7. TEORIE CHE COLLEGANO LA GHIANDOLA PINEALE E LA MELATONINA ALL’INVECCHIAMENTO


Un collegamento tra la melatonina e la longevità è stato proposto da vari studiosi. Ci sono poche situazioni sperimentali utili a prolungare la vita negli animali e, tra queste, la riduzione del consumo di cibo. Nei ratti tale situazione aumenta del 30% la durata della vita36. Si è visto che la restrizione nella dieta preserva anche il ritmo della melatonina che normalmente si attenua molto con l’età37. Queste osservazioni hanno altre conferme sperimentali nel fatto che l’aggiunta di melatonina nell’acqua allunga la vita dei topi. Per esempio Maestroni e colleghi38 affermano che l’età massima dei topi aumenta da 752(+/- 80) a 931(+/- 80) giorni quando viene loro somministrata melatonina nell’acqua durante le ore notturne.

Armstrong e Redman39 hanno proposto che la melatonina abbia effetti benefici per ciò che riguarda l’invecchiamento, a causa della sua associazione con il sistema circadiano. Secondo questi studiosi la stabilità del sistema circadiano è correlata con l’ampiezza del ciclo della melatonina così che la diminuzione della sintesi di melatonina nell’età avanzata è causa di disturbi del ritmo circadiano e di disfunzioni. La desincronizzazione interna produce una varietà di cronopatologie e conduce ad un generale deterioramento della salute e ad una morte precoce.

L’idea che l’organismo possedesse un orologio della crescita dura da anni, ed il trascorrere del tempo è stato considerato un componente necessario della programmazione genetica dell’invecchiamento. Il concetto di invecchiamento geneticamente programmato a livello cellulare fu il risultato di ciò che doveva essere poi conosciuto come fenomeno di Hayflick40. In seguito, Kloeden e colleghi41-42 sostennero l’esistenza di un orologio centrale che coordina il cambiamento genetico nelle cellule che invecchiano. Inoltre essi localizzarono questo orologio nella ghiandola pineale ed ipotizzarono che il segnale circadiano della melatonina servisse a notificare a tutte le cellule dell’organismo il trascorrere del tempo. Il diminuire dell’ampiezza e/o della durata del picco notturno della melatonina, può essere parte del segnale che informa le cellule dell’organismo circa la loro età. Anche gli studi di Maestroni36 e Pierpaoli43 suggeriscono che la ghiandola pineale attraverso la melatonina può funzionare come un orologio dell’invecchiamento. Usando differenti razze di topi, e somministrando melatonina nella loro acqua da bere si aumenta la loro aspettativa di vita e si mantengono gli animali in uno stato più giovanile (Fig. 15).

Fig. 15 Sopravvivenza di topi ai quali veniva somministrata acqua (_), o acqua contenente melatonina (_._._.) durante le ore notturne. La somministrazione di melatonina con questa modalità non soltanto prolunga la vita, ma mantiene gli animali in uno stato giovanile, anche in età avanzata.

In questi studi iniziali si affermò l’utilità della melatonina per la sua azione sul sistema immunitario (vedi oltre). Fu anche sperimentato che il trapianto di ghiandola pineale di giovani topi nel timo di topi anziani, non solo ringiovaniva morfologicamente e fisiologicamente il timo dei riceventi, ma prolungava anche la loro esistenza. Alla luce di queste scoperete gli autori affermarono che la ghiandola pineale rappresenta un orologio della crescita, ed il suo trapianto da giovani topi rivitalizza gli animali anziani tramite l’invio di ormoni dei donatori44. Che il prodotto ormonale derivante dal trapianto fosse realmente melatonina non è mai stato provato, tuttavia ciò sembra plausibile. Se così, questa sarebbe stata la prima dimostrazione che la ghiandola pineale dei mammiferi, trapiantata, ristabilisce la produzione di melatonina al punto da mantenere un ciclo di funzionamento ormonale. Altri studi hanno tuttavia dimostrato che il tessuto pineale trapiantato può crescere ma la sua incapacità di diventare funzionalmente reinnervato non gli permette di sostenere una funzione endocrina normale45. Gli studi che usano il paradigma del trapianto da giovane ad anziano per rivitalizzare vecchi individui sono interessanti, ma richiedono la dimostrazione che dopo il trapianto la pineale secerne melatonina in quantità sufficienti.

