Francesco Inzirillo |
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Dottore in medicina e Chirurgia |
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COMPLICANZE INFETTIVE DEL TRAPIANTO DI POLMONI |
Fattori
predisponenti La
chirurgia dei trapianti è accompagnata da rischi d’infezioni proprio come
tutte le altre procedure invasive. Il
periodo d’ischemia dei polmoni donati, assieme al danneggiamento del sistema
linfatico, rappresentano condizioni favorevoli per la proliferazione di
potenziali patogeni. La
perdita dell’innervazione e l’indebolimento della funzione mucociliare
determinano una rimozione inadeguata delle secrezioni, dovuta anche
all’inibizione della tosse a causa del dolore post-operatorio. Un
altro fattore che può giocare un ruolo importante nello sviluppo d’infezioni
è il danno diffuso da riperfusione che, associato al danno ischemico, crea un
ambiente favorevole per la crescita di microrganismi. La
somministrazione combinata di ciclosporina (o tacrolimus), corticosteroidi e
azatioprina durante il periodo post-operatorio, predispone i pazienti sottoposti
a trapianto ad un incrementato rischio d’infezioni per il resto della loro
vita. (24) La
terapia immunosoppressiva è più intensa durante le prime settime dopo
l’intervento e ciò è naturalmente associato ad un più alto rischio di morte
per infezioni. (24) L’uso
di agenti citolitici è considerata il fattore predisponente più efficace per
lo sviluppo d’infezioni da CMV in allotrapiantati. Molti
fattori intrinseci al ricevente possono contribuire ad una più alta incidenza
di infezioni nell’immediato periodo post-operatorio. L’insufficienza
respiratoria cronica è spesso accompagnata da uno scarso stato nutrizionale che
può condurre ad una riduzione della forza dei muscoli respiratori e in
definitiva ad una ridotta capacità ad eliminare le secrezioni. Le
vie aeree sono universalmente colonizzate da microrganismI nella fibrosi cistica
e sono spesso colonizzate in molte altre patologie respiratorie croniche. Sebbene
il trapianto polmonare può rimuovere la principale sorgente di batteri (basse
vie aeree), i pazienti con fibrosi cistica continuano ad avere un importante
fonte d’infezione nelle alte vie aeree. Comunque,
a dispetto di una cronica colonizzazione delle alte vie aeree, i pazienti con
fibrosi cistica non sembrano avere un più alto rischio di sviluppo di infezioni
del tratto respiratorio inferiore con un’eccezione rappresentata
dall’infezione da Burkholderia cepacia. L’incidenza
di infezioni delle alte vie respiratorie (es. sinusiti) è più alto in tutti i
pazienti con fibrosi cistica, comunque. Quando
si esegue un trapianto di polmone singolo, il rimanente polmone nativo può
fungere da focolaio per la colonizzazione e lo sviluppo d’infezioni post
trapianto. Precedenti
condizioni cliniche del donatore quali il tempo d’intubazione, la presenza di
infiltrati evidenti nella radiografia toracica e la presenza di secrezioni
purulente nelle vie aeree sono presi attentamente in considerazione nella fase
in cui si deve valutare l’idoneità del donatore. Infatti,
nei giorni precedenti il trapianto, i donatori potenziali sono scartati se vi è
un qualche indizio d’infezione. Comunque,
oggi, la scarsità di donatori ha condotto ad un approccio meno restrittivo per
la loro selezione. Oggi
vengono presi spesso in considerazione i cosiddetti “donatori
marginali” che possono presentare infiltrati minori sulla radiografia
toracica o secrezioni nelle vie aeree. Molti
autori hanno notato un associazione tra CMV e il successivo sviluppo di BO.
