Scoprirsi di Pietro Giliberti

 

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Da quando l'avevo incontrata per la prima volta, in compagnia di una mia
cara amica, quel pensiero si era imposto alla mia fantasia. Non si trattava
di una vera ossessione, anche perché a quel primo incontro non ne erano
seguiti altri, dal momento che abitavamo in città molto distanti. Ma ogni
qual volta con la mia amica si parlava di lei, non potevo fare a meno di
ripensarci. L'impulso divenne più forte quando, per una fortuita
circostanza, capitò da sola nella mia città ed avemmo occasione di
trascorrere insieme alcune ore. Naturalmente, trattandosi di una pulsione
tanto intima e assai poco pudica, non immaginavo davvero di avere occasione
o piuttosto il coraggio di parlagliene. Ma per qualche strana ragione, dopo
averla riaccompagnata in auto al suo albergo, l'atmosfera divenne
apparentemente adatta alle confidenze più particolari, mentre svelavamo
l'una all'altro i più recenti e personali casini sentimentali. Eravamo nella
mia macchina, nel buio di una stradina periferica e, senza alcuna
premeditata intenzione, finimmo per parlare delle esperienze sessuali che in
quel periodo stavano riempendo di lampi e ferite le nostre esistenze.
Non so bene come, ma ad un tratto ci trovammo a parlare dei desideri, della
fretta di viverli, e soprattutto del peso che i freni inibitori - i nostri,
quelli dei nostri partner e più in generale quelli condizionanti dell'intera
società - avevano sulle nostre scelte, riducendo drasticamente la
possibilità di godere di sconosciute esperienze, per il solo fatto di non
osare neanche immaginarle. Fu così che, come se quella conversazione avesse
avuto l'effetto di una congrua dose etilica, mi venne l'impulso di dirle:
"Per esempio, già dall'altra volta che ci siamo visti, avrei voluto
chiederti di mostrarmi il seno."
Lei abbassò lo sguardo, più per guardare l'oggetto evocato, credo, che per
imbarazzo.
"E' solo un esempio - dissi - delle idee che possono prenderci
all'improvviso e che poi lasciamo cadere per, come dire, senso di
opportunità..."
Rialzò gli occhi e li puntò su di me.
"Ed è ancora un tuo desiderio?"
"Be', si, certo. Cioé, non è che stia lì sempre a pensarci, ma..."
Si sfilò il maglione e cominciò a sbottonarsi la camicia.
Vidi apparire il reggiseno bianco che le stringeva il petto, lasciando dei
segni rossastri. Credetti si sarebbe fermata lì. E invece tolse la camicia e
slacciò il gancio dietro la schiena.
"E' il seno abbondante di una donna di quasi quarant'anni", affermò.
Era come l'avevo immaginato, grande, pesante, invitante. Un seno che urlava,
reclamava manipolazioni e qualche limitata dose di violenza.
"Soddisfatto?", domandò
"Si, è molto bello. Davvero." risposi, non senza imbarazzo.
"Ti ha provocato un'erezione?"
Puntualizzai:
"Più i tuoi gesti, che la vista del seno in sé, ma si, ho un'erezione."
"Potrei vederla? Mi è giunta voce che tu sia... ben dotato, posso dire
così?"
Mi sembrava giusto ricambiare, e tirai giù la zip dei pantaloni.
"Mah, niente di che, credo, non ho mai fatto confronti con altri uomini in
erezione", dissi con un po' di timore.
Il pene apparve tra le mie gambe. Era in discrete condizioni. Seguì una
pausa di silenzio. Ognuno guardava la nudità altrui, ogni tanto i nostri
occhi si incrociavano. Poi le nostre voci si accavallarono. Io stavo per
dire che era tutto lì mentre lei invece mi stava domandando se mi sarebbe
piaciuto toccarle il seno. Ammutolimmo simultaneamente.
"Non, so - dissi - potresti mostrarmi anche il tuo sesso?"
"Posso toccarti?", domandò lei.
"Va bene, certo", risposi.
"Tu puoi fare altrettanto, se vuoi".
Ma rimasi fermo mentre lei mi accarezzava con un dito la punta del pene,
intingendo il polpastrello in una goccia di liquido vischioso. Solo allora
con la mano strinsi a coppa la sua mammella e chiusi gli occhi. Poi
ritraemmo le nostre mani. Lei tirò giù i jeans e si sfilò le mutandine. Il
cespuglio di peli occultava alla vista l'apertura del sesso. Per questo
compì una strana contorsione per poter sollevare il pube, alargò la vulva
con le dita e me la mostrò. Accesi la fioca luce interna della macchina per
poter guardare con maggiore vividezza la forma ed i colori. Sentii il suo
odore. Ero soddisfatto. Lei si voltò e mise le ginocchia sul sedile per
mettere in risalto le natiche. Questa volta fui io ad allargarle i glutei
con le mani per poter osservare l'ano e lo spacco della vulva. Quando
ritenne che fosse trascorso un tempo accettabile, si rimise seduta.
"Ti accarezzeresti il seno?", le domandai.
Ero curioso di sapere quali gesti le procurassero piacere.
"D'accordo - mi disse - ma tu fai altrettanto con il tuo membro".
Afferrai il pene di lato e cominciai a muovere lentamente la mano, scoprendo
il glande. Quando la mano scendeva, serravo la presa sull'asta e il glande
aumentava di dimensione e diveniva più scuro. Lei si afferrò le mammelle con
entrambe le mani, all'inizio come se volesse solo sostenerle. Quindi prese a
stringerle, premendole verso lo sterno, schiacciandole con un movimento
rotatorio del polso. Io la guardavo sperando di vedere ogni volta apparire i
capezzoli, finché non li afferrò fra le unghie e li strizzò fin quasi a
ferirsi. Non toglieva gli occhi dalla mia lentissima masturbazione. Una
delle sue mani abbandonò il seno e si piazzò fra le sue gambe. Immaginai un
dito, forse due lasciarsi risucchiare dalle vagina.
"Mi dispiace - dissi - di non avere altro da mostrarti"
"Non è detto", reclamò
"Be', tutto quanto di interessante è in me, a parte questo - affermai,
indicando con il mento il mio pene - forse ce l'ho dentro".
"Potrei essere intrigata e volerlo scoprire"
"Se sai come fare, non te lo impedirò"
"Va bene, allora", rispose.
Si voltò mostrandomi di nuovo il fondoschiena e pensai volesse accovacciarsi
su di me. Invece armeggiò con la borsa sul sedile di dietro. Ne trasse un
coltellaccio da macellaio e cominciò dal petto, mentre stavo per avere
l'orgasmo.

 

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