LA GENETICA 

   

 

LE LEGGI DI MENDEL

 

Ogni individuo possiede caratteristiche uniche come l'altezza, la postura, il colore degli occhi e dei capelli, la forma del naso, determinati tratti comportamentali. Tutti questi caratteri sono ereditari, cioè trasmessi biologicamente di generazione in generazione attraverso le informazioni contenute nei geni.

Quando nasce un bambino parenti ed amici si affannano a cercare la somiglianza con i due genitori o addirittura con i nonni, per cui si dice, per esempio, che il neonato ha gli occhi del nonno e la forma del viso della madre o più semplicemente "è tutto suo padre". Lo studio scientifico di come caratteristiche fisiche e tratti comportamentali vengono trasmessi dai genitori ai loro figli prende il nome di genetica. In particolare, la genetica studia i genomi (il corredo delle informazioni genetiche) e i loro componenti, ossia i cromosomi e i geni al fine di comprendere in che modo il patrimonio genetico viene trasferito di generazione in generazione e attraverso quali modalità si esprime.

I primi esperimenti sul meccanismo dell'eredità furono compiuti verso il 1860 da Gregorio Mendel (1882-1884), il quale si occupava di botanica in un monastero nell'attuale Brno. Gli esperimenti condotti da Mendel su piante di pisello lo indussero a ritenere che le caratteristiche di un individuo siano controllate da "fattori" che si trasmettono attraverso i gameti da una generazione all'altra seguendo leggi ben precise.

Gli studi sull'eredità compiuti da Gregorio Mendel furono pubblicati nel 1865 ma rimasero quasi totalmente ignorati fino all'inizio del `900, quando furono riscoperti da tre botanici che stavano lavorando sull'incrocio di alcune varietà vegetali: Hugo de Vries, Karl Correns e Erich Tschermak von Seysenegg.

A partire dal 1910 gli studi dei genetisti furono rivolti a determinare la localizzazione dei geni nella cellula, la loro struttura e modalità d'azione. A partire dagli anni '40 alla genetica classica si è aggiunta la genetica molecolare, in seguito al riconoscimento che gli acidi nucleici, principalmente il DNA, costituiscono la base chimica dell'eredità. A partire dagli anni `70, con l'impiego delle tecniche della biologia molecolare, si è aperta la strada alla manipolazione del materiale genetico, e quindi allo sviluppo dell'ingegneria genetica.

 

TEORIA CROMOSOMICA DELL'EREDITA'

 

Allo scienziato Thomas H. Morgan e ai suoi collaboratori si deve la definizione dei principi fondamentali della teoria cromosomica dell’ereditarietà. I successi del gruppo di Morgan furono favoriti anche dalla scelta di un organismo di laboratorio, il moscerino della frutta, Drosophila melanogaster, che si riproduceva con estrema rapidità e permetteva di raccogliere velocemente, a ogni generazione, nuovi dati da sottoporre ad analisi. Nel 1915, Morgan e i suoi collaboratori pubblicarono un testo in cui esponevano chiaramente l’ipotesi che i fattori mendeliani sono i geni, particelle materiali localizzate sui cromosomi.

Ogni cromosoma è costituito da una successione di geni, ognuno dei quali determina un carattere diverso. Nel 1944 si scoprì che il DNA è il materiale di cui sono costituiti i geni, e che tutta l’informazione necessaria alla perpetuazione della vita di ogni specie, di generazione in generazione, è contenuta in questa molecola. Un gene è quindi un tratto di DNA responsabile della determinazione di un dato carattere e può presentarsi in più forme diverse. Le diverse forme dello stesso gene sono dette alleli. Per ciascun gene, responsabile di un particolare carattere (ad esempio, il colore degli occhi), nel nucleo di tutte le cellule somatiche di ogni individuo sono presenti due copie, una di origine materna e una paterna. Ciascuna copia si trova nella stessa posizione (locus), su ciascuno dei due cromosomi dello stesso tipo. Le due copie di ogni fattore (cioè i due alleli di un gene) si separano durante la formazione dei gameti perché i due cromosomi di una coppia di omologhi si separano durante l’anafase della meiosi I. L’unione dei gameti all’atto della fecondazione riunisce due corredi genici.

Quando le due copie del gene sono identiche, si dice che l’individuo è omozigote per quel particolare gene.

