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Giurisprudenza 2001 Consiglio di Stato sez. IV - sentenza 16 marzo 2001 n. 1578

Fatto. Con decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 28 dicembre 1993 n. 5136 veniva approvato il progetto della caserma dei Carabinieri di Terni.
Successivamente, sono stati emessi i decreti del Ministero dei Lavori Pubblici 21 ottobre 1997 n. 2019, 27 marzo 1998 n. 628 e 9 novembre 1998 n. 3104/Div. 5^.
Con i primi due (2019/97 e 628/98) sono state accordate due proroghe, rispettivamente di 120 e 180 giorni, dei termini per il completamento dei lavori per la realizzazione del menzionato progetto.
Con il terzo (3104/98) sono stati prorogati, per un anno, i termini di pubblica utilità (cioè per il compimento delle espropriazioni) attinenti allo stesso progetto.
Infine, è intervenuto il decreto prefettizio di espropriazione n. 2400/99.
L'opera è stata terminata il 4 marzo 1998.
Con cinque ricorsi La RA.RI.PRO. s.r.l., Lu Somaru s.r.l., la sig.ra Rossana Rossetti ed il Comune di Terni hanno impugnato gli anzidetti decreti ministeriali di proroga dei termini ed il decreto prefettizio di espropriazione, formulando le censure che possono riassumersi come appresso.
I) Le proroghe dei termini dei lavori sono state accordate quando gli stessi erano già scaduti, e pertanto sono illegittime.
Dalla loro illegittimità deriva anche quella della proroga dei termini per le espropriazioni, in quanto intervenuta dopo la scadenza del termine per il completamento dei lavori.
II) E' stato violato l'art. 7 della legge n. 241/1990, poiché né i menzionati decreti ministeriali di proroga dei termini né il decreto prefettizio di espropriazione sono stati preceduti dall'avviso di avvio del procedimento.
III) Il decreto prefettizio è altresì illegittimo per imprecisa descrizione "della situazione e delle connotazioni" dell'area da espropriare "ante esecuzione dei lavori".
IV) Il decreto stesso è affetto da eccesso di potere per difetto di motivazione in ordine alle osservazioni mosse dai ricorrenti ai sensi dell'art. 18 L. n. 2359/1865.
Il Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria, con sentenza 4 maggio 2000 n. 385, previa riunione, ha accolto i ricorsi, avendo ritenuta fondata la censura di mancato avviso di avvio dei procedimenti di proroga dei termini per il completamento dei lavori e delle espropriazioni. Ciò in quanto i sub procedimenti di proroga e gli inerenti decreti si profilano come eventuali e straordinari rispetto al procedimento tipico, pur essendo ad esso accessori. Viziato da illegittimità derivata è il decreto prefettizio di espropriazione.
2. Con ricorso (n. 5932/00) depositato il 26 giugno 2000 la società p.a. Servizi Tecnici ha proposto appello avverso l'anzidetta sentenza, denunciandone l'erroneità e deducendo che nella fattispecie, trattandosi di sub procedimento, l'avviso di avvio del procedimento non era necessario.
La RA.RI.PRO. s.r.l., Lu Somaru s.r.l. e la sig.ra Rossana Rossetti si sono costituiti in giudizio, contestando la fondatezza dell'appello e riproponendo le censure assorbite dal T.A.R.. Con appello incidentale condizionato impugnano la sentenza nella parte in cui, disattendendo specifica censura, ha escluso la necessità dell'avviso di avvio del procedimento per il decreto di espropriazione (ritenuto illegittimo per invalidità derivata).
I Ministeri dei Lavori Pubblici e della Difesa ed il Prefetto di Terni si sono costituiti in giudizio.
3. Con ricorso (n. 6300/00) depositato il 6 luglio 2000 il Ministero dei Lavori Pubblici, il Ministero della Difesa ed il Prefetto di Terni hanno proposto appello avverso l'anzidetta sentenza, denunciandone l'erroneità e deducendo che nella fattispecie l'avviso di avvio del procedimento non era necessario.
Il Comune di Terni si è costituito in giudizio e, con memoria depositata il 13 luglio 2000 ha dedotto che l'appello è infondato.
La RA.RI.PRO. s.r.l., Lu Somaru s.r.l. e la sig.ra Rossana Rossetti si sono costituiti in giudizio, contestando la fondatezza dell'appello e riproponendo le censure assorbite dal T.A.R..
4. Con ricorso (n. 8233/00) depositato il 20 settembre 2000 i Ministeri dei Lavori Pubblici e della Difesa ed il Prefetto di Terni hanno proposto appello integrativo per l'annullamento della decisione del T.A.R. per l'Umbria n. 385/00, come corretta con ordinanza collegiale depositata l'8 agosto 2000 (con la quale si riparava all'omessa menzione della sig.ra Rossana Rossetti quale ricorrente).
5. Con ricorso (n. 8651/00) depositato il 5 ottobre 2000 la società p.a. Servizi Tecnici ha proposto appello integrativo per l'annullamento della decisione del T.A.R. per l'Umbria n. 385/00, come corretta con ordinanza collegiale depositata l'8 agosto 2000 (con la quale si riparava all'omessa menzione della sig.ra Rossana Rossetti quale ricorrente).

