I mitici sette anni del Brasile

Intervista con il nuovo Ambasciatore, S.E. A. Andrea Matarazzo 

 

Come l’Egitto antico attraversò sette anni di prosperità - alternati a sette anni di carestia - così il Brasile di fine millennio, uscito da un periodo oscuro e travagliato, ha instaurato una politica di ricostruzione che ha toccato tutti i campi della vita economica, sociale, culturale ed ambientale passata sotto il nome di “Sette anni del Real”, vale a dire il Piano di sviluppo che ha cambiato il Brasile.
Oggi il Brasile è un’altra cosa. L’Italia sa bene quanto dovette faticare per strapparsi di dosso a poco a poco una brutta etichetta con la quale la si definiva il paese della pizza e degli spaghetti. Il Brasile è giunto all’ultimo strappo. Non è più solo il paese della samba e del carnevale. 
S.E. Andrea Matarazzo, nuovo Ambasciatore del Brasile in Italia, parla del suo paese con giustificato orgoglio. Dall’intervista che egli mi ha concesso nel suo studio, da dove si può spaziare sulla stupenda Piazza Navona e lo sguardo si inebria, persino le cifre scarne e rudi dello sviluppo brasiliano emergevano leggere, colorate e saltellanti.
Eccone alcune: la concentrazione del reddito degli investimenti sociali negli anni ‘90 era allarmante: il 21 per cento delle risorse destinate al settore sociale veniva distribuito al 20 per cento della popolazione, lo strato più ricco. Significativo l’aumento del potere d’acquisto. Nel luglio del 1994, con un salario minimo si poteva acquistare il 60 per cento di un paniere, vale a dire un insieme di prodotti di prima necessità. Oggi il suo potere d’acquisto e del 123 per cento. 
Il tasso d’interesse è passato dal 45 per cento al 15,75 per cento e lo sviluppo economico medio degli ultimi sei anni ha registrato un consolante 2,9 per cento a fronte dello 0,6 per cento dei sei anni precedenti. Gli investimenti esteri hanno raggiunto i 32 miliardi di dollari nel 2000, sedici volte maggiori che nel 1994.
Il commercio con l’estero mostrava un deficit di oltre 6 miliardi e mezzo di dollari nel 1998, sceso nel 2000 a soli 690 milioni di dollari. Il settore dell’istruzione ha segnato un balzo del 57 per cento in cinque anni, legato all’ampliamento dell’istruzione elementare con una significativa diminuzione del tasso di analfabetismo. Il Brasile di oggi si trova molto vicino ai paesi più avanzati con un tasso di scolarità del 97 per cento, 17 punti in più che all’inizio degli anni novanta
Notevoli passi avanti sono stati compiuti anche nel settore della sanità e della mortalità infantile, scesa in dieci anni dal 49,4 per cento al 34,2 per cento per ogni mille nati vivi.
“Ma è nel settore dell’assistenzialismo che abbiamo fatto del nostro meglio - afferma S.E. Matarazzo - E’ un capitolo che possiamo considerare chiuso, mentre nella lotta contro la esclusione sociale, se pur si è fatto molto, resta ancora molto da fare. Si tratta di cinque secoli di storia, un’eredità di ingiustizie alimentate dalla schiavitù, dal latifondo, da una industrializzazione sregolata e da uno sconcertante autoritarismo politico.” 
Un altro dei settori chiave dello sviluppo del Brasile è stata la politica di destatizzazione. S. E. Matarazzo, che proviene dal mondo industriale brasiliano, ne conosce bene le vicende e sottolinea il contributo fornito allo stato da questo programma. 
“Dal 1991 al 2000 - precisa l’Ambasciatore - oltre cento miliardi di dollari sono stati prodotti con le privatizzazioni che hanno consentito per esempio un enorme sviluppo nel settore delle 

In questa e nelle foto delle altre pagine, alcune istantanee scattate durante l’intervista con S.E. Andrea Matarazzo. A fianco dell’Ambasciatore il consigliere per l’informazione Sergio Canais.