Stufi di mangiare in sordidi postacci, panini unti e focaccette (date le nostre modeste fortune) ci siamo faticosamente arrampicati sui polverosi scaffali delle nostre piccole biblioteche casalinghe a riesumare la maniera di mangiare di una volta; perchè almeno la memoria si rimpinzi di cibi degni di essere mangiati. Colesterolo va bene, ma almeno cucinato come si deve con strumenti giusti degni di un artista del rinascimento, ingrassiamo almeno con stile! ecco quindi cari obesi come si cucinava in altri tempi.....più di cetotrenta anni fa.

Il Re Dè Cuochi

Nerbini Editore, Firenze, 1935.

Prefazione dalla prima edizione pubblicata a Milano l'anno 1868 dall'Editore Legros Felice.

La gastronomia è un arte che il genere umano non sarà mai per abbandonare, e cecchè ne dicano taluni, la gara stessa con cui si pensa a provvedere le nostre mense dei cibi che più lusingano la gola e il palato rende necessario che gli artefici dè nostri alimenti non operino a capriccio, ma siano guidati, per quanto possibile, da norme guidate dalla ragione e dall'esperienza.

A quest'intento il Re dei Cuochi si propone di esere il mentore dei gastronomi dei cuochi e delle cuciniere, nonche di tutte le persone che amano, per diletto, occuparsi della preparazione della loro cucina, prima necessità della vita privata e sociale. In esso si troveranno gli insegnamenti per preparare un pranzo casalingo come uno signorile per quattro, dieci, trenta e più persone; la raccolta di ricette per altro è sì copiosa da permetterne di proporzionare il dispendio della propria mensa a tutte le condizioni, dalle modeste fortune ai prediletti della sorte.

Indispensabile alle persone dell'arte, il presente libro si raccomanda ugualmente alle buone madri di famiglia, le quali vi rinverranno un'infinità di cose di facile esecuzione e potranno così meglio istruire le loro cuciniere, avvalorando il proverbio che chi sa fare sa comandare.

Molte ricette, è vero, appartengono alla cucina propria delle case signorili, ma siccome l'essenziale in ogni cosa consiste nel conoscere i processi da impiegare, per ben eseguirli nei loro particolari, così la semplicità diviene facile quando si conoscono i veri mezzi di operare. Al postutto le spese sono relative alle cose che si vogliono servire. Sonvi giorni di festa nelle famiglie, in cui la gastronomia deve avere il suo regno; in quell'occasione si esperimenterà mediante il presente manuale, che la vera economia si trova nel saper fare.

Lungi dall'eccessiva raffinatezza, come dalla gretta parsimonia, il presente trattato ha per divisa la gradevolezza e la salute, la squisitezza e il buon gusto. Facendo tesoro dei trovati della scienza moderna che oltre all'arricchire la nostra mensa di nuovi cibi, iniziandoci ai segreti della natura, provvede alla loro conservazione e ci guida a riconoscere i commestibili e le bevande adulterate, abbiamo dedicato particolare studio nell'aggruppare in separati capitoli una molteplice varietà di cognizioni sulle proprietà alimentari dei cibi edei condimenti e sulla più o meno facile digeribilità; acui fanno seguito speciali istruzioni sulla cura della pasticceria, della credenza, della cantina, dei diversi utensili, sulla scelta delle provvisioni, sul modo di disporre sontuosamente mense e buffets, di trinciare, servire e via dicendo.

Oggidì l'arte culinare non limitasi alla semplice preparazione delle vivande; l'abile cuoco è d'uopo possegga una vasta cultura e le risorse tutte della scienza.

L'Editore.

Cenno storico

Sulle mense degli antichi e sui modi di alimentazione presso i diversi popoli non che sullo stato e progresso dell'arte culinare.

Nulla v'ha di più antico dell'arte culinare; essa può dirsi nata con l'uomo. Gli eroi, le belle, e perfino gli Dei la professarono con orgoglio. Elena e Penolope la illustrarono, e il divino Cadmo, l'avolo di Bacco, era il cuoco del re di Sidone, prima di fondare la città delle cento porte e di darle leggi.

La cucina era in gran credito presso gli Ateniesi; i re, i poeti, i dotti vi professavano uno special culto; perfino de' filosofi non credettero di dover astenersi da' piaceri che essa loro offriva. Anche i Romani non isdegnarono di dover rivolgere la loro attenzione alla cucina e lo stesso Catone ci lasciò alcune ricette sul modo di preparare certi cibi di farina e di legumi. Il dittatore Cincinnato coltivava egli stesso i suoi ortaggi, e il console Curio Dentato di proverbiale frugalità, si preparava da sè il pranzo. Ciò fecero i Romani finchè combatterono solo per assicurare la loro indipendenza o soggiogare i vicini poveri quanto essi. Ma quando le loro conquiste si estesero all'Africa, alla Sicilia, alla Grecia, quando s'arricchirono a spese dei vinti, allora introdussero in Roma tutto ciò che di piacevole avevano trovato presso gli stranieri.

La serie dei trionfi trasse a Roma le ricchezze dell'universo; il lusso della mensa divenne sì esorbitante da richiedere leggi per porre un freno alle smodate spese. Si gustava di tutto, dalla cicuta allo struzzo, dal ghiro al cinghiale.

Tutto ciò che poteva solleticare il palato s'impiegò come condimento, adoperando sostanze delle quali noi non potremmo concepir l'uso, quali l'assa fetida e la ruta. (1).

(Cenno storico) 6

L'universo fu posto a contribuzione delle armate e dai viaggiatori. Si portarono dall'africa le galline faraone ed i tartufi, i fagiani dalla Grecia, i conigli dalla Spagna, i pavoni dal fondo dell'Asia, e nei giardini coltivavano l'albicocco dell'Armenia, il pesco di Persia, il melo cotogno di Sidone, i lamponi delle vallate del monte Ida.

Fra i commestibili i pesci occupavano il primo posto: quelli provenienti da contrade remote si trasportavano in vasi pieni di miele, e la gara dei compratori ne faceva salire il costo a somme favolose. Nè le bevande erano dimenticate; i vini della Grecia e della Sicilia deliziavano i conviti dei Romani; e siccome aumentavano di pregio a seconda del paese o dell'annodi produzione, così una specie di certificato di nascita era impresso su ogni anfora. A renderli più soavi e profumati vi si mescevano infusioni aromatiche o di fiori, e le preparazioni che gli autori contemporanei ci hanno trasmesso sotto il nome di condita dovevano bruciare la bocca ed irritare violentemente lo stomaco. E' in siffatta guisa che i Romani sognavano l'alcool, scoperto molti secoli dopo.

In allora il grande studio dei cuochi era più di soddisfare il senso del gusto che di provvedere un nutrimento sostanzioso e sano; tuttavia il principale condimento adoperato da quella cucina consisteva nell'olio e nelle sostanze oleose.

Un buon cuciniere riceveva a Roma ventimila lire di stipendio.

(Nota del trascrittore: si parla delle ventimila lire rapportate al valore del 1868; anche in seguito vi saranno dei raffronti con valori che bisogna rapportare a quelli in cui fu scritto il libro, intorno alla metà dell'ottocento.)

Un giorno Cleopatra prodigò tali elogi alla perizia del cuoco, che Antonio fatto chiamare l'artista, lo abbraccia e cinge della propria corona, ed in ricompensa gli dona una città dell'impero.

