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Giurisprudenza 2001 Consiglio di Stato sez. V - sentenza 3 aprile 2001 n. 1998

Fatto. Con separati ricorsi al Tar della Puglia la Salvatore Matarrese s.p.a. impugnava dapprima la deliberazione della Giunta provinciale di Foggia del 27 gennaio 2000, con cui erano stati approvati gli atti della commissione per l'affidamento dei lavori di costruzione della sede dell'istituto tecnico polivalente di Manfredonia - I lotto - per l'importo a base d'asta di lire 13.947.000.000 ed era stato disposto che il responsabile del procedimento aggiudicasse la gara al Consorzio per lo sviluppo degli insediamenti ERP corrente in Bitonto con il ribasso del 32,696%, quindi la deliberazione dirigenziale di cui al verbale del 9.2.2000, recante la predetta aggiudicazione.
Deduceva che illegittimamente la propria offerta era stata ritenuta non congrua e il Consorzio aggiudicatario era stato ammesso alla gara, mentre le consorziate Elca e Icop erano prive dei requisiti richiesti dal bando di gara, id est della iscrizione alla categoria prevalente G1 per classifica pari a 1/5 dell'importo dei lavori.
Resistevano al ricorso la Provincia di Foggia e il Consorzio per lo sviluppo degli insediamenti ERP, il quale proponeva ricorso incidentale con cui deduceva che l'offerta della ricorrente doveva essere esclusa per incongruità.
Il Tar adito - sez. I definiva il giudizio con sentenza 20 aprile 2000, n. 1648, con cui, riuniti i ricorsi, li accoglieva, respingendo per contro il ricorso incidentale.
Avverso tale sentenza propone appello il Consorzio per lo sviluppo degli insediamenti ERP, con ricorso notificato il 25-27 maggio 2000, con quattro motivi.
Resiste all'appello la Salvatore Matarrese s.p.a.
Si costituisce per aderire all'appello la Provincia di Foggia.
All'odierna udienza, uditi i difensori delle parti, il ricorso è passato in decisione.

Diritto. 1. Con il primo motivo il Consorzio appellante critica la sentenza impugnata deducendo che il primo ricorso - diretto contro l'aggiudicazione provvisoria della giunta provinciale - doveva essere dichiarato inammissibile avendo ad oggetto un atto endoprocedimentale e il secondo doveva essere dichiarato irricevibile perché proposto il 31.3.2000 in relazione ad un atto assunto nella seduta del 9.2.2000 alla quale era presente un rappresentante della società ricorrente.
Il motivo è fondato nei sensi appresso esposti.

2. Quanto al motivo con cui si deduce l'irricevibilità del secondo ricorso, va precisato in punto di fatto che con nota del 2.2.2000 la società Matarrese era stata invitata a presenziare alla seduta del 9.2.2000 nella quale - preannunciava la nota predetta - si sarebbe proceduto all'aggiudicazione.
Alla seduta del 9.2.2000, nel corso della quale era stata pronunciata l'aggiudicazione definitiva, il verbale di gara dava atto della presenza, tra gli altri, "del geom. Raffaele Di Corato per l'impresa Matarrese".
Nell'efficacia fidefaciente dell'atto pubblico, dunque, era compreso il fatto che il geom. Di Corato era comparso spendendo il nome dell'impresa Matarrese, di cui si era qualificato rappresentante: ciò non è revocabile in dubbio, attesa la mancata proposizione di querela di falso.
La pronuncia di aggiudicazione della gara al Consorzio per lo sviluppo degli insediamenti ERP, pertanto, era avvenuta alla presenza, tra gli altri, di un rappresentante dell'impresa Matarrese.