(24) L’uso
profilattico di Ganciclovir è stato associato ad una riduzione di infezione da
CMV e anche di sviluppo di BO nel primo anno post-operatorio. Infezioni
polmonari sintomatiche appaiono più frequentemente dopo lo sviluppo di un
rigetto cronico. Più
del 50% di infezioni sono causate da batteri Gram negativi, tra i quali
Pseudomonas aeruginosa è quello più comune. Sebbene
molti fattori possono spiegare l’associazione tra infezioni batteriche e
rigetto cronico, uno dei fattori più significativi è lo sviluppo di
bronchiectasie che accompagnano le fasi più avanzate della BO. Agenti
etiologici
Ogni
microrganismo, virtualmente ha la possibilità di provocare una malattia in un
ospite sufficientemente immunosoppresso. I
pazienti con BO sono spesso colonizzati da Bacilli Gram negativi come Infine,
sono anche riportati casi d’infezioni da batteri relativamente poco comuni
come le Legionelle. Diagnosi
Nell’approccio
del problema di un’infezione in un paziente trapiantato, si devono Le
infezioni possono svilupparsi rapidamente ed essere fatali nel contesto di una
terapia immunosoppressiva. Durante
la prima settimana post-operatoria uno scenario comune è quello che vede il
paziente intubato nell’unità di terapia intensiva con un gradiente di
ossigeno La
diagnosi differenziale include infezioni (molte delle quali batteriche), danno
da riperfusione e rigetto. Ogni
combinazione di questi quadri può coesistere. Esami
colturali eseguiti sul donatore e sul ricevente possono contribuire ad
identificare il microrganismo. Generalmente
si esegue l’indagine colturale sul secreto ottenuto mediante aspirazione dal
tubo endotracheale. L’isolamento
dei microrganismi dal sangue del paziente è possibile ed è generalmente molto
utile e può essere effettuato anche da altri fluidi corporei (liquido pleurico,
urina, secrezioni dalle ferite etc.) La biopsia a cielo aperto è un’opzione da prendere in considerazione se non è possibile ottenere altrimenti una chiara diagnosi. (24) Infezioni
batteriche I
pazienti trapiantati possono sviluppare infezioni sostenute da qualunque
batterio che può causare polmoniti in un ospite normale e sono responsabili
della maggior parte delle morti durante il primo periodo post-operatorio (entro
i primi 3 mesi). (24) Durante
il periodo post-operatorio precoce, le infezioni sono molto spesso causate da
batteri Gram negativi come Pseudomonas spp, Klebsiella ed Haemophilus Influenzae
e meno frequentemente da Gram positivi quali Staphylococcus aureus. In
Base all’esperienza dell’università di Pittsburgh, le polmoniti si
verificano nel 35% dei riceventi durante le prime settimane post trapianto e i
microrganismi isolati in, Tutte
le polmoniti che si verificano nelle prime due settimane sono causate
principalmente da questi microrganismi, dopo alcune settimane è possibile
notare anche altri microrganismi quali S.Aureus e H.Influenzae. (24) Le
infezioni batteriche, spesso dovute a batteri Gram negativi, si sviluppano
frequentemente nel periodo iniziale di immunosoppressione, soprattutto se è
presente un rigetto cronico. Si
nota, comunque, un incremento dell’incidenza di infezioni da alcuni Gram
positivi quali S. pneumoniae, S. aureus e S. viridans. (25) L’incidenza
generale delle polmoniti batteriche, nella popolazione dei trapiantati, varia
dal 2 al 25% con picchi del 40% nei trapiantati di cuore e >50% nei
trapiantati polmonari. (25) I
fattori predisponesti includono batteriemia, aspirazione, disfunzione
mucociliare, intubazione endotracheale, inadeguato drenaggio polmonare e
alterazioni dell’integrità della mucosa. Low
ha notato l’importanza della presenza di microrganismi nel polmone
trapiantato. Nel
21% dei casi le infezioni sono sostenute da microrganismi pre-esistenti nel
polmone donato e suggeriscono anche, in caso di polmonite, un’adeguata
copertura nei confronti dei microrganismi isolati nel polmone donato. Il
paziente può spesso presentare tosse, espettorazione purulenta, febbre,
leucocitosi e infiltrati radiologicamente visibili. L’effettuazione
precoce della fibrobroncoscopia è raccomandata quando sono presenti infiltrati
o se si evidenziano alterazioni della funzione polmonare che potrebbero essere
causate da infezioni o dal rigetto. (26)
Molti
centri somministrano antibiotici a largo spettro a scopo profilattico per i Il
tipo e la durata del trattamento sono adattati allo stato clinico
post-operatorio e ai risultati delle colture di fluidi aspirati dai bronchi o
dalla trachea del ricevente e del donatore. A
causa dell’elevata morbilità e mortalità associata con le infezioni da B.
