Piccola follia di Mara Minnelli

 

 

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Nella versione narrata da LUI

Abbiamo debuttato questa sera con uno spettacolo, Ornella ed io. Francesco, il marito di Ornella, nonché suo produttore, preoccupandosi che in città, per via di un convegno internazionale, non ci sono posti in albergo, mi ha proposto di passare la notte da loro:

"Vieni a stare da noi stanotte, domani penseremo alla soluzione"
"E' meglio di no. Ora andrò a cercare una sistemazione presso qualche pensione, verso la stazione"
"Ma che sei matto? Con tutta quella confusione non dormiresti. E poi io sono il produttore e in un certo senso responsabile degli attori della mia compagnia. Percio' niente pensione."
"Ha ragione Francesco. Inoltre lì è pieno di prostitute che usano le pensioni per lavorare, non chiuderesti occhio."
"Vedrai che ci arrangeremo. Dovrai solo adattarti a dormire in camera con nostra figlia."
"Così finalmente la conoscerai meglio" e mentre mi diceva questo, Ornella, pensava "così lo tengo sotto controllo 'sto mandrillo. Che se mi va verso la stazione chissà cosa mi combina"
"Si. Certamente. Vedrai che Mara non è così scontrosa come ti si è mostrata oggi pomeriggio"

E dire che oggi pomeriggio, quando l'ho vista per la prima volta, Mara, mi era sembrata bruttina: alta, fin troppo per i suoi quattordici anni; così esile, con quei capelli ricci che le coprivano continuamente il viso.

È evidente che devono vederla ancora come una ragazzina se mi hanno proposto di fermarmi a dormire da loro e proprio in camera con lei.

Smetto di pensare al motivo per cui sono li in quella camera, tra i pupazzi e libri di scuola per guardare l'orologio: l'una e un quarto.

Lentamente mi scopro e mi siedo sul letto.

Il silenzio ormai è totale, in tutta la casa. Anche i genitori dormono sodo.
La loro porta, così come questa, è chiusa.

Ancora i miei occhi non si sono abituati all'oscurità.

Mi avvicino al letto di Mara, che è di fronte. Ogni passo mi sembra un tonfo. Penso che se dovesse svegliarsi, potrei dirle che mi sono alzato per girarla; che stava parlando nel sonno.

Sono davanti al suo letto. Non vedo nulla. Non riesco a capire in quale posizione lei stia dormendo. Spero sia rivolta di spalle, su un fianco, così da offrire il suo tenero culetto all'esplorazione delle mie dita curiose.

Cerco il lembo della coperta. L'emozione rende i movimenti della mia mano frenetici e cauti al tempo stesso.  Indago lentamente con la mano e dopo aver verificato che c'è una sola coperta, molto lentamente, con una mano ne sollevo l'orlo, mentre con l'altra cerco di farmi strada alla ricerca del
lenzuolo.

Trovato.

Facendo molta attenzione tento di sollevare anche quello. Ci dorme sopra.
E' inverno, forse ci si è avvolta. Mi concentro sul varco creato dalla mia mano in quello che mi appare un muro di lenzuola e coperte. Un muro che mi sembra una fortezza eretta a protezione della verginale fanciulla. (Sarà la situazione paradossale che mi fa pensare termini così aulici? O forse è solo un tentativo per distrarmi?)

Con molta accortezza riesco a farle scivolare una parte di lenzuolo da sotto il corpo. Quale follia!

Sto tremando.

Nel buio ascolto lo scorrere del sangue nelle mie vene.

E' un rumore, che diviene sempre più fragoroso man mano che le mie dita avanzano verso di lei.

I nostri letti sono così vicini che prima, allungando il braccio, avevo urtato il suo cuscino. E fino ad allora non avevo mai pensato a una quindicenne come soggetto per i miei viaggi onirici nell'emisfero dei sensi.

E' soltanto una bambina, mi sono detto prima di trovare il coraggio di scendere dal mio letto.

E' soltanto una bambina: e intanto mi sono inginocchiato accanto al suo letto.

Mi chiedo: in fondo che cosa potrebbe accadere? Al minimo accenno di un suo risveglio, potrei far finta di andare in bagno.

E intanto il mio sesso è cresciuto a dismisura. Ho sempre pensato che "lui" in stato di erezione avesse una sua dimensione standard. Non quella notte.