Altri studi46 sostengono che la melatonina mostra proprietà antinvecchiamento grazie alla sua generalizzata azione rigenerante. Di contro la serotonina, che gli studiosi suppongono essere secreta dalla ghiandola pineale, ha una azione invecchiante. Così la diminuzione della melatonina con l’età priva gli animali del loro potenziale antinvecchiamento, mentre l’incremento del rapporto serotonina/melatonina è di ulteriore detrimento a causa dell’azione delle serotonina. Grad e Rozencwaig46 menzionano anche problematiche specifiche alle quali la riduzione della melatonina e l’aumento del rapporto serotonina/melatonina possono essere collegate. Queste includono deficienze del sistema immunitario, cancro, problemi neurodegenerativi come il morbo di Alzheimer e alterazioni neuroendocrine.

Un articolo molto dettagliato di Trentini e colleghi47 riunisce tutti i dati pubblicati sui cambiamenti morfologici e biochimici nella ghiandola pineale durante la crescita e su ciò che essi possono significare per la fisiologia dell’individuo. Essi non presentano alcuna nuova teoria per spiegare un’associazione causale tra invecchiamento e diminuzione della funzione pineale, ma sottoscrivono chiaramente l’idea che una riduzione della melatonina negli ultimi stadi dell’esistenza comporta un serio cambiamento del ritmo circadiano, con conseguenze per la salute. Trentini inoltre dice che il declino dell’organizzazione circadiana legato alla crescita e la perdita di coordinamento tra sistemi interdipendenti durante la crescita inducono uno stato di stress chiamato isteria ormonale; questa condizione è poi seguita da degenerazione neuronale che è di solito considerata l’anticamera della vecchiaia. Altre conseguenze correlate all’abbassamento di disponibilità della melatonina collegata all’età sono la carenza di risposte immunitarie ed un alto rischio di cancro.

La più recente teoria sulla melatonina e la ghiandola pineale elaborata da Poeggeler48 e Reiter49 indica come effetto della riduzione di melatonina l’accumulo di radicali liberi dannosi e la conseguente morte delle cellule. Così negli animali e nell’uomo l’età e la perdita di melatonina causano all’organismo danni sempre maggiori a causa di processi ossidativi da radicali liberi, che aumentano a mano a mano che la riduzione della melatonina diventa maggiore. Secondo questa teoria, poiché è estremamente vulnerabile agli attacchi perossidativi, il cervello mostra notevoli danni da carenza di melatonina. D’altra parte la comparsa di varie forme di cancro è un’altra conseguenza della diminuzione dei livelli di melatonina, perché il DNA nucleare viene facilmente attaccato e danneggiato da radicali perossilici. Il DNA danneggiato subisce processi di mutazione ed il cancro è la conseguenza usuale. Oltre a ciò l’azione antiossidante della melatonina promuove l’attività glutatione perossidasica del cervello. L’attività di questo enzima è il migliore meccanismo di difesa del cervello in quanto esso metabolizza il perossido d’idrogeno facendolo diventare ossigeno molecolare ed acqua, impedendo così la sua conversione in radicali idrossilici altamente tossici (Fig. 16).

Fig. 16 Sono mostrati due enzimi antiossidanti, catalasi (CAT) e glutatione perossidasi (GPx), che metabolizzano H2O2 riducendone la conversione a idrossil-radicale ·OH. GPx ossida il glutatione ridotto (GSH) alla sua forma ossidata (GSSG). SOD = Superossido dismutasi.

Quindi la melatonina protegge dai danni da ossidazione eliminando direttamente radicali ed anche stimolando ed inducendo enzimi preposti alla difesa antiossidante (v. tabella 1).

Tuttavia la protezione fornita dalla melatonina non si ferma al DNA del nucleo ma si estende anche alle membrane cellulari dove probabilmente limita la perossidazione dei lipidi che è conseguenza del danno causato dai radicali liberi.

Considerando che la melatonina è il più potente spazzino di radicale · OH scoperto fino ad ora, la teoria che l’invecchiamento organico può essere almeno in parte diminuito diventa estremamente suggestiva. I dati confermano che il danno da radicali liberi gioca un ruolo significativo non solo nell’invecchiamento ma anche nello sviluppo di malattie legate all’età. La melatonina non è certo l’unico sistema di difesa antiossidante dell’organismo, ma è l’unico che mostra una sostanziale ed uniforme riduzione correlata all’età. Altri tipi di difesa contro l’ossidazione studiati rimangono stabili o aumentano saltuariamente. Ciò implica che la riduzione della melatonina con l’età può essere causa primaria, ma non esclusiva, dell’invecchiamento.


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