Un certo Filota medico raccontava al nonno di Plutarco di aver veduto la cucina di Antonio allorchè lussuriava con Cleopatra. Narra infra l'altre cose di aver ivi trovato otto interi cinghiali che si cuocevano arrosto sullo schidione. Domandato al cuoco quanti dovevano essere i convitati, rispose non essere che dodici; ma che di quei cinghiali qual prima e qual poi era stato messo ad arrostire, acciocchè in qualunque ora Antonio si ponesse a tavola ve ne fossero alcuni cotti a ragione e stagionati.

Nel convito di Carano, descritto da Ateneo, a ciascun convitato si pone avanti uno sterminato cinghiale. Impocchè avevano questa boria che fossero grossissimi; e però li pascevano largamente e sfoggiatamente gli ingrassavano. (2)

Lo scialacquo crebbe cotanto, che due o tre cinghiali si ponevano a tavola come antipasto, e perciocchè Tiberio d'un mezzo si contentava, quale avaro e sordido fu proverbiato. Quindi cominciarono a riempire il cinghiale di beccafichi e di tordi arrosto, d'ostriche e d'altri bocconi saporiti e delicati. Niun animale mangiavano intero fuorchè il beccafico; degli altri quella sola parte gustavano che al palato solo più saporita e delicata sembrava. Uccelli rarissimi e singolarissimi, o per la soavità del canto o per l'umana favella in cui fossero ammaestrati, venivano imbanditi. Che più ? Cleopatra sfatando le cene di Antonio, disse di volerne fare una che valesse duecentotrentamila scudi. Contrastandole Antonio, vennero a scommessa, e fu eletto giudice Planco, e Cleopatra guadagnò. Imperocchè finita la cena, quando Antonio sogghignando chiese il conto, ella diede di piglio a una delle perle che le pendevano dalle orecchie, e scioltala nell'aceto, se la bevve; e volendo far somigliantemente dell'altra, da Planco fu trattenuta, il quale tosto pronunciò lei aver vinto, giudicando che quella sola perla costasse oltre a duecentomila scudi.

Ai tempi di Cesare il gozzoviglio era sì spinto, che si soleva prendere un vomitivo dopo mangiato, per evitare le indigestioni. Aufidio Lurco, il quale sotto Pompeo aveva trovato il modo d'ingrassare i pavoni, guadagnò in pochi anni 60 milioni di sesterzi, equivalenti a circa 42 milioni della nostra moneta.

Un attore di quei tempi fece portare in tavola un piatto di uccelli che costava più di diecimila lire.

Un Apicio acquistò celebrità con parecchie invenzioni sì di cibi come di utensili di cucina e fu il primo che ingrassasse i porci per mezzo di certi fichi venuti dalla Sorìa affogandoli poi con una strabocchevole bevitura di vino mielato. Lo stesso celebre gastronomo, narra Peignot, possedeva oltre venti milioni, e quando si vide ridotto a due milioni si uccise per paura di morir di fame. (3)

Celio Apicio scrisse un libro sull'arte di cucinare e inventò il modo di conservare fresche le ostriche. Gli stessi cibi dozzinali rendeva vana la fantastica golosità; la lattuga innaffiavasi col latte; i capponi le galline e i piccioni s'ingrassavano con cibi inzuppati e rinvenuti nel latte.

Le cene di Lucullo divennero proverbiali del pari che i pranzi superbamente meschini dell'imperatore Eliogabalo, il quale regalava i convitati di piatti e di vivande d'argento. D'Eliogabalo per altro narra Lampridio che a' suoi cortigiani metteva in tavola piatti grandissimi pieni di coratelle di triglie di cervella di tordi, d'uova di pernici, di capi di pappagallo, di fagiani e di pavoni; ed in cambio d'insalate minute faceva gran piatti di barbe di triglie. In una cena pose in tavola seicento capi di struzzo per mangiarne le cervella.

(Cenno storico) 8

Vitellio aveva fatto fabbricare un piatto di straordinaria grandezza, da lui chiamato Scudo di Minerva , che si riempiva di una immensa quantità di rarissime e delicatissime vivande. Ad una cena data a quest'imperatore da suo fratello Lucio, al di lui arrivo in città, furono serviti 2000 dei più scelti pesci e 7000 uccelli. Vitellio era solito far colazione, pranzare e cenare con diverse persone nello stesso giorno, e niuno dei suoi pasti costava meno di 400,000 sesterzi, corrispondenti a circa 80 mila delle nostre lire. Vuolsi che nel suo regno di 8 mesi spendesse ben 180 milioni di lire per la sua tavola.

Degna di curiosità è la differenza degli usi e costumi del convitare presso i diversi popoli, e ben merita farne qualche parola.

Noi siamo seduti sopra scanni mentre mangiamo; gli antichi Romani stavano coricati sopra letti che circondavano le mense, chiamate triclinii dai tre letti che intorno vi stavano, in ciascuno dei quali capivano tre o quattro convitati; lo stiparne in un letto più di quattro, poca lautezza e delicatezza si giudicava.

I Giapponesi adagivansi su stuoie; gli antichi Galli si sdraiavano su pelle di lupi e di cani o sopra fieno.

L'abitudine di pranzare seduti in terra durò in Francia sino quasi all'XI secolo. Nei conviti di famiglia usavano seggiole e sgabelli e in tempi meno remoti, nelle grandi feste, i convitati facevansi sedere su banchi, d'onde l'uso della parola banchetto. L'uso del fieno tuttavia conservavasi ancora, eccetto che invece di servirsene di cuscino lo stendevano sotto alla tavola per difendere i piedi dal freddo, e più tardi al fieno si sostituì un letto di paglia steso sulla terra. Questi letti furono trovati così strani ed eleganti, che in tutti i palazzi e perfino nella reggia venivano impiegati.

In passato come oggidì la tavola coprivasi di tovaglia, che ne' banchetti sontuosi era a piegature e a disegni di svariata eleganza. Presso i Greci le mense non erano coperte di tovaglia, ma venivano nettate per mezzo di spugne bagnate d'erbe fragranti.

Nel medio evo, quando volevasi insultare qualche distinto personaggio s'inviava un araldo a tagliare la tovaglia, innanzi a lui oppure a porgli il pane alla rovescia.

Il vasellame d'oro e d'argento arricchito con smeraldi e rubini rivaleggiava con la splendidezza della mensa. Sì prima che dopo il pasto le mani lavavansi con acqua profumata. Anche allora la galanteria esigeva che i commensali fossero disposti per coppia, un uomo ed una donna; ma le due persone che trovavansi vicine dovevano mangiare in un piatto in comune e bevere nell'istessa tazza.

Quando un sovrano voleva onorare qualcuno e dargli una prova di considerazione, dopo aver bevuto gli passava la sua tazza col resto del liquore che conteneva.

I Galli avevano un gusto pronunciatissimo pel vino. Diodoro ricorda che per un'anfora di questo liquore essi davano uno schiavo. Pretensiosi sempre, si vantavano di saper trionfare degli effetti del vino e riguardavano come disonorante il darsi vinti; cosicchè per disputar la vittoria e per isfuggire i motteggi altrui si compromettevano la salute.

Carlo Magno in uno de' suoi capitolari, impose pene a chi provocasse a bere durante il pasto. Le persone convinte di questo delitto venivano condannate ad una specie di scomunica civile, all'allontanamento dalla società per un dato tempo od essere astrette a pane ed acqua. Non per questo i bagordi della ubbriachezza scemavano, ed a giustificarsi del pessimo costume, tentavano persuadere che per conservare la salute fosse necessario d'ubriacarsi una volta al mese. A frenare il malvagio abuso Francesco I nel 1536 pubblicò un editto che condannava le persone dedite all'ubbriachezza alla prigione, alla dieta di pane e acqua, ad essere frustate pubblicamente, e così mano mano fino a bandire dagli Stati, previa amputazione delle orecchie, gl'incorreggibili. (4)

In Italia, in Francia, in Ispagna si mangia e si beve a vicenda; nel nord dell'Europa e presso i popoli orientali si beve soltanto dopo di aver pranzato.