La mano indiscreta riprende il suo lento percorso. Ho ripreso a tremare, devo calmarmi.  Ma non semplice: l'eccitazione mi stordisce sempre più.

Chissà. quante volte i suoi coetanei hanno provato a rubarle un po' di intimità.?

Chissà. che non siano riusciti a carezzarle il tenero, quasi inesistente seno?

Non che mi importi molto. Soltanto mi disturba il pensiero che un ragazzino deficiente possa avere avuto delle attenzioni per lei senza cogliere la suggestione che da' un simile frutto acerbo.

Che mi succede adesso, sono geloso di questo fiorellino?

Ritrovo la calma e con molta circospezione la punta delle mie dita procedono sulla strada che conduce verso il cotone del suo pigiama.

Ogni piccolo progresso nell'incedere della mano, mi da' l'illusione di essere arrivato a destinazione. Mi masturbo selvaggiamente.

Piano!

Non devo svegliarla.

Devo respirare adagio, muovermi lentamente, con prudenza.

In questo furto di intimità, sento stridere il silenzio che mi circonda, col gonfiore incredibilmente esagerato che carezzo ora dolcemente, con l'altra mano.

Mi sembra di sentire le urla del mio sesso: lo carezzo dolcemente nel tentativo di renderlo più docile; di attutirne le pulsazioni. Inutile tentativo!

Cerco un altro pensiero per distarmi. Si, i nostri letti sono davvero molto vicino. Forse proprio questo ha fatto scattare la mia eccitazione.

Un delirio mai provato prima o forse una piccola follia.

Una ragazzina di poco più di quattordici anni. Per niente formosa, anzi.

Ma non è così che mi sembra di aver sempre sognato la "donna"? Alta, snella, delicata, dalla pelle profumata, fresca.

Si, ma questa non è ancora una donna.

La voglia mi aggredisce.

E mentre una mano vorrebbe già gustare il candore delle sue mutandine, l'altra, incontrollabile, si agita per pochissimi secondi, su e giù stringendo la mia asta in una presa fortissima.

Devo controllarmi, pochi colpi e sarei all'orgasmo. Non voglio.

Mi sembra trascorsa un'eternità da che, la mia mano curiosa ha avvertito il calore prodotto da quel corpo acerbo. Ho sentito una scossa al sesso quando
ho sentito, quel calore di fresca sensualità, evaporare attraverso il varco delle lenzuola.

I polpastrelli della mia mano sembrano intorpiditi dallo sforzo di rendersi inavvertibili, al punto che in certi momenti mi illudo di toccarla.

Sono ancora distante, peccato.

Riprendo ad avvicinarmi, ma prima devo rallentare il respiro. La punta delle dita, avanguardia del mio desiderio, scivola sfiorando il materasso.

Non vedo nulla.

Voglio arrivare a toccare la sua pelle.

Ormai sono vicino.

Trattengo il respiro.

A questa altezza dovrei incontrare la schiena, o il seno, oppure un braccio.

Non devo arrivare subito alle parti più intime di questa bimba. E' meglio essere prudenti per non smuovere quel sistema di autodifesa che inconsciamente scatta nel sonno delle donne. Ma lei non è ancora donna e forse non ha ancora sviluppato tali meccanismi.

In ogni caso è meglio essere prudenti.

Chiedo al cervello di fare silenzio: la punta delle mie dita ora non tocca più il materasso.

E' il lieve peso del suo corpo che provoca un piccolo scalino nel materasso.

Ci sono!

E se adesso si sveglia? cosa le racconto? Sarebbe un trauma per lei, povera piccola. E se si mette a gridare, spaventata? Non so cosa farei e non mi importa. Quello che mi importa  arrivare al più presto alla delicata pelle, per accompagnare con la mano le sue tenere sfericità.

Sento il fresco cotone delle sue mutandine bianche. Quale sorpresa quando la mia mano scorre sul pube: non pensavo che così tenera e delicata lo avesse ricoperto di così tanti peli. Sposto abilmente con le dita l'elastico, dalla parte di sotto. Finalmente posso toccarle la… non so neanche con quale
termine pensarla: patatina?farfallina? fichetta? Decido per patatina.

Delizia!

Delizia! è umida...

