Il Canto degli astri, la Danza cosmica, la Scala di Giacobbe

di Danilo Lorenzini

"Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. Capitò allora in un luogo, dove si fermò per pernottare, perché il sole era tramontato; prese una pietra, se la pose come cuscino del suo capo e si coricò in quel luogo. E sognò di vedere una scala che poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco: gli angeli di Dio salivano e scendevano per essa. Ed ecco: il Signore gli stava davanti e disse: "Io sono il Signore, il Dio di Abramo, tuo padre, e il Dio di Isacco. (...) Allora Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: "Veramente c'è il Signore in questo luogo e io non lo sapevo! (...) Questa è proprio la casa di Dio e la porta del cielo". (Genesi 28, 10-13; 16-17)

Quante volte gli esseri umani hanno sperimentato l'efficacia della musica e dei suoni, e quante volte essi hanno tentato di darne una spiegazione od una una descrizione. Attraverso la poesia, la letteratura, la filosofia, la teologia e le scienze più diverse ci si è interrogati sulla natura della musica: Arthur Schophenhauer ha riconosciuto in essa la voce della Volontà, Confucio e Platone un elemento fondamentale dell'educazione, Rudolf Steiner l'ha considerata un riflesso dei mondi sottili e Georges Gurdjeff, come Pitagora, ha modellato su di essa un raffinato sistema cosmologico. Il racconto biblico del sogno del patriarca Giacobbe non fa riferimento propriamente alla musica, ma nella descrizione della scala mistica che unisce Terra e Cielo molti hanno anche voluto leggerne una parabola e a questi sento di potermi unire nell'aprire questo breve studio.

1. La musica ha un'efficacia?

Ogni volta che ascoltiamo un brano musicale, si pur in modo distratto, l'insieme dei suoni che lo compongono agisce su di noi provocando innumerevoli reazioni psicofisiche che, semplificando, traduciamo con espressioni come "gioia" o "tristezza", "tensione" o "rilassamento" e via dicendo. Una musica è capace di riportare alla memoria un evento, suscitando nuovamente lo stato d'animo che esso aveva provocato così come d'evocare emozioni del tutto estranee alle condizioni esteriori del momento presente. L'insieme di questi elementi rappresenta la parte emersa e più manifesta degli effetti che la musica ha sull'uomo, ma quali sono dunque i fattori che permettono ai suoni di agire efficacemente sulla psiche umana e persino su animali, piante e sulla materia inorganica?

Nelle antiche cosmogonie l'elemento acustico rivestiva un ruolo determinante. "Nell'istante in cui un dio manifesta la volontà di dare vita a sé stesso o ad un altro dio, di far apparire il cielo e la terra oppure l'uomo, egli emette un suono" afferma Marius Schneider ne "La musica primitiva". In questa prospettiva l'arte dei suoni diventa simbolo della realtà dell'uomo, e conseguentemente mezzo di comunicazione privilegiato tra gli esseri umani e tra costoro e il mondo divino o spirituale. E questo il motivo per cui la musica svolge un ruolo fondamentale nei riti tribali, ove sovente viene utilizzata anche come mezzo catartico e terapeutico.

Se la medicina attuale si é interessata alle possibilità curative della musica e del suono, nondimeno l'esperienza millenaria delle grandi civiltà del passato - esperienza che potrebbe rivelarsi di straordinario aiuto se riletta alla luce delle acquisizioni scientifiche più recenti - è stata molto spesso sottovalutata. Tutti sanno per esperienza diretta che la musica ha delle meravigliose potenzialità: è comune l'esperienza di sensazioni, emozioni, piacere o fastidio in rapporto a differenti tipi di musica. Specialmente fra coloro che si autodefiniscono "semplici ascoltatori" è diffusa una capacità vivissima di ascolto; di un ascolto "semplice" nel senso etimologico più preciso, ascolto fecondo e totalizzante.

2. Comprendere la musica

Interrogarsi sulla natura della musica equivale davvero all'esplorazione d'un "giardino incantato": ad ogni nuova prospettiva se ne aprono altre, come in un susseguirsi ininterrotto di specchi, e una tentazione potrebbe essere di scordare le priorità sforzandosi vanamente di seguirle ed approfondirle tutte. Se ciò é forse in realtà impossibile, tuttavia in questa ricchezza costitutiva riverberano la bellezza la profondità dell'arte musicale. D'altro canto la comprensione della musica tende ad aumentare parallelamente alla consapevolezza ch'essa è porzione d'una totalità ancor più vasta e complessa, totalità di cui le sue geometrie sonore e le leggi musicali sono una raffinatissima traduzione.

