INVASIONE
ROMANA IN ABRUZZO
Nel
III secolo a.C. i romani penetrarono in Abruzzo e vi fondarono numerose
colonie. Le prime furono Carseoli (Carsoli) e Alba Fucens (303 a.C.),
seguite poi da Amiternum (293 a.C.), Hatria (Atri 289 a.C.), Interamnia
(Teramo 268 a.C.), Castrum Novum (Giulianova 264 a.C.). Castrum Novum e
Fermo avevano il compito di proteggere il conquistato agro Piceno che
comprendeva anche l'agro Palmense il cui centro era costituito dalla Val
Vibrata. Interamnia fu colonia militare e, in seguito, contemporaneamente
municipio e colonia. Dure e sanguinose furono però le guerre che Roma
dovette affrontare per impadronirsi di questi territori allora popolati da
tribù di pastori e guerrieri come i Marsi, Equi, Sabini, Peligni, Vestini,
Pretuzi, Marrucini, Pentri, Caudini e Frentanfi. Per ottenere la
concessione della cittadinanza, nel 91 a.C. le citate tribù, riunite
nella lega chiamata "Italica", dovettero affrontare la famosa
guerra Sociale. La cittadina di Corfinio (Pentima) fu eletta capitale
della Confederazione.
Ad
incoraggiare questa dura guerra fu anche la famosa rivolta di Ascoli nel
Piceno contro il prepotere romano. Roma però ebbe pieno successo sia in
Ascoli (89 a.C.) che fra le impervie giogaie del futuro Abruzzo e del
futuro Molise (88 a.C.). Nell'89 era stata approvata la "Lex Plauta
Papiria" che, completando l'effetto della precedente "Lex lulia
de civitate", concedeva la cittadinanza romana a tutti quei
confederati che entro 60 giorni si fossero recati a Roma per far
registrare il proprio nome dal magistrato competente. Le guerre civili
cessarono con Ottaviano (4131 a.C.) e iniziò anche per queste località
un periodo di pace, di riforme, di benessere. Queste terre si arricchirono
di reti stradali che favorirono moltissimo i traffici, e lo sviluppo
economico. La colonizzazione romana iniziata ai primi momenti
dell'occupazione per fini prevalentemente militari, si intensificò e
assunse un valore sociale e storico soltanto nella prima metà del I
secolo a.C., ai tempi di Silla. La zona settentrionale della costa
abruzzese si arricchì di coloni romani. In questi valli, favorevoli alla
coltivazione della vite e dell'ulivo, si introdusse il sistema di
conduzione agricola detto della "Villa". Augusto, per ragioni
statistiche, divise l'Italia in 11 regioni. La parte settentrionale
dell'attuale Abruzzo fece parte della V Regione Picena, mentre il resto
appartenne alla IV A S. Omero e in altre località della vallata, quel
popolo ha lasciato segni tangibili del suo ingegno, della sua arte, della
sua civiltà.
Interessanti
scoperte alla Badia, a Colle Porcino e al Bivio
Nel corso
dei restauri della Badia avvennero dei fatti nuovi per cui si rese
necessaria una variante al progetto. Nell'ala nord vennero alla luce le
intere fondamenta della chiesa del vecchio monastero dei Benedettini
(abside compresa), che successivamente i Celestini demolirono per creare
un edificio più grande e funzionale.
Furono
trovati pavimenti in cocciopesto e mosaici romani anche del periodo
Imperiale. Vennero alla luce resti di un grosso incendio avvenuto nel
periodo romano. Dallo scavo vennero fuori grossi frammenti di anfore,
bellissime antefisse in cotto ed altri importanti reperti.
Interessantissimo anche il cunicolo del periodo medioevale rinvenuto nei
sotterranei: da molte testimonianze di anziani, sembra che il cunicolo
prosegua anche all'esterno del monumento per raggiungere un altro
monastero nei pressi di Controguerra. Sia nella parte esterna, lato est,
che nel chiostro, furono trovate bellissime cisterne in cotto per la
conservazione del frumento. A nord e ad est, nella parte esterna, si
riportarono alla luce ampie strutture murarie e una cisterna per l'acqua.
