La natura della musica

di Alain Danielou (Trattato di musicologia comparata)

trad. it. di Claudio Gevi

 

La novità del suono e 'l grande lume

di lor cagion m'accesero un disio

mai non sentito di cotanto acume...

Tu non se' in terra, sì come tu credi...

Qui veggion l'alte creature l'orma

dell'etterno valore, il qual è fine

al quale è fatta la toccata norma.

( DANTE, Paradiso, Canto I. 82 e segg. )

 

L'IDEA che tutte le scienze siano forme empiriche della conoscenza e siano basate sull'esperienza è tanto comune ai nostri giorni che facilmente dimentichiamo come la maggior parte degli elementi del nostro sistema e del nostro vocabolario musicali sono legati ad una teoria cosmologica millenaria e ad un antichissimo simbolismo, come pure lo sono anche le radici e le forme del linguaggio, strumento del nostro pensiero, e molte delle nostre maniere di misurare il tempo e lo spazio. Può darsi che sia semplicemente per abitudine che queste classificazioni ci appaiano naturali, ma può anche darsi che esista una relazione tra esse, alcune leggi fondamentali dell'universo e certe caratteristiche della nostra struttura mentale, relazione che noi percepiamo più o meno coscientemente.

I problemi che solleva lo studio della teoria musicale sono d'ordine semantico, psicologico, metafisico. Il problema fondamentale può esprimersi in poche parole. Com'è che possiamo utilizzare dei suoni per rappresentare idee, immagini o sentimenti? Si tratta di una convenzione arbitraria o c'è nella natura dei suoni qualcosa che ne fa un fattore, un quadro o semplicemente un veicolo del pensiero? Al fine di riunire quanti più elementi è possibile per affrontare questo problema può essere interessante fissare anzitutto la nostra attenzione su qualcuna delle teorie sviluppate in passato da civiltà che hanno dato un posto importante alla teoria ed alla filosofia della musica e che hanno in larga misura contribuito alla formazione del nostro vocabolario musicale. Troveremo fra molte di queste teorie similitudini notevoli che potranno forse guidare la nostra ricerca in una direzione positiva.

"Le cose tutte quante

hann'ordine tra loro: e questo è forma

che l'universo a Dio fa simigliante."

ha detto Dante.

Se i suoni possono evocare in noi emozioni ed immagini sarà perché le leggi della musica e del linguaggio ci permettono di rendere palesi le corrispondenze esistenti fra la nostra struttura mentale ed i differenti aspetti dell'universo?

Nel Li-Ki, l'antico Memoriale dei Riti della Cina, leggiamo che "la musica è intimamente legata alle relazioni essenziali fra gli esseri". Tong-Tsung-Chu, nel secondo secolo avanti Cristo, spiegava la natura di tale legame dicendo che gli spiriti vitali degli uomini, accordati sui toni del Cielo e della Terra, ne riflettono i fremiti, come più liuti accordati sulla stessa tonica (kung) vibrano tutti quando la tonica risuona. L'armonia fra la Terra, il Cielo e l'uomo non deriva da una unione fisica, da un'azione diretta, ma da un accordo su una stessa nota che li fa vibrare all'unissono... Nell'universo non v'è caso ne spontaneità, tutto è influenza ed armonia: accordi che rispondono ad altri accordi.

Per comprendere la natura di questa armonia bisogna che scopriamo un principio comune a tutti gli aspetti dell'esistenza. Se l'esperienza permette di osservare delle corrispondenze fra le leggi dell'astronomia e le leggi del suono, fra i modi della musica e quelli dei nostri sentimenti, solo un teoria cosmologica che spieghi ad un tempo la natura della materia e quella del pensiero può darne una spiegazione accettabile.

E' per una specie d'intuizione e di visione interiore che il linguaggio permette solamente di trasmettere e la musica forse di spiegare che l'uomo può apprendere certi aspetti delle leggi che reggono l'armonia delle cose. La nozione di " Verbo", espressione del Principio eterno che pensa l'universo, proviene di qua. Ed è da questa nozione che dipende la stabilità degli strumenti della conoscenza e la permanenza dei rapporti matematici, dei suoni, delle radici e delle forme del linguaggio così come l'idea della preminenza del suono fra le qualità sensibili. Il suono è lo stato vibratorio più semplice che possiamo cogliere e la vibrazione è considerata nel sistema indù una qualità di un elemento fondamentale, l'etere, di cui lo spazio è l'aspetto sensibile e gli altri elementi non sono che delle modalità temporali.