Quanto più s'avvertono le connessioni della parte col tutto, tanto più la musica splende come una gemma preziosa e sfaccettata, fornita d'un elevatissimo potere di riflettere lo splendore, la grandezza, le ombre e le luci di cui è intessuta la struttura medesima del creato. Per questo si potrebbe realmente e rigorosamente definire la musica "simbolo dell'Universo".

La millenaria sapienza cinese ci ha tramandato alcune conoscenze sulla musica attraverso una fiaba fiorita in ambiente taoista, la fiaba dell'Arpa domata:

"Nell'antica Cina, tanto tempo fa, cresceva presso un profondo burrone un gigantesco albero di paulonia, un autentico re della foresta. La sua cima toccava le stelle del cielo e le radici s'avvinghiavano alle spire del drago d'argento dormiente nei reami del sottosuolo.

Col legno di quest'albero, un mago decise un giorno di fabbricare un'arpa il cui spirito non poteva essere domato neppure dal più abile dei musicisti. Per lunghi anni essa fu custodita fra i tesori dell'Imperatore senza che nessuno tra i principi del Regno riuscisse ad estrarre una melodia dallo strumento prodigioso.

Infine arrivò il giovane Pai Ya. Egli accarezzò l'arpa con mano leggera e prese a pizzicarne le corde che risuonarono vibrando armoniosamente. L'arpa cantò la natura e le stagioni, le alte vette dei monti e le acque tumultuose dei fiumi, l'amore e le battaglie: tutti i ricordi dell'albero antico si risvegliarono tornando a vivere una nuova vita.

Incantato, il Signore del Regno di Mezzo domandò a Pai Ya come avesse potuto domare l'arpa.

'Maestà,' - egli rispose - 'coloro che mi hanno preceduto erano destinati a fallire poiché altro non cercavano di narrare se non sé stessi e la loro soggettività. Io invece ho lasciato che l'arpa scegliesse da sola il suo canto, così da non sapere più se l'arpa fosse Pai Ya o Pai Ya l'arpa.'"

Forse ci sorprenderà constatare quale straordinaria efficacia venga attribuita dal remoto autore di questa leggenda alla musica, efficacia che al giorno d'oggi non sembra di vedere in atto. Ma ciò non dipende dalla nostra sensibilità che potrebbe essere diminuita e dalla nostra musica che troppo s'è allontanata dalle sue radici naturali? L'Arpa magica, si dice, evocò quasi tangibilmente dinanzi allo sguardo meravigliato dell'imperatore le vette delle montagne ed i fiumi col loro corso scrosciante, le furiose battaglie e gli amori delle fanciulle. In un'altra leggenda, questa volta di tradizione indù, si narra del cantore Gopala Nayaka che, costretto dal re ad intonare un "raga" nel modo del Fuoco perì tra le fiamme assieme al sovrano stesso ed a tutta la corte mentre le acque del fiume Jumna bollivano evaporando. Maniere per noi pittoresche e fantasiose, di gusto orientale, per sottolineare enfatizzandola la potenza dei suoni.

3. Musica e suono, musica soggettiva e musica oggettiva

Due distinzioni andrebbero rimarcate per rilanciare una comprensione relativamente esatta del fenomeno musicale. La prima, forse banale: musica e suoni. La musica è costituita da suoni (oltre che da silenzi) e dalla natura dei suoni è necessario prendere le mosse. Essa è inoltre un fenomeno di elevatissima complessità, essendo complesso il fenomeno sonoro con le sue innumerevoli possibilità d'azione sulla materia e sullo psichismo umano.

La seconda distinzione proviene da diverse antiche tradizioni che l'hanno formulata con diversità di immagini e linguaggi e che oggi potremmo così esprimere: la musica (come le altre arti) può essere soggettiva ed oggettiva. Una chiara definizione di questo asserto é formulata da Georges Ivanovitch Gurdjieff in "Frammenti di un insegnamento sconosciuto":

"Ciò che io chiamo arte oggettiva è difficilmente definibile, innanzi tutto perché voi attribuite le sue caratteristiche all'arte soggettiva, poi perché voi ponete le opere d'arte oggettiva, quando vi trovate di fronte ad esse, sullo stesso livello dell'arte soggettiva.

Vi esporrò chiaramente il mio pensiero. Voi dite: un artista crea. Io riservo questa espressione per l'artista oggettivo. Per l'artista soggettivo, dico che in lui 'si crea'. Ma voi non fate questa distinzione, che pure è immensa. Inoltre, voi attribuite all'arte soggettiva un'azione invariabile, in altre parole credete che tutti reagiranno allo stesso modo a opere d'arte soggettiva.