Si intrecciano continuamente resti di strutture romane dal I secolo a.C.
al II secolo d.C. a strutture medioevali. Le costruzioni sono di natura
civile (forse una villa romana) e monastica.
Moltissimi e interessanti i frammenti di anfore di varia tipologia,
transenne, tegoloni ed ambra. Molto belle le due ciotole di ceramica
ingubbiata del XIV secolo.
Gli scavi archeologici furono diretti dal dott. Andrea Staffa, ispettore
della Soprintendenza di Chieti, che si avvalse della preziosa
collaborazione di Osvaldo Corneli, sempre della Soprintendenza, di Simona
Pannuzi dell'Università di Roma e di un gruppo di dipendenti della ditta
Cingoli.
Nella vasta area del Bivio e in modo particolare a Colle Maiulano, al
tempo di Roma vi dovevano essere considerevoli insediamenti. Lo dimostrano
gli avanzi di costruzione, i reperti archeologici e le tombe a cappuccina
che con molta frequenza si rinvengono durante i normali lavori agricoli e
durante gli scavi più profondi.
Cisterne di
Colle Porcinio
Due
erano gli avanzi di cisterne (o tempietti) che fino a qualche anno fa
ancora si potevano vedere in contrada Colle Porcino, sulla proprietà di
Guerino Reginelli, Luigi Ricci e di altri. Il rudere che insiste sulla
proprietà del Reginelli e del Ricci, affiora dal terreno per un'altezza
che va da 50 centimetri ad un metro. Si tratta di una muratura circolare
in calcestruzzo di 60 centimetri di spessore, del diametro di m. 15. Buona
parte di essa non è visibile. La cisterna (o tempietto) che si trovava
sulla ex proprietà degli eredi Ciarpelli, a circa 300 metri a sud-ovest
della precedente, era in ottimo stato di conservazione. Era una
costruzione circolare con un prolungamento di circa tre metri nella parte
sud. La muratura, in durissimo calcestruzzo aveva uno spessore di 55
centimetri. Il diametro della vasca era di m. 5,90 e la sua profondità di
1,10. Una gettata di calcestruzzo, dello spessore di 40 centimetri circa,
faceva da fondo alla costruzione.
Tombe a
Cappuccina
Circa
500 metri dopo il bivio di Corropoli, verso Alba Adriatica, di fronte alla
Euroflex, 200 metri a sud della statale 259, sul terreno del marchese
Ottavio Flajani, nella primavera del 1980 furono scoperte 4 tombe romane a
cappuccina del I-II secolo d. C. Delle quattro soltanto la tomba A era in
perfetto stato di conservazione. Al dott. Stefano Musco di Roma, alla
dottoressa Stefania Panella de L'Aquila e al tecnico rilevatore Eliano
Donato Tufillaro, tutti della Cooperativa "Archeologia e
Territorio" che operava nella zona, fu dato l'incarico di scavarle.
La tomba A era posta a m. 1,10 dal livello del terreno. Era lunga m. 2,
larga 0,62 e alta 0,50. Il suo orientamento era est-ovest, 56 gradi nord.
Fu scavata nei giorni 16 e 17 giugno 1980. Il corredo era costituito da
una lucerna e una moneta. Lo scheletro era intatto: si notavano soltanto
delle tracce di combustione in corrispondenza della testa. Con molta
probabilità si sarà trattato di un fatto rituale.
Nella tomba B, orientata come la precedente, furono trovate circa 60
palline di ferro, simili a dei ceci, e una piccola olla alta 10
centimetri.
Pochissime
cose furono trovate nelle tombe C e D. Si presume che in quel terreno si
nasconda una vasta area sepolcrale del I-II secolo d.C.
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