Si
parla
molto
di
riforma
della
scuola:
e
si
discute
con
giustificata
preoccupazione
sul
ruolo
che
allinterno
di
essa
verrà
attribuito
alle
scuole
private,
alla
scuola
privata
cattolica
in
modo
speciale.
Già
la
stessa
espressione
"scuola
privata",
per
quelle
parificate,
è
giuridicamente
discutibile
e
sostanzialmente
impropria.
Si
dovrebbe
semmai
parlare
di
una
"scuola
pubblica
di
gestione
non
statale".
Non
è
affatto
una
sfumatura:
"pubblico"
e
"statale"
non
sono
propriamente
sinonimi.
Ma
i
cattolici,
allinterno
delle
"loro"
(!?)
scuole,
dovrebbero
procedere
poi
ad
una
vera
e
propria
riforma.
Anzi,
ad
una
rivoluzione.
Quella
dellattuare
sul
serio,
nelle
loro
scuole,
un
insegnamento
cattolico.
La
Costituzione
e
il
nuovo
rapporto
concordatario
lo
consentono.
Gran
parte
di
coloro
che
mandano
i
figli
alla
scuola
cattolica,
spesso
con
duro
sacrificio,
lo
esige.
Questo
in
una
qualche
misura
dovrebbe
valere
per
le
stesse
scienze:
soprattutto
per
quelle
naturali,
ormai
confinanti
con
letica.
Ma
soprattutto
per
discipline
come
la
storia
e
la
filosofia.
Ciò
per
rimediare
a
un
grave
problema
che
rischia
di
travolgere
il
mondo
cattolico.
I
cattolici
non
hanno
cultura,
quindi
non
hanno
identità.
Dallindomani
del
Vaticano
II
hanno
gradualmente
smarrito
anche
coscienza
sacramentale,
liturgica
e
devozionale.
Non
meraviglia
se
molti
di
loro
si
lasciano
affascinare
dallambigua
paccottiglia
spiritualista
degli
esoterismi
daccatto
e
del
New
Age.
Giovanni
Paolo
II
ha
mirabilmente
insegnato
a
tutti
noi
di
chiedere
perdono:
anche
del
passato,
anche
delle
cose
delle
quali
non
siamo
personalmente
responsabili.
Perdono
a
Dio
innanzitutto;
e
anche
al
genere
umano,
perché
chi
offende
un
essere
umano
offende
un
Tempi
vivente
della
Divinità
del
Cristo.
Ma
cè
chi
ha
confuso
questa
forza,
questa
chiarezza,
questonestà,
con
debolezza:
e
ha
cominciato
a
chiedere
a
gran
voce
alla
Chiesa
di
chiedere
indiscriminatamente
perdono
di
tutto.
Anche
di
quel
che
non
è
errore.
Anche
di
quanto
Essa
non
ha
mai
fatto.
È
giusto
che
la
Chiesa
chieda
perdono.
Non
è
importante,
anzi
è
irrilevante
che
altri
lo
faccia.
La
società
laica,
in
particolare,
non
ne
ha
bisogno:
è
sufficiente
che
prenda
atto,
con
chiarezza
e
fermezza,
dei
propri
errori.
Ma
è
appunto
quanto
non
vuol
fare.
E
quando
lo
fa,
a
malincuore,
ci
sono
sempre
degli
Hitler
e
degli
Stalin
su
cui
scaricare
le
colpe.
È
un
vecchio
ed
un
po
indecoroso
escamotage
che
deve
cessare.
Anni
fa
avemmo
il
coraggio
di
denunziare
le
persecuzioni
anticattoliche
della
Rivoluzione
francese.
Gridarono
allo
scandalo,
ma
accusarono
il
colpo.
Abbiamo
additato
più
di
recente
le
violenze
anticattoliche
del
Risorgimento.
Altro
scandalo,
e
un
altro
frammento
di
verità
riappropriata.
Non
abbiamo
intenzione
di
fermarci
qui.
Ecco
a
voi
un
altro
tassello
del
mosaico
delle
vergogne
nascoste
della
storia;
unaltra
corona
dei
Misteri
Dolorosi
della
Chiesa.
Ecco
comè
quasi
scomparso
il
Cattolicesimo
dalla
Scozia:
ecco
come
un
popolo
cattolicissimo
o
quel
che
ne
rimaneva
è
"passato
alla
Riforma".
E
il
sacco
delle
infamie
nascoste
dalla
storia
censurata
e
riscritta
ad
usum
burgensium
non
è
ancora
vuoto.
Ce
ne
sono
ancora
di
sorprese,
dallIrlanda
al
Messico.
