Come un'onda           di Moemi

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"Come un'onda,
mi schianto sugli scogli,
mi sento rivoltata, arrotolata.
Mi sento in apnea,
soffocata, annegata, affondata.
Scivolo verso terra,
come un'onda, come un'onda--

Rientro, striscio,
pelle contro pelle,
fuori il cuore, dentro il mondo,
come vetro,
come vento mi nascondo."

Sentendosi chiamare in causa, il vento gonfiò i suoi polmoni di nuvola e
soffiò più forte verso il quaderno, divertendosi a vedere le pagine che
s'inseguivano veloci tra le mani di Elena e facendole perdere il segno.
Elena chiuse gli occhi, lasciando che le giungesse gelido sul viso. Mise le
sue guance pallide tra quelle mani fatte d'aria e granelli di sabbia e si
lasciò scostare i capelli dalle orecchie. Infilando la sua lingua gelata
nella rosea conchiglia della ragazza, il vento fece strada ad una voce
maschile dal tono incerto, esitante.
«Pioverà. Hai visto che nubi scure?»
«C'è ancora tempo.» Rispose Elena a quella voce che aveva aspettato di
sentire da tempo; molto più tempo di quello che era passato da quando si
erano addormentati, la sera prima, uno tra le braccia dell'altro. Era tutta
la vita che aspettava di sentirla.
Elena rabbrividì al pensiero di non essere più avvolta dal calore delle sue
braccia e ritirando le mani nelle maniche della felpa come piccole
tartarughe, si strinse le ginocchia al petto, abbandonando il quaderno delle
poesie nella sabbia.
«Perché sei uscita senza avvertirmi? Pensavo te ne fossi andata, poi ho
visto che le tue cose c'erano ancora. E' stata la signora della reception a
dirmi che eri scesa in spiaggia. Mi hai fatto preoccupare.»
La giovane non gli rispose, ma aprì gli occhi a guardare il mare che si
stava scurendo, davanti a lei.
Sapeva che se si fosse voltata a guardarlo negli occhi, sarebbe precipitata
nello stesso verde.
«Il mare, Cris--Il mare. Se resti qui abbastanza a lungo, in silenzio, sembra
che possa lavarti via tutti i pensieri. Ti ripulisce così-- un passo alla
volta, come quando avanza sul bagnasciuga. Sale, sale, sale-- ma mai fino
alla fine: deve scendere di nuovo, ridarsi la spinta.»
Cristiano sospirò e le si sedette accanto.
«Potevamo scendere più tardi a vederlo insieme, il mare. Non avevi paura a
restare qui da sola? Non passa nessuno.»
«E' bello il mare quando non c'è nessuno. A ottobre la spiaggia sembra quasi
dimenticata da tutti, anche dal tempo.»
Cristiano si voltò a guardarla. Elena non si era truccata e con le guance
arrossate dal freddo le labbra sembravano ancora più pallide. Lo stesso
rossore l'aveva sul volto la sera prima, mentre assecondava le sue spinte
con dolcezza, un sorriso appena accennato sulle labbra da bambina.
Non avrebbe mai immaginato che con quell'espressione dolce e un po' triste,
da ragazzina, Elena si sarebbe rivelata un'amante così passionale.
Sbattendo le palpebre, Cristiano scacciò l'immagine di una Elena sensuale,
dagli occhi accesi dal desiderio e tornò a vederla per quello che era in
quel momento: l'involucro di una giovane donna, la cui anima sembrava
essersi addormentata, cullata dalle onde. Sentì il bisogno di risvegliarla,
aveva bisogno di sentire il suo calore.
Doveva aver freddo anche lei: non aveva portato la giacca con sé e si
stringeva al petto le gambe fasciate da un paio di jeans logori e scoloriti,
perdendosi in una felpa blu più grande di almeno due taglie. Cristiano
riconobbe come sua quella felpa, era la stessa che indossava la sera prima.
«Non hai freddo, solo con la felpa addosso? Puoi mettere la mia giacca, se
vuoi.»
«No. Sto bene così. Questa felpa ha un buon profumo.»
Incoraggiato dal fatto che Elena apprezzasse il suo odore, Cristiano si
spostò dietro di lei strisciando nella sabbia e se la attirò tra le gambe,
stringendosela al petto.
«Io invece ho freddo. Avrei preferito averti accanto quando mi sono
svegliato stamattina, per restare con te sotto le coperte e riscaldarmi con