Diritto. I quattro ricorsi di cui in epigrafe vanno riuniti, essendo rivolti contro la medesima sentenza.
Con i ricorsi in esame gli appellanti deducono che l'art. 7 della legge n. 241/1990 non debba applicarsi anche ai sub procedimenti, essendo l'obbligo dell'invio dell'avviso limitato all'atto iniziale del procedimento ablatorio (la dichiarazione di pubblica utilità).
Il motivo è infondato.
Dopo le decisioni dell'Adunanza Plenaria di questo Consiglio 15 settembre 1999 n. 14 e 24 gennaio 2000 n. 2, può ritenersi che l'art. 7 della legge n. 241/1990 abbia introdotto nell'ordinamento il principio del giusto procedimento amministrativo che si estrinseca nel contraddittorio, indefettibile, fra l'Amministrazione procedente e la parte destinataria della sua azione. Contraddittorio che si connota come fase indispensabile dell'istruttoria amministrativa la quale, in difetto, si rivela inadeguata.
Ne consegue che l'avviso di avvio del procedimento deve considerarsi atto necessario di ogni procedimento, eccezion fatta per i casi espressamente indicati dalla legge.
Questo, ovviamente, ove l'esigenza di informazione del destinatario dell'azione amministrativa sia effettiva e con esclusione, quindi, delle ipotesi in cui detto destinatario sia già informato, come, ad esempio, allorché il procedimento consegua ad una sua istanza o gli siano di fatto noti i suoi elementi salienti ovvero il procedimento sia una conseguenza necessaria di altri procedimenti o atti già noti.
Ciò premesso, occorre ora applicare gli esposti principi al caso in esame nel quale si lamenta il mancato avviso di avvio del procedimento in relazione ad atti (i decreti di proroga) terminali di sub procedimenti (di proroga) che, dal punto di vista sistematico, si atteggiano quali parti del procedimento principale (realizzazione di un'opera pubblica con le inerenti ablazioni) già in essere e noto ai ricorrenti.
Orbene, il Collegio ritiene che la conoscenza del procedimento principale esima l'Amministrazione dall'avviso di cui all'art. 7 della legge n. 241/1990, qualora siano posti in essere sub procedimenti che ordinariamente facciano parte della sequenza procedimentale, come accade, ad esempio, allorché all'accertamento di un abuso edilizio ed alla conseguente diffida a demolire consegua l'accertamento di inottemperanza e la correlata acquisizione al patrimonio comunale dell'immobile abusivo.
Nella fattispecie in esame, però, i sub procedimenti di proroga e gli inerenti decreti si profilano come eventuali e straordinari rispetto al procedimento tipico, pur essendo ad esso accessori.
Pertanto, non può ritenersi che i ricorrenti, in quanto a conoscenza del procedimento principale, fossero anche informati dell'esistenza dei sub procedimenti di proroga, e pertanto l'Amministrazione avrebbe dovuto inviar loro l'avviso di cui al citato art. 7.
Il tutto a maggior ragione, ove si consideri la rilevanza delle proroghe che, procrastinando la soggezione del privato all'intervento ablativo oltre i termini ordinari, incidono apprezzabilmente sui diritti di proprietà e d'integrità economica costituzionalmente garantiti. Da quanto precede, consegue l'illegittimità dei decreti di proroga sia dei termini per l'ultimazione dei lavori, sia di quelli per le espropriazioni, dalla quale ultima circostanza deriva a sua volta l'illegittimità del decreto prefettizio di espropriazione.
Per le considerazioni che precedono gli appelli sono infondati e vanno respinti.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare fra le parti le spese del secondo grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quarta Sezione, previa riunione, respinge i ricorsi in appello. Compensa fra le parti le spese del secondo grado di giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.


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