Le
tireremo
fuori
tutte,
una
per
una.
Non
per
recriminare
o
per
discriminare:
ma
semplicemente
per
ristabilire
la
verità
e
per
rivendicare
la
memoria.
Qualcuno
si
chiederà:
ma
come?
Nessuno
a
scuola
ci
ha
mai
parlato
di
questo?
Al
punto
che
gli
studenti
confondono
spesso
Oliver
Cromwell
con
un
filosofo
sensista
e
lo
avvicinano,
che
so,
a
David
Hume?
Appunto.
Nessuno
(o
quasi)
ne
ha
mai
parlato.
È
ora
di
parlarne.
È
ora
di
sapere
che
Mac
Donald
non
è
solo
il
nome
di
un
hamburger.
Anche
se
lo
vedrete
la
macelleria
centra.
Eccome.
Franco
Cardini
IL
CARDO
E
LA
CROCE.
La
Scozia:
una
storia
di
fede
e
libertà.
Paolo
Gulisano
Nel
1707
la
Scozia,
attraverso
l'Atto
di
Unione
approvato
dai
Parlamenti
inglese
e
scozzese,
cessava
di
essere
una
nazione
libera
ed
indipendente.
A
partire
dal
1°
marzo
di
quell'anno,
definito
dai
patrioti
scozzesi
annus
orrobilis,
l'intera
isola
britannica
ricadde
sotto
un
unico
governo,
quello
di
Londra...
Il
Cerchio
Iniziative
Editoriali
Anno
1998
Per
ulteriori
informazioni: www.ilcerchio.it
prefazione:
la
ballata
della
libertà
Nel
1707
la
Scozia,
attraverso
l'Atto
di
Unione
approvato
dai
Parlamenti
inglese
e
scozzese,
cessava
di
essere
una
nazione
libera
ed
indipendente.
A
partire
dal
1°
marzo
di
quell'anno,
definito
dai
patrioti
scozzesi
annus
orrobilis,
l'intera
isola
britannica
ricadde
sotto
un
unico
governo,
quello
di
Londra.
Uno
degli
uomini
che
più
strenuamente
si
era
battuto
contro
l'Atto
era
Andrew
Fletcher
di
Saltoun
(1653-1716),
avvocato
dei
diritti
e
delle
libertà
del
suo
popolo,
parlamentare,
esule.
Nel
momento
più
oscuro
della
storia
della
nazione,
in
cui
essa
stessa,
per
volontà
della
maggioranza
dei
propri
rappresentanti
politici
e
dell'aristocrazia,
rinunciava
alla
propria
libertà
consegnandola
agli
inglesi
in
cambio
di
vantaggi
economici
-
peraltro
riservati
ad
una
ristretta
oligarchia
-
e
della
garanzia
che
sarebbero
stati
mantenuti
gli
assetti
civili
e
religiosi
determinati
dal
la
Rivoluzione
del
diciassettesimo
secolo
e
dalla
Riforma
Protestante,
Fletcher
lasciò
una
dichiarazione
che
all'epoca
poteva
sembrare
un
sentimentale
attaccamento
alla
tradizione
e
ad
un
glorioso
passato
ormai
tramontato,
e
che
oggi,
al
termine
del
Novecento
e
alla
luce
degli
avvenimenti
che
negli
ultimi
anni
hanno
visto
il
ritorno
come
protagoniste
della
storia
le
piccole
patrie,
tra
le
quali
la
stessa
Scozia,
assun1e
invece
una
dimensione
quasi
profetica:"sono
le
ballate,
e
non
le
leggi,
a
costruire
una
nazione".
Fletcher
ebbe
a
scrivere
ciò
nel
1704,
quando
il
destino
della
Scozia
era
ormai
segnato,
in
un
breve
saggio
dedicato
al
"corretto
ordina-mento
dei
Governi
per
il
Bene
dell'Umanita"
(Account
of
a
Conversation
concerning
a
Right
Regulation
of
Government
for
the
Common
Good
of
Man-kind).
Le
ballate:
non
già
un'espressione
intellettuale
e
romantica,
ma
la
memoria
tenace
delle
leggende,
della
storia
mitica
e
di
quella
reale,
che
ha
accompagnato
i
popoli
europei
nella
loro
storia
millenaria,
con
particolare
evidenza
per
quel
che
riguarda
l'area
celtica.
A
pochi
anni
dalla
resa
dell'Atto
di
Unione
e
dalla
profezia
di
Fletcher,
il
grande
poeta
nazionale
scozzese
Robert
Burns
scriveva
questi
versi:
"At
Wallace's
name,
what
Scottish
blood,
But
boils
up
in
a
spring-time
flood!
