Il metodo Feldenkrais nell'esperienza musicale

di Claudio Gevi

 

Quando noi diventiamo consapevoli

di quello che facciamo veramente,

non di quello che diciamo o crediamo

di fare, allora si spalanca davanti a noi

la via del miglioramento.

(M. Feldenkrais)

 

Chi si dedica agli studi musicali o chi è già nella professione come didatta o come esecutore, è a contatto con un mondo che ha la possibilità di coinvolgere tutte le parti del suo essere, in una direzione di ricerca e di sviluppo; il suono, le sue cause, le sue manifestazioni e le sue conseguenze, sembrano evocare un rapporto dinamico e affettivo così ricco e vasto che, giustamente, quasi tutti guardano ai musicisti come a persone privilegiate. In questa visione è completamente assente la parte che riguarda il lavoro, le pene e gli affanni della ricerca che accompagnano, ad ogni livello, la vita del musicista, così come quella di ogni altro essere umano.

In questa ricerca il metodo Feldenkrais può avere un posto importante.

Nella sua molteplice ed appassionata attività M. Feldenkrais ha lavorato anche con musicisti quali Y. Menuhin, L. Bernstein, I. Markevitch e con molti altri meno famosi, ma che, in ogni modo, hanno tratto dalle sue indicazioni suggerimenti e stimoli per lo sviluppo delle proprie qualità umane e musicali.

Infatti, nel metodo Feldenkrais, l'attenzione è rivolta principalmente alla persona che vuole imparare, alla sua condizione globale, alla conoscenza delle sue difficoltà, alle sue qualità, alle sue intenzioni e al modo in cui può realizzarle, qualunque sia il suo punto di partenza.

Nelle sue opere Feldenkrais sottolinea ripetutamente che il nucleo del suo metodo è lo sviluppo della consapevolezza e che l'apprendimento è una conseguenza dell'ampliamento e dell'approfondimento di questa: consapevolezza di sé in relazione a tutte le realtà alle quali si è collegati.

Feldenkrais ha svolto la sua ricerca nel campo che sentiva più accessibile per ogni essere umano, a qualsiasi età e in qualsiasi condizione egli si trovasse: quello del movimento.

Se riflettiamo un istante troviamo che ogni attività richiede la partecipazione di un essere vivente in movimento e che la qualità dei movimenti influisce direttamente sull'attività compiuta e al tempo stesso fa parte integrante di questa attività ed è specchio dell'atteggiamento di chi la compie.

Facendo riferimento proprio all'attività del musicista, proviamo a pensare alla quantità di movimenti necessari per un'esecuzione strumentale o vocale, alla complessità e velocità di questi movimenti: la loro qualità ha un'influenza immediata sul suono. Pensiamo all'importanza di eliminare i movimenti inutili, che possono ostacolare la fluidità dell'esecuzione; pensiamo alla respirazione, ai collegamenti tra la memoria e il movimento, all'uso del movimento indipendente dell'anulare (inusuale nella vita quotidiana); pensiamo a quello che il suono ci trasmette e che é frutto dell'atteggiamento (non solo in senso fisico) dell'esecutore, ecc.

Quindi, come in tutte le attività che richiedono un alto livello di utilizzazione del sistema nervoso, nella pratica musicale è assai utile rendere più chiare le intenzioni artistico-espressive e più fluidi i mezzi per realizzarle; in questo senso il metodo Feldenkrais aiuta a sviluppare una consapevolezza così profonda che permette di integrare naturalmente questi due aspetti.

L'apprendimento in campo musicale ha la grande fortuna di svolgersi in modo individuale pressoché nella sua totalità; il rapporto insegnante-allievo rappresenta quindi un ambito privilegiato per lo sviluppo di qualità diverse in ogni individuo e questo rapporto permette ad entrambi una libertà, un'elasticità ed una profondità maggiori che nell'apprendimento collettivo.

Anche in seguito la professione musicale può permettere all'esecutore di sviluppare il suo lavoro in modo tale da mantenere viva la relazione con le sue attitudini e ricerche personali.