3. La questione della rilevanza - ai fini della decorrenza del termine di impugnazione - della presenza alla seduta in cui viene pronunciato l'atto lesivo di un rappresentante dell'impresa interessata è stata oggetto, com'è noto, di oscillazioni giurisprudenziali.
Secondo l'orientamento risalente, "la presenza di un rappresentante della ditta partecipante alla gara d'appalto nel corso della quale la commissione giudicatrice ha ritenuto di escludere la ditta medesima dalla gara non comporta ex se piena conoscenza dell'atto di esclusione ai fini della decorrenza del termine di impugnazione, qualora non risulti che il rappresentante fosse effettivamente tale perché munito di mandato ad hoc ovvero in base alla carica rivestita e che quindi la conoscenza dal medesimo avuta fosse riferibile alla società".
Tale orientamento è stato oggetto di riesame in quanto il requisito dell'essere il rappresentante "munito di mandato ad hoc" è parso, così come formulato, inattendibile sotto un duplice profilo. In primo luogo, in quanto sembrava confondere il negozio di conferimento del potere rappresentativo - la procura - che non richiede necessariamente la forma scritta (art. 1392 c.c.), con il documento rappresentativo della relativa dichiarazione: il profilo sostanziale, dunque, con quello probatorio della giustificazione dei poteri del rappresentante, che il terzo, è vero, può sempre esigere (art. 1393 c.c.), anche se è normale che si astenga dall'esercizio di tale facoltà quando dell'esistenza di quei poteri non abbia ragione di dubitare (Cass., 14 giugno 1982, n. 3613).
In secondo luogo, perché attraverso la postulazione necessaria di un documento, che invece non è prescritto ad substantiam, non trattandosi della stipulazione di un contratto, e che potrebbe non esser richiesto dalla stazione appaltante per la prova di un potere rappresentativo di cui essa non abbia ragione di dubitare, si finiva per assecondare la pretesa di comodo di una divaricazione tra rappresentanza attiva, operante per le osservazioni da rendere a verbale nell'interesse delle imprese, e rappresentanza passiva, inoperante, per la presunta mancanza di un "mandato ad hoc", per la comunicazione delle determinazioni amministrative incidenti nella sfera giuridica delle imprese medesime.
Sembra evidente che, quando le imprese partecipanti ad una gara di appalto pubblico si avvalgono della facoltà di presenziare alle sedute pubbliche, lo fanno per lo più, per ragioni di decentramento aziendale, tramite soggetti diversi dal legale rappresentante.
In questo caso, tali soggetti, per poter all'occorrenza rendere dichiarazioni imputabili alle imprese di riferimento, sono dotati dalle stesse di potere rappresentativo, acceda esso ad un rapporto di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o di mandato, sia esso documentato per iscritto o no, quando viene conferito con un semplice ordine verbale.
E' appena il caso di avvertire che tale potere rappresentativo è necessariamente sia attivo che passivo.
Questo è il substrato concettuale che ha condotto al revirement di cui a sez. IV, 10 luglio 1999, n. 1217, secondo cui "ai fini del decorso del termine per l'impugnazione in tema di contratti della pubblica amministrazione, la presenza di rappresentanti delle imprese concorrenti alle sedute di gara integra gli estremi della piena conoscenza in capo alle imprese medesime degli atti che vengono adottati durante le sedute" ed alla quale, per quanto or dianzi esposto, si presta piena adesione.
Per quanto detto, a nulla rileva una postuma dichiarazione dell'impresa Matarrese secondo cui il geom. Di Corato non era dipendente dell'impresa e non era munito di alcun mandato a rappresentare la stessa nella seduta del 9.2.2000.
Il potere rappresentativo, infatti, può accedere a rapporti diversi da quello di lavoro dipendente.
Il fatto di "non essere munito di mandato a rappresentare" si muove nel solco del percorso argomentativo della giurisprudenza risalente, dunque di quello della procura scritta, che per quanto detto è irrilevante.
Il fatto che vi sia stata contemplatio domini è provato dal verbale di gara del 9.2.2000. In nessun atto processuale, e nemmeno nella discussione orale, l'impresa si è spinta a sostenere la tesi del falsus procurator.

4. Non giova all'impresa chiedere il beneficio dell'errore scusabile, in relazione al recente mutamento di giurisprudenza.
Indipendentemente dal fatto che la pronuncia della cui piena conoscenza si controverte è di parecchi mesi successiva alla pubblicazione della decisione cui si ricollega il mutamento di giurisprudenza, il giorno successivo alla seduta di gara - il 10.2.2000 - il Di Corato, come documentato dalla Provincia di Foggia, ha nuovamente speso il nome della impresa Matarrese per chiedere e ricevere copia degli atti di gara.
Ciò integra una situazione di fatto del tutto particolare, insuscettibile di analogia con altre situazioni e tale da non consentire la configurabilità di un errore scusabile.

5. Per le suesposte considerazioni, in data 9.2.2000 si era determinata nell'impresa Matarrese la piena conoscenza del provvedimento di aggiudicazione definitiva: pertanto, il ricorso notificato il 31 marzo 2000 era irricevibile in quanto notificato successivamente alla scadenza del termine dimidiato di cui all'art. 19 del d.l. 25 marzo 1997, n. 67 conv. nella l. 23 maggio 1997, n. 135.

6. La declaratoria di irricevibilità del ricorso contro l'aggiudicazione definitiva determina l'improcedibilità del primo ricorso, proposto contro l'aggiudicazione provvisoria. Come segnalato dalla giurisprudenza, infatti:
l'impresa non aggiudicataria ha non l'onere ma la facoltà di impugnare immediatamente l'aggiudicazione provvisoria, che è autonomamente lesiva, in quanto le inibisce l'ulteriore partecipazione al procedimento;
rispetto all'aggiudicazione provvisoria, quella definitiva non è atto meramente confermativo o esecutivo, ma atto che, anche quando recepisce in toto i risultati dell'aggiudicazione provvisoria, comporta comunque una autonoma valutazione; ne consegue che l'aggiudicazione definitiva necessita sempre di autonoma impugnazione, anche se è già stata impugnata quella provvisoria;
se l'aggiudicazione provvisoria viene impugnata immediatamente e autonomamente, la parte ha perciò l'onere di impugnare anche, in un secondo momento, l'aggiudicazione definitiva, pena l'improcedibilità del primo ricorso (sez. VI, 16 novembre 2000, n. 6128).
Pertanto, atteso che i ricorsi proposti vanno dichiarati irricevibile il secondo e improcedibile il primo, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, ai sensi dell'art. 34, comma 1, l. n. 1034/71.
Ogni altra questione resta assorbita.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V), definitivamente pronunciando:
1) Accoglie l'appello e, per l'effetto, annulla senza rinvio l'impugnata sentenza;
2) Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


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