I Lapponi siedono sul nudo suolo come i bruti, tenendo i piedi piegati l'uno verso l'altro.

In Europa un sol desco servendo a molti commensali, rende più vivo il piacere della compagnia. Nella Cina e nel Giappone ciascuno ha la sua mensa a parte. Il servo che porta le vivande s'inginocchia ogni volta che pone un piatto sulla mensa o lo riprende. In Grecia le donne e le ragazze di casa, escluse dalla mensa, pranzano a parte o coi servi. Allorchè noi invitiamo a pranzo i nostri amici ci assidiamo amensa con essi e gli eccitiamo col nostro esempio alla gioia. Ai Chinesi invece una falsa gentilezza ingiunge di uscire di casa, onde lasciar interamente liberi i commensali. Questo costume rammenta quello dei Pitagorici che davano due pranzi all'anno, nei quali il padrone di casa serviva i commensali senza però assaggiare alcuna vivanda.

Nell'antica Roma nei dì festivi, la sala dove mangiavasi era sparsa di gigli e di rose; i convitati ed i servi stessi avevano sul capo una corona di fiori cui pazzamente attribuivano il potere di reprimere con le loro fragranze i vapori del vino. Noi mangiamo le carni cotte e ben condite; i Tartari le divoravano crude, persuasi che la cottura le privi di sapore e le renda indigeste.

I Lapponi, i Groenlandesi, gli Islandesi e i Norvegesi si cibano quasi esclusivamente di grascia, di sangue, di carne porcina, di pesce putrefatto, affumicato e salato e d'un pane misto di paglia e d'avena. Sonvi le popolazioni che mangiano la terra, sia per mancanza d'alimenti, sia per una depravazione del gusto. Humboldt narra d'aver veduto nell'America del Sud, quando le alluvioni dell'Orenoco impediscono la caccia alle tartarughe, quelle tribù a consumare impunemente fino a una libbra e mezza d'una argilla grassa e ferrugginosa. Anche gli Indianisulle sponde del fiume delle Amazzoni si nutrono sovente d'argilla. Sui mercati della Bolivia si vende una specie d'argilla commestibile composta di talco e mica. I negri della Guinea condiscono il riso con una terra untuosa che non nuoce alla loro salute.

Peggio di tutti i Tibetani, anticamente, mangiavano gli estinti genitori. (5)

Ma la disgressione è abbastanza lunga; ripigliamo il nostro argomento.

Nel medio evo gli Italiani, che precedettero tutte le altre nazioni europee in ogni ramo d'incivilimento, pervennero pure per tempo ad un certo grado di perfezione nell'arte della cucina, sicchè raffinatissima divenne nel secolo XVI. In Francia fino al XVIII secolo regnò l'uso d'accumulare molte vivande sul medesimo piatto ed in modo da farne una piramide altissima, la cui base era formata da vivande e piattelli, confetture e porcellane, frutti e figure.

La cucina italiana non si scosta gran fatto da quella degli antichi Romani, ed anche oggidì in molti punti d'Italia il modo di preparare e di condire i cibi tiene assai dell'antico, facendovisi ancora grand'uso dell'olio, cosa che si vede più o menoi prevalere presso tutte le nazioni d'origine latina.

Caterina de' Medici passata alla Corte di Francia, vi trapiantò la cucina italiana; ma qualunque sia stata l'influenza di questa sulla francese, conviene confessare che dobbiamo ai Francesi, l'uso di condire ciascuna specie di carne col proprio sugo, d'onde nasce una maggior varietà nello stesso tempo che i cibi riesconi più salubri. La cucina francese annovera pur essa i suoi Apicii e perfino i suoi martiri. Vatel ne è un esempio; la fine di lui fu resa drammatica e immortalata dagli storici. Ecco quanto narra il suo biografo:" Il gran Vatel, quest'uomo la cui distinta capacità e il sapere lo rendevano capace di adempiere tutte le cure d'uno Stato, preferì la morte al disonore di mancare al proprio impegno in occasione di un pranzo di Luigi XIV. Dei provveditori ch'egli aveva inviato ai diversi porti a far acquisto di pesce, uno solo ritornò col carico; la disperazione s'impadronì dell'animo di lui, sale nella sua stanza, vi si chiude entro e si uccide".

Tuttavia la cucina cui i Francesi diedero l'appellativo di classica risale solo al regno di Luigi XV. La rivoluzione trasse nel suo vortice anche l'arte culinaria, evocata ben presto dalle meravigliose vicende che mutarono l'assetto dell'Europa. Le splendidezze di Napoleone I e della coorte dei suoi ministri e marescialli, vi diedero nuovo impulso e ne lasciarono luminosa traccia anche fra noi, cosicchè i Francesi, vanno superbi di vedere il gusto della loro cucina regnare con lo stesso impero che la loro lingua e la loro moda dal nord al mezzodì dell'Europa. Gli inglesi seguirono una via assai diversa da quella degli Italiani e dei Francesi, e la loro cucina si limita per lo più a cibi semplici e sostanziosi che si confanno alla loro indole e al clima in cui abitano; per altro l'arte di arrostire la carne fu da essi portata alla maggior perfezione, e niun è che non abbia udito parlare del beef-steak e del roast-beef (6).

La spagnola col suo cioccolato, le sue fave dolci e la sua olla-podrida è cucina da gente cui manca l'appetito ed ama il risparmio; la portoghese ha qualche analogia coll'italiana; la cucina tedesca si distingue pei suoi dolciumi e farinacei; quella dei Turchi per sucidume ed abbondanza succulenta; quella dei Russi pel gran consumo di carne di maiale e d'oca, di sostanze acide e di farine fermentate.

La civilizzazione moltiplicando i mezzi di viabilità e facilitando i commerci, ha modificato sensibilmente il regime dei popoli; essa che procura al colono dei tropici le delizie della gastronomia europea, ed alimenta le nostre mense colle ghiottonerie delle più remote regioni, rende sempre più necessario che l'arte del cucinare sia il portato d'una sola istruzione, sicchè possiamo essere sicuri che chi ci ammanisce il pranzo non ci avveleni lentamente per difetto delle più indispensabili dottrine.

(Cenno storico) 12

Un distinto scrittore d'igiene , il professor Mantegazza a tal proposito scrive:" L'arte del cucinare deve raggiungere questi scopi:

1) Di fornire la maggiore varietà di cibi esapori;

2) di aumentare la digeribilità dei cibi senza diminuirne il potere nutritivo;

3) di educare insieme il senso del gusto e il sentimento del bello".

Ciò posto, ove si consideri l'arte del cuoco congiunta a quella del credenziere e del pasticciere si à indotti a confessare seriamente ch'essa esige cognizioni sì estese e svariate, quali non occorrono in altre professioni che il volgare pregiudizio ha collocato molto più in alto nella scala sociale: giacchè non potrà dirsi abile quel cuciniere che non possegga almeno i primi rudimenti della chimica della botanica, della fisica e del disegno.Eppure, doloroso a dirsi la maggior parte operano a caso o tuttalpiù per tradizione!

