Zoraide Sanfilippo Utzeri

Nota biografica

Zoraide Utzeri è nata a Siurgus Donigala nel 1911. Avendo vissuto per molti anni a Cagliari, si sente cagliaritana d’azione pur essendo nei tempi attuali residente a Selargius.

Ha insegnato nelle scuole elementari e per il suo servizio, svolto con grande impegno, le è stata assegnata la medaglia d’oro della Pubblica Istruzione. Sin da giovane ha avuto la passione di scrivere racconti e poesie, sia in italiano, sia nella variante campidanese della lingua sarda. Da vari anni è in pensione, ma non ha perso l’abitudine di comporre rime. Ha partecipato a numerosi concorsi letterari, riportando molti riconoscimenti positivi.

Tra le sue opere si segnala il libro di leggende “Is froris sardus de liggiri”, che ha vinto il primo premio del concorso indetto dalla Provincia di Cagliari e che è stato pubblicato dallo stesso ente nel 1989. Di grande efficacia narrativa, per l’affresco di vita cagliaritana che Zoraide Sanfilippo Utzeri ha saputo descrivere, è il libro “Contu de un’arruga antiga, S’arruga de Santu Jacu”, pubblicato dalla “Grafica del Parteolla”.

Si segnala anche il suo impegno di recitazione nella sede Rai di Cagliari, dove ha preso parte alle trasmissioni “Cagliari oh cara” e “Julietta e Romero” (di cui era coautrice con la giornalista Luciana Pirastu).

Nella sua prima infanzia, Zoraide Sanfilippo ha trascorso un breve periodo a Capoterra e di questo paese conserva un bel ricordo, legato alla bellezza delle sue colline e alla gentilezza delle persone che la sua famiglia conobbe. Tra le numerose poesie in sardo che ha scritto, se ne riportano due che fanno proprio riferimento a Capoterra. (E. A.)

A una bidda stimada

Deu ti tengh’in su coru 

de candu, pitichedda,    

andam’in dogna moru,  

in dogna funtanedda.    

In su “Bacudinghinu”   

déu fem’in paradisu;    

is matas de s’opinu       

che fiant unu bisu;        

s’arrìu cun su martuzzu

e s’aqua cristallina;     

sa domu cun su puzzu,  

sa surgent’in collina.     

Sempri t’hapu sonnàu   

cun s’affettu sinzìllu    

de cor’innamorau         

e meda prus che fillu.   

Hoi t’hanti trasformàu:   

custu progress’assurdu  

chi t’hat avvelenàu,       

su camp’hat fattu burdu;

s’arriu non cantat prusu;

sa surgent’est muràda.  

In basciu e pur’in susu  

ses totu cambìada.        

Non c’est anima bona   

Po proteggi su buscu     

chi ti faiat corona:         

cust’orizzont’è foscu,    

prenu de bracconieris    

po cassai a lazzu            

e puru “lumineris”         

c’abbruxanta su stazzu.   

Is fabbricas t’inquinant  

e s’aria e su mari:          

aìcci ti rovinant              

is malus conc’a pari.      

Su de Zanda

Penzend’a “su de Zanda”,

in bidd’e Cabuderra,

arregord’una banda

invadendi sa serra:

femus nosu scolarus

de is elementaris,

amighixeddus carus

chi camminamus paris.

Su cancell’e su viali,

cun s’umbr’e s’eucalittu

unu memoriali

ch’in menti tengu fittu.

Sa mizz’e Santa Rosa

cun s’acqua cristallina,

fiat cosa deliziosa

puita fiat genuina.

Meri non conoscemus

Chi s’essit stratallau:

po nosu fiat de nemus

cussu logh’incantau.

Sa domu fiat in fundu,

in mes’e su giardinu

e fiat unu mundu

chi non teniat confinu.

Is nebodis andanta

cun prex’e cun arrisu,

e totu dì giogànta

in cussu paradisu.

Is pipius de oi,

coment’e in presoni,

ddus inserraus immoi

cun sa televisioni.

De is tempus biaus,

prenus de libertadi

e de nosu bramaus,

accabad’est s’edadi.

A un paese stimato

Io ti ho nel cuore

da quando. piccolina,

andavo in ogni sentiero,

in ogni fontanella.

Nel “Bacudinghinu”

io ero in paradiso

gli alberi di pino

che erano un sogno,

il ruscello con il nasturzio

e l’acqua cristallina,

la casa con il pozzo,

la sorgente in collina.

Sempre ti ho sognato

con l’affetto sincero

di cuore innamorato

e molto più di un figlio.

Oggi ti hanno trasformato:

questo progresso assurdo

che ti ha avvelenato,

ha fatto bastardo il campo;

il ruscello non canta più;

la sorgente è murata.

A valle e pure a monte

sei tutta cambiata.

Non c’è anima buona

per proteggere il bosco

che ti fa corona:

quest’orizzonte è fosco,

pieno di bracconieri

per cacciare con il laccio

e pure “incendiari”

che mettono fuoco allo stazzo.

Le fabbriche t’inquinano

e l’aria e il mare:

così ti rovinano

i cattivi messi insieme.

Il podere dei Zanda

Pensando al podere dei Zanda,

nel paese di Capoterra,

ricordo un gruppo

che invadeva la serra:

eravamo noi scolari

delle elementari,

cari piccoli amici

che camminavamo in fila.

Il cancello e il viale,

con l’ombra degli eucalipti

è un ricordo

che ho fisso in mente.

La sorgente di S. Rosa

con l’acqua cristallina,

era una cosa deliziosa

perché era genuina.

Non conoscevamo padrone

che ci rimproverasse:

per noi era di nessuno

quel luogo incantato.

La casa era in fondo,

in mezzo al giardino

ed era un mondo

che non aveva confini.

I nipoti andavano

con piacere e con felicità,

e tutto il giorno giocavano

in quel paradiso.

I bambini di oggi,

come in prigione,

li chiudiamo ora

con la televisione.

Dei tempi beati,

pieni di libertà

e da noi bramati,

è finita l’età.

 

 


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