Immaginate, ad esempio, che una marcia funebre farà sorgere in ognuno pensieri tristi e solenni e che qualsiasi musica ballabile susciterà pensieri allegri. In realtà non è affatto così. Tutto dipende dai processi associativi. Se mi accadesse di udire per la prima volta, sotto l'impressione di una grande disgrazia, un motivo allegro, questo motivo in seguito susciterebbe in me, e per tutta la vita, pensieri tristi e opprimenti. E se, un giorno in cui mi sentissi particolarmente felice, udissi un motivo triste, questo motivo provocherebbe sempre in me pensieri felici. Così accade generalmente.

La differenza tra l'arte oggettiva e l'arte soggettiva, consiste nel fatto che l'artista 'crea' realmente, fa ciò che ha l'intenzione di fare, introduce nella sua opera le idee e i sentimenti che vuole. E l'azione della sua opera sulla gente è assolutamente precisa; essi riceveranno, naturalmente ciascuno secondo il proprio livello, le stesse idee e gli stessi sentimenti che l'artista ha voluto trasmettere.

Quando si tratta di arte oggettiva, non può esservi nulla di accidentale, né nella creazione dell'opera stessa, né nelle impressioni che essa suscita. Quando invece si tratta di arte oggettiva, tutto è accidentale. L'artista, ripeto, non crea; in lui 'qualcosa si crea da se. Ciò significa che un tale artista è in balia di idee, di pensieri e di umori che egli stesso non comprende e sui quali non ha il minimo controllo. Essi lo dominano e si esprimono da se sotto varie forme. Una volta assunta accidentalmente una qualunque forma, sempre altrettanto accidentalmente, produrrà sullo spettatore questa o quella reazione a seconda dei suoi umori, dei suoi gusti, delle sue abitudini, e della natura dell'ipnosi sotto la quale egli vive. Non vi è in questo niente di invariabile, niente di determinato.

Nell'arte oggettiva, al contrario, nulla di indefinito. (...) Non vi darò che un esempio: la musica. Tutta la musica oggettiva si basa sulle ottave interiori. Essa può dare risultati precisi, non solo d'ordine psicologico, ma d'ordine fisico. Esiste una musica tale da fare gelare le acque. Vi è una musica capace di uccidere un uomo all'istante. La leggenda della distruzione delle mura di Gerico con la musica è proprio una leggenda di musica oggettiva.

La musica ordinaria, di qualunque tipo, non farà mai crollare muri, ma la musica oggettiva invece lo può. E non soltanto può distruggere, ma può anche edificare. La leggenda di Orfeo è tessuta su tali ricordi di musica oggettiva, perché Orfeo si serviva della musica per insegnare. La musica degli incantatori di serpenti in Oriente si avvicina alla musica oggettiva, ma in modo assai primitivo. Spesso non si tratta che di una sola nota, appena modulata, e prolungata indefinitamente; in questa semplice nota si sviluppano incessantemente delle 'ottave interiori', e in queste ottave, delle melodie non percepibili dalle orecchie, ma che possono essere sentite dal centro emozionale. E il serpente ode questa musica o, per meglio dire, la sente e le obbedisce. Una musica di questo tipo, soltanto un po' più complessa, farebbe obbedire degli uomini."

La tradizione musicale occidentale conosce pochi esempi di musica che potrebbero vagamente corrispondere ai requisiti espressi da Gurdjieff, dei quali uno è forse il canto tradizionale fiorito in seno alla chiesa cattolica nei primi secoli della sua storia, codificato e riformato da papa Gregorio Magno, il "canto gregoriano". Cionostante il presentimento che la musica non sia qualcosa che ha a che fare essenzialmente con lo svago, con l'estetica o (per strano che possa apparire) con l'ideologia è affiorato a più riprese lungo i secoli anche in Occidente.

4. La scala pitagorica: un antico modello dell'Universo

Nell'idea medievale dei cieli planetari armoniosamente e concentricamente disposti attorno al globo terrestre, idea ripresa ed arricchita con potenza di ispirazione da Dante Alighieri nella terza cantica della sua "Commedia", abbiamo probabilmente la tarda eco d'un modello assai più antico e d'un intreccio di conoscenze molto più completo e complesso.

Secondo tale visione l'universo può paragonarsi ad una immane cascata. Erompendo dall'Unico Assoluto recante in se stesso i fondamenti del proprio essere, essa attraverso sette gradini consecutivi nell'oceano originario ove il flusso si compie, secondo una prospettiva che ricorda certe visioni di Escher, perdendosi nella stessa Sorgente d'origine.

