I GIOCHI

Quando giocavano in nonni

La maggior parte dei nostri nonni è nata prima o durante la seconda guerra mondiale, quindi in un periodo difficile anche per i bambini.
I nostri nonni non avevano tanto tempo per giocare perché al mattino si recavano a scuola a piedi, spesso camminando anche per alcuni chilometri, e nel pomeriggio, dopo aver svolto i compiti, dovevano aiutare i loro genitori nei campi o nelle faccende domestiche.
Giocavano soprattutto alla domenica, cioè quando erano più liberi da impegni scolastici o familiari.

Con chi giocavano i nonni

I nostri nonni giocavano quasi sempre in compagnia con i loro fratelli, che spesso erano numerosi, con bambini vicini di casa, e con i compagni di scuola.
A volte, per giocare, i bambini si riunivano in gruppi formati anche da venti amici.
Talvolta, però, giocavano anche da soli.

I giochi dei nonni

Quando giocavano da soli, i nostri nonni preferivano esercitarsi al "pito" per poter poi gareggiare con i loro amici e vincere. Oppure giocavano con le biglie in terracotta realizzate da loro.

Come giocavano al "pito"

Il "pito" era un tozzo bastone di circa quindici centimetri appuntito alle estremità che si doveva lanciare in aria battendo a terra su una della due punte con un bastone o una paletta, per ricolpirlo poi quando stava ancora in aria.
Il tutto al grido di "Ci! Be!". "Ci!" quando si colpiva il pito a terra, "Be!" doveva rispondere l'avversario e, finchè non arrivava questa risposta, il battitore non doveva colpire il pito.
Lo si batteva stando in una tana, un cerchio segnato a terra, e lo si lanciava verso l'avversario che si trovava all'esterno, piuttosto lontano e, se quest'ultimo riusciva ad afferrare il pito al volo e a ributtarlo in tana centrandola, vinceva ed il gioco riprendeva.
I nostri nonni hanno costruito per alcuni "piti", come li facevano una volta.
Sono tornati così per un po' bambini come noi.

Le nonne invece giocavano soprattutto al "pantoco". Era un gioco che si poteva fare sia da soli, per esercitarsi, sia in gruppo.

Come giocavano al "pantoco"

Il gioco del "pantoco" veniva giocato in tantissime zone d'Italia, dove veniva chiamato con tanti nomi diversi, "gioco della settimana", "campanon", "campo" ...
Si giocava così: ci si procurava un gesso o un pezzetto di mattone e si tracciava sul terreno un disegno grande, che poteva essere di varie forme, che rappresentava i giorni della settimana.

Vinceva chi per primo riusciva a percorrere tutte le caselle.
Si iniziava lanciando un sasso appiattito (o qualcosa di simile) in una casella: l'importante era (e questo valeva per tutto il gioco) che il sasso non uscisse mai dalle caselle/regioni e che neppure si fermasse sui confini delle regioni stesse.
Si andava nella casella "conquistata" con il primo tiro; si doveva poi spingere il sasso con il piede, saltellando sull'altro, nella regione successiva (o, se si era bravi, in una delle regioni successive).
Quando il sasso usciva dalle caselle o si fermava su un confine, il tiro veniva considerato nullo e il giocatore ritornava al punto di partenza.
Si giocava in due o più bambini, ciascuno dei quali effettuava un tiro alla volta.

Una volta le bambine giocavano anche con l'altalena in giardino, ma soprattutto con le bambole, che venivano realizzate in casa da mamme e nonne con vecchie stoffe.

Qualcuno, più fortunato, possedeva le costruzioni e i soldatini, che a quel tempo erano proprio una rarità.

"Noi fratelli eravamo fortunati rispetto ai nostri amici compaesani. Avevamo quattro zii paterni emigrati in America che abitavano a Chicago e New York, che ci inviavano ogni tanto dei pacchi ricchi di sorprese. Arrivavano non solo abiti, ma anche caramelle, palle in gomma colorata e bambole in terracotta."