I NUOVI PADRI:

COME CONCILIARE LAVORO E VITA FAMILIARE

UNA DISCUSSIONE A PIU' VOCI

Alcuni rappresentanti delle parti sociali, un noto opinionista e il Presidente della Regione Lombardia esprimono il loro parere in materia di conciliazione lavoro famiglia e sul ruolo delle parti sociali e delle istituzioni per una migliore distribuzione delle responsabilità di cura nella società

Abbiamo raccolto le voci di:

Gaspae Barbiellini Amidei giornalista e scrittore, è uno dei commentatori più attenti e preparati sui temi della famiglia, del rapporto tra genitori e figli, dei problemi della scuola e, più in generale, dell'educazione. Editorialista de "Il Corriere della Sera", è autore di numerosi saggi e romanzi. E' stato direttore de "Il Tempo".

Marisa Ballabio è responsabile dell'Area Lavoro e Previdenza di Assolombarda, una delle più antiche associazioni imprenditoriali d'Italia e, per dimensioni, la più rappresentativa nel sistema Confindustria. Ad Assolombarda sono associate oltre 5300 imprese del milanese che occupano, complessivamente, circa 280 mila addetti. Si tratta di imprese di piccole, medie e grandi dimensioni, produttrici di beni e servizi in tutti i settori merceologici.

Natale Manini è il responsabile delle relazioni industriali dell'Api (Associazione piccole imprese) di MIlano. La sua organizzazione rappresenta 2800 aziende, nei più svariati settori ma con predominanza in quello meccanico (60%), che danno lavoro ad oltre 70 mila persone.

Paolo Pagaria è funzionario dei Servizi Sindacale dell'Unione del Commercio del Turismo e dei Servizi della Provincia di Milano. Alla sua organizzazione aderiscono 138 associazioni di categoria che rappresentano oltre 50 mila imprese con più di 200 mila addetti. Di tutto un po': dal lavoratore autonomo, al negozio a conduzione familiare, alle marche più note della grande distribuzione.

Maria Grazia Fabrizio è segretario generale della Cisl di Milano. La sua organizzazione conta circa 123 mila iscritti, tra lavoratori attivi e pensionati.

Conclude il dibattito:

Roberto Formigoni Presidente della Regione Lombardia.

Qual è la vostra opinione sulla legge sui congedi parentali?

Barbiellini Amidei Guardo ad essa con favore, come ho gia scritto sul "Corriere". Oggi l'educazione dei bambini e dei ragazzi è delegata quasi completamente alle donne. Basta vedere quello che accade nella scuola. Voglio citare qualche dato: alle elementari il 94% del personale docente è composto da maestre; alle medie le professoresse raggiungono il 70%; alle superiori il 57-58%. Naturalmente non ho nulla da eccepire  sulla bravura delle donne, ma è evidente che c'è un certo disequilibrio. Come nelle famiglie: i padri sono troppo spesso assenti. Occorre un bilanciamento dei ruoli. Ecco spiegato il mio giudizio benevolo: un'iniziativa dello Stato che favorisce una maggior presenza dei padri fin dal momento della crescita non può che considerarsi positiva.

Fabrizio E' una legge innovativa, voluta anche dal sindacato e quindi non possiamo che condividerla. Il problema di come conciliare i ritmi della vita professionale con quelli della vita famigliare è oggi più che mai sentito dentro e fuori i luoghi di lavoro. Non solo dalle donne, ma anche dagli uomini. La norma fornisce alcune risposte significative in questa direzione e offre ai papà l'opportunità di vivere più in profondità il proprio ruolo. L'Italia sta dimostrando di essere uno dei paesi europei più all'avanguardia in materia di legislazione sociale. Molto deve, però, essere ancora fatto soprattutto per appropriarsi culturalmente del tema della parità.

