Borodin: lo scienziato

Le vite parallele di Aleksandr Porfir’evich Borodin, pietroburghese, uomo buono e di genio

Per ascoltare le "Danza Polovesiane

Lo scienziato

Aleksandr Porfir’evich Borodin

“Per i miei amici la musica è la loro principale occupazione, il loro lavoro e lo scopo della loro vita. Per me è un riposo, un passatempo che mi distrae dalla mia attività principale, l’insegnamento. Io amo la mia professione e la mia scienza. Amo l’Accademia e i miei allievi. Se da una lato io vorrei dedicarmi alla musica, dall’altro temo di farlo troppo assiduamente e di trascurare gli impegni scientifici”.

Borodin nacque a San Pietroburgo il 12 novembre 1833, figlio illegittimo del principe Georgiano Luka Stepanovich Gedianov e della giovane, futura moglie di un dottore militare, Avdot’ia Konstantinovna Antonova. Ricevette il cognome Borodin e il patronimico Porfir’evich da un valletto del principe Gedianov, di nome Porfirii Ionovich Borodin. La moglie di Porfirii Ionovich, Tatiana Grigor’evna Borodina, venne così indicata nel registro anagrafico come madre di Aleksandr, che non venne mai riconosciuto dai genitori naturali e che si riferì a sua madre come alla sua “zietta”, per tutta la vita.

Poco più che decenne, insieme ad una notevole predisposizione per la musica, inizia ad interessarsi alla chimica, realizzando nell’appartamento della “zietta” un piccolo laboratorio. Un suo compagno di giochi, Mikhail Romanovich Shchiglev, racconterà a tale proposito:

“Quasi tutto l’appartamento era invaso da beker, storte, ed ogni specie di attrezzatura chimica. Ovunque sulle finestre erano disposti tubi con diverse soluzioni cristalline. E tra tutto questo si aggirava Sasha Borodin, bonariamente criticato, perché tutta la casa era riempita dai maleodoranti “effluvi” dei suoi esperimenti e perché tutti temevano un possibile incendio. Nel suo tempo libero dalle lezioni, studiava schemi su fogli bagnati, si occupava di galvanoplastica e teorizzava e realizzava soluzioni acquose colorate”.

A partire dal 1850, Borodin studiò presso l’Accademia Medico - Chirurgica di Pietroburgo dove, sotto la guida di Nikolai Nikolaevich Zinin, realizzò le sue prime ricerche in campo chimico.

Zinin, professore di chimica di vasta fama per gli studi realizzati sulla sintesi dell’anilina, considerava Borodin il suo studente favorito e quasi un figlio “elettivo”, a cui affidare la continuità della propria missione scientifica.

Il 15 Maggio 1858, Borodin, discusse la tesi “Sull’analogia del comportamento chimico e tossicologico dell’acido arsenico e dell’acido fosforico”.

 

Frontespizio della tesi di laurea di Borodin (Ob’ analogii mysh’iakovoi kisloty s’fosfornoiu v’ khimicheskom’ i toksikologicheskom’ otnosheniiakh’ San Pietroburgo Tipografia Koroleva, 1858)

 

Il lavoro, oltre per la rilevanza scientifica, merita la segnalazione per essere la prima tesi nella storia dell’Accademia, scritta e discussa in lingua russa anziché in latino. Con tale atto Borodin divenne ufficialmente medico, professione che in realtà non esercitò mai.

Per acquisire l’esperienza necessaria al ruolo di professore assistente, tra il 1858 ed il 1862, effettuò una serie di soggiorni di studio e di ricerca in Italia, Germania, Francia e Svizzera. Nel corso di questi viaggi ebbe modo di conoscere e frequentare il grande chimico Russo, Dmtrii Ivanovich Mendeleev, a cui si deve la straordinaria opera di rielaborazione sistematica degli elementi chimici all’interno della tabella periodica che da lui prese il nome, ed il fisiologo Ivan Mikhailovich Sechenov.

Durante la permanenza a Heidelberg, conobbe la pianista Russa Katia Katerina Sergeevna Protopopova assistendo ad un suo concerto a Baden-Baden.

 

Katia Katerina Sergeevna Protopopova

 

Ne fu immediatamente colpito, tanto da ricordare negli anni seguenti: “la sera stessa che ci incontrammo, immediatamente fummo certi, sebbene mai accettammo di riconoscerlo l’un l’altro, di esserci innamorati”

La Protopopova divenne nel 1863 la sua consorte e rimase legata a lui per il resto della vita da un rapporto di affetto, stima, interessi e passioni comuni.

