Il Concerto

introduzione ad una serata del ciclo

"L'arte dell'ascolto nella professione medica"

di Danilo Lorenzini

 

In questo breve studio vorremmo ripartire dal tema conduttore dei nostri incontri: "L'arte dell'ascolto nella professione medica", dove per "ascoltare" si intende non soltanto la funzione ricettiva di eventi sonori o musicali, bensì in senso più ampio un atteggiamento di disponibilità verso ciò che può essere di volta in volta oggetto della nostra attenzione. In tale contesto, l'ascolto della musica si propone come dimensione privilegiata per l'esercizio di questa capacità di accoglienza di dati, di valori, o di impressioni. Ed é dunque da tale presupposto che, considerando il Concerto come momento sociale costituitosi attorno alla musica, desidereremmo evidenziarne contenuti e limiti per pervenire infine alla identificazione di due maniere apparentemente antipodali (ma in realtà complementari) di vivere la musica e l'ascolto di essa.

In primo luogo dobbiamo constatare come lo stesso contesto socio-culturale in cui l'istituzione del concerto é nata e si é sviluppata ci consente di coglierne chiaramente e senza difficoltà le caratteristiche intrinseche. Esso infatti è in parte derivazione del salotto borghese ottocentesco: ambiente ove in eguale misura confluivano esigenze di ordine sociale (qui comunicava e si compattava la cerchia degli appartenenti ad una medesima casta culturalmente ed economicamente abbastanza omogenea) ed intellettuale.

Nell'ambito di quel microcosmo é andata elaborandosi una estetica che é riflesso di una precisa funzione attribuita alla musica, funzione che ovviamente non può prescindere dalle caratteristiche globali connotanti i singoli individui da cui era costituita la sviluppantesi borghesia. Ed ecco che alla musica si domandava di assolvere, soprattutto nel periodo detto "romantico", ad esigenze di ordine sentimentale e (in maniera riflessa e derivata) intellettuale. Esemplare in questo senso é la figura di Richard Wagner il quale, dalla dimensione onirica ed irrazionale che é sorgente prima delle suggestioni della sua opera musicale, fa scaturire una sorta di improbabile sistematizzazione di coloratura filosofico-misticheggiante tutta striata da iridescenze religiose e mitiche. Si consideri a questo proposito il suo libro "L'opera d'arte dell'avvenire". Resta dunque il fatto che l'approccio al fenomeno sonoro, prima ancora che musicale, é radicalmente informato ad una unilateralità che ne predetermina ogni ulteriore esito.

L'interesse dai fruitori è tutto rivolto ai contenuti, alle associazioni mentali od emotive e quindi alla retorica musicale. Ed ecco allora che l'attenzione va a fluire gradualmente ma inesorabilmente dal suono all'individuo "artista", il quale si trasforma poco a poco in divo, idolo e quindi sacerdote e divinità di una strana religione puramente laica, la quale sa e può ammantarsi all'occorrenza anche dei paramenti chiesastici, come é nel caso della cosiddetta "musica sacra". Che poi questa attribuzione di identità possa essere talvolta vissuta dall'artista in maniera conflittuale é altro discorso. A questa specie di superuomo, cui ancora oggi fanno riferimento gli stessi mass-media tanto per quanto concerne il mondo della musica classica quanto della musica leggera (ed é questa una divisione attorno a cui ci sarebbe molto da riflettere) viene delegato dalla collettività il compito di concretizzare per transfert il sogno di potenza ed affermazione personale che urge nel segreto dell'animo umano.

