Francesco Inzirillo

 
   

  Dottore in medicina e Chirurgia

 
   
   


RIGETTO POLMONARE

 

 

il rigetto post-trapianto rappresenta un problema abbastanza fastidioso.

Sebbene quest’evento si presenti raramente come un problema clinicamente rilevante, il rigetto cronico è la causa più comune di morte tardiva seguente il trapianto.

Secondo la classica descrizione del rigetto d’organo si riconoscono tre grandi categorie che sono clinicamente e istologicamente distinte:

  • Rigetto iperacuto

  • Rigetto acuto

  • Rigetto cronico

Il rigetto iperacuto si manifesta entro pochi minuti dal momento della perfusione del nuovo organo trapiantato ed è mediato da pre-esistenti anticorpi del sistema AB0, da antigeni HLA o da altri antigeni espressi dal nuovo organo che si legano immediatamente all’endotelio vascolare, causando l’attivazione del complemento e quindi un danno cellulo-mediato.

Le indagini istologiche dell’organo affetto mostrano la presenza di manifestazioni trombotiche, di infiltrati mononucleati e polimorfonucleati e di necrosi fibrinoide della parete dei vasi. (15)

Questa complicanza è stata largamente eliminata accoppiando riceventi e donatori con lo stesso gruppo sanguigno e grazie a precise valutazioni sierologiche necessarie per la ricerca di anticorpi diretti contro un pacchetto di antigeni che si presentano a causa di precedenti gravidanze, trasfusioni di sangue o precedenti trapianti.

         Il rigetto acuto è principalmente espressione di una flogosi cellulo-mediata che si sviluppa in un organo che è riconosciuto come estraneo dal sistema immunitario del ricevente.

Gli organi trapiantati sono riconosciuti geneticamente non identici a causa dell’esistenza di specifici antigeni di superficie, comunemente noti come “Antigeni da trapianto”.

Le differenze antigeniche tra donatore e ricevente permettono al sistema immunitario del ricevente di riconoscere l’organo trapiantato come non proprio.

Gli antigeni prevalentemente interessati sono quelli appartenenti al sistema comunemente denominato “Complesso maggiore di istocompatibilità (MCH) “ o meglio “HLA complex” negli uomini. (15)

Durante i processi immunitari la funzione delle molecole HLA è quella della presentazione di antigeni estranei che sono processati e legati per la successiva interazione con i linfociti T.

Oltre alle molecole HLA, altre proteine possono fungere da “antigeni da trapianto” quali antigeni delle cellule endoteliali e antigeni specifici per i diversi tessuti.

I linfociti T sono i maggiori effettori del rigetto acuto.

Le due maggiori classi di linfociti T che giocano un ruolo importante nel rigetto sono Linfociti T citotossici CD8+ e linfociti T Helper CD4+ che attivano e amplificano le risposte immuni.

Sebbene la funzione principale dei linfociti T è di riconoscere e legare antigeni estranei nel contesto di molecole HLA (riconoscimento indiretto) nel caso dei trapianti le molecole HLA rappresentano esse stesse antigeni estranei e sono sufficienti per avviare i meccanismi di riconoscimento da parte del TCR (riconoscimento diretto).

Il riconoscimento di molecole HLA estranee avviene tramite una complessa interazione tra antigeni del donatore o complesso HLA, il TCR e molecole accessorie o costimolatorie, CD3, CD28 e molecole di adesione, VCAM-1 e ICAM-1.

Un fattore molto importante che influenza il rigetto è l’antigenicità del polmone, infatti, l’espressione di molecole HLA di classe II è indotta sull’epitelio respiratorio e sull’endotelio vascolare del polmone in risposta al rigetto ed è associato con la progressione verso il rigetto cronico. (15)  

Diagnosi

Il rischio di rigetto acuto è molto elevato nell’immediato periodo post-operatorio e decresce con il tempo, infatti, il primo episodio si verifica dai cinque ai sette giorni dopo il trapianto anche se non sono inusuali molti episodi durante i primi due mesi e anche entro un anno.

La frequenza del rigetto acuto è simile per i vari tipi di trapianto tranne che per il trapianto lobare da donatore vivente che presenta un’incidenza di rigetto acuto inferiore.

I segni e i sintomi clinici del rigetto acuto non sono specifici e la diagnosi si basa sulla valutazione di criteri clinici e istologici.