In un tempo in cui le scuole di pubblico insegnamento vanno moltiplicandosi, in un secolo in cui l'utilità è il grande scopo del filosofo, non è possibile che l'arte del cucinare vada più a lungo derelitta. D'onde mai avviene che mentre la scienza si studia ogni di più di migliorare i prodotti del regno animale e vegetale, poca o niuna attenzione si faccia ai metodi che li rendono atti al nutrimento? Sarebbe forse un malinteso pregiudizio che distoglie uomini gravi dall'occuparsi di cose tanto triviali? Fra la medicina e la farmaceutica c'hanno per compito di restaurare la salute disgustandoci la bocca e lo stomaco, pare debba meritare qualche pensiero un'arte che si propone la conservazione della salute stessa rallegrandoci l'esistenza. Ad avvalorare il nostro voto calzano a capello le parole del chiarissimo igienista diazi citato il quale nel far plauso all'opera (7) d'un bravissimo medico milanese, dopo aver accennato che il medico è in cucina cento volte più utile che la speziera, così soggiunge: " Tutti i cento brodi, i cento intingoli, le cento bevande che si preparano dal cuoco, possono farvi un grandissimo bene, possono prevenire molte malattie e curarne molte altre; possono trasformare uno scrofoloso in un uomo robusto, una donna pallida e convulsiva in una madre polpacciuta e rubizza. Si signori, la cucina può guarire una indigestione, una febbre, una tisi. Anche in spezieria abbiamo qualche buona cosa ma i migliori rimedi sono quelli che sanno un poco della cucina, come il ferro e l'olio di merluzzo." (8)

Siccome però non tutti i medici vorrebbero scendere in cucina, nè la loro presenza sarebbe sempre possibile e gradevole, ne deriva la necessità di provvedere all'istituzione di una apposita scuola in cui sieno sviluppate le più importanti nozioni di quelle dottrine ch'hanno affinità coll'arte culinare e col regime dietetico. (9)

Niun paese è più a dovizia favorito dai doni della natura; per non parlare dei cereali, noi abbiamo carni, pollame, selvaggina saporitissima e in gran copia, e mentre il suolo ci offre legumi e frutti gustosi, il mare e i fiumi ci forniscono una infinita varietà di pesci squisiti che i battelli portano ancor freschi e saltellanti sui diversi mercati, nell'egual guisa che i nostri formaggi e perfino il proverbiale panettone viaggiano nelle inospiti steppe della Russia e nella lontana America. In breve volgere d'anni le tante e sempre crescenti relazioni che esistono fra le nazioni europee faranno sì che anche le differenze della cucina, spariranno e non vi sarà più che un solo modo di cucinare, come si è venuti ad una sola foggia di vestire. La costituzione perciò d'una cucina per così dire eclettica renderà ancor più necessario che i seguaci di Cadmo ripiglino anche fra noi il posto che loro compete; lo spirito dell'epoca ci è arra che prima di quel giorno il nostro voto sarà realizzato; la questione è affatto umanitaria, imperocchè serbiamo fidanza che quando i raggi di una savia dottrina avranno scombuiato le tenebre, molti fatti importanti per quest'arte, finora ignorati e non avvertiti, verranno in luce con grande giovamento della salute degli uomini.

(Fisiologia alimentare) 14

FISIOLOGIA ALIMENTARE

Bisogna mangiare per vivere.

Vecchio adagio.

Dell'alimentazione normale.

La quantità di alimenti veramente normale che deve avere l'uomo, giornalmente a riparo delle sue perdite, sta di mezzo, ben si comprende fra l'insufficienza da una parte, e l'eccesso od esuberanza dall'altra. Ma il difficile è di stabilire il punto preciso, dove comincia l'una e termina l'altra, in forza delle differenze individuali riguardo all'età, al sesso, al temperamento, alla costituzione debole o vigorosa o allo stato di salute fisica e morale. L'uomo è conformato per modo che abbisogna di una alimentazione mista, vale a dire fatta con sostanze vegetali ed animali, avvicendate più o meno fra loro. Quantunque poi tanto gli alimenti vegetali, che gli animali esclusivamente presi possano a rigore bastare all'esistenza, contenedo sì gli uni che gli altri principii azotati e principii non azotati, quali però essendo meno abbondanti negli alimenti vegetali, i cibi animali, che ne contengono assai più, intervengono sempre favorevolmente nel regime alimentare dell'uomo, permettendo di diminuire la massa di nutrimento che gli è necessaria. D'altronde un'alimentazione esclusivamente vegetale riescirebbe troppodebilitante e rilassante; un'alimentazione del tutto animale sarebbe di soverchio eccitante e riscaldante.

Fu detto che l'uomo deve chiedere la propria alimentazione con misura dai due regni di natura; il suo cibo dunque si comporrà:

  1. Di sostanze animali azotate, quali carni di macello, uova, pollame selvaggina, pesci, salse, formaggio, con o senza ortaggi freschi; o delle sostanze vegetali, molto azotate, fave, fagiuoli, piselli, lenti, ecc.

  2. Di sostanze feculenti, quali farine o pasta, pane, riso, patate, castagne, ecc. o di materie gommose o gelatinose: gomme gelatine e lichene sotto la forma di gelati, bianco-mangiare, ecc.; o di materie zuccherate, quali frutti cotti o crudi, confetturti, frutti o altri composti melati.

  3. Di materie grasse aromatiche e saline che costituiscono il condimento necessario alla buona digestione dei cibi: burro, grasso o olio con sale e droghe in piccola dose; o dello zucchero che forma sovente il solo condimento d'un cibo e rimpiazza il sale e le droghe.

  4. Finalmente a titolo di bevanda indispensabile, acqua potabile o meglio vino, birra, caffè, the, ecc.

Le molte esperienze fatte dai chimici c'insegnano quale sia il quantitativo dell'alimento necessario all'uomo, e quali specie gli convengano per essere convenientemente nutrito. Senza perdere di vista le dosi delle razioni alimenarie devono essere appropriate ai diversi temperamenti, alle abitudini sedentarie o meno: i più diligenti osservatori s'accordano nello stabilire che un uomo sano, di media statura, facente un moderato esercizio di corpo consuma un dì per l'altro grammi 250 di carne, 375 di pane e di qualch'altro alimento vegetale e grammi 480 d'una qualsiasi bevanda fermentata. Ad un uomo adulto conducente vita sedentaria occorreranno grammi 480 di alimento solido e grammi 1082 di alimento liquido; invece ad un uomo adulto conducente vita attiva, abbisogneranno giornalmente grammi 1052 di alimento solido e grammi 2104 di alimento liquido, osservando però che questo limite sarebbe il massimo. Tutti gli igenisti citano nei loro trattati la storia del veneziano Cornaro, morto a cent'anni d'età, il quale arrivato sui 40, e veduto che cogli eccessi del mangiare e del bere si andava logorando la salute e la vita, fece proposito tale di temperanza, che da quell'epoca non si nutrì più giornalmente che con grammi 360,708 di alimenti solidi, sani e sostanziosi, e grammi 541,062 di vino, e così continuò a vivere per altri 60 anni. Non occorre far notare che la scienza non designa come nutrimento sano e sostanzioso i cibi preparati con diligenza, ma alla casalinga, non i cibi ricercati ed artefatti, non aventi altro scopo, secondo l'espressione d'un distinto fisiologo, che di adulare il capriccio, stimolare i palati affievoliti e ristorare gli stomachi valetudinari. Tuttavia si può levarsi leggero di corpo e di mente da un pranzo imbandito di 20 vivande, così come si può fare indigestione col desinare modesto dell'operaio. Vale assai meglio mangiare pochissimo di molti cibi che molto di uno solo. La varietà dei cibi è una delle regole più elementari per ben digerire.