Secondo Kshemaraja ( Commentari sul Shiva-sutra-vimar-shini ) "il bindu (il punto che costituisce il limite fra il manifesto e il non manifesto, fra il non spaziale e lo spaziale, e che corrisponde al principio del suono- idea) tendendo a dare un'esistenza palese alle potenzialità delle cose che esistono in lui sotto forma d'intenzione, di pensiero non formulato, si mette a vibrare (a prender forma nello spazio-tempo) trasformandosi esso stesso in una vibrazione primordiale (nada) della natura d'un suono. Proferisce l'universo, non distinto da lui, dando una forma, un'espressione verbale, all'idea che ne ha. Così l'universo scaturisce dal Verbo. Questo Verbo trascendente non è che una vibrazione (una materializzazione) del pensiero che dà nascita alla frammentazione che è la vita. Questo Verbo (shabda) la cui natura è vibrazione rappresenta la natura essenziale di tutto quanto esiste".

"La cosa nominata ed il suo nome sono due manifestazioni parallele risultanti dall'unione di un substrato indifferenziale il (Brahman) e d'una energia o "potere d'illusione" (Maya) che li fa apparire come le onde appaiono nel mare. Attraverso l'azione dell'energia sul substrato nascono due forme di manifestazioni: il principio dei nomi, dei suoni, ed il principio delle forme, donde derivano tutte le sostanze e tutte le sfere dell'universo e tutti gli esseri, tutti gli ego coscienti. Il rapporto fra questi due aspetti della manifestazione è stretto. Una unità fondamentale lega il principio dei suoni ed il principio delle forme, le parole e gli oggetti." ( KARAPATRI, Shabda aur Artha, Siddhanta, 1-43.)

Dagli atomi fino all'universo ciascuno dei movimenti cosmici possiede un tempo, un ritmo, un periodo, e può essere paragonato ad una vibrazione, dunque ad un suono, che esprime la sua natura. Non tutte le vibrazioni sono percettibili alle nostre orecchie, ma le relazioni fra delle vibrazioni possono essere paragonate a relazioni di frequenze udibili. Tutti gli atomi possono così venir considerati come forme di un'energia che s'esprime in un ritmo, e tutte le sostanze sono caratterizzate da una particolare relazione di ritmi che può essere rappresentata da una relazione di suoni. E' a causa di questa somiglianza fra i rapporti dei suoni da un lato e le forme e le sostanze della natura dall'altro che il linguaggio e la musica sono possibili.

I suoni puri, i suoni immateriali che costituiscono la natura profonda delle cose e che Kabir chiama "la loro musica inudibile", possono essere percepiti da degli strumenti più sottili delle nostre orecchie. Giungere alla loro percezione costituisce uno degli scopi della pratica di quelle curiose discipline fisico-mentali che viene chiamata yoga. Una volta conosciuti i loro rapporti ci diventa possibile realizzare suoni che corrispondono agli esseri, agli oggetti, pur essendo dell'ordine di vibrazioni che possiamo percepire. Questi suoni possono dare un'immagine sufficientemente vicina ai suoni sottili da evocare nel nostro spirito le forme alle quali essi corrispondono, ed anche per permettere di far apparire le forme e gli oggetti che le costituiscono. Sulla credenza in tale possibilità riposano non soltanto le parole rituali o magiche, ma anche la musica tutta intera. Sir John Woodroffe in uno dei suoi commentari sulle leggi segrete ( il Tantra ) ( Garland of Letters, pag. 77 ) spiega che "i nomi naturali avvicinati, combinati secondo le leggi dell'armonia (chhanda) formano delle formule magiche irresistibilmente legate al loro significato esoterico. Allo stesso modo delle parole e delle note musicali possono essere legate a sostanze, oggetti o azioni.

Nel caso di formule rituali i suoni rappresentano dei principi cosmici chiamati Dei. Nella musica i suoni rappresentano relazioni sottili che sono la chiave delle nostre emozioni.

Se fossimo capaci di riprodurre i rapporti esatti costituenti i nomi naturali delle cose potremmo creare degli esseri, degli oggetti, dei fenomeni, poiché questo è il processo medesimo della creazione, non essendo il mondo che l'espressione di un'idea: "i suoni ormai agiscono nei limiti stretti della magia umana come agivano in principio nel grande dispiegamento magico della creazione... Il nome naturale d'un essere è il suono prodotto dall'azione concordante delle forze mobili che lo costituiscono. Perciò è detto che colui il quale pronuncia, mentalmente o fisicamente, il nome naturale di un essere dà esistenza all'essere che porta questo nome." (WOODROFFE, ibid. pagg. 209-210.)

La costruzione artificiale che è l'armonia permette d'oltrepassare il fenomeno della vibrazione fisica e percepire non soltanto suoni o gruppi di suoni bensì dei rapporti capaci di esprimere emozioni e pensieri come anche realtà trascendenti. Così, con l'aiuto della musica e del linguaggio, possiamo talvolta scostare il velo con cui l'apparenza della materia maschera la realtà cosmica.