Nel 1860, Borodin fu uno dei membri della delegazione Russa al Primo Congresso Internazionale di Chimica tenutosi a Karlsruhe, in Germania, che rappresentò una data essenziale per la nascita della chimica moderna. Qui infatti trovarono largo eco le teorie di Stanislao Cannizzaro, riguardo la corretta valutazione dei pesi atomici e di quelli molecolari.

Per favorire le condizioni di salute della sua fidanzata, Katia, malata di tubercolsi e di nervi, soggiornò tra il 1861 ed il 1862 a Pisa per poi fare ritorno a San Pietroburgo. L’anno seguente gli fu riconosciuto il titolo di professore di chimica presso l’Accademia Medico - Chirurgica, ruolo che mantenne per il resto della vita.

 

Francobollo Ungherese del 26 Settembre 1967 in cui è illustrata una scena del II atto, (Nel campo Polovisiano) dell’opera il Principe Igor

 

Tredici anni dopo, di nuovo fu in Germania per un breve periodo, per prendere visione della gestione ed organizzazione dei laboratori chimici tedeschi, al fine di promuovere un rinnovamento delle strutture presenti in patria. Tornò una terza volta in Germania nel 1881. Negli anni 1885 e 1886 fu per due volte in Belgio. Nel 1885, la moglie, a causa dell’aggravarsi delle condizioni di salute, fu costretta a trasferirsi a Mosca, dove il clima era migliore rispetto a quello di Pietroburgo.

Nell'ultimo periodo della sua vita fu diviso tra le sue attività di scienziato, musicista ed insegnante. Quest’ultima fatica venne svolta nella scuola medica per donne che, grazie a Borodin, divenne operativa in quegli anni, come strumento incisivo per una definitiva integrazione sociale femminile. il 27 Febbraio 1887 Borodin morì a causa di un collasso provocato da un aneurisma nel corso di un ballo in maschera.

Fu sepolto nel monastero di Alexandr Nevsky a San Pietroburgo, considerato come il Pantheon russo, e la sua tomba venne posta al fianco di quella di Modest Petrovich Musorgskij, morto prematuramente alcuni anni prima (1881). Sopra il suo sepolcro, nel 1889, venne eretto un monumento su iniziativa dei suoi amici ed ammiratori, in cui sono riprodotte delle formule chimiche e dei temi melodici, a simboleggiare le due grandi espressioni creative nella vita di Borodin.

 

Monumento funebre di Borodin nel monastero di Alexandr Nevsky a San Pietroburgo. Sono presenti tre ghirlande: una di alloro, una con alcuni temi musicali, una con le iscrizioni delle formule chimiche relative a sei composti chimici derivati dal suo lavoro sulle aldeidi.

 

Primi lavori scientifici a San Pietroburgo (1859)

Il primo lavoro scientifico pubblicato da Borodin nel 1859, è relativo ai suoi studi sulla idrobenzamide e sulla amarina.[1]

L’idrobenzamide è un prodotto di condensazione della benzaldeide e della ammoniaca, mentre l’amarina viene prodotta da questa mediante riscaldamento o trattamento con una base.

Gli studi di Borodin erano finalizzati alla determinazione, utilizzando opportune reazioni chimiche, del numero di gruppi N-H  presenti nei due composti in modo da identificarne la formula bruta. La stessa procedura fu osservata nel secondo lavoro pubblicato nel 1859, relativo alla benzanilide.[2]

E’ da notare che nel momento in cui Borodin effettuava le sue ricerche, ancora non era stato stabilito il peso atomico corretto del carbonio, che veniva ritenuto dotato di un peso atomico 6 anziché 12. La conseguenza è che le formule ricavate contenevano un numero di atomi di carbonio doppio rispetto a quello che oggi sappiamo essere il numero esatto.

Le conclusioni a cui pervenne Borodin, lo indussero alla deduzione di formule chimiche inesatte ma che, correttamente, prevedevano per l’amarina la presenza di un legame N-H in più rispetto alla idrobenzamide.

Su questo lavoro, Borodin ritornò successivamente nel 1873, correggendo le sue precedenti, errate, valutazioni, giungendo alla corretta conclusione, che tutti gli atomi di idrogeno della idrobenzamide sono legati agli atomi di carbonio mentre nella amarina è presente un solo gruppo N-H.

La corretta struttura dell’amarina, su cui molti ricercatori continuarono a lavorare negli anni seguenti, fu stabilita esattamente solo nel 1900 dai lavori di Japp e Moir.