Molto spesso, tuttavia, queste due copie sono diverse: ad esempio, quando un genitore ha gli occhi azzurri e l’altro ha gli occhi marroni, nella discendenza possono essere presenti due copie diverse del gene, una per ciascun colore, una ereditata dal padre e l’altra dalla madre. In questo si dice che l’individuo è eterozigote per quel gene.

Nonostante nelle cellule somatiche per ogni gene siano sempre presenti due alleli, generalmente solo uno dei due è manifesto e maschera l’altro; il primo viene detto dominante e il secondo recessivo. Il carattere recessivo torna a manifestarsi, nelle generazioni successive, negli individui omozigoti per il gene considerato. Da quanto detto è, quindi, molto importante distinguere tra l’apparenza esterna di un organismo e i geni e gli alleli che esso trasporta.

La combinazione degli alleli che un individuo possiede ed è in grado di trasmettere alle successive generazioni costituisce il genotipo di quell’individuo. Con il termine fenotipo si indica invece l’insieme delle caratteristiche esteriori di un individuo. A volte, ma non sempre, il fenotipo riflette il genotipo: infatti se un individuo possiede due alleli recessivi o due alleli dominanti per un dato carattere, il fenotipo corrisponde al genotipo, ma se un individuo possiede un allele dominante e uno recessivo, il fenotipo è quello del carattere dominante, e rimane nascosta la presenza dell’allele recessivo.

Per ciascun carattere ereditario sono possibili tre genotipi diversi, corrispondenti a due fenotipi:

- genotipo omozigote dominante al quale corrisponde il fenotipo dominante;

- genotipo eterozigote al quale corrisponde il fenotipo dominante;

- genotipo omozigote recessivo al quale corrisponde il fenotipo recessivo.

L’allele dominante si manifesta a livello fenotipico sia nell’individuo omozigote dominante, sia nell’eterozigote; quello recessivo si manifesta invece solo nell’omozigote recessivo.


Sopra: incroci monoibridi (si considera un solo carattere alla volta).
Sotto: incrocio diibrido (si considerano due caratteri)

Non sempre esistono un allele dominante e uno recessivo per un dato carattere

La pianta della bella di notte (Mirabilis jalapa) può avere fiori rossi, bianchi o rosa. Le piante con fiori rossi hanno due copie dell’allele R per il colore rosso dei fiori e sono, quindi, omozigoti RR. Le piante con fiori bianchi hanno due copie dell’allele r per il colore bianco dei fiori e sono, quindi, omozigoti rr. Le piante con una copia di ciascun allele, cioè gli eterozigoti Rr, hanno fenotipo rosa, intermedio tra i colori prodotti dai due alleli. Questo è un esempio del fenomeno di dominanza incompleta.

Reincrociando tra loro gli individui della F1, la F2 presenterà tre classi fenotipiche in rapporto 1:2:1 (1/4 a fiore rosso, 2/4 a fiore rosa e 1/4 a fiore bianco) anziché di 3:1.

In altri casi gli alleli possono essere codominanti, con eterozigoti che non mostrano un fenotipo intermedio ma contemporaneamente i due fenotipi. Un esempio di codominanza si ha nel sangue umano del gruppo AB nel quale vengono espresse le diverse caratteristiche dei globuli rossi del gruppo A e del gruppo B.

Anche se un individuo può avere soltanto due alleli per ogni gene, in una popolazione possono essere presenti molteplici forme di un dato gene; si parla in questi casi di allelia multipla. I componenti di un certo gruppo di alleli possono avere gli uni con gli altri differenti relazioni di dominanza. Ad esempio il colore del mantello dei conigli è determinato da un singolo gene del quale si conoscono quattro differenti alleli; naturalmente ogni coniglio ha soltanto due alleli per questo gene ma differenti combinazioni dei quattro alleli possibili producono quattro tipi di mantello: il tipo selvatico o agouti, il tipo grigio chiaro o cincillà, il tipo dell’Himalaya e il tipo albino.

 

Si verificano anche interazioni tra alleli di geni differenti

Oltre alle interazioni che avvengono tra alleli della stesso gene, si verificano anche interazioni tra alleli di geni differenti. In realtà, la maggior parte delle caratteristiche che costituiscono il fenotipo di un individuo, è il risultato di interazioni di varia natura che si verificano tra due o più geni distinti. Talvolta, quando un carattere è influenzato da due o più geni differenti, può apparire un fenotipo del tutto nuovo.

