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Anche Carlo Lasagna se n'é andato

di Gianfranco Lelmi

Era il 20 dicembre 1999, avevo appena scritto l'articolo: "Non dimentichiamo i vecchi soci" per ricordare e ringraziare Carlo Lasagna, quando la mattina di Natale, ho appreso dalla figlia Cristina, la triste notizia che se ne era andato nel sonno, durante la notte, "solivago".  Anche la sua dipartita é paragonabile al suo stile di vita, solo pochi hanno potuto salutarlo. Amava il silenzio della montagna, era schivo del rumore e delle comitive numerose, é partito in "solitario". Carlo Lasagna era una persona che tantissimi hanno conosciuto, pochi recentemente ne parlavano e forse lo cominciavano a dimenticare perché non poteva frequentare la sezione del CAI. Per chi non lo sapesse Carlo Lasagna é stato un direttore di gita eccezionale, per anni ha accompagnato comitive gitanti su tutte le montagne dell'Appennino. Insieme ad Alfredo Vivalda costituiva una coppia inseparabile, nel calendario gite comparivano sempre i loro cognomi abbinati: Lasagna, Vivalda. Nato nel 1905, lavorò per un breve periodo all'ufficio Centrale di Statistica. Negli anni venti si iscrisse al CAI  e cominciò poco dopo a dirigere ed a portare in montagna per oltre sessant'anni, intere generazioni di romani. Agli amici raccontava sempre che l'ambiente del CAI di Roma era chiuso, riservato a nobili e piccoli industriali; severa era la selezione per potervi appartenere e poterlo frequentare. Con orgoglio dichiarava che era stato uno dei pochi ad essere accettato ed a superare quel difficile esame. Carlo Lasagna, collega di mio padre all'Ufficio Italiano dei Cambi, una sera di venerdì del 1963 mi fece conoscere la sede del CAI di via Ripetta 143, e grazie a lui cominciai a frequentarla assiduamente ed ad amare sempre di più la montagna. La prima gita che effettuai con lui all'età di 17 anni, ricordo con precisione, fu la traversata da Campo Catino all'Abbazia di  Trisulti attraverso la  Monna ed il Rotonaria. Come al solito ci prese la nebbia e poi la pioggia, Carlo senza scomporsi condusse la comitiva alla meta. Purtroppo una frana ostruiva la strada e quindi l'accesso al torpedone. Scendemmo così a piedi fino a Collepardo, io portavo un paio di scarpe a carro-armato, i piedi erano feriti e bagnati. Carlo nelle gite portava in testa un cappello che normalmente viene usato in città, la sera durante i nostri rientri in città dopo la gita domenicale, mentre cantavamo beatamente, passava nel corridoio del torpedone a raccogliere la mancia per l'autista. Sempre calmo, con passo lento e costante raggiungeva la meta. Non si spaventava della pioggia, partiva lo stesso e ciò infondeva coraggio ai partecipanti più dubbiosi. Nelle gite l'unica cosa che lo infastidiva, era il tentativo di oltrepassarlo. Allora non capivo l'importanza di questo concetto, ora ben comprendo quali problemi può creare un simile comportamento. Fu Carlo che da buon montanaro che ama qualsiasi tipo di natura, fece scoprire ai soci del CAI la bellezza delle isole e del mare. Chi non ricorda dei vecchi soci le gite alle Isole Eolie, alle isole Tremiti? Anche i miei che non erano montanari, frequentavano le sue gite più semplici e rimanevano affascinati dai bei posti dove li conduceva. Tipica gita di Carlo, erano le Cinque Terre che in tanti hanno potuto conoscere. Sua, era una precisione puntigliosa, matematica. Mesi prima cominciava a ricevere le prenotazioni per le sue gite che organizzava in ogni dettaglio. Gli orari li rispettava al massimo, chi non condivideva i suoi concetti, cominciava alla fine a capirlo ed ad apprezzarlo. Alla fine di ogni gita, al rientro a casa, anche se stanco, ripuliva i suoi scarponi in cuoio, li lucidava, già pronti per la prossima gita. L'ultima escursione che feci con lui, fu a Soriano al Cimino, benché avesse oltre ottanta anni, seguitava ad accompagnare la gente in montagna. Era contento che anche dei giovani fossero presenti alla sua gita, camminava lento sulla strada. Raggiungemmo la meta, facendoci apprezzare anche quella volta: una vecchia ferrovia incantevole oramai abbandonata, dei luoghi ricchi di fascino e di storia. Molti giovani che leggeranno queste righe forse saranno già annoiati da quanto sto scrivendo, eppure da quanto racconto c'é da apprendere tanto. Carlo Lasagna non amava cariche sociali o poltrone, se avesse voluto non gli mancava certo la possibilità di essere eletto. Lui preferiva accompagnare la gente in montagna, senza alcun compenso, per farla conoscere, apprezzare, amare.  Avrei voluto ricordare e parlare di lui prima della sua dipartita, perché non é giusto dimenticare chi per anni ed anni ci ha dato tanto senza pretendere nulla, non é giusto parlare dei nostri soci solo quando non ci sono più. Carlo, non ci dimenticheremo mai di te, del tuo bel sorriso velato e schietto, delle belle ore, delle belle giornate che ci hai fatto trascorrere sulle nostre montagne dell'Appennino.