Cepacia, particolarmente durante il primo periodo post-operatorio, molti centri
hanno scelto di non effettuare il trapianto polmonare in caso di colonizzazione
da B. Cepacia. (26) Il
gruppo di pazienti con FC colonizzati da B. Cepacia hanno un’elevata morbilità
e mortalità nel periodo post-operatorio precoce e certamente traggono beneficio
da un protocollo terapeutico aggressivo e quanto più precoce possibile. Dalle
iniziali esperienze del gruppo di Toronto, Snell et al. descrissero la storia di
22 pazienti che furono sottoposti a trapianto per FC con un Follow-up variabile
da 4 a 47 mesi. Dei
22 pazienti, 15 furono colonizzati da B.cepacia, dei quali 10 in fase
preoperatoria (e continuarono ad esserlo nella fase post-operatoria) e 5 in fase
post-operatoria. 7
di quei 15 pazienti morirono a causa dell’infezione e 4 tra questi
appartenevano al gruppo che avevano contratto l’infezione in fase
post-operatoria. (26) Nel
1996 fu eseguito un altro studio alla “Duke University Medical Center”. (26) Nei 21 pazienti con FC sottoposti a trapianto polmonare bilaterale, i batteri isolati nelle colture pre-operatorie furono Stenotrophomonas maltophilia (4 casi), B.cepacia (2 casi), B. gladioli (2casi), S. aureus meticillina resistente (5 casi), S. aureus meticillina sensibile (3 casi), P. aeruginosa (18 casi), H. influenzae (2 casi) e Alcaligenes xylosoxidans (2 casi). (26) Uno dei pazienti morì nell’arco di 24h dall’intervento a causa di una sepsi da S. maltophilia e altri tre pazienti morirono alcuni mesi dopo a causa di polmoniti da P. aeruginosa nell’ambito di altre patologie infettive. Dei
17 pazienti che sopravvissero, 9 non ebbero complicanze infettive nel periodo
post-operatorio mentre i rimanenti 8 ebbero uno o più episodi di infezioni
batteriche invasive. Questi
ultimi furono trattati aggressivamente con agenti antimicrobici nei confronti
dei quali i microrganismi erano risultati sensibili ma, non appena il
trattamento con antibiotici veniva sospeso si sviluppavano spesso infezioni
della ferita sternale, comunque facilmente trattabili. (26) Da
tutto ciò si può desumere che l’esecuzione del trapianto polmonare in pazienti affetti da FC è
spesso gravato da complicanze infettive non sempre facilmente controllabili. Gli
studi iniziali condotti nel Nord America non erano molto incoraggianti, in
quanto dichiaravano una sopravvivenza media ad un anno di solo 42%.(26) In
base a questi studi la sepsi era la principale causa di morte. Studi
successivi condotti alla University of Toronto mostrarono risultati un po’ più
incoraggianti, evidenziando, in 17 pazienti con FC sottoposti a trapianto
polmonare bilaterale, una sopravvivenza ad un anno pari a 58%. (26) In
questo studio la causa principale di mortalità e morbilità fu la polmonite da
B. cepacia. Più
recentemente la sopravvivenza media si è innalzata, infatti, nel 1992 Shennib
et al. ed Egan et al. hanno riportato una percentuale rispettivamente del 64% e
del 85% I
microrganismi che tutt’oggi sono ancora particolarmente temuti sono i Gram-neg.
