Francesco Inzirillo

 
   

  Dottore in medicina e Chirurgia

 
   
   


PRELIEVO E CONSERVAZIONE DEI POLMONI DONATI

 
Tecniche

La diffusione dell’intervento di prelievo multiorgano ha consentito da un lato un’ottimizzazione dell’utilizzo di una risorsa preziosa quale quella degli organi donati per trapianto, dall’altro una sensibilizzazione alle problematiche specifiche legate alla preservazione dei diversi organi.  Nel caso del trapianto polmonare l’uso di entrambi i polmoni di un singolo donatore per effettuare due trapianti di polmoni singoli in due riceventi diversi, ha aumentato la possibilità di soddisfare le richieste dei pazienti in lista di attesa.(1)

Nel corso degli anni la tecnica di prelievo dei polmoni da donatore cadavere è stata standardizzata. Una volta che un set di polmoni da donatore multiorgano viene giudicato idoneo per la donazione e i polmoni stessi sono stati assegnati a uno o due specifici riceventi si attiva la procedura di organizzazione dell’espianto che ha come suo nodo centrale il complesso processo di coordinamento tra team chirurgici spesso provenienti da ospedali diversi.

  Dopo l’arrivo all’ospedale del donatore, è importante per il team che eseguirà l’estrazione dei polmoni ricontrollare tutte le informazioni cliniche sul donatore precedentemente apprese, valutare gli esami emogasanalitici più recenti e visionare gli studi radiologici del torace disponibili.

La procedura di prelievo dei polmoni ha inizio con l’effettuazione in sala operatoria di una broncoscopia con broncoscopio flessibile a fibre ottiche.  Gli scopi che il chirurgo toracico responsabile del prelievo dei polmoni si prefigge di raggiungere con la broncoscopia sono molteplici: identificazione di segni di flogosi delle vie aeree, riconoscimento di eventuali processi di aspirazione, ottenimento di campioni di secrezioni bronchiali per analisi batteriologica.

L’intervento chirurgico di prelievo multiorgano ha inizio con un incisione mediana estesa dal giugulo alla sinfisi pubica. Dopo la divisione longitudinale dello sterno il chirurgo responsabile del prelievo dei polmoni procede di concerto con il chirurgo responsabile del prelievo del cuore alla visualizzazione ed ispezione del mediastino.  Entrambe le cavità pleuriche vengono esplorate e i polmoni vengono esaminati accuratamente per la presenza di contusioni polmonari, aree di atelettasia o consolidamento.  La presenza e natura di eventuali versamenti pleurici vengono identificate e valutate nel contesto delle informazioni cliniche.  Vengono quindi divisi bilateralmente i legamenti polmonari inferiori.  Si procede quindi alla dissezione dei grossi vasi separando l’arteria polmonare dall’aorta.

        Nel momento in cui tutti i chirurghi coinvolti nell’intervento di prelievo multiorgano sono pronti il donatore viene eparinizzato (300 U/kg). Il chirurgo toracico procede quindi ad inserire una sutura a borsa di tabacco di polipropilene nella parete anteriore del tronco comune dell’arteria polmonare attraverso cui viene inserita nell’arteria polmonare una cannula da utilizzare per l’infusione del liquido di preservazione dei polmoni da espiantare, la pulmoplegia. 

          In modo coordinato con gli altri chirurghi si procede quindi al clampaggio dell’aorta ascendente immediatamente seguito dall’infusione in aorta ascendente della soluzione di preservazione del cuore.  Al momento del clampaggio aortico si procede all’infusione rapida in arteria polmonare di una dose di 500 microgrammi di PGE1 e all’inizio della somministrazione della soluzione pulmoplegica.  Il liquido di perfusione e preservazione polmonare viene infuso attraverso la cannula inserita in arteria polmonare, deve perfondere uniformemente tutti e due i polmoni, e viene quindi drenato attraverso l’auricola sinistra che viene a questo scopo amputata.  Allo scopo di contribuire alla preservazione quanto più ottimale possibile dei polmoni e del cuore la cavità mediastinica e le cavità pleuriche vengono riempite di soluzione fisiologica ghiacciata, allo stesso tempo si rimuove rapidamente dal campo operatorio tutto il sangue refluo caldo. 

   In totale si raccomanda di infondere 100 ml/kg di soluzione pulmoplegica (6-7 litri in totale) in un periodo di alcuni minuti.  Completata la somministrazione dei liquidi di perfusione per il cuore e i polmoni si può quindi procedere all’espianto degli organi toracici che va effettuato in maniera coordinata dal cardiochirurgo e dal chirurgo toracico quando non sia svolto da un solo chirurgo.  In genere, in un ordine che può variare ma va comunque prestabilito in anticipo, si procede alla divisione della vena cava superiore al di sopra dell’origine della vena azygos, alla divisione della vena cava inferiore a livello del diaframma, dell’aorta in zona immediatamente prossimale all’origine del tronco innominato.  Dopo la rimozione della cannula precedentemente inserita il tronco comune dell’arteria polmonare viene diviso immediatamente prima della biforcazione.  L’apice cardiaco viene quindi sollevato superiormente consentendo la visualizzazione della parete posteriore dell’atrio sinistro con l’inserzione delle quattro vene polmonari.  E’ questo il momento più delicato dell’intervento di espianto cardiaco e polmonare.

