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PROGETTO DI SCUOLA 1998/99
 
Negli ultimi tempi formazione e ambiente sono considerate, anche a livello internazionale e in particolare da parte di chi si occupa dello sviluppo socioeconomico del globo, questioni strategiche delle più rilevanti, quelle che determinano l’evoluzione della società e del mondo, la sua capacità di sviluppo. E’ ormai diffusa la convinzione che lo sviluppo sociale ed economico sia strettamente legato alla capacità di valorizzare e utilizzare la risorsa formazione (vedi riordino dei cicli, autonomia, commissione dei saggi).
Se la scuola deve diventare un sistema orientato a costruire un futuro possibile dove l’orizzonte è costituito da sviluppo e società sostenibili, occorre prevedere quali potrebbero essere i tratti distintivi, le domande, i bisogni di un futuro possibile. La questione ambientale può fornire utili suggerimenti: la compatibilità, la gestione della limitatezza delle risorse come vincolo per l’innovazione tecnologica, la qualità della cittadinanza e della Pubblica Amministrazione, sono tutte questioni che legano insieme la qualità dello sviluppo con la qualità, anche ambientale, del futuro di questo Paese. Anche in campo internazionale si comincia ad affermare la consapevolezza che nell’immediato futuro l’orizzonte della modernità sarà dominato dalla sostenibilità ambientale, come vincolo per la qualità dello sviluppo, secondo quanto si è definito a Rio, con l’Agenda 21.
La scuola, per essere capace di futuro, deve individuare le grandi aree operative e culturali-formative intorno a cui si organizza il rinnovamento del sistema formativo. Occorre
individuare i trend culturali e i bisogni formativi che si andranno affermando nel prossimo futuro, per poter capire quali saranno le competenze trasversali indispensabili a sapersi orientare nel mondo complesso dei prossimi decenni;
mettere in rete l’insieme delle occasioni formative, formali e informali.
Un sistema formativo capace di futuro deve tener conto di tre grandi questioni intorno a cui si delineano nuovi bisogni formativi:
l’innovazione tecnologica permanente;
la dinamica tra mondializzazione e identità nazionale, come fenomeno derivante sia dai processi politici, economici e tecnologici che dai nuovi flussi migratori;
la sostenibilità sociale e ambientale dello sviluppo come possibilità di coniugare la limitatezza delle risorse – naturali e sociali – con il bisogno di sicurezza e di aspettativa nel futuro, che a sua volta coinvolge sia la dimensione individuale (salute, vecchiaia …) sia la dimensione collettiva (ambiente, lavoro, convivenza civile …).
Queste tre questioni disegnano la mappa antropologica del prossimo futuro, perché rilevano nuovi bisogni culturali e nuovi disagi. Contemporaneamente tali questioni spingono a individuare quell’intreccio di valori e competenze trasversali, in base a cui ripensare i percorsi educativi e formativi che permettono di affrontare i nuovi orizzonti del lavoro, del sapere, delle relazioni sociali e di orientarsi in un mondo a complessità crescente.
 
Innovazione tecnologica
L’introduzione delle nuove tecnologie, soprattutto in campo informativo-comunicativo, comporta profonde modificazioni su questioni importanti come la velocità del tempo e il consumo/uso del tempo, l’espansione delle potenzialità di apprendimento o di realizzazione, la qualità delle relazioni sociali. Oggi arrivano a scuola bambini e ragazzi a cui manca l’esperienza "di strada", essi hanno esperienze sempre più omologate rispetto al passato, la scuola ha quindi il compito di insegnare a ricostruire esperienze "di strada", a riconoscersi parte di una comunità e di un territorio. Si tratta di una condizione d’ingresso nel sistema educativo ineliminabile, perché si corre il rischio di scontare la conseguente mancanza di radici dei nostri giovani, di cui spesso ci si lamenta. Quindi occorre riportare l’attenzione su quali competenze si verranno a perdere, su quali di queste saranno insignificanti e su quali di queste, invece, il processo educativo dovrà farsi carico, nei futuri scenari dei processi educativi dominati dalla tecnologia informatica.
 