 

I polli possono avere quattro tipi di cresta: a forma di rosa, di pisello, di noce o semplice. Questo carattere è determinato da due geni diversi, ciascuno con due alleli (R, r e P, p). Le combinazioni RR o Rr originano la cresta a forma di rosa, mentre rr dà origine a una cresta semplice. PP e Pp danno origine a una cresta a forma di pisello, e pp origina una cresta semplice. Tuttavia quando R e P sono presenti contemporaneamente nello stesso individuo si ha un nuovo fenotipo: la cresta a forma di noce.

 

In altri casi un gene può interferire con un altro mascherandone gli effetti. Questo tipo di interazione è detta epistasi ("che sta sopra"). Se il gene A maschera il gene B allora si dice che A è epistatico su B. Quando vengono incrociate due diverse varietà di piante di pisello odoroso con fiori bianchi, tutte le piante della F1 presentano fiori porpora. Nella generazione F2 il rapporto tra fiori bianchi e fiori porpora è di 9:7. Il colore porpora è dovuto alla presenza contemporanea degli alleli dominanti P e C, tuttavia le combinazioni ccPp e ccPP producono fiori bianchi anche se è presente l’allele P: la coppia recessiva cc copre gli effetti del gene P. In questo caso quindi l’omozigote recessivo cc è epistatico sul gene P.

 

Alcuni caratteri, come le dimensioni o la statura, la forma, il peso, il colore della pelle e il comportamento sono dovuti agli effetti combinati di molti geni. Questo fenomeno è detto eredità poligenica.

 

Infine un singolo gene può agire su più di un carattere: questo fenomeno è detto pleiotropia. Il gene che determina il colore del mantello dei gatti ha effetto anche su occhi e orecchie. Spesso i gatti con mantello interamente bianco e occhi blu sono sordi. Alcuni gatti bianchi hanno un occhio blu e uno giallo-arancio: in questo caso sono sordi soltanto dall’orecchio che si trova dalla stessa parte dell’occhio blu.

DETERMINAZIONE DEL SESSO

 

Nel corso dei suoi studi sulla Drosophyla, Thomas Morgan scoprì che le cellule della femmina hanno quattro coppie di cromosomi omologhi, mentre quelle del maschio hanno tre coppie di omologhi, e una coppia di cromosomi non omologhi. Uno di questi ultimi due cromosomi ha un aspetto normale e viene chiamato cromosoma X; l’altro cromosoma ha invece una forma particolare a uncino, e viene chiamato cromosoma Y. Morgan chiamò questa coppia di cromosomi col nome di cromosomi sessuali. Al momento della formazione dei gameti la coppia si separa e in ciascun gamete va un solo cromosoma. Le femmine pertanto producono gameti contenenti un cromosoma X, mentre i maschi producono il 50% di gameti con il cromosoma X e il 50% con il cromosoma Y. Al momento della fecondazione quando un gamete femminile e uno maschile si uniscono per formare lo zigote quest’ultimo potrà avere ereditato o due cromosomi X oppure un cromosoma X e un cromosoma Y. Nel primo caso si svilupperà una femmina, nel secondo un maschio.

 

Possiamo dunque indicare i due sessi come XX (femmina) e XY (maschio). Nella cavalletta e in altri insetti non c’è il cromosoma Y; in questo caso le femmine sono XX e i maschi X0 dove 0 indica l’assenza di un cromosoma. Nelle specie in cui il maschio è XY o X0 il sesso maschile è detto eterogametico mentre il sesso femminile è detto omogametico.

 

Non in tutte le specie, tuttavia, il sesso maschile è eterogametico e il femminile omogametico: negli uccelli, nelle falene e nelle farfalle il sesso eterogametico è quello femminile.