"Attraverso il sostegno e l'inibizione reciproci dei suoni nel ritmo-della-parola (chhanda) il velo dei suoni individuali è eliminato dall'ordine della loro associazione... Anche l'effetto cumulativo della ripetizione di suoni o serie di suoni può produrre il medesimo risultato." ( WOODROFFE, Garland of Letters, pag. 77 ) L'effetto prodotto da dei rapporti sonori può essere identico quali che siano le differenze nella natura dei suoni individuali. Per questo motivo esistono rapporti paralleli tra i suoni articolati (shabda) ed i suoni musicali (svara). Un rapporto può essere lo stesso sia che si tratti di suoni successivi (modi) che simultanei (accordi). L'espressione numerica di questi rapporti è la stessa nei due casi. Per gli Indù la musica ed il linguaggio non sono che i due rami d'una stessa scienza. Le loro divisioni grammaticali e semantiche sono parallele ed utilizzano la medesima terminologia.

Le relazioni numeriche esprimenti i rapporti di suoni musicali hanno equivalenti in tutti gli altri aspetti dell'esistenza. Tali proporzioni permettono di fare confronti tra l'armonia musicale e tutte le armonie di colori e forme, le divisioni del tempo ed i movimenti planetari. Il fenomeno che chiamiamo "emozione estetica" ed il fatto che suoni, colori, forme possono venire impiegati per suggerire sensazioni, emozioni, idee, mostra chiaramente che la struttura del nostro corpo, del nostro spirito, del nostro "me" sottile è in rapporto con delle frequenze, delle proporzioni particolari, e che possiamo, con l'aiuto di quelle frequenze e di quei rapporti, determinare certe leggi del numero che sembrano costituire la natura stessa della personalità umana. Potremmo forse un giorno riuscire a formulare le equazioni del pensiero.

Perciò il lavoro del musicista non dovrebbe consistere che nel ricercare con precisione la natura sottile degli esseri e delle cose e ad utilizzare i simboli che vi corrispondono al fine d'essere capace di ricreare, attraverso la magia dei suoni, dei sentimenti, passioni, visioni quasi reali. Gli antichi poeti non vedevano limiti al potere creatore dei suoni, e pensavano che Anfione avesse potuto realmente costruire le mura di Tebe con l'aiuto dei suoni della sua lira. Ugualmente la storia della musica Indù, come quella delle musica Cinese, è piena di leggende su quei "veri musicisti" la voce dei quali sa far calare la notte e nascere la primavera. Si narra che quando Gopala Nayaka fu costretto dall'imperatore Akhar a cantare nel modo del fuoco ( Dipaka-raga ), l'acqua del fiume Jumna si mise a bollire e il musicista morì nelle fiamme che scaturirono dal suo corpo.

Gli Ermetisti dell'Europa medioevale si sforzarono di ritrovare le leggi matematiche che regolano l'armonia del mondo. Ancora nel diciassettesimo secolo Michel Maier, un medico, tentava di determinarle. Scriveva: "Come tutte le cose visibili che sono in natura, tanto i corpi celesti quanto i corpi terrestri, sono state create in numero, pesi e misura; come v'è tra essi un' ammirabile e meravigliosa proporzione in ciò che concerne le parti, le forze, le qualità, le quantità ed i loro effetti, da cui risulta una musica armonicissima; così v'è una specie d'accordo e di concerto musicale tra gli esseri spirituali nel numero dei quali si contano l'anima e l'intelletto umani."

"Nel grande sistema di questo Universo esiste un ditono, o terza, della terra, che ne è la base, fino alla sfera della luna; di qui sino al sole che ne è il cuore c'è un diapente, o quinta; e dal sole sino all'ultimo cielo un diapason, o ottava; cosicché la prima distanza è composta di diciotto comma o intervalli, la seconda di trentasei comma e la terza di settantadue comma. Nel microcosmo o "piccolo mondo", vale a dire nell'uomo, si nota pure una eguale proporzione tra le parti principali che sono il fegato, il cuore ed il cervello, calcolando dalla pianta dei piedi, non alla maniera dei matematici o dei geometri, ma come fanno i fisici".(Citato da Paul Charconac, Michel Maier, Velo d'Iside, pag. 492, 1932.)

Se l'evocazione attraverso il suono, imparentata in ciò con la creazione stessa, ha luogo non a causa dell'effetto materiale di una vibrazione fisica, ma in virtù dell'esistenza di corrispondenze sottili fra differenti ordini di vibrazioni costituenti la natura stessa delle cose, una spiegazione puramente psicologica della musica è insufficiente. L'orecchio che coglie il suono non è che uno strumento di registrazione, un fattore secondario nel fenomeno dell'evocazione musicale e se l'esistenza di questa evocazione è effimera, lo è soltanto a causa dell'imperfezione del rapporto tra i suoni. Gli ascoltatori non si differenziano che negativamente in ciò che riguarda l'acutezza delle loro percezioni per il loro grado più o meno elevato di sordità alla musica, come alla sinfonia cosmica. La musica agisce profondamente su di noi e la sensazione di piacere che crea non è un elemento sufficiente per giudicare il suo valore.