Oft
have
our
fearless
fathers
strode
By
Wallace's
side,
Still
pressing
onward,
red-wat-shod,
Or
glorious
dy'd!"
Da"To
W.S***n,
Ochiltree-
1785.
"Al
nome
di
Wallace
quale
sangue
scozzese
non
può
ribollire
con
prima-verile
piena!
Spesso
i
nostri
padri
intrepidi
hanno
marciato
al
fianco
di
Wallace,
sempre
avanzando,
calzati
di
rosso
sangue,
o
tinti
di
colore
glorioso!".
Se
in
anni
recenti
è
andato
aumentando
l'interesse
per
questa
piccola
antica
nazione
del
Nord
dell'Europa,
interesse
culturale,
storico,
artistico,
turi-stico,
politico,
e
si
parla
sempre
più
spesso
di
Scozia,
ma
in
realtà
poco
ancora
si
conosce
della
storia
di
questo
Paese,
che
è
certamente
la
storia
della
lotta
per
l'affermazione
della
propria
libertà
nei
confronti
del
secolare
espansionismo
del
potente
vicino
inglese
(la
cui
epica
è
stata
grandiosamente
raffigurata
nel
film
Braveheart
di
Mel
Gibson)
ma
che
è
stata
anche
la
lotta
per
la
sopravvivenza
della
fede
avversata
da
una
persecuzione
durata
secoli.
Libertàs
Scotiae
et
Libertàs
Ecclesiae,
si
potrebbe
dire.
Un
paese
che
nel
Medioevo
ha
dato
nume-rosissimi
monaci
evangelizzatori
dell'intero
continente,
teologi
come
Duns
Sco-tus
e
Riccardo
di
S.Vittore,
cavalieri
crociati
che
partirono
dalle
brume
delle
Highlands
per
morire
sulle
sabbie
torride
della
Palestina,
ha
conosciuto
come
pochi
altri
e
con
largo
anticipo
la
crudezza
della
persecuzione
religiosa,
il
cui
obiettivo
fu
l'eliminazione
appunto
della
Libertas
Ecclesiae,
che
è
lo
scopo
di
ogni
rivoluzione,
di
ogni
tentativo
di
esercizio
arbitrario
e
totalitario
del
potere.
Si
colpisce
la
Libertàs
Ecclesiae
perche
laddove
la
Chiesa
è
libera
nell'adempi-mento
della
sua
missione
-ossia
andare
con
Cristo
incontro
agli
uomini-
laddove
c'è
libertà
per
la
Chiesa
c'è
inevitabilmente
libertà
per
l'uomo,
dal
momento
che
è
scritto:
"La
Verità
vi
farà
liberi".
Scopo
di
questo
libro
è
dunque
ripercorrere
le
tappe
della
storia
di
Fede
e
di
Libertà,
di
testimonianza
e
di
martirio,
che
hanno
fatto
di
questo
piccolo
Paese
quasi
un
caso
esemplare,
non
solo
nel
medioevo,
ma
anche
nella
modernità.
Quanto
solo
pochi
anni
fa
poteva
sembrare
un'anacronistica
nostalgia
di
tempi,
personaggi
e
valori
considerati
ormai
obsoleti
si
rivela
invece
uno
dei
punti
chiave
della
tarda
modernità
in
cui
viviamo.
"La
paura
di
restare
indietro
nella
competizione
globale
è
diventato
il
predominante
della
politica.
Non
solo
le
imprese,
ma
gli
Stati
si
considerano
intrappolati
in
una
situazione
di
competizione
continua,
dove
ogni
partecipante
dipende
dalle
decisioni
degli
altri
giocatori.
Ciò
che
si
perde
di
vista
in
questa
corsa
ansiosa
è
la
possibilità
di
autodeterminazione."
(William
Grei-der,
"The
Global
Marketplace:
a
Closet
Dictator"
in
The
Case
against
Free
Trade,
San
Francisco,
1993).
Così,
mentre
da
più
parti
già
si
proclamava
la
"fine
della
storia"
e
si
profilano
all'orizzonte
gli
inesorabili
scenari
della
globalizzazione
e
del
pensiero
unico,
riemergono
con
forza
le
esigenze
e
le
ragioni
delle
differenze,
delle
specificità,
delle
identità.
In
Scozia
come
altrove
sembrano
riecheggiare
le
vibranti
parole
di
Gilbert
Keith
Chesterton:
"We
are
a
people,
and
we
have
not
spoken
yet!"
("noi
siamo
un
popolo,
e
non
abbiamo
ancora
parlato!").