(Fisiologia alimentare) 15

Composizione e decomposizione degli alimenti

I nostri alimenti sono in parte albuminoidi, grassi e amidacei. Albuminoidi sono l'albumina animale e vegetale, la fibrina del pari animale e vegetale, la caseina similmente animale e vegetale, la gelatina, l'ematosina (parte rossa del sangue), la legumina. Queste sostanze albuminoidi entrano nello stomaco già coagulate e vi trovano degli acidi pronti a coagularle durante la digestione, poi una sostanza dell'ordine dei fermenti, detta pepsina, la quale ha la singolare proprietà di renderle solubili ed assimilabili, e disporle quindi ad entrare nell'organismo senz'altra modificazione ed ivi far parte dei nostri tessuti. Alimenti grassi sono gli olii e le sostanze grasse fornite dagli animali e dalle piante. Le sostanze amidacee non contenenti azoto, sono le diverse specie di zuccheri, l'amido, la gomma , la destrina, certi sughi vegetali il legnoso e simili. Le materie amidacee o fecolanti dell'alimentazione assorbite allo stato di zucchero (glucose) e le materie grasse assorbite in natura, circolano per qualche tempo col sangue e finiscono per iscomparire; tale scomparsa è un fenomeno d'ossidazione, che si collega all'introduzione incessante dell'ossigeno per la via dei polmoni, ed è la principale sorgente del calore animale, motivo per cui queste sostanze vengono denominate alimenti respiratorii. Secondo i più diligenti studi, l'uomo esala in 24 ore 250 grammi di carbonio; le sue deiezioni in 24 ore contengono 60 altri grammi di carbonio e 20 grammi di azoto. E' adunque evidente che per provvedere ai bisogni della respirazione e per supplire alle altre perdite si richiedono 310 grammi di carbonio e 20 grammi di azoto, corrispondenti a 130 grammi di materie azotate al giorno. E la razione quotidiana di 130 grammi di pane e di 285 grammi di carne (senz'ossa) fornisce appunto 130 grammi di materie azotate, ossia 20 grammi di azoto e grammi 331,46 di carbonio, rispondendo ai bisogni quotidiani dell'uomo. Siccome però lo scopo del Re dei Cuochi, non è di provvedere al bisogno impellente della nutrizione, bensì di rendere l'alimentazione più gradevole e salubre, così nel mentre ci riserviamo di discorrere partitamente dei singoli alimenti quando tratteremo del modo di cucinarli, ci limitiamo ora ad offrire un cenno sulle proprietà e sulla maggiore o minore digestibilità degli alimenti più comuni.

(Fisiologia alimentare) 16

Del potere nutritivo e della digestibilità di diversi alimenti.

Non è ciò che si mangia che nutrisce, ma ciò che si digerisce. (Vecchio adagio.)

La qualità di un alimento si misura dalla sua provenienza, se cioè dal regno animale o vegetale, e dalla preparazione che ha subito. Giusta il parere unanime dei chimici, la sostanza analogha al latte sarebbe l'alimento più perfetto; esso è cibo e bevanda e ben può dirsi il prototipo degli alimenti. Dopo il latte le carni macellate e le uova sono considerate come gli alimenti più importanti e nutrienti.

Degli alimenti a base fecolata.

Il glutine puro che si incontra in quasi tutti i cereali è la materia nutriente per eccellenza, giacchè per molte delle sue proprietà corrisponde alle sostanze animali. Fra le sostanze farinose o fecolenti la semola e le paste, quali tagliatelle, maccheroni, lasagne, quando ben cotti, occupano il primo posto nell'alimentazione, salubre, racchiudendo questi prodotti il 17 per cento di sostanza azotata, quasi quanto la carne di bue senz'ossa, ed ognuno sa che gli alimenti contenenti una maggior quantità di azoto sono i più nutrienti. Le paste fine, come stellette, vermicelli ecc., riescono a taluni meno passanti che le grosse. I piselli, i fagiuoli, le lenti, i ceci, le fave ed altri legumi, danno un alimento ricco di sostanza nutriente nella gerarchia gastronomica meritano di essere collocati fra la carne e il pane. E' noto che durante la cozione si gonfiano molto, il quale effetto è dovuto alla fecola che assorbe l'acqua, dimodochè se si mangiano non abbastanza cotti, il gonfiamento succede nello stomaco, il che produce incomode flautolenze. I fagiuoli bianchi ne cagionan più che i colorati; i piselli secchi meno dei fagiuoli. I legumi secchi sono più nutrienti ma anche più pesanti allo stomaco che non i verdi. La purée si digerisce meglio del grano intero. Le castagne, quando si abbia cura di cuocerle a sufficienza, forniscono un cibo abbastanza nutriente e molto più salubre di quello che generalmente credesi. Il pane, che contiene poco più della metà dei materiali alimentari della carne di bue è meglio digeribile di questa, tanto più se misto con butirro o con grasso. E' un requisito essenziale che il pane sia soffice; è pregiudizio il credere che caldo faccia male: tutt'al più ai denti, non al ventricolo. Per alcuni il pane del giorno innanzi è più digeribile del pane fresco; il biscotto è inferiore al pane di fresca data. La crosta nutre poco, e molto meno poi se abbrustolita e carbonizzata. La zuppa adunque fatta coi crostini è più leggiera ma meno nutriente. Preferite sempre il pane più semplice alle paste dolci. Il pane misto di frumento egrano turco, di frumento e di segale riesce a molti gustoso e leggiero. Come in tutte le cose l'abuso genera i suoi mali, il troppo pane è cagione di ostruzioni e pletora sanguigna. La farinata o polenta di grano turco, quando ben cotta, è sana, sebbene sia spesso causa d'acidità di stomaco. Antepongasi sempre il riso dei nostri paesi all'orzo e a tutte le farine esotiche le cui virtù sono tanto vantate sulle quarte pagine dei giornali, quali la revalenta arabica, il sago, l'arrow-root e via dicendo. I pomi di terra contengono tre quarti d'acqua ed un quarto di fecola; è cibo di facile digestione quando sia ben cotto. Avvertite per altro di rifiutare assolutamente come nocivi quelli che incominciano a germogliare.

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Alimenti carnei

La carne di bue contiene tutte le sostanze che rigorosamente bastano a mantenere la vita dell'uomo; arrostita, principalmente se poco cotta, eccita lo stomaco, facilita l'azione digestiva e fornisce tanta copia d'elementi riparatori quanta non se ne trova in nessun altro alimento. Se però l'uso giudizioso imprime vigore, l'abuso conduce facilmente alle infiammazioni e a tutte le indisposizioni che provengano da una nutrizione troppo sostanziosa. La carne di vacca, se ben ingrassata, diversifica poco da quella di bue. la carne del vitello è più tenera, meglio digeribile, ma meno nutritiva di quella di manzo. Il montone contiene meno sugo del bue e la sua carne è quasi altrettanto nutriente. Le carni di pecora e di capra sono più indigeste e meno nutritive di quella di manzo e di vitello; non così gli agnelletti giovani, che forniscono un buon alimento. Il maiale dà una carne saporitissima, nutriente, ma pesante; i condimenti la rendono meglio digeribile, ma più eccitante e riscaldante. Secondo la dottrina d'Ippocrate si trova una carne meno succulenta negli animali selvaggi che nei domestici, - in quelli che si pascono di frutti che in quelli che si pascono d'erbe, - nei maschi che nelle femmine, - nei neri che nei bianchi, - in quelli che sono pelosi che in quelli che non lo sono. Le carni tigliose, perchè troppo fresche, sono meno saporite delle frolle, ma più facilmente digeribili. Le carni salate sono meno nutritive delle fresche; ottimo il prosciutto e sani i salumi crudi. All'incontro indigesti i salcicciotti, le mortadelle, i sanguinacci, la salciccia. Guardatevi dagli affumicati che se putridi, possono essere velenosi. I fegati soprattutto i fegati grassi (foies gras), sono assai indigesti; preferite quello di vitello: lo stesso dicasi degli arnioni, del cuore, dei tendini, del sangue e delle trippe. I fagiani, le pernici, le beccacce, le anitre selvatiche e in generale tutta la selvaggina, fornisce un alimento aromatico, nutritivo, stimolante. Il pollo, il tacchino, il piccione danno un ottimo alimento superiore d'assai alle carni dell'anitra, e dell'oca perchè troppo grasse. Il coniglio, se vecchio, è indigesto.