Tra mondializzazione e identità nazionale
Il fenomeno della mondializzazione, fatto di migrazioni, conoscenze, comunicazione, culture, economia, propone con forza la dialettica locale-globale in cui saremo proiettati a vivere nel prossimo futuro (la scuola deve costruire sia competenze "universali" e insieme capacità di vivere, come persone e cittadini, in un territorio determinato).
Per operare nella dimensione del villaggio globale, con l’insieme di tecnologie, linguaggi, saperi, valori che comporta, senza correre il rischio di perdersi, occorre rinforzare un contesto culturale e civile che non può che affondare le sue radici nell’identità nazionale dell’Italia. Non si può essere cittadini del mondo o dell’Europa (ed essere capaci di muoversi nel villaggio globale) senza sentirsi parte attiva della propria comunità locale, senza sentire le proprie radici e la propria appartenenza, senza essere consapevoli della propria identità. Questo processo di identificazione personale e collettiva è poi indispensabile per sapersi confrontare e saper rispettare altre appartenenze culturali.
La qualità delle città, del paesaggio, del territorio, delle acque è parte costitutiva e fondante dell’identità nazionale, tanto quanto la tradizione culturale ed artistica.
Inoltre la questione ambientale ha sempre posto con forza, in ambito educativo, la relazione fra locale e globale, perché in grado di coinvolgere i processi del conoscere tra particolare e generale, tra analisi e sintesi, tra concreto e astratto. Solo l’approccio sistemico, la capacità di vedere cioè l’oggetto e l’insieme delle relazioni in cui è inserito danno la possibilità di comprenderlo.
La relazione locale-globale ha inoltre influenza anche sul piano epistemologico e su quello delle competenze professionali, dove si sta assistendo a due processi contradditori. Da un lato una sempre più accentuata parcellizzazione delle discipline, dall’altro un sempre più forte bisogno sistemico di ricostruzione di quella che potremmo chiamare cultura della complessità. E la scuola rischia di essere stritolata se continua a vivere i due ambiti come compartimenti stagni, l’uno affidato alle discipline e l’altro alle educazioni trasversali.
 
La sostenibilità sociale e ambientale dello sviluppo
Alla scuola si chiede di contribuire a far crescere una società flessibile e dinamica, formando personalità con una solida cultura di base, capaci di cogliere le interrelazioni, di orientarsi nel cambiamento, di rispondere alle nuove dimensioni che l’evoluzione sociale pone in campo, di saper affrontare un mondo a "complessità crescente". La scuola deve assumersi il compito di promuovere la cittadinanza attiva, nella consapevolezza che nell’immediato futuro l’orizzonte della modernità sarà dominato dallo stretto intreccio tra innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale dello sviluppo, come vincolo del futuro possibile, come condizione per la qualità della modernità e dello sviluppo.
 
Il primo problema che si pone è quale rapporto si debba instaurare nei processi educativi tra saperi e competenze trasversali di base e quali siano queste competenze trasversali. Anche nella Commissione per le "conoscenze fondamentali su cui si baserà l’apprendimento dei giovani nella scuola italiana nei prossimi decenni" (Commissione di 44 saggi coordinata da Roberto Maragliano – gennaio/maggio 1977 dai cui lavori emerge la contrapposizione presente nel dibattito nazionale tra chi riduce il problema all’aggiornamento delle aree disciplinari e chi cerca di capire quali siano le competenze "trasversali" delle persone che opereranno nei prossimi decenni) la discussione si è prevalentemente focalizzata intorno al rinnovamento dei saperi disciplinari. Si è parlato di economia, cultura classica, lingua straniera, ‘900, informatica, cioè di contenuti, mentre si è accantonato il nodo delle competenze trasversali, della mappa delle strutture concettuali e culturali di base, indispensabile a saper vivere e a saper interpretare la complessità della società e della cultura del presente. Ma le dimensioni educative trasversali trovano la loro ragion d’essere nella complessità del mondo contemporaneo, come l’ambiente, l’interculturalità, la democrazia, la pace, la salute. Queste dimensioni non sono riducibili allo status dei saperi disciplinari, tuttavia sono parte costitutiva della cultura contemporanea, esprimono una teoria e una pratica educativa, esprimono un percorso capace di confrontarsi con la complessità, ma non possono essere tradotti in "discipline", in saperi, in libri di testo. Invece è importante saper rintracciare le competenze trasversali e i "campi di significato" che si debbono padroneggiare per essere in grado di affrontare un mondo a complessità crescente. Si possono costruire competenze trasversali attraverso la cooperazione di diverse discipline e diverse modalità di lavoro educativo, per es. lavorando per progetti, ricercando sul campo su problemi della realtà circostante.
Si indicano come obiettivi declinati per aree di intervento le seguenti competenze trasversali:
la capacità di prendere decisioni in condizioni di incertezza, una delle competenze più importanti per chi vuole interpretare, capire, orientarsi per agire in sistemi sempre più complessi;
la capacità di orientarsi in questa epoca nella consapevolezza che i processi di mondializzazione sono a carattere sociale, demografico, ecologico, culturale, comunicativo, politico, tecnologico;
la capacità di cogliere le relazioni tra conoscenze, valori e comportamenti per accrescere il senso di responsabilità, per poter orientare le proprie scelte;
la capacità di prevedere e la disponibilità ad affrontare l’imprevedibile;
la partecipazione e la formazione alla cittadinanza attiva;
la capacità di negoziazione e di gestione dei conflitti;
la capacità di costruire le conoscenze in modo che i saperi non appaiano come un sistema chiuso e definitivo, una nuova enciclopedia gerarchizzata da trasmettere, ma come un processo aperto e in continua formazione (anche la discussione sull’inserimento della contemporaneità nei programmi scolastici rischia di rimanere un’operazione demagogica se non la si affronta contestualmente al rinnovamento delle discipline e al rapporto tra le discipline e i saperi trasversali).
Come può la scuola contribuire a costruire la capacità di stare e di sentirsi nel presente sviluppando quelle qualità dinamiche indispensabili a saper agire in situazioni complesse? La scuola deve dedicare spazio e tempo alla ricerca sul campo, al lavoro a partire da problemi veri e presenti nella realtà circostante, che offrono molteplici soluzioni.
 
