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Per
consolarci, il Di Giura ci porta al ristorante a mangiare una pizza.
Almeno torniamo a casa con lo stomaco pieno e le ….borse vuote!
La
mia borsa invece non l'hanno toccata, non c'era alcunché di
interessante, solo carte dei giochi, una serie di magliette gialle,
un po' vecchiotte, un paio di pantaloncini "ripezzati"
da mia madre, ed una tuta blu, scolorita dalla varechina, lavata a
mano sempre da mia madre. Nella borsa c'era anche un libro:"I
grandi cimiteri sotto la luna" di
Georges Bernanos. Nemmeno quello hanno preso. Si vede
che ai giovani ladri, non interessavano le letture degli
autori francesi.
Mentre
aspettiamo, a tavola
siamo ventitre persone, ma l'aria che si respirava era di
preoccupazione e di triste angoscia, come si vede nel film "Il
grande freddo", ci mancava soltanto la musica dei Grateful
Dead.
Comunque
la fame si fa sentire e quando le pizze vengono portate a tavola,
spariscono presto. Noi, io, Gino Ragazzo e Vincenzo Di Giura
vicesindaco, pensiamo alla partita di domani. Si torna a casa, il
Farina autista ha fumato la sigaretta
del dopo birra, (dopo cena ci vuole una sigaretta per digerire!,
cosi adesso che guido sto sveglio. Eh! ci vuole dico io). Torniamo a
casa. Sono le dieci passate. Scendiamo in piazza. Non c'è molta
gente. Non ci sono macchine ed ognuno va a dormire. "Buona
notte ci vediamo domani mattina alle sette per la partenza. Andremo
col pullman poiché, la domenica ci sono anche le gare di ciclismo,
di atletica, e il Di Giura mi dice che domani, dato che l'autista
Farina non c'è, devo portare la mia poderosa cinquecento, che gli
serve per seguire meglio i ciclisti della gara di domani. La mattina
dopo, puntuali alle sette, salgono tutti: i corridori ciclisti con
le loro bici da corsa, i podisti per i duemila metri, e ….i
giocatori di basket, in pantaloncini e magliette, già cambiati. Io
ho i documenti di rito. Gino va in macchina (la mia cinquecento!)
col Di Giura.
Nel
pullman i nostri sono un pochino assonnati. Il Ferrara guarda una
ragazzina che fa il
salto in alto. Al Tonino piace
quella del salto in lungo. A me piaceva quella della staffetta. Ma
io sono professore e coach e non c'è tempo per pensare a queste
cose. Oggi dobbiamo vincere due partite, se vogliamo essere campioni
provinciali di basket. Vincenzo La Salandra dorme e il cugino Peppe
Missanelli si
fa una chiacchierata con l'autista.
Arriviamo
a Matera che sono le otto e mezza di una domenica mattina dei giochi
della gioventù. C'è il sole. Fa caldo e non c’è traffico. Il
pullman si avvia al campo scuola, dove il Di Giura e il Gino ci sono
già con i pettorali in mano e la busta per me delle partite da
giocare. La prima contro l'Olimpia Basket Matera, quella che oggi
partecipa al campionato di B² di basket. Andiamo a giocare nel
campetto della scuola magistrale, collegio Sant' Anna, quasi vicino
all'ospedale. Il campo è ricavato sull'asfalto. Ricordo che tra
quelli di Matera c'era un ragazzino
fortissimo, che segnava da tutte le posizioni. L'esito della
partita è stato incerto fino a cinque minuti dalla fine. Vincevamo
di appena tre punti, ma il ragazzino terribile del Matera, segnava
colpo su colpo. Alla fine il Nigro disse: “a lui ci penso io”,
lo marcò stretto. Il Nigro fece cinque falli su di lui, ma lo
costrinse a sbagliare. Nemmeno il Barbetta segnava in contropiede.
Allora io dissi a Missanelli: Peppe pensaci tu, fai una di quelle
entrate a canestro come solo tu sai fare…..La partita
la vincemmo noi per due punti di distacco. Il ragazzino
terribile del Matera Olimpia, non ce l'aveva fatta a batterci. Si
chiamava Bruno Buono, adesso fa il medico all’ospedale. Gli
arbitri dissero che questa era la vera finale. All'una andiamo a
mangiare. Del Di Giura nemmeno l'ombra e anche della …..mia ….