Quindi mai il divo sarà abbastanza abile o forte o ricco o grandiosamente sofferente, od anche soltanto trasgressivo nei confronti di quelle leggi che vengono vissute come altrettante sbarre di prigione da chi divo non si immaginerebbe mai di diventare. E' per la connaturalità profonda della istituzione del Concerto con un preciso contesto sociale, delle istanze culturali del quale la civilizzazione musicale occidentale é ancora oggi erede, che da un lato nel corso del novecento essa ha rivelato i tratti di una crisi profonda generata dal contrasto tra la sua struttura e i suoi contenuti (crisi riflessa anche nel rapporto col pubblico, come attestano quelli che attualmente vengono chiamati "concerti di musica contemporanea", così disattesi dalle persone non tanto perché complessi sul piano contenutistico quanto perché assolutamente inutili dal punto di vista della collettività) mentre dall'altro lato essa ha trovato nel supporto del mercato discografico e dei mass-media un fattore d'estrema esaltazione della Hybris che ne connota una delle anime.

Non é poi casuale che, ad esempio, anche nel campo della musica rock si parli di "concerti" con estremo disappunto dei benpensanti. Senza per ora inoltrarmi nello studio del Concerto anche come momento di socialità, ciò che meriterebbe un lungo capitolo a parte, desidero tuttavia evidenziare come una successione organica di brani musicali debba però considerarsi un vero e proprio percorso di ascolto, e sottolineare che per i nostri momenti di meditazione musicale é stata scelta la parola "Incontro". In qualche modo desideriamo proporre la riscoperta della semplicità dell'ascolto, ritrovando il gusto dei suoni, prima ancora che della musica, in uno spazio un po' speciale di tranquillità e di silenzio.

Parlavo all'inizio di due maniere di vivere ed ascoltare la musica: la prima penso sia emersa dalla mia sintetica esposizione della natura del Concerto. Per quanto riguarda la seconda, invece, soltanto poche parole tratte dalla presentazione del volume di Enrico Fubini "L'estetica musicale dall'antichità al Settecento", da cui ho espunto il primo testo della piccola antologia che segue: "Nel mondo greco-alessandrino e poi medievale e rinascimentale" (ma non soltanto N.d.a.) "la musica é stata oggetto di una ricca riflessione teorica con infiniti agganci con altre discipline, quali la filosofia, la medicina, l'astronomia, la matematica, la pedagogia, e con complesse implicazioni con il mondo dell'etica e della religione e della politica." Si troverà un'eco e un approfondimento di queste tematiche nelle parole di Agostino di Tagaste, il grande intellettuale-mistico con cui si conclude questa presentazione.

Enrico Fubini

"L'estetica musicale dalle origini al Settecento". Introduzione

Una ricostruzione storica delle concezioni della musica nell'antichità greca pone problemi di carattere filosofico, musicale, metodologico e anche terminologico tutti particolari.

Anzitutto le testimonianze sui secoli anteriori a Platone e Aristotele sono estremamente scarse e frammentarie e quasi tutte indirette, cioè riportate da altri autori di epoca posteriore; tuttavia rivelano una cultura musicale assai articolata in tutti i suoi aspetti teoretici, filosofici, pratici; già nella società greca più antica la musica occupava un posto di primaria importanza e le dispute musicali costituivano uno dei centri animatori della vita intellettuale. Perciò lo storico per ricostruire anche solo a grandi linee il pensiero musicale greco deve ampliare l'orizzonte d'indagine ai problemi più disparati proprio per cogliere il carattere intrinsecamente complesso e multiforme del fenomeno musicale della società del tempo; per i greci infatti la musica aveva legami assai stretti con la medicina, con l'astronomia, con la religione, con la filosofia, con la poesia, con la metrica, con la danza e infine con la pedagogia.

Bisogna perciò compiere uno sforzo mentale per penetrare nel mondo musicale greco, abbandonando le abituali categorie estetiche con cui siamo soliti considerare la musica; d'altra parte l'interesse oggi di ricostruire il tessuto culturale e intellettuale che si era venuto a formare attorno a questa poliedrica esperienza che era per i greci la musica deriva anche dal fatto che in fondo la nostra civiltà musicale occidentale discende in linea pressoché retta da quella greca.. La distanza di oltre venticinque secoli non apparirà incolmabile se si pone mente al fatto che i problemi più generali della nostra cultura musicale trovano spesso la loro origine nel pensiero filosofico musicale prima greco e poi medievale.