Il lavoro di ricerca a Heidelberg (1859-1861)

Nel periodo compreso tra il novembre 1859 e l’ottobre 1861, Borodin svolse il suo lavoro scientifico con continuità, nel laboratorio di Erlenmeyer, fatta eccezione per alcune brevi assenze causate dalla partecipazione a congressi internazionali, tra tutti il famoso congresso di Karlsruhe del 1860, e dei periodi di vacanza, spesi in brevi soggiorni in altri laboratori.

Nonostante conoscesse proprio allora Katia Protopopova, Borodin mantenne un ritmo di lavoro rigidissimo; 12 ore al giorno con inizio dell’attività alle 5 di mattina!

Il lavoro di quegli anni, mirato alla investigazione dei derivati della benzidina, derivato amminico del difenile, si riassunse in cinque pubblicazioni. In questi articoli sono da segnalare alcuni cambiamenti significativi rispetto ai precedenti lavori scientifici: Borodin si asteneva dal trarre conclusioni quantitative per quanto concerne il numero di gruppi N-H presenti nella benzidina; si nota inoltre che il peso atomico del carbonio viene considerato pari a 12 e non più 6, secondo quanto appreso nel laboratorio di Erlenmeyer.

Come notazione curiosa è da segnalare che in quegli anni, egli introduce una nuova, per lui, indagine sperimentale: provare il sapore dei prodotti realizzati nel corso delle reazioni chimiche.

Il primo articolo [3] riguardò la reazione dello ioduro di etile e della benzidina in una nuova applicazione della N-etilazione mirata alla determinazione del numero di sostituzioni sull'atomo di azoto. Il secondo lavoro[4] descriveva la reazione della benzidina con tre sostanze amidiche: acido ossalico, disolfito di carbonio e il cloruro di benzolo.

I lavori complessivamente prodotti da Borodin sulla benzidina, benché non chiarissero i meccanismi di reazione della sostanza, diedero una evidenza, sconosciuta a quei tempi, della struttura di questa molecola.

Per la determinazione definitiva della struttura della benzidina bisognerà attendere il lavoro di Schulz, nel 1874, che purtroppo non diede alcuna menzione dell’importante studio sperimentale realizzato da Borodin.

Nel suo terzo lavoro[5], Borodin trattò della preparazione dell’acido bromovalerico e dell’acido bromobutirrico secondo il metodo elaborato da Peligot, che prevedeva il trattamento del sale di argento dell’acido con vapori di bromo.

Trattando i sali di argento dell’acido acetico con tale metodo, ottenne il bromuro di argento ed espresse quindi la reazione secondo una formula corretta.

Osservò inoltre il diverso comportamento verso tale trattamento degli acidi sopra menzionati.

La scoperta di questo tipo di reazione è solitamente attribuita a Hunsdieckers, ma tale attribuzione è errata e va riconosciuta sicuramente a Borodin.

Gli ultimi due lavori [6] [7] hanno minore rilevanza e riguardano lo studio della sostituzione dell’idrogeno nei radicali mediante idrocarburi ed il tentativo, andato fallito, di produrre un composto analogo all’acido benzilico.

 

Il lavoro di ricerca a Pisa (1861-1862)

Durante il soggiorno durato un anno, iniziato nell’ottobre 1861 e terminato nel settembre 1862, Borodin, ebbe l’opportunità di lavorare nel laboratorio di Sebastiano de Luca e Paolo Tassinari, fondatori della scuola di chimica organica in Italia.

La sua permanenza fu accompagnata dalla pubblicazione di tre articoli, tutti apparsi nella rivista italiana “Nuovo Cimento”, di cui il primo rappresentò la sua pubblicazione più conosciuta[8]. In esso veniva riportata la sintesi di un composto organico fluorinato, il fluoruro di benzoile, grazie ad una tecnica di fluorurazione dei composti organici da lui sviluppata. La sintesi di questo composto viene riconosciuta da molti come la prima fluorurazione di un composto organico fluorinato. In realtà questo non è propriamente esatto, perché, sebbene i lavori relativi fossero sconosciuti a Borodin, già nel 1835 era stato preparato il fluoro metano e nel 1855 il fluoro etano. In questo lavoro venne di nuovo utilizzato per il carbonio il peso atomico 6 e per l’ossigeno il peso 8, secondo quanto in uso nella scuola chimica francese.

Nel secondo lavoro[9] trattò della reazione tra dietile di zinco  e cloro di iodoformio, mentre nell’ultimo[10] della reazione del benzile con l'amilato di sodio.