P. aeruginosa, B.cepacia e gladioli e S. maltophilia soprattutto se questi
microrganismi sono presenti prima del trapianto in pazienti con FC, considerando
soprattutto che le anomalie tipiche della FC persistono nelle vie aeree
prossimali native e nei seni paranasali che rimangono colonizzati da
microrganismi multi-farmaco-resistenti. La
mortalità e morbilità più elevate si riscontrano tra i pazienti che
acquisiscono infezioni successivamente l’intervento soprattutto se
l’infezione è sostenuta da B. Cepacia. Vi è, infatti, una controversia tra
alcuni centri che considerano l’infezione da B. cepacia una controindicazione
al trapianto e altri che sono di parere opposto. (26) Oggi
si tende comunque a considerare che, le infezioni sostenute sia da B. cepacia
sia da B. gladioli evidenziate in fase preoperatoria non dovrebbe essere Schulman
e colleghi evidenziarono, su 94 trapianti di polmone e cuore-polmone,
un’incidenza di circa il 2%. Tutte
le infezioni micobatteriche si svilupparono entro i primi tre mesi dal trapianto
bilaterale e in tutti i casi vi furono evidenze di trasmissione dell’infezione
dal donatore al ricevente o per lo meno di assenza del M. tubercolosi nei
polmoni espiantati dal ricevente. L’ipotesi
che l’infezione tubercolare si stata acquisita in ospedale è inverosimile
perché, in tutti gli studi eseguiti, i pazienti furono ricoverati sempre in
stanze singole o comunque in ambienti non esposti mentre invece, i donatori
corrispondenti a tali pazienti possedevano fattori di rischio per lo sviluppo di
tubercolosi quali alcolismo, residenza in New York City e recente immigrazione
dal Sud Africa. (27)
Alcuni casi di
tubercolosi polmonare post trapianto potrebbero essere espressione di una
riattivazione di un’infezione endogena. Altre
descrizioni di tubercolosi polmonare sono stati associati ad un incremento di
corticosteroidi. Ridgeway
et al. riportarono due casi di tubercolosi polmonari in due pazienti sottoposti
a trapianto di polmone singolo che avevano attinto da un unico donatore.
(?) Sono
stati descritti anche casi di infezioni da Micobatteri atipici patogeni tra i
quali M. chelone e M. fortuitum. In
tutti questi pazienti la tubercolosi dovrebbe essere trattata con trattamenti
standard e la presenza nelle vie aeree di micobatteri atipici in assenza di
malattia non è una precisa indicazione per iniziare un trattamento
antimicobatterico prima del trapianto. Il
ruolo della terapia, nel caso della semplice colonizzazione delle vie aeree,
dopo il trapianto è sconosciuto. (28) In
definitiva, le infezioni micobatteriche non sono una complicanza frequente del
trapianto polmonare e non sono, inoltre, associate a mortalità e significativa
morbilità. Per
tali motivi, non è necessario effettuare indagini colturali per la ricerca dei
micobatteri in assenza di chiari sospetti. (28)
Infezioni
fungine
Le
infezioni micotiche si verificano sia precocemente sia abbastanza tardivamente
nel periodo post-operatorio e sono tra le più comuni cause di mortalità nel
paziente immunocompromesso. Le
manifestazioni cliniche sono generalmente più insidiose e meno drammatiche
rispetto alle infezioni batteriche e generalmente è possibile evidenziare due
quadri:
1) Infezioni
opportunistiche sostenute da Aspergillus, Candida, Cryptococcus e Mucoraceae che
sono più frequentemente osservate in pazienti neutropenici. Candida
Albicans è il fungo più comune che è stato isolato durante il periodo
post-operatorio precoce. Tra
le sottospecie di Candida, quelle più comunemente riscontrate in pazienti
immunocompromessi sono C. albicans, C. tropicalis e C. krusei. (25) La