Se per estetica musicale s'intende quella disciplina che ricerca il carattere autonomamente "estetico" o "articolato" della musica non si potrà parlare allora di estetica musicale per la Grecia antica, così come non si potrà parlare di estetica musicale per il Medioevo e neppure per il Rinascimento. Ma se si accettasse un significato così restrittivo del termine bisognerebbe allora concludere che l'estetica musicale ha una storia molto recente che risale al massimi alla seconda metà del Settecento e che coincide con i primi passi di quell'estetica moderna che la storiografia idealistica ha individuato nel pensiero del Baumgartner, di Kant e nella filosofia preromantica; tutto ciò che precede, i duemila anni di storia che stanno alle spalle, rappresenterebbero solamente l'antefatto, i precedenti dove lo storico può avventurarsi per trovare qualche barlume di luce, qualche spiraglio di verità nelle tenebre quasi ovunque dominanti.

E' opportuno perciò chiarire sin dall'inizio il significato di una ricerca nel campo del pensiero musicale antico. Anzitutto, come già si é detto, se non si può parlare di estetica musicale per quanto hanno pensato e scritto i greci sulla musica, usando questo termine solo per il pensiero moderno più recente, va tenuto fermo che il pensiero antico ha un suo autonomo valore e significato per quanto riguarda l'elaborazione di una filosofia della musica in rapporto al proprio tempo e in rapporto alla tradizione musicale occidentale nel suo complesso. Il fatto da esempio che i pitagorici o Platone pensassero alla musica come armonia delle sfere celesti o come suprema filosofia, significa che la musica per essi aveva una funzione del tutto diversa nelle loro civiltà rispetto alla nostra; d'altra parte le concezioni elaborate dal mondo antico sulla musica hanno avuto una tale importanza storica da lasciare una traccia profonda, di cui spesso non siamo neppure più consapevoli, ancora nei tempi più vicini a noi, nelle nostre istituzioni musicali, nella nostra estetica , nella nostra cultura.

Uno studio sul pensiero musicale antico non significa perciò cercare di riportare alla luce qualche barlume di verità o di individuare alcuni precursori di un sapere più recente, ma piuttosto ritrovare le autonome o originali radici di una lunga e secolare tradizione. Inoltre lo studioso impegnato in una ricerca di questo tipo deve avere ben presente un fatto storico fondamentale: nella Grecia antica confluiscono diverse esperienze artistiche, filosofiche, religiose e culturali; la Grecia antica rappresentava un punto di confluenza di diverse civiltà, dal momento che nel bacino del Mediterraneo s'incontravano l'Oriente e l'Occidente. Tuttavia i Greci hanno saputo fondere originalmente questa molteplicità di esperienze, ed in fondo la cosiddetta civiltà musicale occidentale, tralasciando ora gli apporti dei secoli successivi, non è che lo sviluppo di quel filone di cultura che si era formato nella Grecia antica.

Perciò, per quanto riguarda la musica, va tenuto presente che essa si è evoluta in Occidente secondo una linea di sviluppo largamente dominata da una logica interna, costituendo così una tradizione abbastanza omogenea, nella quale il pensiero greco ha avuto un ruolo determinante; si tratta comunque rispetto alle tradizioni extraeuropee di un filone isolato e quasi privo di contatti con la pratica e il pensiero musicale di altri popoli. Solo in epoca recentissima i musicisti, i teorici e gli studiosi si sono accorti che la tradizione musicale occidentale non è l'unica valida tradizione esistente, ma è soltanto una delle possibili esperienze musicali che l'umanità ha sviluppato, e che oggi essa è suscettibile d'incontri e di fruttuosa integrazione con altre esperienze altrettanto valide anche se lontane dalla nostra. Il pensiero musicale occidentale perciò da Pitagora al Medioevo e al Rinascimento e andando oltre sino al Romanticismo ha una sua storia, un suo sviluppo abbastanza omogeneo, e quindi una sua coerenza: tutto ciò è dovuto principalmente al fatto che il pensiero occidentale dopo l'esperienza greca si è isolato rispetto alle altre civiltà e culture e ha potuto così rielaborare e arricchire in modo autonomo i temi originari della propria esperienza.

