La storia del Montiferru è
antichissima, i primi insediamenti umani risalgono al Paleolitico inferiore
(450.000-150.000 a.C.)anche se bisogna aspettare il Paleolitico recente (3.500-2.700
a.C.)per trovare le prime forme di insediamento stabili. Le costruzioni più
antiche sembrerebbero essere le Domus de jana, ovvero delle concavità scavate
nella roccia adibite a sepolcri, ove risiederebbero secondo la fantasia
popolare le fate (janas) che venivano tramutate in pietra. Tra le domus di un
certo interesse ricordiamo quelle di Serruggiu (Cuglieri) e San Marco
(Tresnuraghes). Risalgono invece al periodo megalitico (2.000-1.700 a.C.) il
dolmen di Monte Laccana (Cuglieri) e i menhir in territorio di Tresnuraghes.
I famosissimi nuraghi sono da
collocare attorno al 1.800 a.C. Queste grandi costruzioni in pietra le cui
caratteristiche architettoniche sono ben note per la loro particolarità, sono diffusissimi
in tutto il Montiferru, solo nel territorio di Paulilatino sono più di
duecento. Tra questi, molto imponente è quello di Lugherras, raggiungibile
dalla provinciale Paulilatino-Bonarcado, grazie ad una strada che ha inizio 3
chilometri dopo lo svincolo che consente di raggiungerla dalla SS 131. Il
nuraghe di Lugherras ha una struttura complessa, con una torre centrale, alta
12 metri, e tre torrette cuspidali. Il rinvenimento di numerose lucerne votive
romane (in sardo lugherras) testimonia l'uso della zona del nuraghe, come area
di sepoltura in epoca punico-romana.
In posizione dominante, al centro
di una grande radura fra il comune di Paulilatino e Bonarcado, si trova il
nuraghe di Atzara. Lasciando la strada che collega i due comuni all'altezza del
chilometro 6,500, con circa un quarto d'ora di cammino si potrà così ammirare
da vicino l'imponenza di questo nuraghe trilobato, del quale sono ben
conservate le mura che collegavano le tre torri esterne.
Il nuraghe di Oskina, 35 minuti a
piedi da Paulilatino, offre un bellissimo colpo d'occhio sulla valle del Tirso
e sul mare di Oristano. L'edificio consiste in una torre sola, alta più di 10
metri, circondata da un bastione a forma ellittica.
Nel comune di Santu Lussurgiu è
situato - a poca distanza dalle sorgenti di Santu Miale, a qualche chilometro
dalla borgata di Sant'Agostino - il nuraghe Piricu, la cui struttura
ottimamente conservata è esaltata dalla bellissima cornice di boschi e pascoli
che la circonda. Completamente ricoperto da folte piante rampicanti, è il
nuraghe Urassala che offre anche la possibilità di salire sul piano sommitale.
All'Urassala s'arriva dalla strada che s'incontra dopo due chilometri dalla
deviazione per la Colonia Montana sulla strada che unisce Macomer a Santu
Lussurgiu.
I nuraghi compresi nel territorio
di Scano Montiferro sono in tutto 45. Fra questi meritano una citazione quelli
denominati Nuracale e Abbauddi. Nuracale, tra i più maestosi complessi nuragici
del Montiferru, è situato a due chilometri e mezzo da Scano, lungo la strada
che porta a Sagama. Quadrilobato, cioè formato da una torre centrale circondata
da altre quattro più piccole, doveva svolgere una funzione classica di queste
costruzioni: la sorveglianza del guado sul vicino Rio Mannu. Il nuraghe
Abbauddi (letteralmente "acqua bollente") si erge su uno sperone di
roccia sovrastante il Rio Semus, a 2 chilometri dal paese, in direzione
nord-occidentale, sulla strada per Borore, nelle vicinanze della località Santa
Barbara. E una monotorre con una porta d'accesso insolitamente alta (2 metri e
20). La stessa conformazione del Nuracale è anche del nuraghe Mesumaiore, nel
territorio comunale di Seneghe. L'edificio, molto rovinato in alcune parti, era
posto a guardia del Riu Maistu Impera ed è oggi facilmente accessibile: basta
seguire l'ampia strada sterrata che parte sulla sinistra fra i chilometri 11 e
12 della Provinciale 11 Narbolia-Seneghe.