tracheobronchite ulcerativa è una forma eccezionale di aspergillosi non
invasiva ed è usualmente osservata nel primo mese post-operatorio nel corso di
broncoscopie ordinarie. I
pazienti sono generalmente asintomatici, tranne quelli affetti da FC che possono
sviluppare crisi di broncospasmo secondarie ad aspergillosi broncopolmonare
allergica e non mostrano modificazioni radiografiche significative. (31) All’indagine
broncoscopica si possono osservare le caratteristiche tipiche della
tracheobronchite con la presenza di ulcere multiple esattamente nel sito
dell’anastomosi. In
pazienti con FC che presentano una colonizzazione aspergillare prima del
trapianto è possibile ricercare dei markers sierologici soprattutto per
evidenziare un’aspergillosi broncopolmonare allergica (ABPA) (31) In
questi casi si possono evidenziare un elevato titolo di IgE totali e di IgE o
IgG anti A. fumigatus e una reazione cutanea immediata da A. fumigatus. Il
test ELISA ha il vantaggio di risultare positivo più precocemente rispetto ai
tests di agglutinazione, inoltre i risultati possono essere ottenuti entro 4 ore
dalla raccolta dei campioni e in alcuni pazienti si ottengono informazioni
significative anche più di 25 giorni prima della comparsa delle manifestazioni
cliniche o dei segni radiografici di aspergillosi invasiva. (31) Molti
pazienti presentano diverse infezioni concomitanti ed in questi casi risulta
difficile capire quali infezioni sono acquisite e quali sono quelle presenti
prima del trapianto. Infezioni
virali
La
Prevalenza di infezioni respiratorie virali varia considerevolmente tra i
numerosi studi riguardanti le complicanze infettive dei trapianti di polmone e
di cuore polmone. Maurer
ha potuto evidenziare l’assenza di seri coinvolgimenti respiratori in un
gruppo di 40 pazienti trapiantati a Toronto. (32) A
Stanford, in uno studio su 200 pazienti fu possibile osservare lo sviluppo di
infezioni da RSV, da virus influenzale o da adenovirus solo nel 3% dei pazienti.
(32) Similarmente,
a Pittsburgh in uno studio su 308 trapianti pediatrici e non, furono evidenziati
solo 4 casi di infezioni da adenovirus. (32) In
contrasto con questi dati, nella University of Minnesota, su 84 pazienti
pediatrici e non, si evidenziò lo sviluppo di infezioni da RSV o da virus
parainfluenzale in 18 pazienti (21%). (32) Altri
dati più recenti, infine, mostrano una notevole variabilità dei dati di
prevalenza.(32) Il
CMV continua ad essere il più importante e frequente agente virale capace di
causare infezioni nella popolazione dei trapiantati polmonari. (25) Ma
in definitiva l’intera famiglia Herpesviridae (CMV, HSV, VZV e HHV6)
rappresenta il gruppo maggiormente implicato e altri virus (Adenovirus, RSV,
Picornavirus e virus parainfluenzale) vengono sempre più riconosciuti come
patogeni del tratto respiratorio.(25) Il
CMV e il RSV hanno un alto tasso di complicanze polmonari mentre l’HSV e il
VZV raramente
invadono il tessuto polmonare. Le
infezioni virali precoci possono riflettere una trasmissione nosocomiale
(soprattutto il RSV è particolarmente contagioso) o una riattivazione di
infezioni latenti, (25) (32) mentre le infezioni tardive sono
generalmente acquisite in comunità. (32) Durante
le prime esperienze di trapianto polmonare erano comuni e molto frequenti
polmoniti virali da CMV che spesso conducevano ad insufficienza respiratoria e
morte. Diversi
autori riportano risultati di molteplici studi ma, spesso le definizioni della
malattia da CMV variano notevolmente tra i differenti studi e così una
comparazione diretta potrebbe non essere valida. (33) Ancor
oggi il CMV può determinare lo sviluppo di una malattia abbastanza severa