Inarrestabile giunge il mio primo orgasmo.

La mia dura asta si impenna, gridando il suo piacere mentre violento esce un fiotto caldo del mio seme. Mi sento svuotare. Intontito ritraggo la mano e come imbambolato mi siedo sul mio letto.

 

 

Durante il giorno seguente non ho fatto altro che guardarla, ammirarla, spiarla mentre si pettinava o mentre studiava.

 

Una giornata terribile: il mio cazzo, in perenne erezione, ormai indolenzito da ripetute  masturbazioni coatte fremeva in attesa del bacino della buonanotte.

Il bacino della buonanotte era il rito che dichiarava chiusa la giornata. Si poteva finalmente andare a dormire. Dormire? Spero che ci vadano gli altri a dormire, e presto!

 

Era stata una giornata dura. Per tutti. La sveglia ha suonato presto: prove in teatro per noi; scuola per lei.

E il dopo teatro, prolungatosi oltre le due di notte. “Tanto domani è sabato…”

 

Intanto io chiudo la porta.

Quella porta che isola me e lei dagli altri.

 

Riflettevo su come avrei dovuto rifiutare l’ invito di Ornella e Francesco, a fermarmi lì da loro per quei giorni di replica dello spettacolo. Ma riflettevo anche su quanto avrei potuto pentirmene, poi, se non avessi accettato.

Durante il giorno ero arrivato persino a meditare di somministrarle un sonnifero per poter esplorare più tranquillamente quel corpo così acerbo.

Follia! pensavo.

Una piccola follia.

Da non farsi assolutamente!

Però, in quinta, durante le prove, per sondare il terreno ho detto a Ornella: “ Non è opportuno che dorma di nuovo da voi. Devo aver russato terribilmente durante la notte e magari Mara…”

“Non ti preoccupare per lei. Ha un sonno tale che una volta addormentata, non si sveglia neppure con le cannonate”. Ragione di più per abbandonare l’idea del sonnifero.

 

E ora sono in attesa, nel buio, di ascoltare il suo respiro rallentare e farsi piu' regolare.

 

E' passata mezzora da quando abbiamo spento le luci. Mi  alzo, facendo bene attenzione a non provocare rumori che possano svegliarla.

Prima di andare a dormire ho socchiuso la finestra in modo che possa entrare un po' di luce del lampione  esterno.

 

Come e' bella.

 

Dorme su un fianco, rivolta verso il muro.

So che ho tutta la notte da dedicare a lei. Sollevo le lenzuola. Indossa una camiciola da notte di flanella leggera. Le sue gambe scoperte mi strappano i primi baci. Le mia labbra a contatto con quelle cosce morbide mi danno un sussulto. Sono in piedi ed il mio sesso si erge fanatico e voglioso.

Lui sa cosa voglio fare, dove voglio arrivare.

Dopo quel che mi ha detto la madre, sento che posso osare di più e mi preoccupo meno, rispetto la notte scorsa, che possa svegliarsi. Eppoi in quel caso c'e' sempre la scusa del brutto sogno, che  sono venuto a ricoprirla dopo che l'ho sentita parlare nel sonno...

 

E' davvero bellissima: ha una mano sotto la testa e l'altra tra le cosce.

La sua posizione e' favorevole al mio scopo: voglio toccare la sua farfallina con la punta del mio cazzo.

Mi inchino e

molto,

molto,

molto lentamente

le abbasso le mutandine.

 

Dapprima le sfioro con le labbra quel suo bel culetto, poi la mia lingua si propone in un massaggino al suo più segreto buchino e la mia posizione fa si che mentre esploro il suo culetto con la lingua il mio naso aspira voluttuosamente il profumo della sua fichetta.

 

Sono ormai convinto che se non s’è svegliata finora, non si sveglierà tanto facilmente.

Le mutandine abbassate al massimo le scosto i peli del sesso con il pollice e il medio della sinistra, mentre con l'indice le sfioro delicatamente la clitoride.

Con la destra stringo il mio cazzo in una morsa.

Penso che devo assolutamente farmi un po' male, per distrarmi dal piacere in agguato.

 

Mi alzo in piedi.