Il lavoro a San Pietroburgo (1862-1875)

Dopo il suo ritorno in patria, e per i seguenti 25 anni, l’attività di Borodin si divise tra la ricerca, la musica ed i compiti relativi al suo ruolo di professore di chimica.

Il suo lavoro scientifico principale consistette nel determinare un metodo per la condensazione delle aldeidi, ed in particolare della condensazione aldolica delle aldeide alifatiche C5 e C7. Questa attività lo portò ben presto in conflitto con il grande chimico tedesco August Kekulè, che non gradì l’intromissione in quello che riteneva, a torto, un suo esclusivo campo di ricerca. Tale pretesa risulta chiaramente infondata se si considera che Borodin fu il primo a descrivere una reazione di sintesi dell’aldolo nel 1864[11], anche se, ma solo nel 1869, Kekulè fu in grado di spiegare correttamente la natura della reazione e fornire la corretta formula strutturale dei prodotti della reazione stessa.

Nelle sue pubblicazioni Kekulè riconobbe le precedenti pubblicazioni sull’argomento del chimico francese Charles Aldolphe Wurtz, ma non offrì nessuna citazione al primo lavoro di Borodin del 1864.

Nonostante le polemiche ed i dissapori, Borodin continuò per alcuni anni a pubblicare i risultati dei suoi esperimenti con le aldeidi.

Nel 1872 Wurtz e Riban pubblicarono contemporaneamente ed indipendentemente i loro risultati completi sull’aldolo. Mentre nel suo lavoro Wurtz riconobbe solo il contributo di Kekulè, Riban menzionò sia Wurtz che Borodin[12].

La mancanza dell’adeguato riconoscimento del suo lavoro all’interno della comunità scientifica, provocò una forte amarezza a Borodin che, seppure mai manifestata apertamente, lo portò a sospendere il lavoro di ricerca sulla acetaldeide e a scrivere in privato: “Io non ho mai avuto un assistente, mentre Wurtz ha enormi mezzi e lavora con venti mani, in virtù del fatto che egli non ha scrupolo di caricare i suoi assistenti di laboratorio con lavori sporchi…Io ho lavorato su questo problema a partire dal 1865 mentre Kekulè entrò nella materia solo nell’agosto dello scorso anno. Questa è l’onestà tedesca”.

Gli ultimi lavori

Dal 1875, l'attività di Borodin nel campo della chimica organica fu orientata verso le sostanze dotate di possibili applicazioni mediche. Seguirono così una serie di pubblicazioni relative ai suoi studi sull’analisi del te, su alcuni agenti disinfettanti, ed in particolare sull’acqua ossigenata, e sulle proprietà dell’oppio.

Questi progetti furono realizzati grazie alle profonde conoscenze della chimica analitica del nostro scienziato, che gli valsero la realizzazione del capitolo dedicato alle analisi cliniche nel volume pubblicato da Mendeleev sulla chimica organica.

Il progetto più importante di quest’ultimo periodo, fu quello relativo alla elaborazione di un metodo per la determinazione dell’urea contenuta nell’urine. Questa procedura prevedeva l’ossidazione dell’urea mediante l’ipobromito di sodio e la successiva misura del volume di azoto gassoso liberato nel corso della reazione. Tale metodo, sottoposto a successivi miglioramenti, trovò effettiva applicazione negli esami clinici[13].

E’ molto probabile che l’intessesse, ed alcune cognizioni determinanti per lo sviluppo del metodo stesso, fossero acquisite durante il periodo trascorso da Borodin a Pisa.

Durante questi anni Borodin fu anche supervisore del lavoro di ricerca dei suoi studenti e per alcuni di loro contribuì alla pubblicazione dei risultati nei congressi annuali della Società Russa di Scienze Naturali.

Merita menzione infine l’impegno profuso da Borodin a favore della richiesta delle donne di accedere ai più alti livelli di istruzione. Fu così che contribuì in maniera determinante, insieme alla Tarnovskaya ed al prof. Rudnev, alla nascita della Scuola di medicina per donne di San Pietroburgo, dove svolse l’attività di insegnamento per 15 anni.

In conclusione, Aleksandr Porfir’evich Borodin, fu un abile sperimentatore a cui vanno attribuiti importanti lavori “pionieristici” nel campo della chimica organica del fluoro e soprattutto della polimerizzazione e condensazione delle aldeidi. La corretta interpretazione delle reazioni e dei prodotti di sintesi, fu però molte volte ostacolata dai forti limiti in cui si muoveva in quei tempi la teoria della chimica organica, limiti che verranno solo successivamente superati, grazie agli apporti fondamentali di Cannizzaro e Kekulè. La diffusione dei risultati raggiunti da Borodin fu poi senza dubbio ostacolata dalla assenza di una scuola di chimica organica russa e dall’ostracismo nazionalistico tedesco.

