6 febbraio 1913
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J. M. J. F.[1]

S. Luiz, 6 febbraio 1913

Amatissima famiglia,

perdonatemi se non vi ho scritto prima. La causa di questa mia tardanza fu lo studio della nuova lingua che sono costretto a imparare se voglio fare un po’ di bene; ed ancora non vi avrei scritto se ieri mattina non avessi saputo la dolorosa notizia della morte improvvisa del nostro RR. Sig. Prevosto. Oh quanto mi rattristò questo annunzio sì inaspettato!... Stamani celebrai Missa a suffragio di sua bell’anima, e mi tengo certo ch’egli sta già nella beata Patria a pregare per noi e per il popolo besanese.

Ed ora eccomi a voi per narrarvi, così alla buona, qualche cosa del mio viaggio e specialmente del come io ora me la passo. Comincio a dirvi che da Milano a Parigi il viaggio fu splendido. Ivi fui ospitato, per più di un giorno, nel convento dei cappuccini che mi trattarono proprio con squisitissima cortesia. In questo frattempo, con due ottimi Padri francesi, fui a visitare le principali Chiese e Monumenti della città e vidi cose che mi fecero proprio strabiliare e fui costretto ad esclamare: certamente Parigi è assai più bella della nostra Milano.

Ringraziato i frati dell’ottima accoglienza fattami, partii ancora in ferrovia per il porto di Avri[2] dove il grande Bastimento Ildebrant attendeva i passeggeri diretti per il Brasile. Assegnata che mi fu la cabina e postovi tutte le mie valigie, fui subito a vedere se potevo incontrarmi con qualche persona che potesse intendere il mio linguaggio ma in quel momento non fu possibile.

La prima giornata che passai in mare non tanto gustai, perché fui costretto a conversare solo con gli altri due Missionari. A Parigi e a Avri, un po’ in latino, un po’ in francese mi facevo capire benissimo, ma non così sul bastimento, perché di Preti non ne trovai, ed i passeggeri erano quasi tutti tedeschi o spagnoli o portoghesi o inglesi ecc. ecc. dai quali si poteva capire un’acca.

Già mi ero rassegnato a passare in mare giorni non tanto felici, quando invece il giorno dopo si appressa a noi Missionari un ricco signore e ci dà il saluto in buona lingua italiana. Noi ci sentimmo subito sollevati. Egli era natio di Parma, uomo molto istruito che passò la maggior parte dei suoi anni in questi viaggi in qualità di grande commerciante di gomma elastica. Tanto cattolico non era, perché dei preti parlava molto male, ma dei frati in generale e dei cappuccini specialmente li teneva in venerazione. Potete immaginare quanto quest’uomo doveva giovarci nel nostro sì lungo viaggio. Io dico solo che egli fu per noi un vero Angelo custode.

   Il saluto con cui Padre Natale inizia le sue lettere

Altre particolarità non ve le dico perché di esse già fosti consapevoli dalle molte cartoline che vi spedii durante il viaggio. A Madeira[3], isola più bella del mondo, telegrafai al Superiore dei Missionari Cappuccini lombardi dicendogli il giorno del nostro arrivo: ed ecco appena arrivati al Parà[4], il Superiore nostro venne prontamente a prenderci a bordo. L’accoglienza che mi fecero i missionari di quel luogo è indescrivibile.

In quel convento stavano tre Padri milanesi, uno bergamasco; con due laici, uno milanese, compagno di mio noviziato, e l’altro bresciano. Noi conversavamo in buona lingua italiana, ma fummo obbligati a parlare in meneghin milanes perché di esso gustavano quegli ottimi Missionari. Dopo di aver passato cinque giorni in santa allegria, fui costretto a lasciare il Parà per partire, con un altro bastimento, per il Maragnone[5], luogo di mia destinazione. Benché vi fossero stati solo due giorni di mare, pure causa la marea e specialmente il malissimo trattamento di cibi, io stetti molto male, ed in questi due giorni dovetti tralasciare di celebrare anche la S. Messa.

A metà novembre finalmente giunsi al luogo assegnatomi dai miei ottimi Superiori, ma ero tanto stanco, tanto stremato di forze che fino al giorno dell’Immacolata (8 Dicembre) fui costretto a stare non già a letto, perché qui non si fa uso di esso, ma nella mia rete senza poter far nulla.

E di questo non vi dovete far meraviglia, imperocchè partii dell’Europa (appena passato il Sempione) con la neve, e arrivai al Maragnone con un calore enorme (30 gradi di calore, quando fa meno caldo); quindi era più che naturale che questo cambiamento di clima così repentino non doveva certamente farmi del bene. Ora però, grazie al buon Dio, sto benissimo, anzi sono già tre Domeniche consecutive che m’inoltro, a cavallo d’un puledro, nelle selve per celebrare la S. Messa e far Battesimi. In queste mie prime disobrighe[6] però ebbi sempre con me un bravo giovanotto che mi faceva da interprete perché al presente non so ancora la lingua del luogo e non potete immaginare quanto mi rincrebbe nel non avere potuto dirigere una parola di consolazione a quei poveri cabocchi che già più da un anno non vedevano un Sacerdote.