Resto immobile, nel tentativo di fissarmi nella memoria l’immagine di quel sesso inesplorato e la punta del mio sesso poggiata all’entrata di esso. Resto cosi per molti secondi con il sesso che pulsa, sempre stretto in un morsa. Poi, come se “un cazzo qualsiasi”, il mio, potesse avere vita propria, si avvicina a quel fiore fino a lambirlo.

D e l i c a t a m e n t e.

 

Apro le piccole labbra la mia punta fa un piccolo ma importante progresso. Solo pochi millimetri dentro di lei.

 

L'orgasmo mi sorprende e appena in tempo indirizzo il poderoso getto a terra, su tappeto.

Scuoto il capo lentamente. Non avrei voluto venire così presto. Il rammarico però non serve ad attutire la densa sensazione di piacere che sto provando e che sembra prolungarsi in secondi che sembrano minuti…

 

D'improvviso il terrore.

 

Lei si muove.

Si sposta.

E mentre cambia posizione, in un balzo sono nel mio letto.

Tutto quello che mi ero preparato di dirle in questa situazione l’ho dimenticato.

Non avrei dovuto spingere così!

Ora sicuramente si e' svegliata, e si e' girata per farmelo capire.

Scemo, scemo, scemo. Mille volte scemo.

 

Con il cuore in gola per lo spavento e spossato per l’inedito orgasmo, lentamente perdo coscienza e mi addormento.

 

 

Poco più di un'ora dopo mi risveglio.

Ho ancora voglia di lei.

Ho voglia di scoprire i piaceri che può dare questo gioco sottile. Questa piccola follia.

 

Mi alzo dal letto.

 

Lei adesso e' supina e, meraviglia, ancora scoperta.

Non so come e quando, ma si e' rimessa le mutandine.

La camiciola e' alzata fino a mostrarmi l'ombelico.

Sono deciso ad osare di più.

Mi porto con la bocca vicino al suo sesso e lo sfioro baciando quel fiore attraverso il cotone del candido indumento.

 

Tra i bottoni della camiciola da notte riesco a intravedere le acerbe rotondità del seno.

La mia mano arriva automaticamente a slacciare i bottoni e con sapiente abilità si posa sopra il

seno destro. Sodo. Acerbo. Morbido. Caldo.

 

Lo scopro e poggio le mie labbra su quel profumato capezzolo.

Un profumo mai sentito prima: lo associo a  pelle, sonno, alito.

Come se fosse la prima volta che sono accanto ad una persona avverto ne avverto il suo profumo. Ed è un profumo mai sentito prima che sa soprattutto di fresca e immacolata carnalità.

 

Il mio sesso imprigionato nello slip vorrebbe partecipare al gioco.

Lo accontento.

Scopreo ora un seno ora l'altro e carezzo, delicatamente con la punta del mio cazzo, ora la base della tettina ora il tenero bottoncino.

 

Incontrollabile la mano conduce il mio cazzo verso la sua bocca.

"Eh, no! fermati. Questo e' davvero troppo..." mi dico, ma ormai non è più la mia mente a condurre il gioco.

Deposito un impercettibile bacio sulle sue labbra prima di portare il palmo della mia mano sotto la sua mascella per farle socchiudere la bocca. Facendo lievemente forza con il pollice e il medio, la

bocca si apre. Anche i denti che inizialmente non volevano saperne di lasciar

entrare il mio cazzo finalmente si discostano lasciando un varco.

E’ attraverso quel passaggio che la punta del mio glande avverte l'umidore della lingua. “Che follia!” Mi dico mentre godo, con il cervello che mi scoppia.

 

Vorrei goderle dentro la bocca... ma sarebbe veramente troppo.

 

Domani dovrò fuggire o almeno trovarmi un albergo.

 

Nella versione narrata da LEI


Stasera sono veramente stanca. Meno male che domani è sabato e non si va a scuola.

Ora vado a dare il bacino della buona notte e mi metto subito a letto. Vista l’ora, sono passate le due di notte, non leggerò nemmeno. Poi, anche se volessi leggere non potrei; disturberei Marco. Marco è un attore che lavora nella compagnia teatrale di mamma e papà e sono un paio di notti che dorme da noi. Abbiamo ospitato un sacco di volte dei loro colleghi e altrettanto spesso hanno dormito in camera mia. Non che la cosa mi disturbi più di tanto. E poi Marco è una persona simpatica. Tutto il pomeriggio, non ha fatto altro che starmi vicino. Mi ha aiutato nei compiti, mi ha accompagnata in centro. Insomma nonostante lui abbia trentasei anni e io quattordici, mi sento a mio agio con lui. A dire il vero fino in fondo, ci sono stati dei momenti in cui mi ha messo in imbarazzo; come quando prima di andare tutti a teatro, io ero in bagno a pettinarmi e lui passando davanti alla porta aperta, si è imbambolato a guardarmi. Neanche avesse avuto una visione mistica. Eccolo che viene a letto.