cinquecento blu. Comunque noi raccogliamo la roba dal Sant'Anna (era
un collegio femminile e ci studiava anche una ragazza di Tursi) e
andiamo a un ristorante che si trovava sotto una specie di galleria,
che quando studiavo a Matera ci andavo a giocare a biliardino, un
gettone dieci lire. Mangiamo, sappiamo che la finalissima si giocherà
di pomeriggio alle quattro. E' l'una e il tempo c'è, per
passeggiare lungo il corso di Matera. Il corso di Matera è
affollato puntualmente dalle sette alle dieci di sera. Quand'ero
studente al geometra, con i compagni dicevamo: ci vediamo stasera al
corso. Il corso di Matera non è un corso, è un salotto lungo quasi
un km e le ragazze ci passeggiano, con una sciarpa bianca, un
giaccone grigio e i pantaloni
di pelle firmati. Quindi dopo il pranzo al ristorante, andiamo a
passeggiare ed a guardare le vetrine delle scarpe e soprattutto dei
pantaloni, visto che più di uno erano stati alleggeriti dai
giovanissimi ladri, la sera prima in uno oscuro spogliatoio
dell'Istituto per Geometri. I giocatori del Tursi erano
contenti per la vittoria. La partita del pomeriggio è stata
una formalità. Giocarono contro la squadra di Grassano con dei
giocatori che sembravano capitati lì per caso. Infatti vincemmo con
trenta punti di differenza e il Nigro si mise a fare il
“lavativo” (secondo me a tavola aveva bevuto un goccino di
troppo) mentre il Ferrara sembrava che in campo dormisse e cosi
anche Vincenzo La Salandra e cosi mi arrabbiai, li tolsi dal campo
e feci giocare i più piccoli, Curci, Celano, Farina e
Cuccarese "classe 58". Giocate voi dissi, almeno vi
divertite, visto che gli altri dormono sul campo. Intanto arriva
Gino Ragazzo e Vincenzo Di Giura. Gino ci informa che Sergio De
Santis ha vinto i duemila metri e
Decio Virgallita ha vinto ancora una volta il salto in alto
(ma non andrà a Roma, questa è un'altra storia)
e che Bruneo ha vinto il getto del peso. Vincenzo Di Giura,
si presenta con un fascio di medaglie, anche le nostre di oro, del
basket. Lo sapevo gia che vincevate e il presidente del Coni,
Raffaele Duni, mi ha già dato le medaglie. Il Di Giura ha perso la
voce. Dei suoi ciclisti, uno ha vinto, il Santamaria. Sono le sette
della sera, le ombre cominciano a calare, siamo tutti stanchi, la
mia cinquecento blu ha fatto bene il suo lavoro e ce ne torniamo a
casa. Quando arriviamo
a Tursi sono le dieci di sera. Una folla immensa ci aspetta. Le
mamme soprattutto, le mamme del basket sono preoccupate. Noi siamo
felici torniamo da vincitori e in piazza scendendo dal pullman
troviamo la sorpresa. Le mamme dei giocatori di basket prendono i
figli a sculaccioni. "Disgraziete, ca ti vò spart’
‘u lamp a la sincire" "Sù duie iurn cà nun turnese à
la chese. ‘A de ‘s iute, rubuscete, mò ca ieme a la chese
tagghia d’è ‘u reste." " E tu professò non ci vinì
a la chese. Non sà ditt nente."
Risultato
finale, abbiamo vinto a Matera e queste mamme sono arrabbiate con me
e i loro figli. "Ma che sta …succedendo?
"…"Qualcuno mi può dire che sta succedendo?"
(ho preso a prestito queste frasi da
Humphrey Bogart)
Spiegazione:
I ragazzi del basket, la sera del sabato sera invece di andare a
casa a dormire, temendo le ire dei genitori, perché tornavano senza
pantaloni e senza le borse, erano
andati a dormire sotto la piazza dove adesso ci giocano a bocce ed
un contadino ci teneva la mietitrebbia e la mattina andando
sotto la piazza li ha trovati nel campo di basket che giocavano alle
sei del mattino. "Vi siete alzati presto stamattina, dovete per
caso andare a giocare. Si, rispondono in coro i ragazzi, stamattina
dobbiamo andare a Matera a giocare contro il … Matera e dobbiamo
vincere, così ora ci alleniamo". E quello era che loro non erano
nemmeno andati a dormire. Il mistero era stato svelato a cose fatte
e con una buona dose di legnate, da parte dei genitori. Poi quando
seppero da Vincenzo Di Giura senza voce
che i loro ragazzi, avevano vinto i giochi della gioventù,
si calmarono un poco, e Vincenzo mi dice: Ma come, non sono andati a
dormire? La prossima volta li accompagniamo fino a casa
questi "briganti". Se ci sarà una prossima volta
dico io. Gino Ragazzo intanto è sceso dal pullman e comunica al nipotino Filippo che noi abbiamo vinto col basket. (il
nipotino frequentava la quinta elementare e vorrebbe giocare a
basket, ma zio Gino sogna per lui un futuro da calciatore, chissà
perché poi, lui che ama l'atletica leggera!).
Cosi
il grande sogno di andare a Roma si avvicina e quella sera di una
domenica di maggio, il sole è ancora più caldo e i nostri occhi
sono ancora più stanchi.
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