Sembra una cosa incredibile! Dopo tanti anni di studio esser incapaci di dire, con due parole in croce, che esiste un Dio giusto, Signore e Padrone di tutto il creato ecc. ecc.

E, che cosa volete, sono obbligato di prendere in mano ancora la grammatica e studiarla con lena, cominciando dall’abc, se voglio predicare. Credevo che per apprendere bene la lingua portoghese fosse stato una cosa più facile di quello che è in realtà. Ciò che più di difficile in questa nuova lingua, specialmente per noi italiani, è la pronuncia; però entro due mesi ancora voglio sperare di essere alla portata di poter confessare e specialmente predicare in portoghese. Intanto pazienza...

Per avere un’idea precisa del come la passa qui il Missionario, è necessario che voi abbiate qualche nozione riguardante questi luoghi. Anzitutto dovete sapere che il Brasile è composto di moltissimi Stati. Ciascun Stato ha le sue città (più o meno civilizzate) con una grandissima estensione di selve abitate da gente non ancora civilizzata chiamata “cabocchi”. In tutti questi Stati vi è il proprio Vescovo con pochissimi Preti i quali stanno solo nelle città. Anche i Conventi di noi Missionari sono quasi tutti situati nelle città, ma la maggior parte dell’anno noi lo passiamo in mezzo alle selve, catechizzando i poveri cabocchi. Un Missionario, per esempio, esce dalla città per portarsi in mezzo alla selva a tenere Missioni e dopo tre, quattro, cinque mesi continui, stanco dalle fatiche se ne ritorna al proprio convento; ed ecco che subito un altro Missionario va a continuare l’apostolato dell’altro, e così via, via di seguito.

E le città del qui Brasile, credete forse voi che possano star a confronto a quelle d’Europa?

Niente affatto, sia in quanto al modo di trattare, al modo di cucinare, al modo di vestire e così andate dicendo. Per questa volta io non vi parlo d’altri luoghi, d’altre città del Brasile dove io fui solo di passaggio perché il giudizio che di essi io feci potrà essere errato, ma mi limito a parlar solo della città di S. Luiz, città principale del Maragnone dove sono già più di due mesi ch’io dimoro. In generale qui le case sono molto basse di un piano o, al più, di due piani, ma riguardo questo non si deve far nessuna meraviglia perché se così si costruisce, è per causa del grande caldo che ivi esiste.

Le vie sono molto strette, anguste e, quel che è peggio, sono molto sporche. Questa città la si può benissimo chiamare la città dei cani, perché non v’è famiglia che non abbia uno, due, tre cani, e un giorno io ritornando dal cimitero al mio convento (che non è tanto lungo) ebbi la pazienza di numerare tutti i cani che mi incontrai su quella via e furono più di novanta.

Il colore di questa gente è molto variato ma quello che più domina è il nero e il mulatto. Le prime volta che io vidi queste facce, nere come il carbone, ebbi quasi paura. Certamente si deve fidarsi poco di questa gente perché è traditrice al sommo.

Non solo nelle selve, ma anche sulle vie della città si trovano una gran parte di ragazzi e fanciulle (già grandicelli) completamente nudi e di questo nessuno se ne fa meraviglia, tanto sono abituati. Nella donna, specialmente, non vi è nessun pudore ed ecco perché il brasilero, anche oggi giorno, vive più da pagano che da cristiano. E davanti a Dio saranno forse scusati del gran male che fanno per la ragione ché sono gente rozza, ignorante? No certamente, perché questa è una ignoranza prettamente colpevole. Il dolce far niente piace troppo a questa gente, e, non volendo intraprendere nessuna arte o mestiere, sono costretti poi a vestirsi e a mangiare stentatamente.

Volete sapere di che cosa si ciba in generale il brasilero? Egli si ciba di arces (è una specie del nostro riso, cotto nell’acqua senza condimento), di mandioca (farina estratta dalle radici di una pianta), di carne di animale (non già ingrassato, bensì giovane, al più d’un mese di vita) e di frutta. Questi sono i cibi o piatti prediletti di qui, ma fino a tanto ch’io non mi sono climatizzato bene, mi astengo da questo modo di mangiare, almeno stando in Convento.

Qui a S. Luiz sta il Vescovo, ma la cattedrale (ovvero Duomo) è molto inferiore alla chiesa, non dico parrocchiale di Besana, ma di Santa Caterina. Non vi è un piccolo altare di marmo, e in quanto arredi sacri sono pochissimi e sdruciti. Dite, dite a Don Giovanni di gloriarsi perché egli tiene più paramenti per la sua chiesuola che il Vescovo qui del Maragnone.

