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    2001

LA VITTORIA DI BERLUSCONI:
QUALCOSA DI MOLTO GRAVE

1. Deve essere chiaro che non si è trattato in questo scontro elettorale di una normale sfida per l’alternanza.  

E’ accaduto qualcosa di molto grave in Italia con la vittoria di Berlusconi: continuo a pensare che quest’ultimo non è legittimato a guidare il governo del paese, se non sul piano meramente formale dei risultati elettorali. Questi esiti vanno pur sempre accettati come espressione della volontà popolare, ma rimane grossa e ingombrante come macigno la sostanziale illegittimità di Berlusconi. Nessuno pensa di non accettare il responso delle urne, scriveva Gianni Vattimo (l’Unità di domenica 20 maggio 2001), ma non si può pensare di prendere per razionale tutto ciò che accade (che è reale) come ad esempio i risultati elettorali.

Come non preoccuparsi, aggiungeva il filosofo torinese, del vero e proprio plebiscito per la destra che si è registrato in Sicilia, terra questa dove il potere mafioso non è che sia di colpo scomparso?

E come non preoccuparsi del peso della propaganda e dei soldi profusi in maniera sproporzionata nella campagna elettorale, sicché gran parte dei paesi democratici dell’occidente tendono a guardare alla situazione italiana come minaccia alla democrazia anche per loro? 

Non solo è più che giustificata la preoccupazione sulla pericolosità di Berlusconi circa le minacce alla democrazia (autonomia del potere giudiziario, libertà di insegnamento, diritti dei lavoratori, ecc.), ma altrettanto giustificate sono le preoccupazioni circa la laicità dello Stato (dettato costituzionale della piena parità di diritti e doveri di tutti i cittadini; scuola aperta a tutti; pari garanzie per tutti i tipi di famiglia; riconoscimento della libertà di coscienza individuale relativamente all’aborto, all’uso di embrioni, all’eutanasia, alla fecondazione artificiale, alla pillola del giorno dopo, ecc.), l’accentuazione delle disuguaglianze economiche, sociali tra aree geografiche del paese e tra classi e gruppi sociali, ecc. 

Non è insomma esagerato parlare come fa Nicola Colaianni (Supplemento barese della Repubblica del 19 maggio scorso) di «spettro della grande riforma», di un progetto di cambiamento del paese, cioè, dove campeggia come valore centrale un’idea di libertà individuale del tutto affrancata da regole e divieti statali e dove scompare, invece, l’idea di uguaglianza.

2. Occorre prepararsi ad una dura lotta di contrasto sia a livello istituzionale che, soprattutto, a livello sociale e culturale. Ben sapendo, in primo luogo, che la possibilità di uso dei mezzi di comunicazione di massa più efficaci sarà da oggi in avanti ancora più squilibrata a vantaggio della nuova maggioranza.  

Non mi sembra possano esservi dubbi circa il peso che può avere avuto e che potrà continuare ad avere la televisione sugli esiti elettorali. Per meglio comprenderne la rilevanza va precisato però che il potere televisivo di riuscire ad influenzare il voto a volte decisivo di un qualche numero di elettori, riguarda certamente la vera e propria informazione televisiva dei telegiornali e delle apposite ‘rubriche’ (Studio aperto, Sgarbi quotidiani –che ha imperversato a botta di tre milioni di ascolto in media per tanto tempo- ecc.) ma riguarda principalmente la stessa capacità ‘educativa’ della televisione.

Riguarda cioè l’insistente quotidiano lavorio ‘formativo’ di lunga lena, realizzato anche e soprattutto mediante l’intrattenimento (fiction, soap opera, film, giochi a quiz, ecc.).

Questo lavorio mostra di ottenere maggior successo proprio presso gli strati popolari diffondendo artificiali modelli di vita e di comportamento e favorendo il ricorso a semplificati criteri di giudizio e di orientamento politico, criteri tendenti a spostare l’atto politico del voto di tanta ‘gente minuta’ sulla dimensione del puro desiderio, del sogno, piuttosto che nella direzione di una presa di coscienza del carattere collettivo (politico) dei pur corposi bisogni-problema della vita reale.  

Non sembra avere tutti i torti, ad esempio, Curzio Maltese (La Repubblica del 19 maggio 2001) quando ponendo in risalto l’indubbia capacità mostrata da Berlusconi di interpretare perfettamente «sentimenti e risentimenti della sua ‘gente’» osserva però che è pure vero che sono state le televisioni dello stesso Berlusconi che hanno contribuito a modellare il senso comune di destra a immagine e somiglianza del loro proprietario.

3. Un’opposizione politica, quindi, ma di natura essenzialmente sociale (e culturale). Opposizione ‘costruttiva’, inoltre, non solo e tanto nel senso in cui può e deve esserlo una opposizione a livello istituzionale (formulare controproposte, emendamenti, ecc. all’altra parte di governo), quanto piuttosto nel senso che essa stessa si costruisce nel suo farsi e nel suo farsi stesso contribuisce a costruire le condizioni di una più stabile e orientata aggregazione tra diversi soggetti.  

Parlare con le persone, tentare di affrancarle il più possibile dalla passiva, subalterna comunicazione televisiva, farle discutere, pensare, riflettere, convincerle a mobilitarsi insieme con noi, sui pesanti effetti che si abbatteranno sulle nostre e sulle loro condizioni di vita, non solo materiali, grazie all’intreccio perverso di mal governo comunale, malgoverno regionale e mal governo nazionale.