La figura di Borodin resta comunque esemplare dal punto di vista dell’impegno e del rigore scientifico, tanto più quando si valuti parallelamente l’impegno profuso nel ruolo di insegnante, divulgatore della scienza chimica e sopratutto di artista creativo.

 

Ultima pubblicazione di Borodin relativa al metodo azotometrico per la misurazione dell’urea (Uproshchennyi azotometricheskii sposob opredeleniia mocheviny i azota v primenii k klinicheskomu opredeleniiu metamorfosa azotistykh veshchestv v organizme s sovremennoi tochki zreniia, 1886)

Pierre Tijskens (Università della Pensilvania)

Claudio Lanzieri

 

Principali riferimenti Bibliografici

1.     Ian D. Rae, The Research in Organic Chemistry Of Aleksandr Borodin, Ambix, 36, Part 3, Novembre 1989, pgg 121-137

2.     George B. Kauffman and Kathryn Bumpass, An Apparent Conflict between Art and Science: The case of Aleksandr Porfir’evich Borodin (1833-1887), Leonardo, 21, n° 4, 1988, pp. 429-436

3.     G. Sarton, Borodin (1833-87), Osiris, 7, 1939, pp. 225-260

4.     N.A. Figurovskij e Jurij I. Solov’ev, Aleksandr Porfir’evich Borodin, Mosca-Leningrado, 1950

Maggiori informazioni sugli argomenti di chimica verranno esposti nei prossimi interventi da

Pierre Tijskens     (ptjs@yahoo.com)

Claudio Lanzieri

 


[1] A.Borodine, Recherches sur la constitution chimique de l’hydrobenzamide et de l’amarine, Bulletin de la classe physico-mathématique de l’Académie des Sciences de Saint Persbourg, 27 (1859)

[2] A. Borodin, Ueber die Wirkung des Jodaethyls auf Benzoylanilid, Bulletin de la classe physico-mathématique de l’Académie des Sciences de Saint Persbourg, 27 (1859)

[3] A. Borodin, Ueber die Einwirkung des Jodathyls auf Benzidin, Zeitschrift für Chemie und Pharmacie von E. Erlenmeyer und G. Lewinstein, 3, (1860), 533-36

[4] A. Borodin, Ueber einige Derivative des Benzidins, Zeitschrift für Chemie und Pharmacie von E. Erlenmeyer und G. Lewinstein, 3, (1860), 641-43

[5] A. Borodin, Sur les dérives monobromes des acides valérique et butyrique, Bulletin de la Société Chimique (Paris), (1861), 252-54

[6] A. Borodin, Uber die Wirkung des Zincathyl’s auf zusammengesetzte Aether, , Zeitschrift für Chemie und Pharmacie von E. Erlenmeyer und G. Lewinstein, 4, (1861), 8-12

[7] A. Borodin, Beitrag zur Geschichte des Benzils, Zeitschrift für Chemie und Pharmacie von E. Erlenmeyer und G. Lewinstein, 4, (1862), 580-81

[8] A. Borodin, Fatti per servire alla storia de’ fluoruri, Il Nuovo Cimento, 15, (1862), 305-14

[9] A. Borodin, Sull’azione dello zincoetilene sul chloroiodoforme, Il Nuovo cimento, 15, (1862), 431-32

[10] A. Borodin, Fatti per servire alla storia del benzile, Il Nuovo Cimento, 15, (1862), 314-15

[11] A.Borodin, Über die Einwirkung des Natriums auf Valeraldehyd, Bulletin de l’Accademie Imperiale des Sciences de Saint-Petersbourg, 7, (1864), 463-74

[12] A. Borodin, O polucenii produkta uplotnenija obyknovennogo al’degida (Ottenimento del prodotto di condensazione della comune aldeide) in Zurnal Russkogo himicheskogo obscestva, 6, 209, 1872

[13] A. Borodin, Uprosennyj azometriceskij sposob opredelenija azota v primenenii k kliniceskomu opredeleniju matamorfozy azotistyh vesestv v organizme s sovremenmoj tocki zrenija (Metodo azotometrico semplificato di determinazione clinica della metamorfosi delle sostanze azotate nell’organismo da un punto di vista moderno) Military Medical Journal, San Pietroburgo, 155, (1886), 5-38