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Giurisprudenza 2000 Corte di Cassazione sez. III civile - sentenza 2 agosto 2000 n. 10126

Svolgimento del processo. Con atto di citazione dell'8 aprile 1991 M. S. convenne A. B. dinanzi al Pretore di Rovereto e ne chiese la condanna alla restituzione della videocamera che gli aveva noleggiato per dieci giorni al prezzo di lire 150.000, ed in subordine alla rifusione del valore della stessa, indicato in lire 3.950.000.

Il convenuto oppose che il bene era stato oggetto di furto con scasso commesso nel camper nel quale lo custodiva, e negò pertanto ogni propria responsabilità.

Con sentenza del 7.9.1994 l'adito Pretore respinse la domanda con il rilievo che il furto, perpetrato con violenza sulla cosa, integrava una causa sopravvenuta di impossibilità della prestazione, non imputabile al B..

Tale decisione, impugnata dal S., è stata confermata dal Tribunale con la pronuncia ora gravata, secondo la quale il primo giudice aveva rettamente applicato l'art. 1588 primo comma c.c.

Per la cassazione di quest'ultima sentenza il S. ha proposto ricorso, affidato a due motivi B. resiste con controricorso.

Motivi della decisione. 1. L'eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal controricorrente, con riferimento all'art. 366 primo comma n. 3 c.p.c. ed in considerazione dell'asserita insufficiente esposizione dei fatti di causa, è infondata, atteso che, al contrario, il ricorso richiama i fatti posti dall'attore a fondamento della domanda le eccezioni sollevate dal convenuto e le decisioni assunte dalle due sentenze di merito, con la conseguenza che deve ritenersi soddisfatto l'onere della sommaria esposizione, posto dalla norma suindicata.

2. Con il primo motivo del ricorso il ricorrente deduce la violazione degli artt. 1588, 1218 e 1256 c.c. e, pur non contestando che la controversia dovesse essere decisa alla stregua del disposto di cui al primo comma del citato art. 1588, afferma che le modalità del furto, non accompagnato da violenza o da minaccia alla persona, non potevano essere sufficienti a dimostrare la doverosa diligenza del buon padre di famiglia, giacché non era stato dimostrato che il B. avesse "fatto tutto ciò che era nelle sue facoltà per adempiere al suo obbligo di custodia": segnala al riguardo che costui non ha provato che il camper fosse custodito o recintato, che in caso affermativo lo stesso avrebbe dovuto chiedere ai responsabili del campeggio il ristoro dei danni, e che agli effetti in esame doveva essere valutato anche il comportamento post factum del medesimo, il quale, rientrato dalla ferie, per circa tre mesi non si era preoccupato di dargli notizia di quanto avvenuto.

La Corte - premesso che a norma degli artt. 1177, 1587 n. 1 e 1590 primo comma c.c. il conduttore ha l'obbligo di custodire la cosa locata con la diligenza del buon padre di famiglia e di restituirla nello stato medesimo in cui l'aveva ricevuta - osserva che il primo comma dell'art. 1588 c.c. pone a carico del medesimo l'onere di provare che la perdita (o il deterioramento) di essa, anche se derivanti da incendio, siano avvenuti per causa a lui non imputabile.

La norma - la quale sostanzialmente riproduce la disposizione generale di cui all'art. 1218 c.c. (in motivazione, Cass. 5.4.1995 n. 3999) - importa che il conduttore, per vincere tale presunzione, deve dare la prova, piena e completa, non solo del dato obiettivo della perdita (o del deterioramento), ma altresì dell'assenza di colpa (Cass. 18.11.1991 n. 12346 e 19.8.1996 n. 7604): che, cioè, non vi sia nesso causale tra l'obbligo di custodia (e la correlativa propria condotta, commissiva od omissiva), e la perdita (o il deterioramento), e che dunque tali eventi si siano verificati per caso fortuito, forza maggiore o factum principis, mentre, a norma del secondo comma dello stesso art. 1588, non è sufficiente a vincere la presunzione in questione la colpa di terzi cui il conduttore, anche temporaneamente, abbia affidato l'uso o il godimento della cosa e, dunque, anche la sua custodia.

Erratamente, pertanto, il B. afferma (pag. 15 controricorso) che era invece il S. tenuto ad "allegare e provare la condotta colposa specifica del debitore per violazione di quell'obbligo di diligenza ordinario richiestogli ex lege".

Accertare se l'onere della prova, incombente al conduttore, sia stato o non assolto è bensì - come lo stesso controricorrente anche, ed esattamente, deduce - questione di fatto, come tale rimessa al giudice del merito, la cui decisione non è sindacabile in sede di legittimità se motivata ed immune da vizi logici e giuridici, ma tali limiti nella specie non possono ritenersi osservati.

Non bastava, invero, ad esonerare il conduttore dalla presunzione di colpa l'aver accertato che la cosa era stato oggetto di furto da parte di terzi, dovendo egli, per quanto premesso, anche provare che tale evento si era verificato nonostante la piena e completa osservanza del proprio obbligo di custodia.

Al riguardo i giudici del merito avrebbero dovuto considerare l'appetibilità e l'agevole asportabilità del bene mobile oggetto di locazione lasciato temporaneamente incustodito in un camper ancorché chiuso a chiave, nonché la prevedibilità del furto, evento assai frequente che il custode deve rappresentarsi e prevenire apprestando le opportune cautele: come questa C.S. ha affermato, con riferimento all'analogo caso del depositario di veicoli in autorimessa, precisando che non costituisce caso fortuito il furto non accompagnato da violenza o minaccia alle persone (sent. 3.11.1984 n. 5578); parimenti, non esonera da responsabilità il furto di autovettura lasciata posteggiata con le chiavi nel cruscotto sulla pubblica via adiacente l'autofficina cui essa era stata affidata per riparazioni (Cass. 10.12.1996 n. 10986).

Sul punto della prova dell'assenza di colpa del conduttore-custode non solo la motivazione della sentenza impugnata appare del tutto carente, ma la stessa mostra inoltre di non essere pienamente consapevole della portata della presunzione posta dal primo comma del citato art. 1588.

Alla stregua di tali rilievi il motivo in esame merita accoglimento: decisione, questa, che comporta l'assorbimento del secondo motivo.

L'impugnata sentenza deve, pertanto, essere cassata, con rinvio (per effetto della soppressione dell'ufficio del pretore e del testo dell'art. 341 c.p.c. conseguentemente novellato dall'art. 73 d. lgs. 19.2.1998 n. 51) alla Corte di Appello di Trento la quale riesaminerà il gravame proposto dal S. avverso la decisione del Pretore, attenendosi ai criteri dianzi indicati e, all'esito, provvederà al regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Trento.


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