LA MUSICA CLASSICA

I compositori non sono tutti morti (e meno male)

Nicola Campogrande

 

Un'altra cosa che bisogna sapere della musica classica è che non è fatta da morti viventi. Che esistano giovani esecutori uno probabilmente lo sa; che ci siano altri giovani che fanno i compositori, invece, non lo sa quasi nessuno. Io, quando incontro qualcuno che mi chiede che cosa faccio, spiego che, appunto, faccio il compositore, ma poi quello, puntualmente, mi dice che i compositori ormai sono tutti morti oppure mi chiede che cosa faccio davvero, di mestiere. E io sorrido e ripeto che faccio il compositore. Il compositore è poi uno che scrive la musica, ma non si deve pensare che abbia la parrucca bianca e che scimmiotti Mozart, perché la musica che scrive oggi uno che ha studiato quella roba lì ed è stato dieci anni in un Conservatorio assomiglia più a molte altre cose che a una sinfonia di Beethoven. Eppure - ma è un errore - quella musica, per capirci, la chiamiamo classica (anche se, personalmente, io avrei coniato l'espressione "di tradizione classica", ma nessuno la capisce); e se poi dentro ci trovi una milonga o uno strappo di rap sono cose che non scopri finché non l'hai ascoltata.
Incontrerete persone che, per spaventarvi, vi informeranno che la musica scritta dai compositori di oggi non si chiama classica ma contemporanea e che, come l'arte contemporanea, la letteratura contemporanea e il cinema contemporaneo, non può che dar fastidio. Beh, rispondete che d'accordo, certa musica contemporanea non solo dà fastidio ma è proprio una schifezza; però rispondete anche che c'è musica scritta oggi molto più bella di quella composta tre secoli fa, musica che ha su di sé il respiro della modernità e non il rimpianto dei bei tempi andati, musica arrapante, commovente o gioiosa come soltanto sanno esserlo le opere d'arte e gli spettacoli che ti nascono intorno e provano a raccontare il mondo che stai vivendo.
Incontrerete altre persone che vi metteranno al corrente della presunta difficoltà di ascolto della musica contemporanea, della necessità di trangugiare prima quantità industriali di Rossini e Brahms per poter dopo tentare un avvicinamento alla musica di oggi. Mi ricordo che, da quando mi sono innamorato della musica, c'è sempre stato qualcuno a spiegarmi che per il momento alcune cose non mi sarebbero piaciute, perché non le capivo, chiaro, ma che poi, un giorno o l'altro, sarei impazzito di gioia ascoltando certe pagine di Schönberg o di Stockhausen (due mostri sacri della musica del Novecento). Beh, a me certa musica contemporanea continua a non piacere, anche se sono anni che provo a capirla, e allora comincio a sospettare che non ci sia niente da capire e che quella musica sia semplicemente brutta. Anche perché con altra musica contemporanea è stato un colpo di fulmine, non c'è stato niente da capire, e ho degli amici che prima si sono appassionati alla musica che si scrive oggi e dopo sono andati a scoprire le culle rassicuranti di Mozart e Beethoven. Per ascoltare la musica nuova, insomma, non si deve fare altro che aprire le orecchie e dare un po' di fiducia ai compositori: se avranno scritto qualcosa di buono ve ne accorgerete da soli e se invece uscirete dal concerto disgustati, soprattutto non pensiate di non aver capito: probabilmente la musica non valeva nulla.
Dopo, quando una musica vi avrà catturato, quando vi sarete divertiti ad ascoltarla, allora potrete anche mettervi a studiarla, e cercare di capire tutto quanto ci sta dietro.

Ma come campano i compositori è una buonissima domanda. Tanto che spesso i Maestri se la rivolgono tra di loro. In teoria esisterebbero i diritti d'autore, per cui chi compra il biglietto per un concerto o si porta a casa un compact versa il suo piccolo obolo al tapino che si è inventato la musica. Di fatto le cifre che si guadagnano sono davvero irrisorie e quel poco che paga la Rai quando (quando?) trasmette nuova musica alla radio o in tv serve appena per pagarsi le telefonate che uno fa perché la Rai trasmetta nuova musica - la propria - alla radio o in tv. Poi ci sarebbero le commissioni, cioè quei soldini che ti danno quando ti chiedono espressamente di scrivere una partitura, ma si è diffusa, specie in Italia, la consuetudine delle commissioni gratuite, che vuol dire tu lavori gratis un tot di mesi e poi, in cambio, io ti suono la tua musica (che uno certe volte si chiede…). Insomma, quasi tutti i compositori per campare fanno anche un altro mestiere. Molti insegnano nei Conservatori, altri danno lezioni private, qualcuno fa tutto un altro lavoro (che so, è impiegato di banca, assicuratore o pilota areonautico) e molti altri provano ad arrabattarsi con quei mestieri strani dell'indotto culturale italiano (l'articolo per il giornale, la consulenza musicologica, la direzione artistica e così via).

 Beh, dovreste ascoltare la musica di

 

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Aggiornato il: 28 marzo 2001