Mentre mia nonna dorme         di Moemi

 

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Ho iniziato a masturbarmi dopo la morte di mio nonno.
Me lo ricordo bene, perché dopo mesi di improvvise crisi di panico al
pensiero del mio adorato nonno privato della possibilità di respirare,
chiuso in una scatola di legno sigillata e senza prese d'aria, presi l'abitudine
di farlo ogni volta che ero sola e avevo paura della morte.

Non so come finii per carezzarmi il pube, strofinando il polpastrello del
dito medio sul tessuto sottile delle mutandine di cotone, ma l'improvviso
calore che si generò nel mio corpo mi diede sollievo, e continuai a
toccarmi.
Erano quelle stesse dita che tempo prima avevano coperto gli occhi del nonno
per impedirgli di guardare le nudità di Fujiko, un corpo rotondo da cartone
animato.

Vent'anni dopo, neanche mezz'ora dopo la morte di mia nonna, ho trovato un
modo infinitamente peggiore di masturbarmi.
Questa volta non ci sono barriere tra la mia psiche e lo sfregamento dei
pensieri, nella masturbazione mentale che mi sto infliggendo.

"E allora fa come vuoi, continua a fissare il cellulare tutto il tempo,
portatelo anche in bagno... sperando che ti passi, prima o poi."

Prima o poi, mi passa.
Mi passa prima o poi, l'ho sempre detto.

Di "prima o poi", alla fine si muore.
E ti restano cassetti interi di foto, da rovistare per trovare la più bella,
la più rappresentativa.
Lo sguardo più umano, materno.
Il volto più radioso, sorridente.
La nonna e i fiori.
La nonna e la zia.
La nonna e papà.
Io, la nonna...e Davide.

"E Davide come sta?" mi chiedeva, strascicando un po' le parole, la dentiera
che incollava la voce al palato.
"Non lo so come sta Davide, nonna." Le urlavo in risposta. La mia voce non
era mai abbastanza forte, mai abbastanza chiara.
"Avete litigato?"
"L'ho lasciato un anno fa, nonna...non ti ricordi?"
"Ah...e perché l'hai lasciato? Non era un bravo ragazzo?"

Come facevo a spiegartelo, nonna?
Non potevo dirti di tutti i nostri litigi che ne formavano uno lunghissimo,
infinito.
Non potevo raccontarti di quella sera, quando sfinita da interminabili
discorsi di commiato, mi sono sentita chiedere: "Facciamolo per l'ultima
volta..."
Ho chinato il capo e mi sono sdraiata sul tappeto, diritta e composta come
un angelo dal dottore.
Davide si è disteso su di me, mi ha penetrata ed ha cominciato a spingere.
Non sentivo nulla, nonna.
Nulla... a parte l'umiliazione, e il dolore di aver sprecato parole con una
persona che capiva solo ciò che voleva.
"Abbracciami", diceva. "Abbracciami, baciami, fa qualcosa".
"Fa qualcosa", diceva. Come se potessi ignorare la repulsione che mi aveva
ripulito il cuore da ogni sentimento.

"Era un bravo ragazzo, nonna... ma non andavamo più d'accordo." Ripetevo
sconsolata per l'ennesima volta.
"Ne troverai un altro. Pregherò Gesù per fartene trovare uno migliore."

E adesso chi pregherà per me, ora che lei si è addormentata?
Dovrò imparare a farlo da sola, avendo cura del suo più bell'augurio, perché
diventi realtà:
"Ti auguro tutto ciò che desidera il tuo cuore".

Solo che il mio cuore desidera le cose sbagliate.
Se soltanto avessi avuto il coraggio di farle leggere i miei racconti,
troppo peccaminosi per la sua anima pia, forse avrebbe capito e non avrei
avuto bisogno di urlare.
Avrebbe capito chi si nasconde sotto quelle gonne troppo lunghe o troppo
corte, sotto la maglietta troppo scollata, nelle scarpe troppo alte o troppo
basse, dietro i capelli troppo lunghi o troppo corti.
Avrebbe letto i pensieri proibiti che le nascondevo distogliendo lo sguardo,
e perché non vado più a messa.
Avrebbe compreso che c'era un'altra me, che si barricava dietro le poesie.

Mentre mia nonna dorme il suo sonno più tranquillo, mi masturbo la mente
senza trovare alcun sollievo.
Non cigolano le molle di un letto, nessun respiro affannoso mi solletica le
orecchie.
E non squilla il cellulare, che continuo a fissare, portandomelo anche in
bagno.

Una volpe che si sta disintossicando, ci ricasca subito nel tunnel.
Basta poco per addomesticarla al vizio dell'attesa.
Questa volta, tocca al Piccolo Principe fare uno sforzo per aiutarla a
guarire, tornando senza indugio sul suo pianeta, dalla sua amata Rosa.
Il Piccolo Principe (lupo in veste d'agnello) ha fatto ciò che poteva per
consolare la volpe.
Di questo, può esserne certo.

Mentre mia nonna dorme, uso parole di fiaba per parlare.
Sperando che mi passi, prima o poi.
Che di "prima o poi" si muore.

 

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Di Moemi

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