L’atrio sinistro viene penetrato ad un punto equidistante tra il seno coronarico e le vene polmonari, rimanendo consci della posizione di tutte le vene polmonari, l’incisione della parete atriale sinistra viene continuata sino a che il cuore è completamente separato dal mediastino e può essere allontanato dal campo operatorio e preparato al trasporto.  Il tessuto atriale sinistro va equamente suddiviso tra il cuore e i polmoni, con questi ultimi deve rimanere una adeguata cuffia di atrio sinistro comprendente l’inserzione delle vene polmonari.      

         L’estrazione dei polmoni procede con la mobilizzazione e la sezione della trachea ben al di sopra della carena facendo uso di una suturatrice meccanica.  E’ da notare che si preferisce espiantare e trasportare i polmoni in uno stato di media insufflazione che è stato dimostrato contribuisce ad una migliore preservazione e, conseguentemente, ad una migliore funzionalità dopo l’impianto nel ricevente.

        Il blocco dei due polmoni viene quindi separato posteriormente dalla colonna vertebrale, dall’aorta e dall’esofago.  Alcuni chirurghi preferiscono dividere l’esofago a livello cervicale e del diaframma con suturatrici meccaniche e rimuoverlo in blocco con i polmoni da cui viene poi separato su un tavolo da lavoro sterile.

        Se i polmoni devono essere inviati ad un unico centro vengono trasportati in blocco e separati immediatamente prima di essere impiantati.  Se devono raggiungere centri diversi, vengono separati nell’ospedale del donatore, sezionando il bronco principale sinistro alla sua origine con una suturatrice meccanica in modo da lasciare sigillate le vie aeree di entrambi i polmoni, dividendo l’arteria polmonare a livello della biforcazione e la cuffia atriale sinistra in modo da lasciare un sufficiente orlo di tessuto atriale intorno alle due vene polmonari sinistre e alle due destre.  I polmoni vengono quindi inseriti in buste di plastica sterili riempite di soluzione fisiologica ghiacciata e quindi in ghiacciaie da trasporto ripiene di ghiaccio con cui saranno trasportati ai centri dove saranno impiantati nei riceventi.

 

Conservazione

Nel campo della trapiantologia polmonare la conservazione e preservazione da danno ischemico dei polmoni espiantati è stato uno degli aspetti maggiormente oggetto di intensi studi di laboratorio. (2) Rivisitazioni dettagliate su questo argomento sono state fornite da Christie e Waddell (1993) e Novick (1992). (2)  Le tecniche di conservazione polmonare, sono oggi notevolmente progredite rispetto ai tempi in cui il gruppo di Toronto eseguiva trapianti usando polmoni presi in uno stato atelectasico e conservati in immersione ipotermica come riportato da Todd (1988).(2) Piccole differenze nelle strategie di conservazione si possono riscontrare in programmi trapiantologici diversi ma i principi di base rimangono simili.  Gli scopi che ci si prefigge di raggiungere con le metodiche di  preservazione dei polmoni espiantati sono la riduzione del danno ischemico con le sue conseguenze a livello metabolico, enzimatico e cellulare, la prevenzione della formazione e ritenzione di  trombi all’interno delle strutture vascolari polmonari, la prevenzione dello comparsa di aree di atelectasia.   

         Al momento della procedura di espianto il donatore viene sottoposto ad eparinizzazione sistemica ad alte dosi (300 U/kg). Successivamente e appena prima dell’arresto circolatorio, al donatore viene somministrato PGE1, un potente vasodilatatore polmonare, usualmente tramite un bolo di 500 microgrammi iniettato direttamente in arteria polmonare.(2) In alcuni programmi la PGE1 viene somministrata in infusione venosa centrale continua ad una dose variabile da 10 ng/kg/min a 80 ng/kg/min in base alla tolleranza.(3)

        La metodica più importante tra quelle di conservazione polmonare è l’infusione di una soluzione di preservazione fredda attraverso l’arteria polmonare.  Tale soluzione agisce attraverso molteplici meccanismi: i suoi particolari componenti svolgono una funzione di buffer contro lo sviluppo di acidosi cellulare, forniscono un supporto energetico al metabolismo cellulare e contribuiscono a neutralizzare la formazione di dannosi radicali liberi dell’ossigeno.

  La bassa temperatura rallenta i processi metabolici cellulari diminuendo il consumo di ossigeno.

 Nel corso degli anni sono state prodotte ed utilizzate soluzioni pulmoplegiche diverse, le più diffuse delle quali rimangono la soluzione Euro-Collins e la soluzione sviluppata presso l’Università del Wisconsin negli Stati Uniti.

         Successivamente all’espianto, i polmoni vengono immersi in una soluzione cristalloide fredda e mantenuti in uno stato di semi insufflazione durante il trasporto.