Il percorso del flusso creativo è come una scala cosmica, i gradi della quale sono codificati e trasmessi attraverso le generazioni grazie a quella formula sapienziale che è la scala eptafonica di Pitagora:

L'Assoluto creatore (DOMINUS) - DO

Il mondo delle Galassie (SIDEREUS MUNDUS) - SI

La nostra galassia (VIA LACTEA) - LA

Il sole (SOL) - SOL

Il sistema dei pianeti (SOLIS FAMILIA) - FA

La terra (MICROCOSMOS) - MI

La luna (REGINA NOCTIS) - RE

L'Assoluto creatore (DOMINUS) - DO

In questa tabella il creato si configura come una immensa sinfonia musicale ove ogni corpo celeste, ogni realtà od essere - dalla scala macroscopica a quella microscopica - prendono parte al coro che eleva l'"Hallel" cosmico.

Un quadro di carattere rituale e musicale allo stesso tempo viene pure evocato, con ricchezza di immagini tutta orientale, dal celebre Salmo XVIII:

I cieli narrano la gloria di Dio,

e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento.

Il giorno al giorno ne affida il messaggio

e la notte alla notte ne trasmette la notizia.

Non è linguaggio e non sono parole,

di cui non si oda il suono.

Per tutta la terra si diffonde la loro voce

e ai confini del mondo la loro parola.

La risposta dell'uomo alla solenne innodia dei firmamenti stellati non può non chiamare in causa anzitutto la musica, così come ricorda il testo che di tutta la raccolta attribuita a Davide costituisce l'epilogo, il Salmo CL:

Lodate il Signore nel suo santuario,

lodatelo nel firmamento della sua potenza.

Lodatelo per i suoi prodigi,

lodatelo per la sua immensa grandezza.

Lodatelo con squilli di tromba,

lodatelo con arpa e cetra;

lodatelo con timpani e danze,

lodatelo sulle corde e sui flauti.

Lodatelo con cembali sonori,

lodatelo con cembali squillanti;

ogni vivente dia lode al Signore.

Le terribili ed incantevoli meraviglie del Cosmo, dalle stelle ai neutroni alle spaventose supernovae, dagli ammassi stellari aperti come le Pleiadi ai pianeti inanellati come il malinconico Saturno, tutte sono scaturite secondo l'Aitareya Upanishad dalla "bocca spaccata come un uovo" di Atman il quale le emise in forma di discorso tra un immane dardeggiare di fiamme. E tutte partecipano alla liturgia danzante di Shiva che distrugge perché vi possa essere creazione.

5. Il Canto degli astri, la Danza cosmica

Quanto ha esistenza fiorisce e si sviluppa nel tempo come un canto misterioso, di cui i nostri canti umani non sono che la diafana risonanza. Vortici d'astri raggruppati nelle più mirabili ed imprevedibili geometrie elevano ruotando nelle infinità dello spazio e del tempo il loro inno ed il loro Amen .

Sistemi stellari multipli, brillanti di luminescenze che rubano il loro colore a tutte le sfumature dell'arcobaleno, vengono partoriti e muoiono in cataclismi d'inaudita violenza: anche il loro esistere è come un Amen che si protrae attraversando le ere ed i millenni.

Dalle innumerevoli forme di vita sparse in tutto il creato risuonano gioie e tragedie, drammi e tenerezze, grandezze e vergognose miserie, ed anche qui echeggia la risposta al canto delle creature angeliche inneggianti al Tre Volte Santo: Amen .

Ecco apparire attraverso la trama squarciata del mondo fisico, la base poggiata sulla terra e la cima sospinta sempre più in alto dalla forza di tutte le speranze e di tutte le inquietudini di noi uomini, in alto a varcare la soglia stellare dei cieli, la Scala di Giacobbe.

Le colossali Ziggurat dei babilonesi e le inesplicabili Piramidi d'Egitto così come i grandi Templi a terrazze degli atzechi trovano compimento e spiegazione nel sogno profetico del patriarca. Su di essa gli angeli di Dio salgono e scendono recando incessantemente dal cielo alla terra la memoria della più alta origine del multiforme fenomeno della vita.

Ed al canto degli astri risponde anche la voce dello stesso Verbo divino incarnato che, dopo l'ultima cena pasquale consumata con i suoi discepoli, li esorta a partecipare alla danza cosmica con queste parole:

"Prima che io sia tradito, cantiamo un inno al Padre.

Quindi Egli ci ordinò di formare un circolo,

tenendo l'uno le mani dell'altro,

e, stando Egli stesso nel mezzo, disse:

Rispondete dopo di me:

Amen.

Egli cominciò, allora, a cantare un inno dicendo:

Gloria a Te, Padre.

E noi, girando in cerchio, rispondevamo:

Amen.

Danza di rendimento di grazie.

Vorrei suonare il flauto; danzate voi tutti.

Amen.

Tutto in Cielo partecipa alla danza.

Amen.

Chiunque non danza, non sa quel che avviene.

Amen." (Atti apocrifi di San Giovanni)

 
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