L’educazione ambientale ci fornisce a questo proposito un utile esempio. L’educazione ambientale non come l’ennesima materia, ma come un’area di indagine sui problemi del presente e del territorio ed offre un’occasione privilegiata per costruire un percorso di ricerca che coinvolga la dimensione scientifica del sapere insieme a quella sociale. Anche nel "riordino dei cicli" è previsto uno "spazio dedicato alla ricerca" su problemi aperti, realmente presenti nella vita dei ragazzi, nel loro ambiente di vita, per "provarsi" sul terreno dell’operatività e della metodologia della ricerca, della responsabilità delle scelte, del saper prendere decisioni, nel provare a realizzare soluzioni. Essa deve quindi prevedere nuove forme di partecipazione, momenti di incontro tra soggetti culturali e sociali. In questa prospettiva occorre che l’autonomia scolastica non sia solo razionalizzazione e decentramento dell’esistente, ma un servizio alla comunità locale, vista come tessuto di rapporti tra soggetti diversi, istituzionali e non e tra questi e la qualità ambientale e sociale del territorio. La scuola cioè come vera risorsa locale.
La competenza del docente non è riducibile alla trasmissione di saperi in altre sedi definiti, come la scuola non può essere ridotta alla trasmissione ciclica ed enciclopedica dei saperi, Quella dell’insegnante dovrebbe essere piuttosto una competenza di ricercatore, capace di sviluppare processi di riflessione, autovalutazione e rinnovamento del proprio operare, capace inoltre di progettare e di gestire in ambito educativo percorsi di ricerca su problemi aperti. Occorre che i docenti possiedano una competenza evolutiva, capace di interpretare le dinamiche della comunità di riferimento per coniugarle con la funzione formativa, ponendo al centro dell’attenzione didattica i processi di costruzione delle conoscenze. Competenza che deve essere accompagnata da un ripensamento epistemologico delle discipline, coerente con la costruzione di un approccio sistemico ai problemi e dall’individuazione di quali saperi vadano oggi implementati. Il docente dovrà cioè divenire capace di operare in un sistema formativo dinamico in grado di coevolvere con il contesto in cui è inserito, assumendo così soprattutto la funzione di "facilitatore e mediatore" delle interazioni degli studenti con una varietà di risorse umane e materiali, un facilitatore delle relazioni tra mondo della formazione e comunità.
 

"AMBIENTE – SVILUPPO SOSTENIBILE - SVILUPPO SOSTENIBILE DEL BENESSERE"

Classi coinvolte: 16

Docenti coinvolti: 44

Collaborazioni con ICPC (International Children’s Peace Council), ICEI (Istituto Cooperazione Economica Internazionale), Apocalyps Research Center, Politecnico di Milano.

 

Scopi del Progetto:

creare una rete di informazione e comunicazione gestita principalmente dai ragazzi allo scopo di formulare proposte concrete di azione a favore dell’ambiente globale;
creazione e gestione di una parte del sito web finanziato dal Ministero degli Esteri all’ICEI che ha come tema "Ambiente e sviluppo sostenibile";
realizzazione di un corso di formazione per insegnanti e alunni finalizzato ad offrire le conoscenze di base per rendere operativo il progetto "verso una WEB TV dei ragazzi"

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