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Dei pesci ed altri animali acquatici, ecc.

I pesci delle acque correnti sono più leggeri di quelli delle acque stagnanti; la carne dei pesci è ricchissima d'acqua contenendone 4/5 del loro peso; quanto più è ricca di grasso fosforato, tanto più riesce indigesta. In generale la carne dei pesci teneri è migliore di quella degli adulti e si digerisce più facilmente. I pesci a carne bianca, di consistenza media e d'una mediocre proporzione di grasso, sono di più facile diestione; tali sono la lotte, l'orata, la trota di fiume, il merluzzo, il pesce persico, l'assello, la lima, il rombo, la sogliola. I pesci a carne solida, colorata, sapida, costituiscono un cibo eccellente mediante appropriati condimenti, ma non s'adattano egualmente a tutti gli stomachi; fra essi si annoverano lo storione, il salmone, la grossa trota, lo sgombro, il luccio, il tonno. Le ostriche sono nutrienti; la loro acqua ne rende facile la digestione; cotte o marinate sono più che indigeste; lo stesso dicasi del dattero di mare. La testuggine, la lampreda, il carpo, l'anguilla sono poco nutrienti e di difficile digestione. La cheppia, quantunque grassa, non affatica soverchiamente lo stomaco; l'aringa, soprattutto se salata è indigesta Le rane offrono un cibo delicato e leggiero; i gamberi d'acqua dolce e le lumache lo sono meno.

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Delle uova.

L'albume mangiato crudo e freddo pesa sullo stomaco; frullato o cotto al latte si digerisce più facilmente; allo stato sodo, oltre essere poco nutriente è di lunga e difficile digestione; il tuorlo è assai nutritivo e ricco di grasso; cotto al latte è meglio digeribile dell'uovo sodo. Fritto o condito con salse diverse è sempre un eccellentissimo cibo; l'uso continuo di uova di gallina, scrive il Mantegazza (opera citata), rende più facili le gioie d'amore, e fra tutti i cibi creduti afrodisiaci è uno di quelli che esercita un'azione eccitante più sicura. Le uova di pesce sono nutrienti ma pesanti; quelle di barbio e di luccio lo sono assai più delle altre. Badisi che se cotte, riescono viscose e trasparenti, sono purgative e nocive.

Del latte e dei suoi prodotti.

Il latte si digerisce facilmente ma non conviene a tutte le costituzioni. Le diverse qualità di formaggi che se ne cavano, danno un cibo eccellente, di facile digestione e nutritivo quanto la carne di manzo. Il burro è di facilissima digestione, e da preferirsi di gran lunga anche per le sue qualità nutritive, al grasso e all'olio.

Funghi e tartufi.

Digestione lenta e ben poca materia nutritiva offrono i funghi. Le persone delicate, i fanciulli, i convalescenti devono astenersene. I funghi marinati o freschi sono più sani di quelli disseccati. I tartufi, che hanno fama di essere un cibo afrodisiaco, sono anche più nutrienti, contenendo una quantità notevole di fecola.

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Delle radici ed erbaggi.

Abbiamo già fatto cenno di legumi a base fecolenta, ora diremo qualche parola di quelli che più propriamente chiamansi radici ed erbaggi. Tutti i prodotti di questa classe solleticano poco la mucosa gastrica e attraversano prontamente il canale digerente e forniscono un residuo più abbondante e meno alterato. Il loro uso indebolisce l'energia delle funzioni piuttostochè non le ecciti. Gli erbaggi mucillaginosi devono entrare nell'alimentazione de' soggetti sanguigni e nervosi, degli abitanti dei climi caldi. Vantaggiosi nell'età infantile lo sono meno nella vecchiaja e per gli abitanti delle regioni fredde e umide. La lattuga, gli spinaci, la bietola, sono rinfrescanti, ma poco nutrienti; - la cicoria, i cardi, la scorzonera sono alquanto più nutrienti; - l'asparagio, alimento dolcissimo, esercita un'azione che produce cattivo odore nelle orine, senz'essere però nocivo agli organi orinarii. L'acetosella, assai rinfrescativa , è dannosa alle persone travagliate da renella; lo stesso dicasi degli altri ortaggi aciduli; il pomo d'oro è rinfescante ed acido; - il carciofo è dolce e non riscaldante; - la barbabietola, quantunque molto zuccherata, non è così nutriente come da taluni la si vorrebbe; la zucca, se compatta e farinacea è discretamente nutriente; la rapa nutrisce poco, ma è rinfrescativa e di facile digestione; la carota è alquanto nutriente ma meno digeribile. Il sedano eccita e riscalda; crudo è anche di difficile digestione. La cipolla cruda è molto stimolante, ha un'azione simile a quella dell'aglio e della senape, di risvegliare cioè gli organi intorpiditi. Il porro, il cui bulbo è impregnato di un olio che sembra più acre e più volatile di quello che si contiene nell'aglio, riesce un cibo non disprezzabile quando è cotto, perdendo nella bollitura il suo principio acre. Le verze o cavoli, le rape, le melanzane, i cavoli fiori del pari che le carote e dal più al meno tutti gli ortaggi, contengono un principio acre, ostico alla digestione, che loro si toglie facendoli cuocere in molta acqua; le foglie delle verze sono piuttosto nocive; quelle tritate e marinate sauer-kraut, sono più indigeste. Il crescione è tutt'altro che rinfrescativo, contiene dello zolfo, ma si digerisce facilmente; i ravanelli e il rafano nero sono molto eccitanti. (Quanto al crescione ed altri erbaggi, vedi avanti ove parlasi dei condimenti). Le insalate possiedono le proprietà dolci o eccitanti delle sostanze che le compongono, ma il loro stato di crudezza le rende di non facile digestione. Oltre l'olio, le acciughe ecc., servono a condimento ed ornamento dell'insalata, la borragine o borrana e la pimpinella. Le foglie tenere della prima, fornite di setole bianche, sono molto gradevoli, ma da noi se ne fa poco uso. Lo stesso dicasi della pimpinella, erba saporita ed odorifera. I cetrioli, i poponi, le angurie, nutriscono poco, ma la loro indigestibilità venne esagerata.

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Dei frutti.

I frutti, composti di mucillagine, di gelatina vegetale, di zucchero, d'acqua e d'acidi vegetali, soggiornano poco nel tubo digestivo, soprattutto allo stato fresco. i frutti piacciono in generale a tutti gli stomachi, ma ai soggetti sanguigni convengono meglio i frutti aciduli; alle persone irritabili i mucillaginosi zuccherati; ai linfatici, i frutti alquanto acerbi e molto zuccherati; essi non nuociono che per difetto di maturanza o per uno smodato abuso. Ottimi fra tutti sono: l'uva, le pesche, le pere, le mele, le ciliege, le marasche; non così le nespole e le susine, che sono, astringenti le prime, e lassanti le seconde. Frigide sono le fragole; ma condite con sugo di limone o con vino e zucchero, riescono più facili a digerirsi dei lamponi. La cozione influisce molto sulla qualità de' frutti, facendo perdere una parte della loro insalubrità ai frutti acerbi e rendendo gli altri più digeribili e nutrienti. Lo zucchero facilita la digestione de' frutti crudi, segnatamente se vi si aggiungono degli aromi e del vino. I frutti oleosi come le noci, le mandorle, sono nutrienti ma indigesti specialmente se vecchi. Il cacao con cui si fa il ciccolato è un alimento dolce, fortissimo e di non troppo facile digestione, oltrechè riesce a taluno eccitante e riscaldante.

