LA MUSICA EXTRACOLTA

E' andata anche così (la storia del rock)

Marco Basso

  
Dal matrimonio di ritmi, armonie e sonorità del blues, del jazz e del rhythm and blues (variante nera urbana del blues caratterizzata dai ritmi forti e ripetitivi) con la musica popolare dei bianchi d'America, il country, nasce il rock and roll, una miscela esplosiva che sarà alla base di tutta quella che viene definita pop-music. Quale sia l'anno zero del rock poco importa. Tra il 1954 ed il 1955 comunque accadono un paio di cose importanti: un timido giovincello chiede ad un produttore di poter incidere un disco da regalare per il compleanno della mamma, mentre un d.j., Alan Freed, imperversa sulla radio trasmettendo una musica che chiama rock'n'roll. Il giovanotto era Elvis Presley, Sam Phillips era il proprietario dello studio. Quest'ultimo aveva affermato: "Datemi un bianco che canti da nero e io ci faccio su un milione di dollari". Inopinatamente l'aveva trovato. Così inizia la leggenda di Elvis "The King" o "The Pelvis" per il modo provocante di ancheggiare nelle esibizioni: sarà il primo di un'infinita galleria di star con cui i giovani di volta in volta si identificheranno.
Seppur di derivazione nera, il rock'n'roll agli inizi è portato al successo dai bianchi. Non è l'unica musica che si suona negli States: oltre alla musica blues ed ai suoi derivati, all'inizio degli anni '60 si accende l'interesse verso il folk. E' l'ora di Dylan. Intanto il fenomeno rock sbarca nel vecchio continente. A Liverpool, praticamente in provincia, appaiono i Beatles: un fenomeno planetario. L'Inghilterra scopre il blues. Il verbo è divulgato da due santoni, Alexis Korner e John Mayall, alla cui corte accorrono giovani musicisti di belle speranze che indicheranno la strada al rock fino alla fine degli anni '70 ed oltre dando vita a gruppi come Rolling Stones, Cream, Fleetwood Mac, Led Zeppelin. Della combriccola fa parte Eric Clapton, il primo grande eroe della chitarra.
Poi, curiosamente, il rock ritorna negli States: si parla di "British invasion", vista la capacità delle band inglesi di sbancare le classifiche americane. Il fermento è ormai al massimo: il rock'n'roll di Presley, già riplasmato dai Beatles, arricchito da Dylan, è continuamente influenzato dai caratteri dominanti della musica afro-americana. C'è un vigoroso ritorno del rhythm and blues e trionfano cantanti soul come Otis Redding. I suoni si contaminano; unico segno distintivo: essere la voce dei giovani. La protesta di una generazione arma le canzoni, compare la psichedelia che racchiude l'utopia del sogno giovanile, il rock indurisce i suoni, ma sa diventare grande musica e assoluta poesia. Proprio mentre la Woodstock Nation predica pace, amore e musica, viene scippata di credibilità dall'industria dello spettacolo.
Dalle ceneri del sogno calpestato scaturisce però l'energia del punk, che ancora oggi vibra dopo aver rivitalizzato la scena: torna il furore del rock allo stato brado, genuino e sacrosanto. Vecchi ma buoni ritornano antichi menestrelli, segno che l'anima non si è persa né venduta. Anche la musica nera, rispolverata la fierezza della cultura afro-americana, trova la strada del rinnovamento nell'energia del movimento hip hop. Il rock è finalmente cresciuto: la sua maturità è tutta nella dignità e nell'orgoglio di una memoria che ormai gli appartiene.
A partire dalla metà degli anni '70 si diffonde la produzione di video. La funzione primaria è quella di promuovere un artista attraverso le sue interpretazioni musicali. Il cocktail di musica ed immagini risulta subito assai appetibile, soprattutto al pubblico più giovane cresciuto davanti alla televisione. Le immagini hanno il compito di esprimere il testo, le sensazioni e le emozioni che una canzone racchiude. Immediatamente i videoclip assumono così un valore artistico autonomo sovrapponendo ed imponendo alla musica "altre" immagini. Ma i videoclip molto spesso altro non sono che una sorta di telenovela musicale che inibisce la fantasia dell'ascoltatore.
La Mostra del Cinema di Venezia del 1996 dedica al videoclip addirittura una sezione. Nascono quindi i videobar, le videodiscoteche e le televisioni musicali: la più nota è MTV, che trasmette via cavo, negli Stati Uniti, dal 1° agosto 1981 ed ha determinato il successo di molti artisti, imponendoli al pubblico: moltissimo le devono Michael Jackson, Madonna, Cindy Lauper, i Duran Duran, tant'è che viene coniato lo slogan "To Be Or Not To Be May Depend On MTV" ("Essere o non essere può dipendere da MTV"). Dal 1° agosto del 1987 MTV trasmette anche per l'Europa.

Il primo concept-video nella storia del rock è realizzato in Inghilterra dai Queen (1975, "Bohemian Rapsody", regista Bruce Gowers). Oltre oceano nel 1978 sono i fratelli Jackson a sperimentare gli effetti hollywoodiani sulla musica ("Blame It On The Boogie"). E' del 1979, ad opera dei Buggles, il primo video con una vera e propria sceneggiatura ("Video Killed The Radio Star", letteralmente "Il video uccide le star della radio"). Molti registi si cimentano nella realizzazione di videoclip determinando l'evoluzione tecnica e l'ansia di ricerca e di sperimentazione che caratterizza tutta la musica da vedere di qualità. Tra questi Julian Temple e John Landis che girano nel 1982 per Michael Jackson rispettivamente "Billy Jean" e"Thriller" (grottesca parafrasi di un film horror, con la partecipazione di Vincent Price). Kevin Godley e Lol Creme sono tra i registi più ricercati: musicisti (facevano parte del gruppo pop inglese 10 cc.) e cineasti, girano per i Duran Duran, Status Quo, Police e Peter Gabriel realizzando opere capaci d'influenzare, oltre ai video musicali, gli spot pubblicitari ed il cinema.
 

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Aggiornato il: 28 marzo 2001