Manini Sicuramente ne condividiamo lo spirito, l'afflato culturale che la ispira. Detto questo non possiamo nascondere che guardiamo ad essa con qualche preoccupazione. La gran parte delle imprese aderenti all'Api conta tra i 17 e i 18 dipendenti. Si parla, quindi, di piccoli numeri. Già la maternità, in un contesto simile, pone il problema della sostituzione, per un periodo temporaneo, di una persona. La nuova legge sui congedi  rischia di complicare ulteriormente il quadro creando non pochi problemi di ordine economico ma, soprattutto, organizzativo. Fino a ieri tempi dei congedi erano certi; oggi, in virtù di questa legge, un lavoratore può chiedere di stare a casa in qualsiasi momento, con un preavviso minimo e per periodi spezzettati, fino all'ottavo anno d'età del bambino. Per le piccole imprese è davvero  un problema. Supponiamo che un imprenditore debba sostituire un dipendente che ha chiesto qualche mese di congedo. Come detto le soluzioni sono in linea di massima due: tirare avanti in attesa del suo rientro, magari facendo ricorso agli straordinari (sostenendo maggiori costi e pregiudicando la resa individuale), oppure assumere un'altra persona. In questo secondo caso la soluzione più ovvia è rivolgersi alle agenzie interinali. Il problema, anche in questo caso, è che un lavoratore in affitto costa molto, circa il 30% in più. Occorre allora armonizzare la legge sui congedi con le altre norme sulla flessibilità. Il come è da vedere. Ad esempio si potrebbero introdurre degli sgravi fiscali a favore delle imprese che ricorrono agli interinali per sostituire i dipendenti in congedo per maternità.

Ballabio Anche dal nostro punto di vista è difficile dare un giudizio netto. La legge sui congedi parentali incide, indubbiamente, su un problema reale: oggi non è facile conciliare le esigenze della vita professionale con quelle della vita famigliare. Fin qui siamo tutti d'accordo. Soprattutto è una questione molto complessa, che investe per intero l'organizzazione della nostra società: richiede quindi soluzioni che si articolino in un'ampia gamma di interventi. Per contro la legge concentra esclusivamente sul rapporto tra lavoratore/lavoratrice e datore di lavoro il soddisfacimento di unapluralità di esigenze - legittime - dei cittadini, che riguardano la cura dei figli e dei familiari. Essa, tra l'altro, dà attuazione ad una direttiva europea, a propria volta frutto di un accordo raggiunto fra le parti sociali europee, ma recepisce la direttiva allargando le maglie delle tutele e andando oltre le previsioni comunitarie. Nella nostra base associativa hanno un peso rilevantissimo le imprese piccole e piccolissime, proprio quelle, cioè, in cui l'assenza per periodi significativi anche di un solo collaboratore o la possibilità che questo "spalmi" su un lungo arco di tempo una serie  di micro-assenze può determinare effetti pesanti.

Fabrizio Queste critiche mi sembrano esagerate. Il tema della maternità è sempre molto delicato. Molte imprese, soprattutto quelle medio-piccole, lo vivono come un vero e proprio problema. Ci sono aziende che per scelta non assumono donne appena sposate ed altre che si cautelano con domande del tipo: lei ha intenzione di avere dei figli? Sinceramente non penso che la nuova legge crei tutte queste difficoltà. Oltretutto la norma non si occupa solo del tema, pur importante, dei congedi, ma interviene in modo deciso sul "contesto".

Pagaria Sul piano dei principi non abbiamo nulla da eccepire. Però è vero che le misure introdotte dalla legge, che ampliano le garanzie previste dalla normativa esistente, di per sè già piuttosto avanzata, pesano solo a carico delle imprese. E poi il tems della conciliazione tra vita famigliare e lavoro è molto più complesso. Richiede una risposta più articolata. I congedi parentali sono una parte di un percorso più ampio. Occorre intervenire a  360°. Con altre iniziative, anche legislative, di sostegno alla madre che vuole avere un figlio ma non intende o non può rinunciare al lavoro. Cito solo un caso: gli asili nido. Queste strutture sono carenti e costose. Come mai non interviene nessuno? Soprattutto per imprese, spesso piccole, come le nostre, il costo organizzativo ed economico da sostenere per i congedi è elevato. Direi che il costo organizzativo è perfino superiore a quello economico. In un negozio con tre, quattro dipendenti, ognuno di essi è fondamentale. Sostituire la lavoratrice che va in maternità è di per sè un problema. Prima dell'entrata in vigore della legge l'imprenditore sapeva come regolarsi: i tempi erano quelli. Ora con la possibilità di chiedere congedi frazionati fino al compimento degli otto anni del bambino non è più così. E questo crea non poche difficoltà.

