"Bah: che cacchiata" pensò reggendo il libro, arrivato alla penultima pagina.

Il caminetto ardeva in un angolo e lui stava mollemente adagiato sulla sua poltrona preferita. Il bicchiere era pieno di Glenlivet invecchiato 15 anni e la pipa era piena. Ma il weekend stava per finire ed il giorno dopo sveglia alle 6, bisognava chiudere, lavare i piatti, svuotare il camino e chiudere il cottage. E farsi la coda in tangenziale.

Che palle! I weekend uno non ha il tempo di iniziarli che appena si è abituato sono finiti. Andare fuori porta per rilassarsi dicono: ma poi rilassarsi come?

Arrivi in campagna e la casa è vuota e gelida; allora si devono fare la spesa, accendere le stufe ed il caminetto. Magari fosse così semplice: ovviamente la legna tagliata è finita l’ultima volta che ci si è stati, per cui bisogna spaccarne di nuova. E chiaramente, con lungimiranza mirabile, si procurerà di tagliarne solo l’indispensabile, con il risultato di pianificarsi il medesimo disagio per la volta successiva che si tornerà.

Poi si va a fare la spesa. In auto perchè il cottage è isolato da qualunque forma di vita evoluta e costruzione artificiale da almeno mezz’ora di strade fangose e dissestate tra boschi e valli per carità molto suggestivi, ma sempre, almeno quando ci si va, irrimediabilmente allagati ed impraticabili a causa di una sorta di diluvio universale appena concluso.

Sicuramente poi i viaggi per fare la spesa sono parecchi poichè al primo tentativo non si compra mai tutto quello che serve, nonostante si sia in possesso di un piano merci-di-sussistenza elaborato già parecchi mesi prima da un battaglione di consulenti di strategia della Arthur Andersen. C’è sempre il sale calcificato talmente dall’umidità nella saliera che manco con le bombe a mano o la fiamma ossidrica lo scrosti. Oppure il pacco di pasta che ospita colonie di tarme talmente evolute che, quando lo prendi per gettarlo nella spazzatura, ti presentano un piano di sfratto redatto dal loro commercialista. Per cui va ricomprato ogni volta tutto. E la volta dopo è di nuovo la stessa cosa.

Gli infissi sono deteriorati e nella casa tirano venti che solo Amudsen durante la traversata al Polo ha provato e le coperte sono talmente fradice ed ammuffite che ti sembra di abitare in una palude, anche per la quantità di insetti ed aracnidi che, con le tarme della pasta alle quali pagano regolare affitto, ormai sono i veri padroni della casa.

Beate le lumache e le tartarughe, verrebbe da pensare, che la casa se la portano sempre appresso in montagna, mare e campagna.

Il weekend volgeva al termine, ed in più stava anche lavorando. Doveva recensire i racconti di questo scrittore, pesanti ed incomprensibili. E solo perchè questo autore era amico dell’Editore. E poi chi era questo qua tra l’altro? Non c’era neanche il suo nome sul manoscritto.

Soprattutto l’ultimo racconto! Bah: tutte queste storie sulla logica, i sistemi formali e l’Universo. Ma chi ci capiva qualcosa! Lui era uscito da una sana e comprensibile Facoltà di giornalismo, per lui quelle elucubrazioni erano arabo.

"Dovro’ inventarmi qualche cazzata anche stavolta" si disse "Ma tanto ci sei abituato... che lavoro del cazzo" E pensare che quell’imbecille di Sam Spider, suo compagno di Università, era finito al Times ed era pure candidato al Pulitzer. E lui che lavorava in quella cacchio di casa editrice di sci-fi e fantasy!

 Un momento. Al fondo della penultima pagina c’era scritto "Le conclusioni del ragionamento del professor Gunther seguono nell’appendice A". Magari si sarebbe schiarito un attimo le idee su quel guazzabuglio di fregnacce. Si accinse a leggere.

Lesse.

 E l’Universo finì.