copertina  |   giurisprudenza  |   legislazione  |   documenti  |   link  |   studi legali  |   ricerche    

Giurisprudenza 2001 Consiglio di Stato sez. VI - sentenza 26 gennaio 2001 n. 249

Fatto e Diritto. 1. La società odierna appellante presentava al Comune di Pozzuolo del Friuli, per unità diverse dello stesso complesso produttivo, più domande di concessione in sanatoria, fra cui quella che veniva respinta con il provvedimento 19 febbraio 1991, n. 200.
Avverso detto provvedimento la società proponeva ricorso al T.A.R. del Friuli - Venezia Giulia, deducendo:
- violazione dell'art. 35, L. 28 febbraio 1985, n. 47, in quanto sarebbe trascorso inutilmente il termine perentorio di 24 mesi decorrente dal parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo che insiste sull'area su cui ricade la costruzione, per cui si sarebbe formato il silenzio - assenso, sicché il provvedimento esplicito di diniego della concessione in sanatoria sarebbe inutiliter dato (primo motivo);
- eccesso di potere per falso presupposto, perché il parere negativo della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali si riferirebbe all'intero complesso e non al fabbricato oggetto della domanda di sanatoria, né sarebbe motivato con preciso riferimento all'opera da sanare (secondo motivo);
- eccesso di potere per falso presupposto, in quanto l'opera in questione sarebbe stata realizzata anteriormente allo strumento urbanistico, impositivo del vincolo, vincolo che inoltre non sussisteva al momento della sua realizzazione (terzo motivo);
- eccesso di potere per contraddittorietà, in quanto il negativo parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo non considererebbe analiticamente l'opera, di cui si controverte, per cui il diniego comunale, che ad esso si richiama, sarebbe illegittimo (quarto motivo);
- eccesso di potere per illogicità, in quanto il medesimo Comune avrebbe autorizzato, senza chiedere alcun parere, altre opere da realizzarsi sullo stesso fondo (quinto motivo).
2. Il T.A.R. adito, con la sentenza in epigrafe, respingeva il ricorso, osservando che:
- deve escludersi la formazione del silenzio - assenso sulla domanda di concessione in sanatoria, nonostante il decorso del termine di 24 mesi dal parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, in quanto il silenzio - assenso si forma solo in caso di parere favorevole, e non anche in caso di parere negativo, tanto più che presupposto del condono edilizio per gli abusi perpetrati nelle aree soggette a vincolo è che intervenga il favorevole avviso dell'autorità preposta al vincolo medesimo;
- il parere negativo dell'autorità preposta alla tutela del vincolo non può essere ritenuto generico, perché correttamente fa riferimento all'abuso edilizio inserito nell'intero complesso di cui fa parte, posto che tutte le parti del complesso medesimo, e dunque anche il complesso nel suo insieme, si pongono in contrasto con il vincolo paesistico;
- il parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, in sede di condono edilizio, è necessario anche se il vincolo paesistico è stato imposto in epoca successiva alla realizzazione del manufatto abusivo;
- essendo legittimo il parere paesistico negativo, ne consegue del pari la legittimità del diniego di concessione in sanatoria, che a detto parere negativo fa riferimento;
- non rileva che in altri casi il Sindaco ha autorizzato altre opere site nel medesimo comprensorio, perché in nessun caso l'amministrazione può non osservare le norme vigenti.
3. Avverso tale sentenza ha interposto appello la società originaria ricorrente.
4. Con il primo mezzo, viene criticato il capo di sentenza che ha respinto il primo motivo del ricorso di primo grado, e si osserva che il silenzio - assenso sulla domanda di condono edilizio si formerebbe, ai sensi dell'art. 35, 12° comma, L. n. 47 del 1985, decorsi 24 mesi dalla formulazione del parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, anche in caso di parere negativo, e non solo in caso di parere favorevole.
Anche a ritenere che il silenzio - assenso non possa formarsi in caso di parere negativo, comunque sarebbe illegittimo l'operato dell'amministrazione, che non potrebbe intervenire con provvedimento espresso negativo a distanza di cinque anni dalla domanda di condono, con inconcepibile ritardo.
4.1. Il mezzo è infondato.
4.1.1. L'art. 35, L. 28 febbraio 1985, n. 47, dispone, in termini generali, che, decorso il termine di 24 mesi dalla presentazione della domanda di concessione edilizia in sanatoria, questa si intende accolta, purché vi sia stato il pagamento di tutte le somme dovute a titolo di oblazione.
Aggiunge, poi, il citato art. 35, che nell'ipotesi di cui al precedente articolo 32, vale a dire nell'ipotesi di abusi edilizi perpetrati in aree soggette a vincolo, il termine di 24 mesi per la formazione del silenzio - assenso decorre dall'emissione del parere previsto dal primo comma dell'articolo 32 medesimo.
Il primo comma dell'art. 32, L. n. 47 del 1985, stabilisce che il rilascio della concessione o autorizzazione in sanatoria per opere abusive eseguite su aree sottoposte a vincolo, è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo.
Il comma 1 dell'articolo 32, fa dunque riferimento al <>; e, dunque, l'art. 35, allorché fa decorrere il termine di 24 mesi per la formazione del silenzio - assenso dal parere di cui al comma 1 dell'art. 32, si riferisce al parere favorevole.