Naturalmente nella realtà esistono le situazioni più varie, ma devo dire che per la mia esperienza personale di musicista, allievo ed insegnante, per quella di molti compagni di studio e di molti allievi, le condizioni favorevoli d'apprendimento cui accennavo sopra, si sono verificate solo in minima parte o in casi isolati.

Infatti la cultura dell'attenzione e del rispetto della natura dell'individuo e del singolo allievo si sta sviluppando solo da pochi anni (salvo qualche illuminato precursore del passato), mentre l'atteggiamento prevalente dà più importanza all'insegnante, alla "cosa" da insegnare e ai così detti risultati, piuttosto che al "come" insegnare in relazione a quello che ognuno può apprendere.

Molto spesso, quindi, anche negli studi musicali si ripresentano condizioni d'apprendimento che mirano a raggiungere un livello standard che è presente nella mente dell'insegnante, il quale, a sua volta, é condizionato dai famosi "programmi" (non entro qui nel dettaglio della necessità di una riforma che miri a sviluppare la qualità piuttosto che l'accumulo di conoscenze superficiali); in questi "standard" trovano posto non solo la quantità del materiale studiato, ma anche caratteristiche proprie di ogni persona, come la postura, le sfumature dell'emozione, ecc. perciò si capisce quanto siano complesse le relazioni messe in gioco nell'apprendimento musicale.

In poche parole vorrei ricordare che le condizioni in cui si svolge rappresentano un fattore essenziale dell'apprendimento, ancor più del materiale insegnato.

Al posto di una ripetizione meccanica e di un'imitazione esteriore, entrambe più o meno inconsapevoli, Feldenkrais propone di lavorare nelle condizioni adatte a quell'allievo particolare, in quel momento, rispettandolo ed aiutandolo ad aver fiducia nella scoperta di quello che é, per potere poi, eventualmente, addentrarsi in territori nuovi e sconosciuti.

E' questa una prospettiva forse più faticosa (ma è solo questione d'atteggiamento) rispetto ad uno studio standardizzato, ma quanto più umana!

Anche a rischio di diventare troppo tecnico vorrei fare alcuni brevi esempi che sono solo dei piccoli momenti di ogni storia personale, ma che toccano alcuni aspetti significativi del metodo.

Veronica, una mia allieva di pianoforte, aveva rapidamente le braccia stanche durante le esecuzioni e una delle cause risiedeva nel fatto che il suo mignolo restava quasi sempre in estensione, anche senza una necessità.

Nella tecnica pianistica esistono moltissimi esercizi per sviluppare l'estensione, la flessione e l'indipendenza delle dita, ma il mignolo di Veronica resisteva a qualunque ammaestramento: ad un certo punto, come rispondendo ad una necessità organica, ...tac! si sollevava e dopo un po', il braccio era stanco; anzi, la situazione era peggiorata perché oltre alla naturale tensione fisica, era subentrato un grande dispendio di energia nel tentare di superare il problema insieme alla frustrazione di non vedere alcun risultato. Tutto ciò turbava la qualità del suono e la fluidità dell'espressione musicale.

Dopo avere lavorato su aspetti più generali, come la posizione seduta e la respirazione, per rendere più confortevole la condizione globale, ci siamo avvicinati al problema in altro modo, cercando di conoscerlo meglio, anziché sopprimerlo: in breve, ho consigliato a Veronica di tenere volontariamente il mignolo in estensione, per un certo tempo, durante l'esecuzione ed anche in attività diverse dal suonare, sentendo veramente la fatica, imparando a coglierne le variazioni, senza sforzarsi eccessivamente, ma allenandosi a sviluppare la sua attenzione su quello che, fino ad allora, era un movimento coatto, scegliendo quindi, in un certo senso, di fare consapevolmente qualcosa di "sbagliato".

Tutto questo, naturalmente, con la leggerezza di un gioco, cercando di allontanarla dalla tensione di volere risolvere solo con una volontà mentale, il presunto problema.

E, piano piano, Veronica, avendo conosciuto meglio la sua situazione e non essendo più occupata a combattere contro se stessa, osservava che sempre più spesso il suo mignolo restava quieto e pronto all'azione e anche quando si estendeva, non provocava più la stanchezza di prima.

