Nata il 30 aprile
1586, come Isabel Flores Oliva, morì nel 1617. Dal giorno della morte
numerosissimi furono i miracoli e le grazie attribuite alla Santa di Lima
e già nel 1630 iniziò il processo informativo per la beatificazione che avvenne
nel 1668 ad opera di papa Clemente IX, il quale la proclamò contemporaneamente
Patrona del Perù. Fu canonizzata da papa Clemente X il 12 aprile 1671, dopo
che l'anno precedente era stata costituita Patrona delle Americhe e delle
Filippine.
Suo padre Gaspar Flores, proveniente da Portorico, discendente da famiglia nobiliare spagnola, era un ex‑soldato dell'esercito dei conquistatori, un tempo padrone di fattorie con numerosi servi, ma con una fortuna economica ormai in grave declino; sua madre Maria Oliva, nativa di Lima, era anch'essa di origine spagnola. La piccola nel Battesimo ricevette il nome della nonna materna, Isabel, ma la mamma vedendone la bellezza, preferiva chiamarla Rosa. Più tardi la fanciulla chiederà direttamente al Cielo quale nome le convenisse e la Regina del Rosario le dirà: Tu sei Rosa di S. Maria ». E tale resterà il suo nome. Altri dieci figli avevano già preceduto la nascita di Rosa ed in casa si trovavano anche una serva india di nome Mariana e una schiava nera proveniente dalla Libia. Non era facile perciò ai genitori mantenere un tenore di vita quale il loro orgoglio e la loro ambizione avrebbero voluto, tuttavia, soprattutto la madre, non rinunciava a feste e ricevimenti, a balli e viaggi in carrozza non appena le circostanze glielo consentivano.
Rosa fu, sin dai
primi anni, una vera contraddizione in questo clima familiare, decisa com'era
a seguire solo il divino Maestro sofferente, mite ed umile di cuore.
Fu proprio la Madonna
del Rosario ad indicarle chiaramente che doveva essere, come S. Caterina,
una Sorella della penitenza del Terz'Ordine laicale domenicano. Così, quando
la famiglia si rassegnò al suo rifiuto di matrimonio (non senza averla punita
con vere e proprie cinghiate), entrò nel monastero di S. Chiara, dove era
badessa una nipote dell'Arcivescovo la quale si senti onorata di accettarla
tra le monache.
Guidata spiritualmente dal Padre Juan de Lorenzana e da altri Padri del convento di S. Domenico, si preparò con più aspre penitenze alla sua professione nella Confraternita del Terz'Ordine, che la accolse tra i suoi membri il 10 agosto 1606, donandole la tonaca bianca con lo scapolare, e il manto e il velo neri. A questo atto ufficiale di donazione allo Sposo seguì il sigillo delle nozze mistiche, che ancora una volta ebbe il suo punto culminante nella cappella del Rosario, dove Rosa udì il Bimbo in braccio alla Mamma sorridente dirle con soavità e tenerezza: "Rosa del mio cuore, tu sarai la mia sposa!". Il suo cuore fu così acceso d'amor divino che credette di morire dalla gioia. Che cosa le mancava ancora per condividere fino all'ultima goccia l'amaro calice della passione del suo Gesù? D'ora in avanti avrebbe partecipato all'angoscia terribile dell'agonia nell'Orto degli Ulivi, avendo l'anima avvolta dalle tenebre più fitte, sentendosi immersa nel peccato e rifiutata da Dio, come una "dannata dell'inferno ". I confessori, ai quali chiedeva aiuto e conforto, non riuscivano a capirla. La mamma, che la vedeva ogni giorno agonizzare anche fisicamente per un'ora e a volte anche di più, la sgridava perché pensava che le nascondesse qualche male, e faceva intervenire i medici che non potevano trovare rimedi adatti. Passata l'ora tempestosa dell'agonia, Rosa riprendeva la sua vita di sempre: ricamava, rimanendo in continua preghiera e spesso era visitata dal Bambino Gesù col quale intratteneva dolci colloqui, compiva le faccende domestiche, ma soprattutto intensificava le sue eroiche pentitenze per ottenere la salvezza delle anime. Per meglio custodire l'intimità divina nel suo cuore, riuscì ad ottenere un romitorio tutto per sé nel giardino della propria abitazione, uno spazio esiguo da cui usciva solo di sera per tornare in casa; era un luogo freddissimo d'inverno e afoso d'estate, circondato da nugoli di zanzare che non disturbavano lei, ma scoraggiavano chiunque dall'avvicinarsi: qui ella trascorreva ogni giorno ben dodici ore in preghiera.
La celletta e il
giardino furono spettatori di molti fatti straordinari, come quando il Salvatore
le apparve e le offrì di bere misticamente al suo costato la bevanda inebriante
del suo amore. Innamorata com'era dell'Eucarestia, ottenne dai confessori
di poter comunicarsi quasi quotidianamente, cosa rara a quei tempi, e nel
suo eremitaggio intensificava la preparazione e prolungava il ringraziamento.
Rosa trascorse gli ultimi tre anni della sua vita nella casa dei coniugi Gonzalo e Maria de La Masa che ne avevano a lungo desiderato la presenza affinché fosse maestra di vita alle loro tre figlie. Soffriva già di acuti dolori in tutto il corpo e l'unico vantaggio che ne ricavò fu di avere più tempo per pregare, ma le fu penoso il distacco dai luoghi a lei cari e dalle abitudini di vita penitente ormai consolidate. Non avendo più il suo romitorio, si fece costruire una celletta con tavole di legno nel granaio della casa dei suoi ospiti e vi passava intere giornate senza uscirne. In quel periodo subì un massiccio assalto da parte del demonio che in tutti i modi voleva impedirle di portare a termine la conquista di tante anime.
Mancava poco più
di un anno alla sua morte quando, per ordine del Padre de Lorenzana, Rosa
venne sottoposta ad un rigoroso esame teologico sulla sua vita ascetica e
mistica, sulle grazie e sulle visioni ricevute, sulle prove e sugli assalti
del demonio, e da esso ne uscì accresciuta la sua fama di santità.