Barbiellini Amidei Qualche azienda, penso proprio agli asili nido, ha cominciato ad attrezzarsi in proprio. Mi sembra un fatto positivo. E' evidente che in ciò vi sia un interesse insieme sociale e pratico. L'Italia è un paese a crescita sottozero. Una società che fa così pochi bambini come la nostra ha il dovere morale di trovare un posto a quelli che nascono. Il deficit degli asili nido che c'è a Milano, tanto per citare un caso, dovrebbe fare arrossire gli amministratori. Al di là del fatto etico e civile c'è poi un interesse pratico per l'azienda: una lavoratrice, ma lo stesso vale per un lavoratore, che è tranquilla psicologicamente, che sa che il proprio bambino è protetto e sicuro, che non è stressata e preoccupata al pensiero di doverlo trascinare freneticamente di quà e di là, lavora meglio e rende di più. Costringere una donna a vivere con un senso di colpa perchè deve conciliare i ruoli di madre e lavoratrice è sbagliato. E' un atteggiamento autolesionista da parte del mondo produttivo.

Fabrizio Gli imprenditori hanno ragione quando dicono che il tema della conciliazione richiede una risposta più articolata: la Legge 53/2000 va proprio in questa direzione. Tanto per fare un esempio, delinea i percorsi che devono seguire gli enti locali per quanto attiene alle politiche sugli orari delle città. Questo tema diventa decisivo per consentire un approccio innovativo al problema dell'equilibrio tra tempi di vita e tempi di lavoro, prevedendo addirittura ei finanziamenti ad hoc. La legge mette a disposizione di Regioni e Comuni le risorse necessarie per affrontare il problema delle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori non solo nei luoghi di lavoro, ma anche nella realtà in cui vivono.

Barbiellini Amidei Che la legge subisca un ritardo applicativo e trovi attriti è abbastanza normale. Una certa resistenza da parte degli imprenditori non mi sorprende. Ma questo non ha nulla a che fare con la bontà intrinseca dell'iniziativa. Che i cambiamenti debbano subire qualche attrito è evidente e ovvio. E' quasi sempre così.

Secondo voi la norma è sufficientemente conosciuta e applicata? Anche dagli uomini?

Pagaria Credo che sia abbastanza conosciuta fra i lavoratori. D'altra parte, l'informazione è un compito delle istituzioni o del sindacato. Tuttavia, mi risulta poco applicata per quanto riguarda il congedo di paternità.

Ballabio Sicuramente la legge sui congedi parentali è conosciuta e applicata: anche in occasione dell'uscita di questo provvedimento abbiamo utilizzato i canali informativi costantemente aperti con le nostre associate per renderne noti i contenuti. Le imprese, inoltre, ci interpellano con frequenza per esaminare le problematiche applicative di un provvedimento che è, oggettivamente, molto complesso. Per quanto riguarda le disposizioni che riguardano specificatamente il padre lavoratore, l'evidenza che emerge dall'attività di consulenza erogata alle nostre associate, fa ritenere che siano utilizzati in casi circoscritti: ma, a mio giudizio, questo è un problema essenzialmente culturale. Quanti papà sono disposti a stare a casa per un certo periodo per seguire i figli? Nel sentire comune, come è percepita questa scelta?

Fabrizio Credo di si, ma occorre qualche altro sforzo. Il sindacato ha fatto e sta facendo molto al riguardo, ma è necessario che ognuno si assuma le sue responsabilità: in primis le istituzioni, ma anche le associazioni imprenditoriali. Fino ad oggi non è stato così.

Manini Per ora mi sembra che la legge sia praticamente inutilizzata. In termini applicativi è oggi poco diffusa e, si desume, poco conosciuta. Certo, non tocca a noi farle pubblicità.