 

I cromosomi sessuali portano geni che controllano diversi caratteri. Proseguendo i suoi studi sui moscerini Morgan si avvide che alcuni caratteri venivano ereditati con modalità diverse a seconda che provenissero dal padre o dalla madre. Uno di questi caratteri riguarda il colore degli occhi. Incrociando femmine di drosophila ad occhi rossi con maschi ad occhi bianchi, egli ottenne sempre femmine ad occhi rossi e maschi ad occhi bianchi. Questo significa che il carattere occhi bianchi deve essere controllato da un gene che si trova sui cromosomi sessuali e precisamente sul cromosoma X. In seguito furono scoperti molti altri caratteri, i cui geni sono localizzati sui cromosomi sessuali: vengono chiamati caratteri legati al sesso.

Partendo dalla considerazione che i geni del cromosoma X, assenti sul cromosoma Y, dovrebbero trasmettersi in modo diverso negli individui dei due sessi, Morgan individuò nel moscerino della frutta (Drosophila melanogaster) un carattere, il colore dell’occhio, che in effetti si trasmetteva diversamente a seconda del sesso. Normalmente, l’occhio è rosso scuro (dominante), ma a causa di una mutazione può essere anche di colore bianco (recessivo).

Morgan incrociò femmine a occhi bianchi con maschi a ochhi rossi e maschi a occhi bianchi con femmine a occhi rossi, osservando che il carattere non si trasmetteva secondo le regole mendeliane.
Nel caso dell’incrocio tra maschi a occhi bianchi e femmine a occhi rossi, egli ottenne nella F1 il 100% della progenie a occhi rossi e nella F2 3/4 degli individui a occhi rossi e 1/4 degli individui a occhi bianchi, solo in apparenza ancora in accordo con le regole di Mendel. Infatti, le femmine erano tutte a occhi rossi e tra i maschi 1/2 avevano gli occhi rossi e 1/2 occhi bianchi.

L’unica spiegazione plausibile di questi risultati è che il carattere "colore dell’occhio" sia determinato da un gene localizzato sul cromosoma X.. Le femmine della generazione parentale hanno due cromosomi X entrambi con il gene normale, mentre i maschi, avendo il cromosoma X con il gene mutato, mostrano il fenotipo a occhi bianchi. Le femmine della F1 ricevono un cromosoma X con il gene normale dalla madre e uno con il gene mutato dal padre, ma hanno un fenotipo normale perché il carattere occhio rosso è dominante; i maschi hanno ricevuto dalla madre un cromosoma X con il gene normale e hanno quindi anch’essi gli occhi rossi.
Applicando lo stesso tipo di interpretazione si possono spiegare anche i risultati ottenuti nella F2.

 

Determinazione del sesso nell'uomo

 

Nella specie umana esistono 23 coppie di cromosomi: di esse 22 sono formate da cromosomi uguali (autosomi) e una dai cromosomi sessuali. Le femmine possiedono due cromosomi sessuali uguali (due cromosomi X), mentre i maschi hanno due cromosomi sessuali diversi (un cromosoma X e un cromosoma Y). In seguito alla meiosi degli spermatociti si formano il 50% di spermatozoi con il cromosoma X e il 50% con il cromosoma Y, mentre in seguito alla meiosi degli ovociti si formano solo uova con cromosoma X.

Il sesso di un individuo dipende da quale dei due cromosomi sessuali è contenuto nello spermatozoo al momento della fecondazione. L’unione di un uovo, che contiene sempre un cromosoma X con uno spermatozoo con cromosoma X produrrà uno zigote dal quale si svilupperà un individuo di sesso femminile. L’unione di un uovo con no spermatozoo con cromosoma Y produrrà uno zigote XY dal quale si svilupperà un individuo di sesso maschile.

Anche nell’uomo molti caratteri sono controllati da geni localizzati sui cromosomi sessuali. Tra di essi ve ne sono alcuni che sono responsabili di importanti malattie ereditarie come il daltonismo e l’emofilia. I cromosomi sessuali determinano i caratteri sessuali primari e secondari. Sono caratteri sessuali primari le gonadi e il tipo di gameti che esse producono mentre i caratteri sessuali secondari comprendono tutte le differenze tra i sessi quali, ad esempio, gli organi genitali, la barba dell’uomo e alcune caratteristiche comportamentali.

Il cromosoma Y è approssimativamente lungo un terzo del cromosoma X, quindi la maggior parte dei geni del cromosoma X non hanno il loro corrispondente nel cromosoma Y.

