CARESTIE ED EPIDEMIE 

All'inizio del XIV secolo la popolazione europea raggiunse il suo culmine, ma non in maniera identica in tutte le regioni europee. Sembra comunque che intorno al 1150-1250 la crescita demografica fu più rapida, per poi cominciare a rallentare. La tecnologia rurale conobbe varie grandi trasformazioni, dato che gli storici parlarono di una vera e propria rivoluzione agricola. Venne infatti introdotto il mulino ad acqua, la rotazione triennale, l'avena come coltura foraggera e il cavallo come animale da traino, al fine di rendere più produttivo il lavoro e ridurre la superficie coltivata inutilizzata nei periodi di riposo. L'aumento della produzione alimentare dipende anche dall'accrescimento della superficie coltivata grazie ai disboscamenti e alle opere di bonifica idraulica.E' inevitabile pensare che il primo fattore abbia pesato più del secondo. questo vuol dire che ad un certo punto in Europa si dovette assistere ad un fenomeno di sovrappopolazione. Il bosco che è una fonte indispensabile di risorse non può essere ulteriormente intaccato dall'espansione dell'arativo. La debole spinta all'innovazione tecnologica e agronomica non è in grado di far compiere ulteriori progressi alla produttività economica. La precarietà del rapporto popolazione/territorio fece si che il peggioramento delle condizioni climatiche nel XIV sec., rilevò la fragilità dei sistemi agricoli. Prima in Europa settentrionale, poi nell'Europa mediterranea e nel tutto il continente, le carestie si susseguirono a ritmo continuo innescando cicli di sottoalimentazione, epidemie e morti. Il legame tra carestia ed epidemia in molti casi più verosimile. Più azzardato è affermarlo per il ritorno della peste in Europa che seguì la grave carestia del 1346-47. Si ammette anche che il ripetersi delle annate di subalimentazione avesse in qualche modo reso deboli le difese immunitarie naturali contro gli assalti di germi patogeni, di fatto era del tutto sparita dagli ambienti mediterranei ed europeo da almeno VI sec. E' sicuro questo fatto che spiega il fallimento dei meccanismi di immunizzazione e il contagio universale. D'altra parte la varietà delle forme e la facilità del contagio resero la peste una catastrofe. La peste, una volta venuta in Occidente, vi rimarrà fino al XVII sec. Dopo il 1350 ci fu una seconda epidemia nel 1360 e altre tre maggiori dopo il 1400. La diminuzione della popolazione tra il 30% e il 50%, vide migliorare le condizioni alimentari. Solo dopo il 1450 le epidemie si attenuarono interessando soltanto gli ambienti urbani più popolati divenuti ormai focolai permanenti. La carestia del 1328-30 è stata descritta nel Libro del Badiolo di Domenico Lanzi registrando i prezzi di diverse qualità di frumento sin dal Giugno del 1320. Per seguire i provvedimenti presi dal governo di Firenze per far fronte alla carestia, bisogna osservare le annotazioni del Badiolo che diventano più fitte dall'ottobre del 1328. Negli anni 1320-27 il prezzo della varietà di frumento "comunale" era oscillata tra 7 soldi lo staio (circa 17 kg) nel 1321 e di 24 soldi nel 1323; il prezzo normale poteva considerarsi tra 10 e 15 soldi lo staio. Nei tre anni dal 1328 al 1330 il prezzo medio calcolato su tutti e dodici i mesi fu di 17 soldi, 30 soldi e 2 denari e 26 soldi. Il 27 maggio 1329 il grano "comunale" diminuì di una decina di soldi confronto al prezzo del grano del mercato libero. L'acquisto e la vendita dei cereali erano affidati alla "sei del biado": una magistratura che, istituita nel 1250, divenne sempre più potente. Questa magistratura dal 1329 aveva una speciale polizia che controllava i disordini durante la carestia. Nei primi di giugno diminuirono le quantità offerte mentre i prezzi al mercato libero aumentavano. A volte il mercato restò chiuso per mancanza di offerta e la domanda era più alta del normale, perché a Orsanmichele dove si controllava il grano "comunale", venivano molti abitanti del contado ugualmente colpiti dalla carestia.

 

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