Ritenete che dal punto di vista culturale, il nostro Paese sia pronto per una legge così innovativa?

Barbiellini Amidei Io credo che la mentalità di oggi sia molto diversa da quella di ieri. I tempi stanno cambiando. Chi frequenta la gioventù sa bene che i padri venticinquenni o trentenni di oggi maneggiano pannolini e pappe con una certa disinvoltura. Di sicuro molto più abitualmente di quanto facessero i loro padri trent'anni fa.

Pagaria Penso di si. Oggi gli uomini partecipano maggiormente alla vita famigliare. Ma da qui a stare a casa dal lavoro per curare i figli il passo è ancora lungo.

Fabrizio I processi di cambiamento sono sempre lenti quando non sono patrimonio comune. Forse un processo di "femminilizzazione" della tematica dei congedi per i figli non ha aiutato a comprendere la bontà di questa iniziativa.

A vostro giudizio la legge potrebbe essere migliorata?

Manini Credo di si. Occorre qualche correttivo.

Pagaria Penso di si, bisognerebbe sedersi intorno ad un tavolo e ragionarsi sopra. Ad esempio si potrebbe pensare a modalità di fruizione diverse in funzione del numero di dipendenti.

Ballabio Di sicuro. La legge, e quindi il Testo Unico, va riassettata sulla direttiva europea. E poi va semplificata. Questa legge, come ho già detto, è complicatissima, di difficile lettura. All'inizio di novembre abbiamo ritenuto necessario realizzare un incontro informativo con le imprese proprio per spiegarne ulteriormente i contenuti e illustrarla a fondo.

Fabrizio Secondo me bisogna incominciare ad applicare la legge diffusamente in tutte le sue articolazioni;non è pensabile un cambiamento o una modifica prima ancora che la legge sia conosciuta e gestita nel concreto.

Infine il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni ha evidenziato le politiche regionali sulla conciliazione lavoro vita familiare.

Quali sono le politiche della Regione Lombardia per favorire la conciliazione?

In questi anni la Regione Lombardia si è molto impegnata sul tema delle pari opportunità e della conciliazione, recependo e facendo proprie le indicazioni della Comunità Europea al fine di valorizzare il contributo che le donne danno alla vita sociale e di creare le condizioni giuridiche, amministrative, organizzative e politiche affinchè questo contributo possa dispiegarsi in tutta la ricchezza delle sue potenzialità. Il nostro modo di intendere il principio di pari opportunità significa offrire alle donne maggiore libertà di scegliere, mettendo a loro disposizione più risorse, più formazione, più lavoro, più informazione. Ci siamo perciò mossi con azioni positive per ridurre la discriminazione, diretta o indiretta, a cui le donne sono spesso sottoposte e ampliare il numero di opportunità a loro destinate anche attraverso la predisposizione di un'apposita normativa regionale. In questa direzione siamo andati, ad esempio, con i finanziamenti del Fondo Sociale Europeo dell'Obiettivo 3 misura E1 e con la legge regionale 23/99, che incrementa concretamente la libertà di scelta delle donne, prevedendo interventi per la tutela e le valorizzazione della famiglia. La legge favorisce infatti la nascita e il potenziamento di servizi pubblici e del privato sociale come i consultori per la famiglia, offre sostegni alle famiglie con figli minorenni attraverso ad esempio la promozione della realizzazione dei nidi famiglia, promuove l'associazionismo familiare, come i gruppi di mutuo aiuto. Gli impegni familiari infatti rischiano di precludere alla donna la possibilità di assumere un ruolo definito e soddisfacente all'infuori dell'ambito domestico nel lavoro e nel percorso di carriera. In questo senso, qualsiasi misura che intervenga per facilitare una più equa distribuzione dei compiti tra madre e padre all'interno della famiglia, come quelle illustrate da questo opuscolo, mette la donna nella condizione di conciliare più efficacemente la sfera familiare e quella lavorativa e di perseguire la sua realizzazione personale in entrambi gli ambiti di vita.

 

 

 

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