Camilla    di Jacco

 

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Il marito mi aprì la porta. Mi guardò appena con un sorriso ma tenne la porta socchiusa, come temendo che altri potessero sbirciare dentro la casa. "Sei Giacco?" "Sì, piacere… Giovanni!" "Piacere, Carlo. …Entra, entra". Guardò ancora se sul pianerottolo ci fosse qualcuno e repentino mi fece cenno di entrare. Nell’ingresso, ginocchia per terra e bendata, c’era Camilla. Splendida, bionda, con un seno ancora giovane e due capezzoli piccoli ma ben disegnati, induriti dall’attesa. Aveva calze nere autoreggenti e le mani legate dietro. "La mia signora è già pronta…. – poi esitando aggiunse, quasi sottovoce – come una cagna". Lo disse come una battuta di copione, quasi controvoglia e deglutendo per l’imbarazzo. Io simulai disinvoltura e le girai intorno. Volli pensare che l’avesse detto per far piacere a lei, a Camilla, ché la cosa l’eccitasse quasi fosse di lei la regia della sua stessa sottomissione. Mi piaceva il suo odore, sembrava che la casa ne fosse pregna, e mi ero già innamorato del suo mento e della sua bocca, …sospirosa. Le misi la mano dinanzi al muso, senza sfiorarla, per sentirne il calore. La sentii viva ed eccitata.

Subito dopo fui io ad essere tradito dalla mia voce, rotta e un po’ rauca. Aggiunsi "una bella cagna, non c’è che dire!" "la tocchi, la tocchi, senta che pelle!". Una scossa elettrica mi attraversò dal braccio alla mente quando poggiai il palmo sul suo viso. Camilla ebbe un tremito, forse si aspettava di essere toccata altrove. Io le accarezzai il viso, poi scesi sul collo e sotto una mammella, le sfiorai un capezzolo e poi le presi il mento e feci qualcosa di inatteso: "apri la bocca" le dissi e mi avvicinai a lei "alita forte", lei lo fece e io respirai forte il suo vapore interiore. "Di nuovo!" la cosa eccitò tutti e con il marito ci mettemmo a guardarla in bocca facendo osservazioni sui denti e poi guardandole l’ugola "fai aaaa" "aaaa" "brava" e le misi un dito in gola per vedere la resistenza al vomito "hai visto?! La puoi chiavare in gola senza difficoltà… certo dipende da quanto ce l’hai grosso!" "no, normale… ma è duro e ricurvo. …Vediamole il culo. Mi puoi aprire le natiche? Voglio vederla di dietro". Il rossore avvampava senza posa sulle guance di Camilla e fu davvero straordinario abbassarci in due a osservarle l’ano da vicino.

Carlo le era di fronte e mentre le sollevava le braccia legate sulla schiena con le dita dell’altra mano teneva dischiusa una natica. Io mi chinai dietro di lei e con la destra tiravo l’altra natica per vederle bene l’ano, "Fai qualcosa per tenerla sempre pronta?" "Certo, una volta al mese le lavo l’intestino con una piccola peretta e la mattina le infilo un dilatatore di gomma oliato con vaselina" "fantastico" e così dicendo le infilai prima un dito poi due nel culo. Entrarono senza alcuna difficoltà e per premiarla poggiai il pollice sulla vagina, cercando tra le labbra il clitoride.

"Vuoi fare prima colazione? O hai già fatto!" "No, volentieri…" "prego accomodati" e mi aprì la porta della sala da pranzo. Camilla venne slegata ai polsi. Poggiò le mani per terra. Con mia grande sorpresa Carlo la colpì sulle natiche con uno schiaffo "a cuccia su, a cuccia!" e la colpì ancora. Camilla provò a cercare la sua mano con la mano, per fermarlo. Sentii appena la sua voce in un flebile lamento ma lui la colpì ancora, uno, due, tre, sino a dieci schiaffi. Era arrabbiato, "devi tenere le zampe per terra e quando dico a cuccia devi metterti a cuccia, capito?" lei sussurrò "basta, basta" e lui si arrabbiò ancora "ti ho già detto che non devi parlare! Cagna! Sei una cagna!" lei mugugnò e mise il culetto a riparo dai suoi colpi poi gli cercò le mani con la lingua da fuori, senza usare la mani. Lui stette al gioco e lasciò che Camilla gli leccasse la mano che l’aveva colpita sul sedere.

"Vado a prendere il guinzaglio!". Io mi avvicinai per guardarle le natiche arrossate e poi le misi la mano sulla nuca. Camilla come un cagna poggiò subito il volto, premendolo sulle mie gambe e sul pube. Io le presi ad accarezzare la nuca, come ad un cane e lei si trusciava il viso sulla mia pacca ormai indurita e gonfia sotto il cotone teso dei pantaloni. Carlo arrivò e non si ingelosì di quella scena, anzi aggiunse "E’ una brava cagna, Camilla, è brava" gli mise il collare e vi legò il guinzaglio per portarla con noi in salotto. Noi ci sedemmo al tavolo. Aveva apparecchiato per una colazione abbondante, con succhi di frutta, macedonia, uova e caffè lungo in caraffa. Andò in cucina per sfornare il pane tostato e poi poggiando una ciotola rossa per terra aggiunse "per favore, Giovanni, ti dispiacerebbe versare del latte anche a Camilla?". Io ne fui molto eccitato e avvicinatomi a lei posai la ciotola sotto le mani e accarezzandole di nuovo la nuca versai dentro il latte. Poi premetti appena sulla sua testa per dirle che poteva mangiare "mangia Camilla, mangia" e lei abbassò il capo, mise i gomiti per terra e circondò con le braccia la ciotola. Poi vi immerse il muso e iniziò a succhiare il latte.

