LE CARTE DELL'INQUISIZIONE
Si è discusso sul contenuto degli archivi del Sant'uffizio

a cura di Tullio De Giovanni

    Alcuni mesi orsono l'Accademia nazionale dei Lincei ha proposto un tema storico di profondo interesse, l'"Inquisizione", e per l'occasione ha riunito cattedratici e teologi.
La trattazione di questo argomento è resa difficile a causa della distruzione dei fascicoli processuali avvenuta a Parigi nel secondo decennio dell'800. Ne sono derivate perdite gravissime nella documentazione relativa ai primi decenni di vita del Sant'Uffizio (che gestiva l'Inquisizione), nel corso dei quali esso fu chiamato anzitutto ad arginare l'eresia dottrinale allora dilagante in Italia. La Congregazione romana del Sant'Uffizio sollecitò ed ottenne la salvaguardia degli incartamenti processuali di Galileo Galilei e la conservazione dei documenti sul vescovo Vittore Soranzo che custodiscono la memoria di una vicenda unica nel suo genere, quella di un autorevole vescovo che trasferì nel governo pastorale diocesano la lezione valdesiana.
    Gli intervenuti hanno messo a fuoco delle questioni particolari. Ad esempio, sono state esposte le differenze tra l'Inquisizione romana e spagnola riguardo la spoliazione dei beni contro gli eretici e giudaizzanti: quella romana era applicata in casi assai limitati e con maggiore moderazione che non in Spagna e Portogallo, ad eccezione del periodo di Pio V (1566-1572). È da notare che la confisca dei beni non poteva applicarsi allo Stato veneziano.
Un altro approfondimento ha riguardato l'amplissimo fondo del Sant'Uffizio depositato presso l'Archivio storico diocesano di Napoli. Si tratta di documenti che hanno permesso accurate indagini e certamente la stesura di quell'opera mirabile della fine dell'800 del medico napoletano Luigi Amabile "II Sant'Officio dell'Inquisizione nel Regno di Napoli".
La perdita degli archivi dei ministri delegati per il Regno di Napoli - i soli che avevano autorità di legiferare per tutto il territorio meridionale - e le fiere resistenze delle singole autorità vescovili, non permette di guardare a tutto il Mezzogiorno ma si può indagare soltanto su Napoli. Tuttavia si è potuto accertare il caso della repressione dei Calabrovaldesi; avendo ottenuto deleghe inquisitoriali dal Sant'Uffizio, gli abati di San Sisto faranno valere quei poteri per quasi un secolo (1561-1656), dichiarando la popolazione infetta dalla "peste valdese".
    I difficili rapporti tra l'Inquisizione spagnola e quella romana erano stati oggetto di una lunga controversia; Roma lamentava l'estrema difficoltà con cui i documenti richiesti arrivavano alla sede romana del Sant'Uffizio e le resistenze che venivano opposte da parte degli inquisitori spagnoli. Scarsa è la documentazione e costituita, almeno per tutto il '500 da relazioni sommarie e di seconda mano, con una notevole eccezione: i 19 volumi del processo all'arcivescovo di Toledo Bartolomé de Carranza.
Nelle complesse relazioni tra Roma e la Spagna, una fase nuova e di estrema importanza si aprì durante l'ultima sessione del Concilio di Trento (1545-63). Fu allora che l'Inquisizione spagnola vide realmente minacciate le proprie prerogative perché un decreto conciliare dava ai vescovi la facoltà di assolvere dalle condanne pronunciate dall'Inquisizione, anche da quelle per eresia. Le conseguenze vennero misurate dopo pochi anni attraverso le denunce di inquisitori che vedevano vanificate le indagini dagli editti di grazia.
    Un intervento ha riguardato i rapporti in materia di inquisizione tra Roma e Bologna. La fonte principale è rappresentata dai due volumi che raccolgono i carteggi tra gli inquisitori bolognesi e la Congregazione del Sant'Uffizio. I rapporti epistolari dei commissari del Sant' Uffizio e Roma furono dapprima radi e limitati alle questioni più importanti, ma si fecero via via più stretti, fino a diventare quotidiani durante il pontificato di Pio V, quando venne esercitata a Bologna una capillare persecuzione dei gruppi ereticali attivi in città. Particolare fu la frequenza delle condanne a morte, una decina, concentrate nel 1567. Nei suoi primi trenta-quarant'anni di vita, l'Inquisizione perseguì attivamente la totale eliminazione di ogni dissenzo teologico; inoltre, a seguito della promulgazione dell'Indice Tridentino nel 1564, che stabiliva il temporaneo divieto di alcune opere in attesa della loro correzione, l'espurgazione dei testi sospesi costituì quasi la sola attività della Congregazione dell' Indice. Alla trattazione della materia si aggiungono alcuni importanti interventi, sui permessi di lettura in eccezione all'Indice, sul modo di pregare all'inizio del '500, sul come venne affermato il principio della verità assoluta nella Sacra Scrittura e sui flussi delle denunce. Ed inoltre, le ricerche sull'"affettata santità", su "ebrei, neofiti e giudaizzanti", sulle "congregazioni romane dell'Inquisizione e dell'Indice dal 1542 al 1615", su "Inquisizione e stranieri".
    Il periodo dell'Inquisizione sembra un tempo di orrore, ma non fu così. La memoria va ad una lezione di Franco Cardini, il quale, esaminando archivi, cronache, documenti, è riuscito ad accertare che quei tribunali garantivano anche il singolo accusato dal popolino di stregoneria o eresia.
Quei tribunali non reprimevano solo duramente: furono più i salvati dal furore dell'ignoranza plebea che i condannati.

 

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