Iran, ancora ignota la sorte di dieci
pastori
TEHERAN (Iran) - Dopo tre giorni non
è ancora noto dove siano stati trasferiti dieci
degli ottanta credenti evangelici iraniani arrestati
lo scorso 10 settembre. Il luogo di detenzione dei
dieci pastori non ancora rilasciati - Vartan, Soren,
Harmik, Giorg, Omid, Farhad, Neshan Khatashuria,
Hamid, Henry Manukian e Robert - non è stato ancora
reso noto nemmeno ai familiari, che non sono
riusciti a sapere dove sono stati trasferiti.
Gli evangelici arrestati erano alla loro riunione
annuale a Karaj, vicino alla capitale Teheran;
testimoni oculari affermano che gli arrestati sono
stati portati via con diverse macchine, gli occhi
bendati e le mani legate. Le automobili si sono
divise e hanno girato per le vie della città prima
di allontanarsi. Da tredici anni la chiesa
evangelista iraniana è sotto la pressione del regime
islamico. Nel 1993 Mehdi Dibaj, che si era
convertito al cristianesimo ed era diventato
pastore, è stato condannato a morte per ateismo,
secondo la legge islamica praticata in Iran;
rilasciato in seguito a una campagna d'opinione
internazionale nel gennaio 1994, è stato rapito e
assassinato appena cinque mesi dopo essere tornato
in libertà.
In questi tredici anni molti iraniani, in
particolare giovani, si sono convertiti di nascosto
al cristianesimo, frequentando culti evangelici in
clandestinità. Huspian Mehr, vescovo armeno, prima
di essere ucciso ha scritto: "Se ci uccidono o
finiamo in carcere è per la nostra fede. Vogliamo
che tutti i cristiani del mondo sappiano quello che
ci succede in Iran. Non abbiamo niente da perdere.
In tutti questi anni abbiamo subito e sopportato in
silenzio ma non è cambiato niente".
Secondo la legge khomeinista le
pratiche religiose sono
teoricamente libere (anche se vi sono in realtà
forti restrizioni), ma convertirsi dall'Islam a
un'altra religione viene punito con la pena di
morte.
Arrestati ottanta evangelici in Iran: torna
la repressione
TEHERAN (Iran) - La polizia si è
introdotta all'annuale raduno delle Assemblee di
Dio, che si stava svolgendo nella città di Karaj, a
30 km dalla capitale Teheran, ed ha arrestato
ottanta leader di chiesa. L'azione, da molti
definita «la peggiore azione repressiva degli ultimi
dieci anni nei confronti dei cristiani evangelici»,
è avvenuta giovedì 9 ma se n'è avuta conferma solo
oggi.
Le forze dell'ordine hanno effettuato un raid senza
preavviso nella sede della denominazione: come
riferiscono testimoni oculari, hanno accerchiato
l'edificio e poi vi si sono introdotte, arrestando
tutti i presenti, bendandoli ed interrogandoli. Per
evitare che potessero capire dove erano condotti,
sono stati trasportati in giro, per molte ore, a
bordo delle automobili delle forze dell'ordine,
bendati, fino a raggiungere un posto di polizia, ove
sono stati interrogati. La polizia aveva a
disposizione numerosissime informazioni su ciascuno
di loro, come tutti hanno capito dal tenore delle
domande rivolte.
Al momento, dieci pastori permangono nelle mani
delle forze di sicurezza ed è loro impedito ogni
contatto con le famiglie. L'agenzia "Compass"
incalza: «Questa è la più grande crisi da quando
dieci anni fa furono uccisi tre pastori evangelici».
A tutti i credenti rilasciati giovedì è stato
proibito di frequentare i servizi di culto la
giornata successiva e la questione riapre ferite che
si credevano rimarginate: l'Iran è una teocrazia
stretta, ha sempre cercato di limitare le attività
dei cristiani anche attraverso l'uso degli arresti
e, per la legge islamica, l'abbandono dell'Islam è
inteso come apostasia meritevole di morte.
Le fonti ufficiali iraniane non hanno rilasciato
alcuna dichiarazione sul caso.
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