GENETICA UMANA E MALATTIE GENETICHE

 

IL GENOMA UMANO

 

Nell’uomo il genoma è formato da tre miliardi di basi, che danno origine a 80-100 mila geni in grado di ordinare la fabbricazione delle proteine. Questi geni sono contenuti nelle 23 coppie di cromosomi che costituiscono il corredo di ogni cellula umana. All’inizio degli anni ’90 equipe di scienziati di tutto il mondo, fra i quali il Premio Nobel italiano Renato Dulbecco, hanno intrapreso il compito ciclopico di "mappare" tutte le basi chimiche del genoma dell’uomo e di altri esseri viventi, gene per gene. Quando l’analisi sarà conclusa, i risultati non saranno utili solo in medicina (per conoscere i geni responsabili delle malattie ereditarie e lo sviluppo delle terapie), ma ci permetteranno di sapere da quali organismi proviene la specie umana e di conoscere le fasi dettagliate del processo evolutivo.


 

Malattie genetiche

 

Le alterazioni del patrimonio genetico di un individuo possono essere ereditate dall'embrione nelle primissime fasi del suo sviluppo nel caso in cui uno o entrambi i genitori abbiano una alterazione del patrimonio genetico.

Alcune malattie sono causate dalla mutazione di un singolo gene, altre dalle alterazioni di interi cromosomi o dell’intero genoma; infine ci sono malattie genetiche che sono la conseguenza di più alterazioni.

Si definisce portatore sano l’individuo in cui l'alterazione non si manifesta, ma la possiede nel suo patrimonio genetico e può quindi trasmetterla ai discendenti. Ciò può accadere perché l’allele responsabile del difetto genetico è recessivo e quindi se è presente anche il corrispondente allele dominante viene da questo mascherato.

Le malattie determinate da mutazioni geniche o cromosomiche possono essere recessive o dominanti e possono riguardare i cromosomi sessuali o gli autosomi.

Le più recenti ricerche hanno dimostrato che patologie come il cancro, l’ipertensione, l’obesità e alcune forme di depressione hanno anche una base ereditaria. La malattia non è semplicemente determinata da un gene, ma dall’interazione di esso con l’ambiente. Alcune persone possiedono per esempio una predisposizione genetica al cancro al polmone, ma potranno evitarlo evitando di fumare. Altri individui con predisposizione al diabete potranno non ammalarsi se terranno sotto controllo il peso corporeo.

Ai fattori ambientali può poi aggiungersi la cosiddetta eredità poligenica, dovuta a geni che interagiscono tra loro, senza che nessuno sia dominante rispetto all’altro. È il meccanismo alla base, per esempio, di alcune forme di psoriasi (malattia della pelle) e di asma bronchiale.

 

Le malattie genetiche legate al sesso sono provocate da geni localizzati sui cromosomi sessuali

 

Le malattie provocate da geni localizzati sui cromosomi sessuali si indicano con l’espressione "malattie ereditarie legate al sesso". I geni localizzati sui cromosomi sessuali hanno un caratteristico comportamento ereditario. Se una malattia congenita è determinata da un gene recessivo posto però su uno dei due cromosomi sessuali, la presenza di una sola copia del gene recessivo difettoso può essere sufficiente a causare la malattia.

L’emofilia è un’anomalia nel meccanismo di coagulazione del sangue che provoca sanguinamento prolungato delle ferite. Si conoscono due forme principali di emofilia (A e B) dovute agli alleli recessivi di due geni localizzati sul cromosoma X che controllano due diverse tappe del meccanismo di coagulazione del sangue. Dato che l’allele responsabile della malattia è recessivo, nel sesso femminile l’emofilia si manifesta solo nella condizione omozigote recessiva, quindi molto raramente, mentre nei maschi il cui cromosoma X porta quell’allele si manifesta sempre perché non è presente l’allele dominante nel cromosoma Y. I figli maschi di madre portatrice e padre normale avranno il 50% di probabilità di essere affetti dalla malattia, le figlie femmine avranno il 50% di probabilità di essere portatrici. Le figlie di madre portatrice e padre malato hanno il 50% di probabilità di essere portatrici e il 50% di manifestare la malattia.