Ne consegue che, dal combinato disposto dell'art. 35 e dell'art. 32, co. 1, L. n. 47 del 1985, si evince che in caso di istanza di condono edilizio per opere abusive realizzate su aree sottoposte a vincolo, il silenzio - assenso decorsi ventiquattro mesi dall'emissione del parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, si forma solo in caso di parere favorevole, e non anche in caso di parere negativo.
4.1.2. Ciò, del resto, risponde alla logica complessiva del condono edilizio, in base alla quale il rilascio della concessione in sanatoria per abusi realizzati su aree soggette a vincolo, presuppone in ogni caso il parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo.
Se questa è la regola generale in caso di provvedimento espresso di condono, la stessa regola non può non valere in caso di condono tacito che si forma con il meccanismo del silenzio - assenso.
Ed, invero, l'eventuale inerzia dell'amministrazione nel provvedere sulle domande di condono edilizio, non può far guadagnare agli interessati un risultato che gli stessi non potrebbero mai conseguire in virtù di provvedimento espresso e, in particolare, non può consentire di superare la mancanza dei prescritti pareri favorevoli.
4.1.3. Quanto alla deduzione di parte appellante, secondo cui l'amministrazione ha tenuto un comportamento illegittimo perché ha provveduto sulla domanda di condono a distanza di cinque anni dalla presentazione della stessa, e di tre anni dall'emissione del parere negativo, si tratta di censura inammissibile, perché proposta per la prima volta in appello, e che, in ogni caso, non inficia la legittimità del provvedimento di diniego ma, se del caso, rileva ai fini della tutela risarcitoria, non richiesta in questa sede.
5. Con il secondo mezzo, si critica il capo della sentenza del T.A.R. che ha respinto il secondo motivo del ricorso di primo grado.
Si ribadisce quanto già dedotto in prime cure, e cioè che la motivazione del parere negativo sarebbe generica, perché riferita all'intero complesso, anziché al singolo edificio per il quale è stato chiesto il condono.
5.1. Il mezzo è infondato.
Posto che l'edificio oggetto della domanda di condono edilizio fa parte di un più vasto complesso, e che per tutti i singoli edifici del complesso sono state proposte domande di sanatoria, è legittimo che l'autorità preposta alla tutela del vincolo compia una valutazione complessiva in ordine alla compatibilità con il vincolo dell'intero contesto in cui si colloca il singolo edificio.
6. Con il terzo mezzo, si critica il capo della sentenza del T.A.R. che ha respinto il terzo motivo del ricorso di primo grado.
Si ribadisce quanto già dedotto in prime cure, e cioè che non sarebbe necessario il parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo in caso di vincoli sopravvenuti rispetto all'epoca di realizzazione dell'abuso edilizio.
6.1. Anche tale mezzo è infondato.
Soccorre sul punto l'insegnamento di C. Stato, ad. plen., 22 luglio 1999, n. 20, che, - dirimendo i contrastanti orientamenti espressi in argomento dalle sezioni semplici - , ha affermato che in sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria per opere ricadenti in zone sottoposte a vincolo, l'obbligo di acquisire il parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, previsto dall'art. 32, L. 28 febbraio 1985, n. 47, sussiste in relazione all'esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di condono, a prescindere dall'epoca della sua introduzione e quindi anche per le opere eseguite anteriormente all'apposizione del vincolo stesso. E tanto corrisponde all'esigenza di vagliare l'attuale compatibilità, con il vincolo esistente, dei manufatti realizzati, abusivamente, ancorché in epoca anteriore all'imposizione del vincolo.
7. Con l'ultimo mezzo, parte appellante critica il capo della sentenza del T.A.R. che ha respinto il quinto motivo del ricorso di primo grado.
Si deduce che la sentenza non avrebbe indicato i motivi per cui ha escluso la contraddittorietà del comportamento dell'amministrazione comunale, che, da un lato, ha negato il condono edilizio nel caso di specie, e, dall'altro lato, avrebbe però assentito opere del tutto similari nel medesimo comprensorio.
7.1. Anche tale mezzo è infondato.
La legittimità o meno dell'operato dell'amministrazione va accertata e valutata con riferimento allo specifico provvedimento di cui si controverte, senza che possa assumersi come tertium comparationis un altro provvedimento che non forma oggetto specifico del giudizio e la cui legittimità o meno, pertanto, non può essere vagliata dal giudice.
In particolare, nella specie è stato pienamente legittimo il diniego di condono edilizio, basato sul parere negativo dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, e non è possibile in questa sede ritenere detto diniego in contraddizione con altri pretesi provvedimenti favorevoli, la cui legittimità o meno non può essere qui vagliata, non formando gli stessi oggetto di contenzioso.
8. Per quanto esposto, l'appello va respinto.
Sussistono tuttavia giusti motivi, in considerazione della novità della questione di cui al primo mezzo di appello, per compensare interamente tra le parti le spese, i diritti e gli onorari di lite.

PQM

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge. Compensa interamente tra le parti le spese, i diritti e gli onorari di lite. Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.


Torna all'inizio