“Mara, chiudo la porta?”

“Chiudila, se lo vuoi. Perché se preferisci che sia aperta…”

“Lo dicevo per te.”

“Io dormo sempre con la porta chiusa, anche d’estate”

“Quand’è così, allora chiudiamo. A proposito, ti spiace se apro un po’ gli scuri della finestra?”

“Puoi fare come credi, tanto io sto già dormendo”

“Notte.”

“Notte…”

 

Che strani effetti produce a volte la stanchezza. Mia madre lo dice spesso che a volte è così stanca che non riesce a prendere sonno. Forse l’eccitazione della serata: la prima dello spettacolo, tutta quella gente, le risate al ristorante, tutto questo deve aver contribuito a farmi perdere il treno con il sonno. Vuol dire che mi accoccolo per bene nell’attesa che ne passi un altro.

 

E’ passata circa mezzora da quando abbiamo spento la luce. Finalmente il sonno mi sta obnubilando il cervello, quando una leggera ventata d’aria fresca fa riaffiorare appena la mia coscienza. Non ho ben idea cosa sia e, oramai vinta dal sonno, non mi preoccupo nemmeno che forse potrebbe essermi caduta la coperta. Proprio stasera che per sembrare più grande, anziché il solito pigiama, per dormire ho indossato una camicia da notte.

Avverto un’ombra accanto al mio letto.

Deve essere Marco che carinamente, accortosi del fatto che sono scoperta, avrà pensato di raccogliermi la coperta e il lenzuolo.

Penso, con un piccolo ulteriore incremento di lucidità, che è meglio rimanere nella mia posizione, se voglio godermi quella coccola da lui.

Ma c’è qualcosa di strano, mi dico.

Non capisco cosa stia accadendo.

Non solo Marco non mi ha ricoperta ma mi è sembrato addirittura che si avvicinasse di più e con le labbra mi sfiorasse le cosce.

 

No. Non è possibile. Lui ha trentasei anni, mi ripeto, e di certo non può essere attratto da una come me che ha solo quattordici anni.

 

Un sacco di mie amiche raccontano a scuola che hanno storie con ragazzi più grandi ma qui si esagera.

No. Sicuramente mi sono sbagliata.

Sarà stato un lembo del lenzuolo a sfiorarmi le cosce scoperte.

 

Sono di spalle al letto di Marco, di fronte al muro, rannicchiata, con una mano sotto l’orecchio e l’altra tra le mie cosce. Quasi mi pento di essere in questa che è la mia posizione preferita.

Non posso vedere cosa fa Marco e d’altra parte non mi va di metterlo in imbarazzo facendogli credere di avermi svegliata nel tentativo di farmi una cosa carina.

E mi pento sicuramente di non aver indossato il pigiama; ho le gambe scoperte ed anche le mie mutandine devono essere visibili al suo sguardo. Anche se in dormiveglia, mi sento arrossire all’idea di essere così esposta.

 

E adesso?

Cos’è questo?

Che cosa sta facendo?

Sento un dito della sua mano che s’insinua nell’elastico della parte alta delle mie mutandine.

Sono pietrificata dal panico.

Non capisco più niente.

Cosa mi sta accadendo?

Il torpore fa posto ad un urlo di paura dentro la mia testa.

Non so se devo reagire o stare ferma.

Ma reagire a cosa? Non so nemmeno cosa sta succedendo.

Sento la stoffa degli slip che molto lentamente mi lascia sempre più pelle scoperta.

 

Ora le mani di Marco devono essere entrambe impegnate a calarmi le mutandine. Più scendono e più mi chiedo cosa fare.

 

Di certo lui è convinto che sto dormendo.