I criteri clinici sono comunemente considerati diagnostici nell’immediato periodo postoperatorio, quando l’incidenza del rigetto acuto è più alto e le condizioni del paziente spesso precludono la possibilità di effettuare la biopsia transbronchiale. (15)

Molti pazienti possono lamentare dispnea, tosse non produttiva, una riduzione dell’ossigenazione maggiore anche di 10 mmHg, malessere generale ed in caso di sospetto, la diagnosi presuntiva di rigetto acuto può essere confermata tramite la valutazione della risposta alla somministrazione endovenosa di grandi quantità di metilprednisolone.

Sebbene i criteri clinici possono essere utilizzati per la diagnosi di rigetto acuto, ci sono comunque molti svantaggi a quest’approccio.

In primo luogo, fare affidamento sulla scoperta di segni e sintomi implica che la diagnosi venga effettuata tardivamente rispetto all’evoluzione della malattia e quando viene effettuata la malattia è già grave. (15)

Un numero significativo di pazienti sono asintomatici e la diagnosi si basa sulla sorveglianza bioptica.

  Per l’interpretazione delle biopsie, in corso di presunto rigetto acuto, bisogna escludere la presenza di infezioni e valutare la presenza di elementi caratteristici, quali l’incremento progressivo degli infiltrati perivascolari di mononucleati.

Gli elementi istologici che ci consentono di discriminare il rigetto acuto da quello cronico è la presenza, nel secondo caso, di lesioni ialine eosinofile irreversibili nelle vie aeree e nei vasi.

E’ chiaro che entrambi i tipi di lesioni possono, in alcuni casi, coesistere.

La biopsia dovrebbe inoltre essere considerata nel contesto della storia clinica, dopo l’aver osservato i risultati di precedenti biopsie e con la conoscenza dei risultati delle colture e del lavaggio bronco alveolare.

Infine, sebbene sia largamente accettata l’importanza della biopsia transbronchiale, numerose controversie esistono ancora circa la frequenza con cui l’indagine deve essere effettuata.

Molti autori propongono una sorveglianza frequente durante il primo anno postoperatorio e soprattutto dopo il trattamento del rigetto(15), altri invece raccomandano una sorveglianza più moderata (ogni due mesi) per evitare l’insorgenza di complicanze associate alle frequenti biopsie. (15)                   

L’esame obiettivo è frequentemente normale o può mostrare al massimo febbre moderata, crepitii o sibili.

La funzione polmonare declina progressivamente durante un episodio di rigetto acuto ma la disfunzione è frequentemente reversibile.

Per i casi di trapianto singolo, l’utilità diagnostica della spirometria può essere alterata a causa degli effetti del polmone nativo sui volumi espirati, infatti, nel caso di pazienti con patologie restrittive del polmone nativo, durante il rigetto acuto si riduce significativamente solo la CV, mentre nei pazienti con malattie ostruttive o vascolari del polmone nativo si evidenzia una riduzione anche del FEV1.

  Sebbene ovviamente non specifiche, alterazioni radiografiche sono abbastanza comuni durante il rigetto acuto e comprendono alterazioni peri-ilari definite, opacità dei lobi inferiori, linee settali ed effusioni pleuriche.

 La sensibilità di quest’indagine si riduce con il tempo fino al punto che entro il primo mese dall’intervento la radiografia del torace risulta frequentemente normale in presenza di alterazioni istologiche tipiche del rigetto. (15)

I fattori che predispongono i pazienti ad un aumentato rischio di rigetto sono sconosciuti. (2)

Studi ed esperimenti mostrano che polmoni non perfettamente conservati probabilmente sono destinati a subire maggiormente gli effetti del rigetto. (2)

Eventuali infezioni possono anche predisporre a successivi rigetti, infatti, seri episodi di rigetto chiudono molti quadri di infezioni batteriche o virali. (2)

  Il rigetto cronico si verifica dopo vari mesi o anni dal trapianto ed è caratterizzato da ostruzione delle vie aeree spesso notevolmente disabilitanti. (15)

Le indagini istologiche dimostrano la presenza di lesioni e manifestazioni fibrotiche sulla parete delle piccole vie aeree.

Il rigetto cronico è la maggiore causa di deficit polmonare tardivo seguente il trapianto polmonare. (15)

 

 

        

"La stessa malattia può essere uno stimolante per la vita,

 solo che si deve essere abbastanza sani per essa"

                                                    Robert Musil