"Vingt règards sur l'Enfant Jesus"

di Olivier Messiaen

frammento dall'introduzione all'ascolto

di PierAngelo Sequeri

 

(...) E qui voi non ascoltate soltanto la cifra melodica, l'elemento ritmico vengono da sé, vi accompagnano al loro ascolto, non sono da cercare. Voi qui invece osservate nell'insieme di questa esecuzione in che modo il suono abbia come un attacco e poi un corpo e poi un suo retrogusto iridescente di armonici che rimangono come sempre sospesi all'avvento del suono successivo: cristallo e arcobaleno.

E da ultimo in questi brani il simbolo musicale assegnato da Messiaen alla Stella di Natale è lo stesso della Croce. Perché qui c'è anche una lotta, una lotta mistica e spirituale fin che volete, ma anche una lotta reale, che Messiaen ha vissuto anche personalmente. Una lotta appunto per trarre dalla materia sonora una capacità spirituale. Una lotta che lo riguarda personalmente, e ne avete l'eco nell'ultimo dei brani che verranno qui presentati: la piccola frase del Cantico dei Cantici "Io dormo ma il mio cuore veglia".

La spiritualità del Cantico non è consueta, neppure nel cristianesimo, perché una spiritualità come quella del Cantico dei Cantici, una spiritualità come quella di Messiaen, scommette su una delle scommesse più audaci per l'intero cristianesimo: se si dia una spiritualità del sensibile e se la spiritualità del sensibile sia la cifra alla quale anela ogni creatura. Se cioè l'esito e il senso di ogni umana vicenda non sia semplicemente la salvezza dell'anima ma l'intensità, la profondità e il perdurare di quel godimento degli affetti che noi abbiamo imparato anche dagli sguardi, e non soltanto dai pensieri molto elevati.

É molto difficile dire questa cosa con le parole della religione perché detta con le parole della religione essa diventa subito un po' informe o troppo astratta. É difficile anche trattenerla nel silenzio: noi speriamo segretamente che sia il sensibile, gli sguardi e le mani con i quali ci siamo amati ad avere un destino eterno, perché per l'anima avere un destino eterno è fin troppo facile. Ma per i nostri sguardi (questo è il problema) se possiamo trattenere in essi gli affetti che essi hanno accumulato.

La musica è questa sfida da sempre: trasversale a tutte le religioni essa rappresenta come il simbolo di questa sfida. "Sì" _ la musica dice _ "esiste una spiritualità del sensibile". Qui un grande maestro ci conduce a raccoglierci di nuovo intorno a questo pensiero con affetto e con speranza: c'è un'incarnazione che ci conferma.

Sì, esiste una spiritualità del sensibile, le lacrime dei nostri occhi saranno asciugate (l'Apocalisse è un simbolo caro a Messiaen) e noi avremo la gioia di ritrovare con questi occhi - come dice Giobbe: io sto qui sotto tutte le avversità, ma un giorno con questi occhi voglio vedere Dio. Perché se non lo vedo con questi occhi, che lo veda la mia anima m'importa poco. Perché questi sono gli occhi che hanno amato.

Dunque un grande maestro percorre questa strada spiritualissima e audacissima, con la lingua che rappresenta una sfida anche per le religioni: la lingua della musica, che scommette su una spiritualità del sensibile. E un grande interprete ci guida dentro questo cammino dell'ascolto: siamo veramente fortunati.

(n.b.: questa è la trascrizione letterale dell'ultima parte d'un discorso tenuto il 22 dicembre 1994 dal prof. PierAngelo Sequeri come introduzione ad una scelta di brani dal ciclo di Messiaen eseguita da Antonio Ballista per il LaRiS a villa Casnati - Bussero - Milano. Il testo non è rivisto dall'Autore)

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