, accanto alla previsione di legge è necessario che sussista realmente il diritto soggettivo leso e, quindi, che " esista " il legittimo titolare.

In relazione alle ipotesi di responsabilità medica per danni ai feti o embrioni, la giurisprudenza di merito ( Trib. Verona del 15 ottobre 1990 ) ha individuato la responsabilità contrattuale ( per inadempimento del contratto in favore di terzo ) in capo all'ente ospedaliero e la responsabilità extracontrattuale del medico. La giurisprudenza citata riconosce l'aspettativa del nascituro, la quale volge in diritto soggettivo con la nascita.

La Cassazione ritiene che ambedue ( l'ente ospedaliero e il medico ) siano responsabili sotto il profilo contrattuale; in particolare la Cass. Sez. III civ. 1 settembre 1999 n° 9198 configura il contratto " con effetti protettivi a favore di terzi " ( v. anche Cass. Sez. III civ. 22 novembre 1993 n° 11503 ).

Nell'ambito della responsabilità extracontrattuale si è cercato di ampliare la portata dell'art. 1 co 2 c.c., secondo la lettura costituzionalmente orientata (artt. 2, 31, 32 Cost.); anche altre norme, non codicistiche, tutelano la vita umana " dal suo inizio " ( l. 22 maggio 1978 n° 194 ).

La sentenza in esame costituisce il punto di arrivo di un faticoso cammino giurisprudenziale; ma, a mio avviso, dà impulso per l'attuazione di una maggiore effettività della tutela giuridica rispetto ai soggetti e alle situazioni o posizioni giuridiche "trascurate".

Senorbì-Cagliari, lì 20/XII/2000


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