v La chiesina della Madonna dell'Archetto
?Papi, famiglie patrizie, ordini
religiosi e, prima di loro, imperatori fecero costruire acquedotti e fontane
d'ogni genere per dare alla città acqua a sufficienza, oltre che a legare i
loro nomi a prestigiose opere monumentali.
Intorno al '400 Roma venne " inondata " di fontane, ma
soprattutto di fontanelle di pubblica utilità, dove gli animali si abbeveravano
e romani e pellegrini potevano ritemprarsi dissetandosi con un'acqua
particolarmente buona e fresca. Di queste fontane, spesso opera di artisti
famosi, Roma è ricca. Sarebbe simpatico riscoprire la città anche attraverso un
rapido viaggio tra questi piccoli capolavori, ed ecco di seguito uno dei
possibili itinerari.
La Fontana delle api a via Veneto, angolo piazza Barberini. Il 6 aprile 1644, appena
pochi mesi dopo la realizzazione della celebre fontana del Tritone per opera
del Bernini, papa Urbano VIII Barberini
diede l'incarico allo stesso di eseguire una " bassa fontana " di piccole
dimensioni, un "beveratore delli cavalli" che veniva sempre costruito
accanto a fontane monumentali.
Fu compiuta in breve tempo e sistemata all'angolo tra piazza
Barberini e via Sistina, appoggiata a Palazzo
Soderini.
Questa artistica fontanina-abbeveratoio è un elegante esempio di
barocco e rimase in quel luogo fino al 1865 quando venne scomposta ed
abbandonata in un deposito. Dopo circa mezzo secolo la fontana venne
ricostruita con molte alterazioni, visto che alcuni pezzi erano andati perduti
e collocata laddove l'ammiriamo oggi.
Si tratta di un'enorme conchiglia con le valve aperte e scanalate;
nella valva superiore un' iscrizione dedicatoria; la valva inferiore sul piano
stradale favoriva l'abbeveraggio, nel raccordo tra le due le api barberiniane.
La nobile famiglia romana dei Barberini proveniva dal castello
Barberino in Val d'Elsa (Toscana), ed aveva come nome Tafàni che mutò con
quello del luogo d'origine. I Barberini assunsero nel loro stemma tre api, di
certo più eleganti dei fastidiosi tafàni.
Non lontano, le Quattro
Fontane sul quadrivio omonimo: all'incrocio
con via XX settembre, agli angoli si ammirano altrettante " fontanelle
". Volute da papa Sisto V intorno al 1593 su disegno di Domenico Fontana,
furono rimaneggiate ed abbellite in epoca barocca. Quella che rappresenta "la
fortezza", per la struttura e l'insieme dell'opera, è stata attribuita
a Pietro da Cortona. Le altre tre fontane rappresentano: "la fedeltà",
"il Tevere" e "l'Aniene" o forse l'Arno come
qualcuno sostiene. Per chi volesse approfittare l'acqua è invitante, ma …..
attenti al traffico!
Per via del Tritone, dirigendosi verso via Frattina si arriva a via
Bocca Leone. Qui, su uno dei fianchi di Palazzo Torlonia, la Fontanella Torlonia. E' un bel sarcofago romano con
bassorilievi rappresentanti fauni e fanciulle ed al centro un uomo togato.
L'acqua arriva nella vasca da una fistola posta nella bocca di un mascherone
sovrastante ed esce attraverso due fori,
alla base del sarcofago, per cadere poi in un catino ed essere così
facilmente raggiungibile.
Volgendo verso via Lata all'angolo con via del Corso, la Fontana del facchino, attribuita nientemeno che a Michelangelo, era ritenuta dai romani
del '500, forse scherzosamente, il ritratto di Martin Lutero. Raffigura un uomo
che regge una botte con le due mani, dalla quale sgorga acqua che si raccoglie
in una piccola vasca sottostante.
Nel prosieguo di via del Corso si raggiunge piazza Venezia, dove
troviamo la Fontanella di San Marco, di fronte all' omonima basilica. E' una pigna che si eleva su una
sorte di corolla in travertino nella quale si riversano dei getti d'acqua. E'
per i romani luogo tradizionale di
appuntamenti.?
?L'effigie della Madonna detta
dell' Archetto fu commissionata dalla marchesa Savorelli nel 1690 al bolognese
Domenico Muratori, allievo della scuola del Caracci, il quale la copiò da
un'immagine custodita da suor Ersilia Mellina cappuccina del monastero della
S.S. Incarnazione del Verbo Divino.
La sacra immagine fu posta entro
un'edicoletta sotto l'arco situato fra Palazzo Casati e l' edificio della
confraternita di S. Antonio, in un vicoletto che congiungeva via di S. Marcello
con via dell'Archetto e da questa posizione prese il nomignolo che ancora oggi
conserva.