Ovviamente la difficoltà del mignolo era collegata anche ad altri fattori, come, per esempio, la posizione del polso, ma quello che m'interessa in questo esempio è mostrare come l'apprendimento, a volte, avvenga in modo paradossale e che la difficoltà può essere uno stimolo per uno sviluppo della consapevolezza e per un conseguente cambiamento di atteggiamento.

Ivana é una clarinettista che ha partecipato al seminario della Civica Scuola di Musica di Milano (dal 1995 questa scuola organizza un corso di metodo Feldenkrais ed è la prima istituzione musicale pubblica in Italia ad averlo inserito nelle sue iniziative didattiche).

Nel corso delle lezioni collettive aveva lavorato sulla sensazione ed il contatto delle dita con lo strumento, approfondendo la sua ricerca in relazione alla posizione delle braccia e della schiena. Il conseguente miglioramento della qualità del suono (che poi è ciò che maggiormente interessa al musicista) la stimolava a cercare in questa direzione; le sembrava, infatti, che il suo suono, molte volte, avesse un'espansione limitata e che si fermasse poco dopo il leggio. Durante la lezione individuale avevo notato che il suo movimento degli occhi era molto limitato, vuoi perché suonando con lo spartito lo sguardo restava molto concentrato sulla scrittura, vuoi perché suonando a memoria l'abitudine la portava a seguire un po' rigidamente i movimenti dello strumento e delle mani.

Abbiamo cercato allora di lavorare sulla differenziazione del movimento degli occhi da quello della testa, da quello della linea melodica dello strumento, lasciando che lo sguardo potesse essere più flessibile e collegato in modo meno meccanico agli altri movimenti.

I cambiamenti della qualità del suono, della sua ampiezza, della sua direzione, si leggevano sul volto meravigliato di Ivana, che mai prima d'ora aveva sperimentato questa relazione ed erano motivo di soddisfazione e di stimolo nella sua ricerca.

Che cosa stava succedendo?

Non posso rispondere completamente, ma in questo esempio voglio solo sottolineare l'importanza della differenziazione dei movimenti per poterne diventare più consapevoli ed utilizzare la loro successiva reintegrazione ad un livello più alto e con una maggiore disponibilità nel seguire le intenzioni artistico-espressive.

Uno degli aspetti più delicati nel lavoro del musicista riguarda l'esecuzione in pubblico. Federico, oboista, si era messo in contatto con me prima di un importante concorso per entrare in orchestra. In una prova come questa ci si trova confrontati con un'esperienza-limite, perché sembra di giocarsi tutto in pochi minuti e la tensione emotiva può diventare un ostacolo alla manifestazione delle proprie intenzioni musicali.

Conoscendole a mia volta, ho condiviso pienamente queste paure con Federico; tralascio molti aspetti sui quali abbiamo lavorato, ma voglio sottolineare il punto che per lui è stato più importante: ritrovare una sensazione globale di se stesso collegata alla forza di gravità; questo contatto forte con se stesso, la relazione tra peso, scheletro e terreno, erano la base sicura, qualcosa che poteva ritrovare in ogni momento e da cui lasciare emanare la sua manifestazione musicale.

Mi fermo qui con gli esempi e vorrei concludere con una brevissima sintesi degli aspetti in cui può essere utile il metodo Feldenkrais:

- organizzare in modo più globale e raffinato i movimenti ed ottenere l'esecuzione desiderata

- alleviare i danni causati dal mantenimento di posture rigide durante lo studio dello strumento

- individuare la distribuzione delle forze, gli eccessi e le debolezze

- armonizzare l'attività del pensiero e quella motoria

- ampliare e variare le modalità dello studio, stimolando l'iniziativa individuale

- sviluppare la sensibilità

- migliorare la respirazione

- imparare a riposarsi durante e dopo lo studio

- affrontare in modo differente i problemi legati all'esecuzione, quali paure, tensioni, ecc.

Nella pratica musicale, così ricca d'indicazioni, programmi e tecniche, manca spesso quella che è, a mio avviso, l'istruzione principale: la ricerca di un contatto con se stessi come strumento attraverso cui la musica possa manifestarsi.

Posso dire, dalla mia esperienza, che il metodo Feldenkrais può aiutare in questa direzione.

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