Sogno
Ed io, che sono re, ma
re
di questa incoerenza, spezzo
vetri di fino cristallo
e me la rido della gravità
degli inutili ricordi.
E fuggo nel giardino
di me stesso – lurido e puro –
e innalzo un altare in pietra
grezza
al dio dell’orrido.
Nel giardino spargo il seme
della dolcezza, della mansuetudine.
Duro suolo del mio volto.
Poi vado in estasi e fuggo
nel cielo della fantasia.