         Grazie all’adozione di strategie complesse e multifattoriali di conservazione/preservazione oggi i polmoni espiantati possono tollerare periodi di ischemia di 6-8 ore.(2)  Occasionalmente sono stati descritti casi di conservazione ischemica di 8-10 ore (soprattutto per il secondo polmone nel caso di intervento bilaterale sequenziale) con risultati soddisfacenti di recupero funzionale. (2)

         Lo stato di insufflazione polmonare, durante la perfusione dell’arteria polmonare e durante la conservazione ha verosimilmente delle conseguenze sulla funzione polmonare post-trapianto. (2) Puskas ha dimostrato che la conservazione dei polmoni di cani in stato di insufflazione produce una più sicura ripresa funzionale dopo un periodo prolungato (30 ore) di conservazione rispetto ai polmoni conservati a basso volume. (2)

Anche nell’uomo è stato dimostrato che l’insufflazione durante la perfusione e la conservazione del polmone espiantato sono importanti per ottenere risultati funzionali migliori.

         In tutti i programmi di trapianto polmonare, il riempimento dell’arteria polmonare avviene ad una temperatura da 1 a 4oC e dopo l’estrazione i polmoni vengono immersi in una soluzione cristalloide e ghiaccio in modo che durante la loro conservazione e trasporto rimangano alla temperatura di circa 1oC. (2)

Alcuni autori hanno evidenziato che, un più moderato grado di ipotermia consente una ripresa della funzione polmonare superiore, come dimostrato anche da alcuni

  esperimenti condotti in vitro da Wang (1993) riguardanti modelli di perfusione polmonare in conigli e modelli di trapianto effettuati in cani e babbuini documentati da Sundaresan e associati (1993). (2)

In precedenti studi su cani, comunque, Mayer e coll. non ebbero modo di evidenziare differenze tra modelli di conservazione a 4oC e modelli di conservazione a 10oC. (2)

 
Composizione della Soluzione di Perfusione

 Si è sempre discusso molto sulla composizione ottimale della soluzione di riempimento polmonare.

Al momento sono utilizzate diverse soluzioni nei vari centri.

Alcuni gruppi, ritengono utile effettuare un bypass cardiopolmonare e riempire quindi i polmoni con sangue autologo del donatore raffreddato come sottolineato da Yacoub nell1989.(2)  Nel 1988 Hakim rese popolare l’uso di una soluzione extracellulare arricchita con sangue del donatore in modo da ottenere un ematocrito della soluzione di riempimento del 10% circa. Nel 1992 numerosi esperimenti, come quello di Keshavjee e associati, dimostrarono che una soluzione extracellulare di potassio e destrano (LPD) ha un’efficacia superiore rispetto alla soluzione intracellulare standard di Euro-Collins soprattutto perché induce una minore vasocostrizione polmonare durante il riempimento. (2)

         Puskas ha evidenziato però, che se si provoca una vasodilatazione con PGE1 prima del riempimento, la soluzione di Euro-Collins permette una conservazione equivalente a quella ottenuta con LPD.

         Molti gruppi hanno usato la soluzione intracellulare dell’università del Winsconsin (UW) e hanno osservato risultati accettabili nonostante che, studi precedenti in modelli animali avevano suggerito una scarsa efficacia. (2)

         Il gruppo di Pittsburgh, invece, come riportato da Hardestry nel1993(2), ha effettuato una rivisitazione retrospettiva della sua esperienza e ha concluso che la soluzione UW attualmente permette una conservazione superiore rispetto a quella osservata con la soluzione di Euro-Collins modificata, più comunemente utilizzata.

 
Manipolazione farmacologica

Per ciò che riguarda i vasodilatatori prostaglandinici, studi recenti hanno dimostrato che, in aggiunta ai loro apparenti benefici quando somministrati prima del riempimento dell’arteria polmonare, possono avere dei benefici effetti nel periodo post-trapianto precoce. (2)

        Matsuzaki nel 1993, ha dimostrato, in un modello animale che l’infusione di PGE1 migliora il danno da riperfusione dopo 2 ore di ischemia non fredda. (2)

Successivamente, in un modello canino, si vede che la PGE1 aumenta la funzione del polmone trapiantato dopo un periodo d’ischemia di 18 ore, Come notato da Aoe (1993). (2)  In alcuni programmi clinici, si continua ad utilizzare la PGE1 durante il periodo postoperatorio.

        Grazie a tutti questi progressi, è oggi possibile e lo sarà ancor di più in futuro, potere usufruire di un tempo di conservazione maggiore, permettendo l’uso del massimo numero possibile di donatori ed espandendo verosimilmente il gruppo dei donatori ai deceduti con arresto cardiaco.

 
Metabolismo

Tra i vari organi che vengono conservati per i trapianti, il metabolismo polmonare è unico.  L’ossigeno negli alveoli insufflati e il glucosio intracellulare, incrementato grazie al glucosio presente nella soluzione di riempimento, permettono al polmone di mantenere il metabolismo aerobico e i livelli di ATP durante il periodo di conservazione a freddo(4).

 

 

         

"La Medicina ha due scopi: guarire dal male e non far nulla che possa nuocere.
Tre cose combinansi nell'arte: la malattia, il malato, il medico che è ministro dell'arte".
                                                                                         Ippocrate