Il 9 luglio 1796 fu al centro di un evento
prodigioso, in quanto alcuni passanti riferirono di averla vista muovere gli
occhi. In ricordo di questo evento eccezionale, riconosciuto autentico dopo un
rigoroso processo apostolico, nel 1851 l'architetto romano Virginio Vespiniani
edificò un minuscolo santuario, la più piccola chiesa di Roma, dove l' icona di
Maria "Causa nostrae
letitiae" è oggetto di grande venerazione da parte dei romani.
Il piccolo tempio, assai raccolto e perla
dell'arte neo-rinascimentale, è abbellito da una graziosa cupola riccamente
decorata con intagli in legno, di aspetto sontuoso, nonostante le sue limitate
proporzioni, e riprodotta a specchio sul pavimento per dimensione e disegni
geometrici.
L' interno è ornato da pitture ad encausto
di Costantino Brumidi, meglio conosciuto come il " Michelangelo "
degli Stati Uniti in quanto affrescò il campidoglio di Washington, e da statue
di gesso di Luigi Simonetti raffiguranti angeli in forma di cariatidi contenute
in eleganti nicchie.
La piccola chiesa è affidata alle cure
della Primaria Associazione Cattolica Promotrice di opere buone, fondata nel
1870 dal Pontefice Pio IX e la festa,
in rievocazione del miracolo, ha luogo la prima domenica di luglio. ?
?Ancora in epoca romana iniziò l'uso di innalzare piccoli santuari in onore delle
divinità, al fine di proteggere e sostenere i viandanti nel loro cammino. Man
mano che il cristianesimo si diffondeva e soprattutto otteneva il suo
riconoscimento ufficiale, le immagini pagane venivano sostituite con effigi
specialmente a carattere mariano. Dapprima poste all'ingresso o lungo le mura
di quelle città che sceglievano Maria come loro protettrice, trovarono
successivamente una diversa collocazione sulle facciate dei palazzi oppure ai
crocevia.
Generalmente non si trattava di
realizzazioni particolarmente solenni o monumentali, ma erano essenzialmente
espressione della religiosità collettiva. In epoca medioevale e rinascimentale
le immagini della Vergine erano dipinte direttamente sul muro a fresco o a
secco o su tavole a malapena riparate sotto una tettoia, e spesso non hanno
resistito agli attacchi del tempo.
Tra il Seicento e l'Ottocento le edicole
sacre conobbero un periodo di grande diffusione, anche grazie ad alcuni eventi
miracolosi che si verificarono ad iniziare dal 9 luglio 1796, quando la soave
figura della "Mater Misericordiae"
Ñ, posta sotto un arco in un vicolo presso via di S. Marcello,
mosse gli occhi.
Queste edicole, che si adattavano in modo
armonioso alla struttura architettonica ed urbanistica della città, svolgevano
anche una funzione di pubblica utilità in quanto, illuminate da lampioncini o
luci votive, rappresentavano spesso l'unica forma di illuminazione delle strade
e guida notturna per il passante.
Oggigiorno le edicole sacre non sono
diminuite, anzi di nuove ne sono sorte nei quartieri periferici. Di solito sono
dedicate alla Madonna del Divino Amore, cara al cuore dei romani e proclamata
da papa Pio XII "Salvatrice dell'Urbe" nel 1944, al termine
dell'ultimo conflitto bellico.
Ecco, delle innumerevoli edicole sacre, due
esempi, per chi volesse, passeggiando per le vie del centro, alzare lo sguardo
e soffermarsi a guardare.
Madonna Addolorata
In via Margutta, al
civico 53/c, si può ammirare un bel tabernacolo qui posto nel settembre del
1858 come l'iscrizione sottostante prova
MARIAE RESPICIENTI
VOTO SUSCEPTO
XVIII. KAL. SEPT.
AN. CHR. MDCCCLVIII
Tale iscrizione ci consente inoltre di
capire che si tratta di un ex-voto, affisso nel luogo dove ad un passante
sarebbe apparsa la Madonna.
L'edicola è situata su un tratto di muro
tra due lesene angolari e il dipinto, un olio su tavola, rappresenta Maria, con
lo sguardo rivolto al cielo e con le mani giunte in atto di preghiera.
L'immagine, contornata da una cornice di marmo, è illuminata da un lampioncino
e, alla stessa altezza, una mensola di marmo sorregge due vasetti tondeggianti
per i fiori. Il tutto è protetto da un baldacchino in lamiera verniciata di
azzurro che ha anche una funzione decorativa.
La Madonna della Pietà
In via dei Greci, in quella zona dove, come ricorda il nome, si
stabilì e visse una colonia di greci, entro una nicchia rettangolare, sotto un
arco, si conserva un dipinto ad olio della Vergine. Di ottima fattura, può
essere datato tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento. Il capo
chino è velato, scende sulle spalle un manto incrociato sul davanti che lascia
intravedere l'abito rosso bordato di bianco, le mani all'altezza del petto sono
congiunte in preghiera. Degli ex-voto al lato del dipinto e dei fiori sempre
freschi in un vaso, attestano che è
oggetto di una devozione ancora molto viva. ?
f.
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