Dei condimenti.

L'azione dei condimenti è indicata dall'influenza che i principii aromatici esercitano sulla digestibilità e sulla potenza nutritiva degli alimenti di cui fanno naturalmente parte; essi sono essenzialmente caratterizzati dalla digestione; concorrono così allo scopo finale della nutrizione, provocando nella misura necessaria le forze che devono agire sulla materia assimilabile, e soddisfano in pari tempo al bisogno fisiologico di stimolazione, che varia a seconda del clima. Sonvi condimenti più o meno alimentari, quali il rafano, il burro ecc.; l'alimento, la bevanda, il condimento sono dunque gli ingredienti d'una sostanza unica che corrisponde a' molteplici bisogni della riparazione organica: l'alimento ai materiali solidi del sangue, la bevanda alle sue parti liquide, i condimenti a tutto ciò che vi ha di dinamico nell'atto della chimificazione:

Essi si dividono:

  1. In condimenti salini, fra i quali tiene il primo posto il cloruro di sodio, detto comunemente sal marino o sale da cucina. Il sale usato nelle debite proporzioni eccita utimente la digestione, ma abusandone, è causa di grande irritazione.

  2. Condimenti acidi fra i quali stanno principalmente l'aceto comune, gli acidi vegetali e minerali, il limone, l'agresto e l'acetosella. L'agresto e il limone sono tanto stimati pel loro aroma quanto per le loro qualità acide. L'aceto puro irrita lo stomaco; sciolto in acqua offre una bibita rinfrescante; usato con parsimonia negli alimenti, facilita la digestione.

  3. Condimenti acri: tali sono la cipolla, l'aglio, le cipolline, il porro, la senape, il rafano, la pastinaca, il crescione comune, il crescione di fontana, i capperi.

    L'aglio, la rocambole o aglio rosso, il porro, la cipolla, lo scalogno, le cipolline, posseggono un principio acre, irritante, volatile. Di bontà squisita sono le cipolle e l'aglio o scalogno di Spagna, e fama d'eccellenti godono quello di Bienate in Lombardia. - Lo scalogno si adopera come l'aglio, ma è di sapore più grato. La rocambole è una specie d'aglio, poco noto da noi, più dolce dell'aglio ordinario, e che i Francesi chiamano aglio rosso.

    La senape è un eccitante fortissimo, ma presa in piccole dosi ajuta la digestione.

    Le radici del rafano sono dotate di odore penetrantissimo e di sapore acre, pungente, analogo a quello dei semi di senape. La raschiatura del rafano si serve comunemente cruda a fianco delle carni lessate. I Polacchi usano cuocerla nel brodo, formandone un composto con rosso d'uovo, farina e noce moscada. I medici attribuiscono a questa radice virtù diuretica, vermifuga, stimolante, detersiva e sopratutto antiscorbutica.

    La pastinaca, è una radice bianchiccia, carnosa, fusiforme, poco o niente ramificata. Coltivasi in varie parti d'Europa, massime in Germania ed in Inghilterra come radice alimentare: ed infatti è alquanto nutriente; da essa, in Gcrmania, se ne estrae uno sciroppo e se ne fanno confetti.

    Del crescione ve ne sono differenti qualità: il crescione comune e il crescione di fontana, le cui foglie mangiansi crude in insalata e si adoperano per condimento delle vivande in grazia del loro sapore pungente e gradevole; il crescione comune cresce principalmente nelle praterie irrigate e lungo i rivi; la sua fioritura comincia in primavera e dura quasi un mese; ha sapore acre, analogo a quello del crescione di fontana, ed entrambi godono di virtù antiscorbutiche, diuretiche e depurative. L'importante è di non confonderlo con un'altra erba assai nociva, chiamata dai botanici sium odiflorum, e che vegeta accanto al crescione d'acqua sulle sponde dei ruscelli; il crescione d'acqua, d'un verde più oscuro e qualche volta picchiettato di bruno, ha le foglia più arrotondate verso l'estremità; il sium odiflorum presenta foglie più allungate, più strette, coniche e dentate sui bordi: all'epoca della fioritura, che accade in luglio, è impossibile confonderlo.

    I capperi marinati in aceto non sono di troppo facile digestione.

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4. Condimenti acro-aromatici; tali sono : il prezzemolo, il cerfoglio, la pimpinella, la serpentario, la salvia, l'anice, il timo, il lauro, il serpaio, il milionetto, il pepe, il pimento, la noce moscada, il ginepro, lo zenzero, la cannella, il garofano, la vainiglia, il finocchio comune, il coriandolo, la maggiorana, il rosmarino, le mandorle, il zafferano.

Il prezzemolo è d'uso giornaliero in una cucina; tuttavia pochi pongon mente che talora vi è misto il 'prezzemolo selvatico, od anche la cicuta che appartiene alla famiglia delle piante velenose; molto rassomiglia all'altro, ma è riconoscibile al verde più oscuro delle foglie; soffregandolo colle dita da cattivo odore.

Il cerfoglio ha sapore delicato e s'impiega tanto per zuppa quanto per insalata,

II timo o, il lauro, il milionetto ecc., posseggono un sapore aromatico, ma converrà impiegarli molto parcamente; altrimenti il loro aroma, ove sovrabbondasse, diverrebbe acre.

La serpentario o dragontea, detta comunemente estragone, favorisce la digestione eccitando la secrezione de' succhi gastrici. Serve ad aromatizzare l'aceto e si mangia in insalata.

Anche del finocchio ve ne hanno diverse qualità, le più comuni sono quelle denominate finocchio comune e finocchio orientale od anche comino, pianta originaria dell'Alto Egitto. I medici attribuiscono a' suoi frutti virtù stomatica e diuretica. Gli Olandesi, i Tedeschi ed altre nordiche nazioni sogliono frammischiare questi frutti al formaggio ed alla pasta destinata a far pane. Il finocchio comune o dolce, che alligna particolarmente nelle Romagne e nel Napoletano, si mangia crudo in insalata, ovvero cotto e preparato in modo che acquista una fragranza e una dolcezza particolare. Il sapore zuccherino e aromatico che possiede è simile a quello dell'anice. Si adopera pure nella preparazione di certi confetti e rosolii.

Delle differenti qualità di salvia vuoisi preferire quella a foglie auricolate, siccome più gradevole.

I Cinesi hanno tanta passione per la nostra salvia quanta ne hanno gli Europei per il thè della Cina.

La santoreggia o satureja, conosciuta sotto il nome di erba fava, ha sapore aromatico, penetrante, gradevole, per cui si aggiunge opportunamente a cibi poco saporiti o flatulenti, come le fave, i piselli, le lenticchie.

La cannella, le mandorle, l'acqua di fiori d'arancio, la vaniglia, lo zenzero, la noce moscada, il ginepro, il garofano e simili, eccitano pure le glandule salivari, la loro azione è gradevole al palato, ma nello stomaco sviluppano un grado di calore più o meno favorevole alla digestione, secondo la maggiore o minore suscittività individuale.

