[estratto dal Quaderno]


Il dipinto di grandi dimensioni, che è collocato sulla parete di fondo dell’antico refettorio dei frati minori osservanti di San Bernardino, raffigura l’Ultima Cena del Signore, il soggetto tradizionale che orna di frequente il luogo conviviale dei conventi.
Accanto alla rappresentazione consueta di Cristo in mezzo ai dodici apostoli, tra cui spicca Giuda in primo piano accompagnato dai simboli del suo tradimento, il demonio e il denaro, si osservano alle estremità del dipinto le due scene evangeliche successive alla cena dei discepoli, a sinistra l’impiccagione di Giuda e a destra il pianto di Pietro dopo il rinnegamento. Il pittore forse su richiesta del committente del dipinto ha voluto così rappresentare il diverso modo di reagire dei due apostoli al tradimento, da una parte Giuda che non accetta la sua colpa e si toglie la vita, dall’altra Pietro che piange, dopo aver negato di conoscere Gesù, ma ha fiducia nella misericordia di Dio.
Il dipinto è ricordato da Francesco Brogi nell’Inventario degli oggetti d’arte della Provincia di Siena, scritto nel 1864 (edito nel 1897) come opera di anonimo artista senese. Fatta conoscere nel Quaderno Sinalunghese dedicato al convento di San Bernardino (1991, n.1), l’opera è rimasta fino a poco tempo fa nell’anonimato seppur databile con esattezza al 1629 come attesta la data sul boccale in ceramica sulla tavola.
L’affinità stilistica con il dipinto raffigurante Gesù che consegna le chiavi a San Pietro in San Pietro ad Mensulas a Sinalunga datato 1636 e riferito in seguito ad accurate ricerche d’archivio (v. R. Longi - L. Martini in Arte e storia nella Collegiata di Sinalunga, Sinalunga 1995, pp. 58-59) al pittore senese pressoché sconosciuto Francesco Canini, mi ha indotto ad avanzare la stessa paternità per la tela in esame. Nelle due opere sono addirittura identiche certe tipologie degli apostoli, barbuti e un po’ accigliati, il naso pronunciato e ricurvo.
In realtà di questo pittore sappiamo ben poco: ha lavorato nella collegiata di Sinalunga alle tre telette di coronamento all’altare della tavola del Sodoma e nel 1632 eseguiva una Annunciazione per la stessa chiesa, dispersa, quindi nel 1636 la tela già citata con i Santi Pietro e Paolo (l’apostolo con la spada in evidenza sul fondo al centro della tela), ordinata e pagata dal pievano di San Pietro Mattia Farnetani nel 1645 secondo i documenti (R. Longi 1995), di certo la sua opera più riuscita di quelle note. Di questo pittore non ci fornisce alcuna notizia neppure il puntualissimo Ettore Romagnoli nelle sue Vite de’ Bellartisti senesi. Speravo di trovarlo ricordato tra gli allievi di Francesco Vanni, al pari di Francesco Bertini e Francesco Bartalini o del pittore di Scrofiano Giovanni Antonio Cerretelli, cui appartiene l’Annunciazione di San Pietro ad Mensulas, oppure nella bottega di Rutilio Manetti che pare il riferimento culturale più prossimo al nostro pittore. Memore di Rutilio è la fisionomia del giovane apostolo seduto all’estrema sinistra, mentre gli apostoli ben caratterizzati rammentano le opere del giovane Domenico Manetti e l’ultima attività di Pietro Sorri (morto nel 1621). D’altra parte la ricerca di forti contrasti di luci ed ombre esprime il tentativo, seppur maldestro, del Canini di adeguarsi alle novità naturalistiche giunte a Siena da Roma attraverso Rutilio e perseguite dal figlio Domenico. Tale sforzo è pure evidente nella Decollazione del Battista, tela posta sulla parete di sinistra della chiesa di Pietro ad Mensulas (Sinalunga), probabilmente da riferire allo stesso Francesco Canini. Ad una formazione d’impianto tardomanieristico evidente nella figura di Salomè, s’innestano motivi di stampo naturalistico che però danno origine a deboli risultati, come si evince dalla figura del carnefice che si presenta dura e rigidissima nelle ombre troppo marcate e nette.
Alla luce del dipinto di San Bernardino, importante recupero per il patrimonio artistico di Sinalunga, Francesco Canini risulta un pittore poco dotato soprattutto dal punto di vista delle capacità disegnative. È sufficiente guardare le ‘improbabili’ e bislacche nature morte dipinte sulla mensa eucaristica. Tuttavia l’opera presenta un impianto compositivo misurato e ben studiato e l’immagine d’insieme, malgrado il grave stato di consunzione della pellicola pittorica, è piacevole e ben riuscito nella cromia calda e nei forti effetti chiaroscurali.

Francesco Canini
(Siena?, not. dal 1618 al 1645)
Ultima Cena

datato 1629
olio su tela, cm 200x510
Sinalunga, convento di San Bernardino

Laura Martini
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