coinvolgente anche altri organi oltre i polmoni, a dispetto della profilassi
antivirale con Ganciclovir. (33) Infatti,
quest’ultima pur manifestando in gran parte dei casi la sua efficacia
soprattutto in associazione con immunoglobuline, alle volte non fa altro che
posticipare la comparsa della malattia (33) La
diagnosi di infezione da CMV, al momento può essere effettuata quando si
isolano cellule infettate nel BAL o quando è possibile evidenziare le
caratteristiche inclusioni in campioni bioptici. (24) Sebbene
particolarmente suggestivo, in uno scenario clinico appropriato, l’isolamento
del virus direttamente nelle urine, nel BAL o anche nel sangue, non implica
necessariamente la presenza della malattia ma, frequentemente ciò è
espressione di un’infezione asintomatica. (24) Quando
sintomatici, tali pazienti possono lamentare malessere generale, febbre e tosse
non produttiva, sintomi che possono bene essere raggruppati sotto il termine di
“sindrome simil-influenzale”. (24) Particolarmente
utili sono le indagini strumentali e di laboratorio. La radiografia del torace
può mostrare caratteristici infiltrati e le indagini sierologiche possono
evidenziare un incremento del titolo di IgG o la comparsa di IgM, anche se
queste sono solo indicative e non diagnostiche di malattia. In ogni caso la
diagnosi di polmonite da CMV può essere considerata definitiva solo quando
esistono evidenze istologiche su biopsie transbronchiali o su campioni
autoptici. (24)
Infezione
da HCV La
storia naturale dell’infezione da HCV in pazienti trapiantati oggi risulta
certamente più chiara e le interazioni tra ospite immunosoppresso e HCV possono
ora essere meglio comprese grazie alla disponibilità di specifici markers di
infezione. Il
corso della malattia da HCV può essere influenzata da vari fattori quali la
presenza di un nuovo organo antigenicamente diverso, gli effetti della terapia
immunosoppressiva e l’uso di una terapia antivirale profilattica. L’infezione
da HCV può essere acquisita nel periodo perioperatorio da un organo infetto o
da prodotti del sangue. I
derivati del sangue devono essere considerati una fonte potenziale di infezione. La
richiesta di sangue durante l’intervento e nel periodo post-operatorio
immediato varia in base al tipo di organo trapiantato.
Infezioni
protozoarie ed infestazioni parassitarie
Pneumocystis
carinii è un protozoo, considerato da molti un fungo, ubiquitario che può
causare importanti patologie polmonari in soggetti immunosoppressi. L’infezione
primaria, infatti, si verifica spesso in età giovanile e la malattia in età
adulta A
differenza di quanto accade in pazienti con AIDS, i pazienti trapiantati spesso
presentano un quadro clinico fulminante dominato da febbre, tosse, dispnea e
ipossiemia. (25) La
radiografia del torace può mostrare quadri variabili dall’assenza di
alterazioni fino alla presenza di infiltrati bilaterali diffusi. La
presenza di cisti nelle secrezioni respiratorie o in altri tessuti può essere
svelata grazie ad opportuni metodi di colorazione (Wright – Giemsa, Gomori –
Methenamine). L’infezione
ha inizio quando il parassita penetra nell’organismo attraverso la cute e
quindi migra attraversi i vasi polmonari e gli alveoli. In
pazienti sottoposti a terapia steroidea prolungata, nei trapiantati e nei
leucemici è stata descritta una sindrome caratterizzata prevalentemente da
disturbi gastrointestinali, insufficienza respiratoria con infiltrati polmonari
diffusi.
"La vita è breve, l'arte vasta, l'occasione istantanea, l'esperimento malcerto, il giudizio difficile." Ippocrate
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