Il coriandolo era dagli antichi considerato come pianta velenosa, valevole a produrre gravissimi accidenti, per lo che i suoi frutti facevansi macerare nell'aceto : precauzione inutile, essendo provato non possedere il coriandolo alcuna delle supposte qualità deleterie. I popoli del Nord se ne servono per aromatizzare la birra; lo masticano dopo il pasto per facilitare la digestione, espellere le flatulenze e rendere gradevole l'alito della bocca.

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Il pepe, tipo de' condimenti acri, traccia un calore caustico dalla bocca allo stomaco, e sollecita con energia le forze digestive.

Il pepe lungo o pimento dolce della Giamaica, e' il frutto del mirto; possiede ad un tempo il sapore della moscada, della cannella e del garofano.

Il pepe rosso o pimento di Cajenna è oltremodo eccitante e riscaldante.

Le foglie del rosmarino hanno un sapore acre ed un odore molto aromatico che manifestasi più intenso confricandolo colle dita e che dipende da un olio volatile il quale forma la base d'un'acqua spiritosa nota sotto il nome di acqua della regina d'Ungheria.

La maggiorana e il basilico possiedono egualmente odore penetrante aromatico, il sapore forte alquanto acre. Queste erbe sono spes so adoperate per le marinate di pesci e selvaggina.

Lo zafferano adoperavasi già dagli Egizii e dagli Ebrei per colorire certi alimenti e per profumare i tempii. À' nostri giorni si adopera per colorire ed aromatizzare le paste, certi caci, e il risotto di proverbiale rinomanza. Sarà mestieri usarne colla massima pamimo nia, possedendo esso qualità deleterie.

5. Condimenti zuccherini o dolci sono lo zucchero e il miele. Insufficiente all'alimentazione, lo zucchero conviene come condimento a tutte le età ed a tutti i temperamenti. - Il miele riesce pesante e purgativo.

6. Condimenti grassi: tali sono il burro, gli olii, il lardo. Queste sostanze, oltre al giovare alla digestione, rendono appetitose le vivande; tuttavia una soverchia abbondanza di condimento le renderebbe insalubri, pesanti. Un'altra proprietà de' corpi grassi è la maggiore elevazione di calore a cui salgono, il che facilita la cottura degli alimenti.

Riassumendo diremo che in generale i condimenti sono pochissimo nutrienti, ma sono utili per tre titoli: 1. aumentano la sapidità degli alimenti; 2. modificano le qualità, rendendo gli alimenti stessi suscettibili di alimentazione; 3. rendono più attiva la digestione, semprechè se ne usi moderatamente, in modo che non abbiano a determinare un appetito fittizio, la cui ripetizione affievalirebbe lo stomaco.

Delle pasticcerie e confetture.

Non essendo la pasta delle focaccie lievitata come quella del pane, ed essendo cotta con minor quantità d'acqua, stenta a sciogliersi nello stomaco. I biscotti si digeriscono meglio perchè contengono maggior zucchero e la loro pasta è lievitata naturalmente.

Le confetture e i dolciumi di puro zucchero a lungo andare cagionano delle gastriti.

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Del modo di cottura degli alimenti.

Sonvi quattro diverse maniere d'ottenere la cottura degli alimenti:

facendoli cioè bollire o lessare nell'acqua, cuocere a vapore nel loro sugo o alla stufajola; - friggere; - e finalmente arrostire.

In generale l'ebollizione li rende più teneri; - alla stufajola le carni si penetrano di vapore caldo, s'ammolliscono e raggiungono la cottura conservando tutto il loro sugo. Le sostanze cotte in tal modo s'ono più facili a digerirsi e più nutrienti.

La friggitura rende parimenti le vivande molto tenere, ma è me stieri badare che la crosta che vi si forma d'attorno sia estremamente leggiera, altrimenti l'acredine empireumatica che il condimento le comunica la renderà assai nociva agli stomachi delicati.

L'arrosto contiene in sè quasi tutte le parti solubili della carne; la azione del fuoco a nudo ne carbonizza le parti esterne ed assorbe al centro i sughi, trattenuti poi da quella stratificazione abbrustolita che si forma alla superficie.

L'arrosto, come già si disse, è molto nutriente ed assai tonico, cosicché per la maggior parte degli stomachi è di gran lunga preferibile.

La cottura degli erbaggi nell'acqua serve pure a renderne più facile la digestione.

Termineremo quest'articolo con una raccomandazione della massima importanza: non divorate, ma masticate bene i vostri cibi, e non mangiate mai che quando la digestione del pasto precedente sia ultimata.

Bevande.

Se l'uomo non bevesse che quanto esige il lavorio della digestione, se si limitasse all'uso delle bibite refrigeranti o di quelle leggermente stimolanti, rese necessarie dalla natura degli alimenti, giammai i liquidi ch'egli introduce nel suo stomaco non sarebbero cagione di malattie.

Di tutti i liquidi l'acqua è quella che meglio ammorza la sete; le bevande acide stimolano la laringe e turbano la digestione; le bevande fermentate non dissetano che momentaneamente e determinano una reazione consecutiva di calore e di secchezza.

Durante il pasto, presa a poco a poco, favorisce la digestione; presa invece in quantità eccessiva, sia durante il pasto, sia nell'intervallo, l'acqua s'accumula nella parte media dello stomaco e determina lo stringimento del piloro e la distensione dell'addome.

L'eccesso abituale di bevande acquee distrugge l'appetito, produce l'atonia del tubo digerente, coliche, diarree, indebolimento dei centri nervosi, ecc.

L'ingestione di bibite ghiacciate è meno dannosa quando lo stomaco è pieno d'alimenti; i gelati adunque non faranno alcun male se presi subito dopo il pranzo.

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I vini hanno un effetto più o meno eccitante, che dipende dalla maggiore o minore quantità d'alcool (spirito di vino) che contengono.i vini leggieri, poco fermentati e carichi d'acido, dissetano meglio, ma' stimolano poco. Quelli più forti usati moderatamente sono più tonici e fortificanti. E' preferibile il sistema di non cambiare molti vini in un sol pasto. Il vino bianco bevuto prima di pranzo è diuretico, ma rinserra lo stomaco.

La birra è più o meno nutriente, a seconda del modo di fabbrica zione; quelle dette di Chiavenna e di Coira sono molto salubri.

I liquori alcoolici scuotono la sensibilità degli organi, tuttavia l'uso moderatissimo perfeziona il gusto e giova alla digestione; l'ubbriachezza di liquori è fomite di gravissimi mali; non usatene a stomaco vuoto, e non crediate giovevoli a stuzzicare l'appetito nè il vermouth, nè l'absenzio, nè le tante bibite amare ora in voga. Tuttavia alle prime preferite le seconde.

Il caffè occupa un posto importante nell'alimentazione; l'infusione di caffè ben preparata è una bibita assai gradevole, risveglia nello stomaco un leggiero calore e una sensazione di ben essere in tutto il corpo. E' da biasimarsi l'abitudine di coloro che attendono a prendere il caffè quando la digestione è già inoltrata; meglio l'usarne subito dopo il pasto.

Note:

(1)- Brillat. Physiologie du gout - Savarin.

(2) - Averani, Del vitto e delle cene degli antichi.

(3) Cantù, Storia Universale, Lib. IV, cap. V.

(4) Storia della vita privata dei Francesi.

(5) Cantù, Storia Universale, Vol. IX, cap. XXIV.

(6) Enciclopedia Popolare, Vol. VI.

(7)- La Cucina degli Stomachi deboli.

(8) Mantagazza, Almanacco Igienico.

(9) Vi fu già chi si fece propugnatore di una scuola per cuochi, ma il progetto non ebbe vita.