Il comune di Cuglieri presenta
numerosi nuraghi, concentrati nella zona di Sessa. Ricordiamo i monotorre
Oragiana e Orakeris, Nurgheddonis e Oratanda, trilobati, e il Nuraghe Maggiore,
quadrilobato.
I reperti di età protostorica
riportati alla luce nel territorio della Comunità Montana del Montiferru non si
limitano ai soli nuraghi. Molto conosciuto è il sito archeologico di Santa
Cristina, a poca distanza da Paulilatino, e facilmente raggiungibile dalla SS
131, grazie ad un'apposita deviazione. Qui si può ammirare il grande tempio a
pozzo realizzato con pietre squadrate.
Riportato alla luce e restaurato
solo nel 1967, il grande pozzo sotterraneo, al quale si scende attraverso una
scala in pietra, è stato fatto risalire al IX secolo a.C., quindi all'ultima
fase, la più socialmente e artisticamente evoluta, dell'età nuragica. Nella
cella si trova una piccola vasca che raccoglie l'acqua di una polla perenne, e
la cui presenza va probabilmente collegata al culto officiato in questo tempio.
Gli scavi effettuati nella zona hanno fatto emergere figurine fenicie in
bronzo. Attorno al pozzo si scorgono le tracce di un villaggio, dove quasi
certamente trovavano accoglienza i pellegrini che giungevano qui per le
cerimonie.
L'area di Santa Cristina ha
conservato nei secoli la sua sacralità: nel periodo ellenico vi si officiavano
riti in onore delle divinità Core e Demetra, mentre la chiesetta campestre di
Santa Cristina testimonia il mantenimento di questa caratteristica anche in
epoca cristiana.
Dai
sardo-punici al culto cristiano
Ricca di suggestive tracce in
pietra dell'antichità, anche se in parte ancora da esplorare, è la zona di
Santa Caterina di Pittinuri nel comune di Cuglieri.
Qui, a poca distanza da una delle
spiagge più belle dell'Oristanese, le aree archeologiche di Columbaris e Cornus
raccontano una storia affascinante, intrecciata a quella dell'intera Sardegna.
Cornus venne probabilmente fondata
dai Cartaginesi, e nel 215 a.C., durante la seconda guerra punica, fu il centro
della resistenza anti romana dei Sardo-Punici, guidati da Osto e dal
leggendario Amsicora. Pur vinta ed espugnata, la città non subì saccheggi, ma
conobbe una certa prosperità anche sotto i Romani, giungendo al grado di
colonia, iscritta alla tribù Quirina. Vi risiedevano infatti magistrati e
sacerdoti, e i bolli di fabbrica incisi su vasi e lucerne testimoniano anche
l'esistenza di una notevole attività economica, favorita dalla vicinanza a
Porto Korakòdes (Capo Mannu). Sul colle di Corchìnas rimangono peraltro solo
poche tracce della città romana:
un ramo dell'acquedotto e i
basamenti di alcuni edifici. Su Columbaris si è accentrata invece l'attenzione
da parte degli studiosi del cristianesimo primitivo. Una vasta area usata per
le sepolture e i resti di due basiliche attestano il fiorire di questo luogo di
culto fra il IV e il IX secolo, quando venne forse abbandonato a causa delle incursioni
arabe.
Testimonianza del periodo
giudicale, durante il quale il Montiferru costituisce l'omonima curatoria, è il
maniero noto come Casteddu Etzu che si erge su un antico centro di emissione
vulcanica facilmente raggiungibile dalla S.P. 19 di collegamento fra Cuglieri e Santu Lussurgiu. Venne edificato
nel 1169 ad opera di Ittocorre, fratello del giudice Barisone di Torres, per
ragioni difensive nei confronti del regno di Arborea.
Il castello, passato dapprincipio a
quest'ultimo giudicato e successivamente agli aragonesi, venne concesso nel 1421 in feudo a Raimondo
Zatrillas.
La sua fama è legata alla
drammatica vicenda di donna Francesca Zatrillas e del suo giovane amante e
cugino Silvestro Aymerich.
Della costruzione, oggetto di un
recente restauro conservativo, sono ancora visibili alcuni resti dei muri
perimetrali, di un ambiente e di una cisterna.