Dacché io giunsi al Maragnone fino a quest’ora, grazie a Dio, si verificò un sol caso di febbre gialla, (terribile morbo che tolse la vita a parecchi nostri Missionari lombardi) ma s’appressa l’inverno (cioè tempo di pioggia che dura di continuo tre o quattro mesi), ed è allora il tempo dei malanni. Quando qui piove avviene tutto all’opposto di quello che succede a Milano nel tempo dei grandi calori d’estate. La ventilazione non si fa più sentire, e vi regna un’umidità indescrivibile. Io e gli altri due miei ottimi compagni, questa volta fortunatamente, giungemmo nel Brasile in un tempo molto propizio imperocchè l’inverno non ha ancora incominciato mentre per il passato, mi si disse, che la pioggia principia in Dicembre, intanto vi è meno pericolo di malattie perché ora siamo già climatizzati mica male. Del reso io la morte non la temo perché di continuo mi metto nelle braccia della Divina Provvidenza; se Ella vuol chiamarmi anche in questo momento che sto scrivendo sia benedetta e ringraziata la sua “SS. Volontà”, se invece vuol servirsi della mia poverissima persona per far un po’ di bene a questi poveri infelici e disgraziati cabocchi dandomi lunga vita, sia ugualmente benedetta e ringraziata la sua “SS. Volontà”.

Certamente che qui il campo è estesissimo per far del bene e quindi vi è un bisogno estremo di Missionari, ma a Dio nessun mezzo manca, togliendo me dal Brasile, mette subito un altro più degno di me; dunque?...

Quello che più importa è di far bene, di santificare noi stessi e gli altri, intanto che abbiamo tempo. Vi raccomando, vi scongiuro di non mai attaccare il cuore smoderatamente agli interessi materiali, alle cose di quaggiù ché tutto è passeggero. Amatevi, compatitevi e vedrete che la Benedizione del ciel sarà sempre sopra la nostra cara ed amatissima famiglia.

Fino a tanto che non ho imparato benissimo la lingua portoghese, scrivo più a nessuno, e di questo volete saper il perché? Perché per apprendere bene la nuova lingua è necessario dimenticare l’antica lingua italiana. Quindi incarico voi a dare mie notizie a tutti i nostri parenti, conoscenti e specialmente ai nostri ottimi R.R. Coadiutori Don Leonardo e Don Giovanni nonché ai miei carissimi padrini di Messa Giovanni Colombo e Angelo Farina.

E’ mio desiderio che questa mia lettera sia data da leggere, tanto alla sorella Carolina, quanto al fratello Giuseppe e cognata Marietta. E la sorella Adele di salute migliora? Come sta presentemente? Io sono ansiosissimo di vostre notizie.

Ecco la mia Direzione, ma quello che vi raccomando è di scriverla ben chiara, altrimenti sì è certi che in si lungo viaggio la lettera vada perduta.

Al rev. Frei Natal M. da Besana

Miss. Apostol. Capuchinhos

No Norte de Brasil

Convento do Carmo

(Maranhão) - S. Luiz

Raccomandandomi caldamente a voi tutti nelle vostre orazioni, mi sottoscrivo nei cuori purissimi di Gesù e di Maria, vostro fratello.

Fr. Natal - Miss. Apost. Capuchinho

N.B. Quando mi scriverete vi prego di darmi notizie del fratello Pietro mandandomi anche il suo indirizzo. Se gli spedite il biglietto che qui sta rinchiuso mi fate un grandissimo favore.

E la nipote Giulia sta ancora di convento nel cremonese? Io desidererei che la prima volta che la Carolina le scrive, mi facesse il favore a mandare anche la mia direzione, perché gusterei molto se la nipote Giulia avesse a scrivermi anche qui nel Brasile.


[1] Jesus, Maria, Francisco: questa espressione, scritta per esteso o solo con le iniziali, è riportata all’inizio di molte delle lettere di Padre Natale, spesso preceduta da “W”.

[2] Le Havre, città nel nord della Francia

[3] Arcipelago dell’Oceano Atlantico, circa 1000 Km al largo del Marocco

[4] Stato della Confederazione Brasiliana, nell’estremo nord del Brasile, poco al di sotto dell’equatore

[5] Lo stato del nord del Brasile in cui si svolgerà la missione di Padre Natale; spesso è indicato nelle lettere seguenti anche con il nome locale di Maranhão. La Capitale è São Luís do Maranhão, sulla costa dell’oceano Atlantico.

[6] Con questo termine, come verrà più avanti spiegato, sono indicate le missioni ambulanti nell’interno del territorio per centinaia di chilometri e dalla durata di diversi mesi

 

 

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