Probabilmente è a causa dell'effetto diretto sulla nostra sensibilità di alcuni elementi numerici risultanti dall'azione reciproca di determinati suoni uniti da rapporti precisi e definiti, che può prodursi una trasformazione nelle correnti nervose del nostro corpo, nel nostro clima mentale, nel nostro ritmo vitale. Gli Indù credono che i suoni musicali possano agire sugli animali, sulle piante e persino sulla materia che definiamo inerte.

Intervalli accuratamente scelti sono stati utilizzati non soltanto in India ma pure in Iran e nel mondo arabo per il trattamento delle malattie. Esistono numerosi riferimenti indiani alla potenza curativa della musica, o piuttosto di certi intervalli musicali. Il persiano Mohamed Hafiz avrebbe stabilito una terapeutica musicale dove indicava gli intervalli ed il modo da impiegare in ciascun caso. Tuttavia se per analoghe esperienze ci serviamo d'intervalli approssimativi in luogo degli intervalli previsti, semplicemente perché le nostre orecchie maldestre non percepiscono chiaramente la differenza, l'effetto prodotto sul nostro organismo da questi suoni può essere l'opposto di quanto risulterebbe dall'impiego degli intervalli esatti.

La nostra intelligenza può comprendere approssimativamente il senso d'una musica costituita da intervalli approssimativi, ma il nostro corpo, anziché trarne beneficio, rimane contratto per l'inconsapevole sforzo d'adattamento invece di sentirsi trasformato dall'influenza benefica dell'armonia. Il disprezzo per le piccole differenze negli intervalli ha serie conseguenze quanto all'effetto profondo della musica, al suo ruolo ed alla sua efficacia nella società umana.

Utilizzando degli intervalli semplificati ed inesatti bandiamo dalla musica qualsivoglia possibilità d'azione profonda. Così riformata, la musica perde gran parte del suo significato, ed il suo effetto magico, ormai incontrollato, può anche divenire pericoloso. Platone fa dire a Damone, l'ultimo dei grandi maestri pitagorici, che "non s'introducono mai cambiamenti nei modi della musica senza che se ne introducano nelle più importati leggi dello stato" ( La Repubblica, IV 424 c ) poiché si tratta di un disconoscimento dell'ordine universale che si ripercuote in tutti gli altri ordini dell'essere.

La musica era considerata da alcuni popoli antichi come un'applicazione dell'algebra del mondo cosmico la cui conoscenza non era data che agli iniziati e che influenzava inconsciamente il popolo. Ciò faceva della musica un potente strumento di educazione morale, come diceva Confucio ben prima di Platone.

In quanto espressione percettibile del numero-idea, la musica esprime i rapporti esistenti fra l'ordine umano e l'ordine cosmico. Affinché il suo effetto sia positivo, è essenziale che gli elementi sui quali si fondano questi rapporti siano rispettati, cioé gli esatti intervalli tra le note siano determinati attraverso i dati che definiscono tali rapporti. Perché se l'armonia dei suoni può armonizzare gli esseri la loro discordia può in egual misura creare il disordine e la confusione.

Così s'esprime lo Yo-Ki: "se il Kong (tonica) è turbato v'è disordine: il Principe è arrogante. Se il Chang (re) è turbato v'è deviazione: i funzionari sono depravati. Se il Kyo (mi) è turbato v'è lamento: i servizi pubblici sono opprimenti. Se lo Yu (la) è turbato v'è pericolo: le risorse sono esaurite. Se i cinque gradi sono turbati i ranghi si usurpano l'un l'altro: è ciò che si chiama insolenza, e se è così la rovina del regno sopraggiungerà in meno di un giorno... In un'epoca di disordine i riti s'alterano e la musica è licenziosa. Allora i suoni tristi mancano di dignità, i suoni gioiosi mancano di calma... Quando si manifesta lo spirito d' opposizione si sviluppa la musica dissoluta. Ma quando si manifesta lo spirito di conformità si produce la musica armoniosa... Così quando la musica esercita la sua benefica azione i cinque doveri sociali sono liberi da ogni confusione, gli occhi e le orecchie sono chiari, il sangue e gli spiriti vitali sono in equilibrio, le usanze sono riformate, i costumi sono migliorati, l'Impero è in pace." ( Citato da M. COURANT, Saggio sulla Musica classica dei Cinesi. Dizionario del Conservatorio, pagg. 206-207.)

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