La Bibbènna
(la vendemmia)


La bibbènna era, per la cultura contadina gallurese, un rito consumato con tutti i componenti della cussogghja. La raccolta dell’uva coinvolgeva tutti: uomini donne e bambini, i grappoli d’uva tagliata venivano portati dentro un recipiente di legno chiamato calcicatoggju o scugninu dove i più volenterosi schiacciavano con i piedi nudi i grappoli. I chicchi con i raspi dopo questa operazione fermentavano per almeno dieci giorni nel laccu (il tino). Chicchi e raspi venivano chiamati tinaggju che dopo la fermentazione venivano pressato con la suppressa, il mosto veniva conservato nella cupa (la botte) fino alla fine del mese di novembre per il primo travaso. I contadini galluresi avevano la nomea di persone di grande rettitudine e sobrietà, non eccedevano mai nell’uso del vino; solo in occasioni speciali si poteva eccedere con moderazione, pa alligrà lu baddu e la festa (per animare il ballo e la festa). La vigna nel lu stazzu era un autentico biglietto da visita per il contadino, in genere i filari verdi delle vigne in Gallura erano prospicenti la casa, esposta sempre ad est più spesso in un morbido pendio, la custera suliana. Si mettevano a dimora le viti dopo aver fatto dei solchi di circa un metro, la presa. Passato un anno o due dalla piantumazione della "vite americana" la vigna veniva innestata con viti di varia qualità. La vigna veniva curata esclusivamente con lo zolfo, irrorata con un mantice a soffietto, per impedirne le malattie causate dall’umidità, tale cura veniva sospesa durante la fioritura.


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