il tuo corpo» le sussurrò nell'orecchio, soffiandole sul lobo. Elena ebbe un
fremito. Le sarebbe mancata la sensazione di perdere la terra sotto i piedi
ogni volta che le sussurrava nelle orecchie.
Un fulmine cadde all'orizzonte, seguito da un brontolio cupo.
«Dunque è così che accade» commentò, mentre Cristiano le baciava il collo.
Il ragazzo emerse dai suoi capelli scuri «Cos'è che accade?»
«Un fulmine sul mare. Un fulmine. Credi che il suo effetto si sarà perso,
nelle profondità del mare?»
«Dovremmo tornare in albergo» rispose Cristiano, spostandosi per alzarsi
dalla sabbia. Ma Elena lo trattenne, aggrappandosi alla sua gamba.
«No, aspetta! Rispondimi, prima. Il fulmine si perde, nel mare?»
«Elena, ma che domanda--» cominciò Cristiano. Poi si fermò, impensierito.
«Stamattina sei strana. Senti, ma non è che non ti è piaciuto fare l'amore
con me, stanotte? Puoi dirmelo senza problemi, se è così.»
Elena distolse lo sguardo. «Ho pensato che il mare-- il mare non ci pensa di
essere stato colpito da un fulmine-- e va avanti con la sua vita.»
"Ok, non gli è piaciuto" pensò Cristiano "Certo che è strana, Elena.
Sembrava diversa, quando l'ho conosciuta in chat. Più allegra,
giocherellona. E anche ieri sera, era diversa... sembrava non avere altra
voglia che baciarmi e toccarmi... adesso invece è così distante..."
«Va bene. E' come dici tu, Elena. Ma ora torniamo in albergo, ho appena
sentito una goccia di pioggia sulla fronte.» Poi le prese il mento e le girò
il viso per guardarla negli occhi, per essere certo che cogliesse le sue
parole: «Non ti costringerò a far nulla, se non vuoi.»
In tutta risposta, Elena si lanciò contro le sue labbra, schiacciandogliele
con un bacio.
Cristiano strinse la felpa tra le dita, confuso da questo nuovo
atteggiamento della ragazza.
«Elena, io--»
«Non dire niente, va bene? Non dire niente» La ragazza gli prese la mano e
se la infilò sotto la felpa. Non indossava nulla sotto, neanche il
reggiseno, e tremò al contatto con le dita fredde di Cristiano. Lui la sentì
tremare e tentò di protestare che aveva le mani ghiacciate, ma Elena lo
zittì poggiandogli il palmo sporco di sabbia sulle labbra.
Il freddo le aveva indurito i capezzoli. Cristiano glieli carezzò con il
pollice osservandola mentre serrava le palpebre e buttava indietro la testa.
Minuscole goccioline di pioggia le bagnarono la fronte e le labbra.
Cristiano si chinò a raccoglierle con la lingua.
Continuarono a baciarsi mentre la pioggia aumentava d'intensità, rotolando
nella sabbia bagnata, finché Elena non fu sotto di lui. Cristiano sentiva
l'erezione premere contro la coscia di Elena. La voleva, di nuovo; e la
pioggia che gli batteva sulla schiena, la sabbia che si sentiva dappertutto,
non avevano alcuna importanza.
«Voglio fare l'amore con te.» Le sospirò sulle labbra, tremando.
«Stasera andrò via-- non lo so quando ci incontreremo ancora.» Replicò Elena,
guardandolo fisso negli occhi.
Cristiano le affondò la testa nella spalla. Non riusciva più a capirla. Cosa
voleva Elena da lui? Cosa pretendeva che facesse?
Il mare gli urlava contro, sembrava volerli raggiungere per inghiottirli.
«Elena-- io non so più che fare.»
«Ascolta il mare. Ascoltalo...»
Ma Cristiano non riusciva ad ascoltarlo il mare; non riusciva a distinguere
il suo boato da quello della pioggia scrosciante. Nella sua testa aveva solo
una gran confusione e gli sarebbe piaciuto che qualcuno potesse fornirgli le
risposte alle mille domande che gli brulicavano nel cervello.
Il quaderno delle poesie, ormai fradicio e spiegazzato, faceva da cuscino
alla testa della ragazza. Tra i capelli umidi di Elena, Cristiano lesse le
parole ormai scolorite di una poesia; poi sorrise, chiuse gli occhi, e cercò
la voce del mare.

"Sentirti sbattere nel petto
per uscire e liberarti.
Sentirti distruggermi
dall'interno,
corrodermi l'anima--
come un'onda,
come un'onda."

 

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