Una ricerca storica sul pensiero musicale dell'antichità greca all'epoca moderna può perciò prescindere dalle altre culture extraeuropee proprio per gli scarsissimi influssi che esso ha subito, ma d'altra parte va perlomeno ricordato che la mancanza in tale studio di una prospettiva su altri filoni di cultura musicale fuori dalla tradizione occidentale non significa in alcun modo il voler privilegiare la tradizione in cui siamo vissuti e in cui siamo stati educati, ma semplicemente l'essere consapevoli dell'isolamento di tale tradizione.

Agostino di Tagaste

dal "Commento sui Salmi"

"Lodate il Signore con la cetra, con l'arpa a dieci corde a lui cantate. Cantate al Signore un canto nuovo!" (Sal. 32, 2.3).

Spogliatevi di ciò che è vecchio ormai; avete conosciuto il nuovo canto. Un uomo nuovo, un'alleanza nuova, un canto nuovo. Il nuovo canto non si addice a uomini vecchi. Non lo imparano se non gli uomini nuovi, uomini rinnovati da ciò che era vecchio, uomini appartenenti ormai alla nuova Alleanza che è il Regno dei cieli. Tutto il nostro amore ad esso sospira e canta un canto nuovo. Elevi però un canto nuovo non con la lingua, ma con la vita.

Cantate a lui un canto nuovo, cantate a lui con arte (cfr. Sal 32,3). Ciascuno si domanda come cantare a Dio. Devi cantare a lui, ma non in modo stonato. Non vuole che siano offese le sue orecchie. cantate con arte o fratelli. Quando, davanti a un buon intenditore di musica, ti si dice: Canta in modo da piacergli, tu, privo di preparazione nell'arte musicale, vieni preso da trepidazione nel cantare, perché non vorresti dispiacere al musicista; infatti quello che sfugge al profano, viene notato e criticato dall'intenditore dell'arte. Orbene, chi oserebbe presentarsi a cantare con arte a Dio, che sa ben giudicare il cantore, che esamina con esattezza ogni cosa e tutto ascolta così bene.? Come potresti mostrare un'abilità così perfetta nel canto da non offendere in nulla orecchie così perfette?

Ecco egli ti dà quasi il tono della melodia da cantare: non andare in cerca delle parole, come se tu potessi tradurre in suoni articolati un canto di cui Dio si diletti. canta nel giubilo. Cantare con arte a Dio consiste proprio in questo: cantare nel giubilo. Che cosa significa cantare nel giubilo? Comprendere e non saper spiegare a parole ciò che si canta col cuore. Coloro infatti che cantano sia durante la mietitura, sia durante la vendemmia, sia durante qualche lavoro intenso avvertono il piacere suscitato dalle parole dei canti, ma in seguito, quando l'emozione cresce, sentono che non possono più esprimerla in parole e allora si sfogano nella sola modulazione di note. Questo canto lo chiamano "giubilo".

Il giubilo è quella melodia, con la quale il cuore effonde quanto non gli riesce di esprimere a parole. E verso chi è più giusto elevare questo canto di giubilo se non verso l'ineffabile Dio? Infatti è ineffabile colui che tu non puoi esprimere. E se non lo puoi esprimere, e d'altra parte non puoi tacerlo, che cosa ti rimane se non "giubilare"? Allora il cuore si aprirà alla gioia, senza servirsi di parole, e la grandezza straordinaria della gioia non conoscerà i limiti delle sillabe. Cantate a lui con arte nel giubilo (cfr. Sal. 32,3).

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