Il daltonismo (o cecità ai colori) è dovuto a un’alterazione delle strutture fotosensibili della retina che come conseguenza l’incapacità di distinguere il rosso dal verde. Anche il daltonismo, come l’emofilia, è legato a un gene localizzato sul cromosoma X. Anche in questo caso, dunque, la malattia si manifesta soprattutto nei maschi


Le malattie ereditarie autosomiche possono essere dominanti o recessive

Le malattie legate a un gene residente su un autosoma possono essere dominanti o recessive a seconda di qual è l’allele difettoso.

Se l’allele responsabile della malattia è quello dominante, per la sua trasmissione è sufficiente la presenza di un solo gene. Gli individui portatori della malattia hanno un allele difettoso e uno normale.Visto che con la meiosi ogni soggetto ha il 50% di probabilità di trasmettere l’uno o l’altro allele a un gamete, ci sarà il 50% di probabilità che la progenie di un individuo affetto presenti il difetto genetico. La malattia legata a un gene dominante si manifesta nel soggetto colpito comunque, sia che esso abbia una sola (eterozigote) o due copie di quel gene (omozigote dominante). Nella maggior parte dei casi la gravità della condizione omozigote è tale da non permettere la sopravvivenza e quindi queste malattie non riescono a diffondersi. Tuttavia vi sono dei casi in cui le anomalie geniche dominanti possono trasmettersi ed avere una certa diffusione specie quando le manifestazioni della malattia si presentano in età adulta. È questo il caso della acondroplasia, una forma di nanismo, della malattia di Huntington che causa una progressiva degenerazione del sistema nervoso e della distrofia muscolare miotonica.


La maggior parte delle malattie genetiche autosomiche sono causate da alleli recessivi. Una malattia legata a un gene recessivo si manifesta soltanto se l’individuo possiede di quel gene due copie (omozigote recessivo). L’individuo eterozigote porterà la malattia in forma nascosta (portatore sano della malattia). L’allele recessivo potrà prevalere e la malattia manifestarsi se la coppia è composta da due geni recessivi uguali. Così due individui portatori sani di una malattia ereditaria (nei quali soltanto un gene della coppia è anomalo) la trasmetteranno ai figli se la nuova coppia che si forma con la fecondazione è costituita da due geni anomali. In media questo avviene nel 25% dei casi.

Per questo, per malattie ereditarie diffuse in zone circoscritte (come l’anemia mediterranea), è importante fare test genetici per individuare eventuali portatori sani i quali, se dovessero sposarsi tra loro, avrebbero una possibilità su quattro di generare figli malati.

Il modello dell’ereditarietà autosomica recessiva dimostra i principi della segregazione descritti da Mendel. Ognuno dei genitori porta un allele normale e uno difettoso e ha una probabilità del 50% al momento della meiosi di produrre un gamete con un allele difettoso. Ne consegue che la progenie avrà genotipi nella proporzione 1:2:1 e fenotipi nella frequenza di 3:1. Vale a dire che il 75% della progenie apparirà normale e il 25%

evidenzierà un fenotipo recessivo o la malattia. La progenie "normale" avrà un rischio pari a due terzi di essere portatore del gene difettoso.

La fibrosi cistica (CF) è una malattia genetica caratterizzata dall’infezione cronica delle vie aeree ed è una malattia autosomica recessiva conseguente a mutazioni in un gene localizzato sul cromosoma 7.

La fenilchetonuria, detta anche P.K.U., è una malattia caratterizzata da un’aumentata concentrazione nel sangue e nell’urina dell’amminoacido fenilalanina e dei suoi derivati e da grave ritardo mentale.

Nell'anemia falciforme, l'allele difettoso è codominante con quello normale: una persona eterozigote produce una certa quantità di globuli rossi a forma di falce mentre la forma normale di queste cellule del sangue è quella discoidale Questa malattia è dovuta ad un errore durante la sintesi dell'emoglobina che determina un maggiore fragilità del globulo rosso che va incontro più facilmente a lisi (rottura) con conseguenti fuoriuscite dell'emoglobina: l'individuo affetto dalla malattia presenta uno stato di anemia più o meno grave. È stata osservata una maggior frequenza della malattia in certe aree geografiche (Africa, Grecia, Sicilia e parti del Medio Oriente).

La talassemia major o Morbo di Cooley è una grave forma d’anemia ereditaria diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo. I malati devono essere sottoposti a periodiche trasfusioni.