 

Potrei girarmi e alzarmi facendo finta di andare in bagno. Voglio farlo ma ho troppa vergogna. Forse un colpo di tosse. Si. Un colpo di tosse lo spaventerà e gli farà capire che sono sveglia.

 

Il suo viso è così vicino al mio corpo che sento il suo respiro che mi lambisce la pelle man mano che è lasciata scoperta dagli slip.

Penso che ci sia un uomo vicino a me, uno grande che s’interessa al mio corpo. D’improvviso sento salire una gran vampata di calore dentro di me, che parte dal mio sesso e si propaga fino a raggiungere ogni parte del mio corpo.

 

Ma è nella mente

soprattutto

che produce i suoi effetti.

 

E’ lì che scatta qualcosa che contribuisce ulteriormente alla mia immobilità.

Un misto di paura, piacere e compiacimento.

Solitamente l’interesse dei colleghi di mamma e papà si era sempre rivolta a mia madre. Forse è la prima volta che suscito interesse per un uomo adulto. “Quell’interesse”. Un interesse tale di fargli fare ciò che sta facendo ora.

 

Potrei anche gridare e svegliare i miei.

 

Ad un tratto il flusso dei miei pensieri è interrotto dal fatto che le labbra di Marco si poggiano lievemente sul mio culetto nudo; prima su una natica poi sull’altra, per poi fermarsi al centro tra le due, proprio all’altezza del mio buchetto.

Nella posizione in cui si trova deve essere tale che sento il calore del suo fiato uscire dal naso e scaldarmi il sesso.

Ma è un pazzo! grido dentro di me. Intanto sento la sua lingua sfiorare prima delicatamente, poi con più decisione, proprio l’aureola del mio buchetto.

Non si sarà mica sbagliato? Penso. Eppure alla sua età ne dovrebbe capire, insomma, di queste cose. Oppure è proprio lì, in quella parte che io considero “sporca” che egli trova interesse?

Lo sento aspirare profondamente con il naso, che adesso è vicinissimo al mio sesso.

E ora?

Che cosa mi ha sfiorato?

Credo che in quella posizione con il suo sesso mi abbia urtato impercettibilmente sul collo. Avverto che è morbido e caldo. Uno strano brivido, mai provato prima mi provoca la pelle d’oca. Per un istante ho paura che possa accorgersene. E forse sarebbe meglio; così smetterebbe.

 

Non trovo ancora il coraggio di muovermi ma per fortuna si sta alzando.

Forse va via.

Non mi sta più toccando e non lo sento più così vicino a me.

È andato via, penso. E tiro, dentro di me, un sospiro di sollievo.

Non faccio in tempo a rilassarmi che un fatto nuovo, più inatteso dei precedenti torna ad agghiacciarmi: mi sta scostando i peli di sotto con una mano e con un dito dell’altra sento che mi sta toccando proprio lì.

A volte anch’io mi sono toccata ma non è mai stato così emozionante.

E adesso?

Si è fermato. Non oso più sperare che sia andato via.

 

Non sento più contatto fisico.

 

Passano degli attimi lunghissimi.

 

Poi un altro dito, stavolta più grande, diverso. Anzi non è un dito quello che mi sta sfiorando il sesso ora; è il suo organo sessuale, il suo membro è il suo cazzo che prova ad entrare in me.

Che cosa sta cercando di fare?

 

Finora non ho percepito nessun rumore ma adesso sento il suo respiro farsi più veloce; spezzarsi di colpo.

 

No. Così non voglio. Cerco in me il coraggio per reagire.

 

Si allontana di nuovo da me.

Cos’altro vorrà fare?

 

Sento qualcosa, come un piccolo getto d'acqua, a ripetizione, infrangersi sul pavimento accanto al mio letto.

 

Devo!

Devo trovare il coraggio e girarmi.

 

Nell'ambiguità della situazione, non decifrando bene il mio stato d'animo: se sono più spaventata o incuriosita o addirittura lusingata da tutto questo, intuisco che tutto ciò non deve andare avanti.

 

Mi muovo nel letto cercando d’essere naturale nel cambiare posizione.

Sento che Marco frettolosamente riguadagna il suo letto.

 

Mi ritiro su le mutandine.

 

Penso che domattina sarà difficile per me non arrossire quando ci troveremo faccia a faccia. Spero che se ne vada in albergo, domani.

 

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By Mara Minnelli