Io andai a sedermi e volevo tirarmi fuori la verga dai pantaloni per l’eccitazione dello spettacolo dinanzi ai miei occhi. Non lo feci. Era fuori dalle regole e dalle buone maniere. Mi sedetti meglio e cercai di mangiare qualcosa.

Lui arrivò dalla cucina e si fermò dietro di lei, estasiato. "Che culo meraviglioso, vieni Giovanni, vieni" "Anche da qui è uno spettacolo" dissi alzandomi "vedrai, ora ci divertiamo! Dai torna al tavolo ho preparato qualcosa di caldo. Ti piace la marmellata di arancia?" e posate le portate sul tavolo tornò da Camilla. "Anche per te, ci sono i biscotti!" e così detto le portò di nuovo le mani dietro la schiena per legarle. Poi Carlo sfarinò dei biscotti secchi nel latte, tornò al tavolo per prenderne altro, lo aggiunse nella ciotola da cane e disse a Camilla che poteva continuare la pappa.

Venne da me e ridendo mi disse "guarda ora come deve fare per mangiare, deve sporcarsi tutta la faccia!" e prese a mangiare con gusto guardandola sott’occhi.

Io mi fermai, quasi non riuscivo a respirare, figuriamoci mettere qualcosa in bocca. Carlo mi guardò e quasi con voce pietosa mi disse "vuoi incularla ora, mentre mangia!?" Risposi con uno sguardo di ringraziamento e subito mi tirai giù i pantaloni e mi andai a mettere dietro di lei. Improvvisamente presi confidenza e le detti una grande pacca sulle natiche "Allarga le gambe Camilla e continua a mangiare, come una cagna!" le infilai subito il cazzo nell’ano che sapevo già pronto e continuai a prenderla a schiaffi "mangia, mangia" e continuavo, sentendo i testicoli sbattere ormai contro le natiche. Le slegai i polsi e la afferrai meglio per i fianchi, per penetrarla meglio. Ora potevo allargarle le natiche e cercare di portare il cazzo sino alla sua base dentro l’ano. Camilla mugugnò e io la battei forte sulle natiche, facendole ora livide di schiaffi "poggia le mani a terra e lecca la ciotola, la voglio vedere pulita, neanche una goccia" ma mentre lo dicevo sentii il getto scorrermi nella verga e mi sfilai da lei. Non l’avevo pensato ma agii d’istinto. Corsi alla ciotola e venni copioso dentro la poggiai per terra e non ebbi bisogno di dire nulla, Camilla la ripulì di ogni traccia di sperma. Io mi buttai sul divano esausto, il gioco non era finito ma dovevo riprendere le forze. Il marito soddisfatto si avvicinò per offrirmi un grande bicchiere di aranciata che presi volentieri.

Poi andò a controllare la ciotola, "brava Camilla, brava, l’hai pulito per bene e con un tozzo di pane raccolse gli ultimi grumi di sperma e di latte e li fece mangiare alla sua cagna e moglie, la nostra Camilla. Poi la prese per il guinzaglio e la portò di nuovo verso di me. "Si levi le scarpe Giovanni. Abbiamo precorso un po’ i tempi ma non fa niente." Io guardai senza capire, guardai anche Camilla ma lei era bendata, purtroppo. "Lo sa perché è bendata?" Io iniziai a slacciarmi le scarpe "La eccita di più, non sapere chi l’ha trattata da cagna. Quando è sola per strada ogni uomo che incrocia, ogni commesso, ogni cassiere, ogni ragazzo con il cane può essere stato il suo padrone" io poggiai i piedi per terra "no, Giovanni, anche le calze. Pensaci! Tutti possono essere stati suoi padroni, averla inculata e disposto di lei in ogni modo trattandola da animale." "perché le calze?" "Non ci hai pensato bene. Lei, come i cani, ha un solo elemento per riconoscere i suoi padroni. Il loro odore!" Ora capii e mi sfilai i calzini, poi alzai timoroso il piede e lei senza alcun pudore prese ad odorarlo. "In bocca Camilla, non fare la schifiltosa… come l’ultima volta" e con la lingua si insinuò tra le dita sudate dei piedi. Io mi eccitai nuovamente e le spinsi l’alluce in bocca che lei prese a succhiare.

Inutile dire che finimmo per venirle sul viso, tutti e due. Prima mi pulì ben bene il piede, dito per dito, insinuandosi tra le dita con la lingua, leccando con dovizia la pianta e sempre annusandomi profondamente. Poi mi alzai, anche lui si tirò fuori l’uccello e lei mise la lingua fuori, pronta a ricevere sul viso un’altra dose di sperma. Avremmo voluto essere in venti per vederle colare lo sperma sui seni, attaccarsi tra i capelli sulla fronte, scendere nell’incavo dell’orecchio, riempirle le guance e la bocca, la lingua copiosamente ricolma di denso bianco sperma. Dovemmo accontentarci ma le sorprese per me non erano finite. "Non basta" disse lui, "c’è un’altra cosa da fare perché lei come una cagna ti riconosca incrociandoti per strada!" "cosa?" la prese per il collare e attraversammo la casa. Una casa elegante e spaziosa che abbinava mobili da antiquariato e arredi contemporanei. Entrammo in bagno e Camilla con gesti già misurati si inginocchiò nella vasca da bagno. "Pisciale in faccia, in bocca, - disse Carlo - i cani vanno pazzi per il puzzo di urina"…

 

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By Jacco