Calore e materia
di Luisa Stritoni

Il termine gas venne usato per la prima volta, per indicare la natura spirituale (geist) degli aeriformi dall’alchimista olandese van Helmont (1557-1644 ). Egli inoltre nega che il fuoco sia una sostanza materiale. I gas hanno una massa propria e "si consumano" nei processi di combustione. Nel XVII secolo Robert Boyle (1626-1694 ) nel suo scritto il Chimico scettico dichiara di voler affrontare la propria scienza non più come un alchimista, ma come un filosofo.Robert BoyleVerifica così che i metalli aumentano di peso quando si ossidano. Ma la combustione continua a portare con sé i misteri più profondi.

Nel 1669 il tedesco Becher ipotizza che il fuoco (terra pinguis) sfugga dalla materia durante la combustione. Sarà proprio questa terra pinguis a essere ribattezzata agli inizi del secolo XVIII da Stahl col nome di flogisto. Secondo questa teoria formulata dallo stesso Stahl,  i corpi combustibili erano costituiti, oltre che da una sostanza materiale, anche da una specie di "spirito" estremamente leggero ed infiammabile, il flogisto appunto, che all’atto della reazione si liberava sotto forma di calore o di fiamma. La decomposizione della materia in un "principio di combustibilità" (il flogisto) e nei prodotti della combustione è alla base della chimica antecedente alle dottrine di Lavoisier (1743-1794). Rifiutata da Boyle, la teoria del flogisto è la continuazione naturale dell’alchimia. L’universo è ancora suddiviso da un lato in un mondo materiale, tangibile, ponderabile e visibile, dall’altro in un mondo spirituale, intangibile, imponderabile e invisibile.

Saranno gli allievi dello Stahl,sollecitati dall’influsso di Robert Boyle,a considerare il flogisto non un principio causale dell’infiammabilità, ma piuttosto un costituente della materia. I flogistici, paradossalmente, pur di fronte alle prove spesso inconfutabili dei loro avversari, sono i primi a concepire una "categoria" nuova del mondo materiale seppure priva di tangibilità e di massa. Soltanto alla fine del XIX secolo Crum Browne, docente all’università di Edinburgh, farà notare che è possibile sostituire al termine flogisto la parola energia e rendere così immediatamente chiaro il "pasticcio alchimistico", ma ormai si saranno percorse molte strade sbagliate e si saranno fatti molti errori. 

Fino a circa la metà del secolo scorso,era tutt’altro che chiaro quale fosse l’ente fisico responsabile oltre che delle sensazioni fisiologiche di freddo e di caldo, anche di tutti i fenomeni fisici (dalla combustione del legno alla fusione di un solido) in cui è implicito questo ente genericamente chiamato "calore".Il modello fisico più accettato per spiegare tutto ciò ipotizzava l’esistenza di un fluido, detto calorico, che con la sua minore o maggiore concentrazione, era responsabile della diversa temperatura dei corpi. Si pensava così che quando due corpi, con temperature iniziali diverse, erano messi a contatto tra loro, il calorico passasse da quello in cui era più concentrato all’altro, fino a trovare una condizione di equilibrio ad una concentrazione, e quindi ad una temperatura intermedia.

Nel corso dei decenni sono stati proposti numerosi modelli relativi al calorico. Ad esempio il fisico e matematico francese Pierre Simon de Laplace introdusse un modello matematico in cui ogni molecola di un gas era circondata da "un’atmosfera" di calorico. In tal modo nel loro movimento e negli urti esse potevano acquistare calorico e cederlo, variando così le loro proprietà termiche. Comunque tutti i diversi modelli erano concordi nell’ipotizzare che il calorico fosse una quantità conservata in qualunque fenomeno fisico. Il calorico era visto come qualcosa che permetteva la generazione di lavoro passando da un corpo ad alta temperatura a un altro a temperatura più bassa, ma rimanendo comunque conservato.

Come il flogisto, o meglio calorico degli allievi di Lavoisier,è "fluido squisitamente elastico", gli studi di Stephen Gray (1695-1736) sulla conduzione elettrica e più tardi le scoperte della "elettricità galvanica" inducono ad ipotizzare l’esistenza di un altro "fluido elettrico", pressoché della stessa natura del calorico.

Negli ultimi anni del secolo XVIII, l’americano Benjamin Thompson (1753-1814) riesce a far bollire dell’acqua con il calore sviluppato dai trapani usati per forare l’anima dei cannoni e conclude che il calore è "una forma di movimento". Nel 1799 Davy giunge alla medesima conclusione riuscendo a far fondere nel vuoto due pezzi di ghiaccio strofinandoli l’uno contro l’altro. Sempre nel 1799 Lambert deriva e risolve un’equazione differenziale a modello della distribuzione stazionaria di temperatura in una sbarra semi-infinita, riscaldata ad una estremità e irradiante calore per tutta la sua lunghezza.

Nel 1804 poi Biot incomincia a intravedere la possibilità di usare le equazioni differenziali per rappresentare la dinamica della trasmissione del calore in una sbarra di lunghezza finita. Quattro anni più tardi sarà Fourier a formulare la teoria per la conduzione del calore in corpi tridimensionali rigidi, isotropi.

Nel 1783 Lavoisier aveva rivelato la distinzione tra calore e temperatura ed aveva suggerito una  distinzione tra calore specifico e latente; ma esse rimasero allo stato di definizione per molti anni e lo stesso tentativo di Laplace (1816 e 1822) di assegnare loro un modello matematico non bastarono per una loro corretta comprensione. Le difficoltà con cui subito si scontrarono scienziati, ma anche ingegneri, dipendevano dalla  diversa quantità di calore messa in gioco. La "Dottrina dei calori specifici e latenti" di Laplace, facendo riferimento ad un gas ideale, necessitava di un approfondimento sul concetto di stato termodinamico che allora non era ancora stato raggiunto. Quando più tardi lo stesso Maxwell definirà il calore latente come "la quantità di calore che deve essere fornita ad un corpo per mutarne lo stato in un altro senza cambiarne la temperatura", la nozione di stato è ancora vaga e confusa.

Grazie all’opera di Dulong e Petit ,nel 1818, le tecniche sperimentali per la determinazione dei calori specifici riceveranno un impulso fondamentale. La teoria della calorimetria sin affermerà con la formulazione di veri e propri assiomi nel 1876. Essa è un sintomo di una disciplina che, pur facendo riferimento a fenomeni che si conoscono "praticamente" nella loro natura, stenta però a trovare dei modelli generalizzati che la rappresentino adeguatamente sul piano teorico.

 

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