Un Giorno al lago di Dionecam

 

back   next

 

 

 

Guardavo dalla finestra, un pallido sole spuntava tra le colline ancora velate da una leggera coltre di bruma. Anche quella notte era passata insonne come molte altre, i pensieri mi si affollavano nella testa a migliaia, a milioni, sovrapponendosi l'uno all'altro tanto che partendo dal ricordo dell’ennesima discussione di ieri sera arrivi a pensare a quanto sarebbe bello vivere in collina o vicino al mare. Mi voltai e lei era lì, ferma ed immobile sul vialetto di casa. Bella, sinuosa e sincera. Pareva chiamarmi ed io non seppi dirle di no.

<Fambagno il lavoro! Oggi la banca dovrà fare a meno di me>.

Una telefonata alla segreteria telefonica dell’ufficio… <scusa Vito, ma oggi proprio non ce la faccio a venire al lavoro, sono stato male tutta notte. Ci vediamo domani>.

Pronunciai le parole con voce sapientemente sofferta, poi, presa la giacca, corsi da lei, infilai il casco e salii sulla mia nuova BMW 1150 GS, l’unica "lei" che rappresentava un punto fermo e affidabile nella mia vita. Il motore partì subito e senza titubanze, con un rombo leggero, seguito da un mormorio profondo e sonoro, quasi gioioso ma con una nota di potenza pronta a liberarsi alla prima occasione. Giunto in cima alla via puntai a destra, verso il lago di Como, avevo intenzione di fare il giro da Mandello del Lario a Colico a Menaggio, per poi passare in traghetto a Bellagio dove la mia cara amica Paola non mi avrebbe certo negato la sua compagnia per una cena ricca di confidenze e racconti di storie amorose finite male.

Le righe dell’asfalto scorrevano veloci sotto le ruote ed il paesaggio lacustre di prima mattina è qualcosa di unico e spettacolare; decisi di fermarmi per un cappuccino in un bar sul lago. Dalla terrazza del locale osservavo il vicino bancone dove diverse persone consumavano avidamente una rapida colazione prima di entrare al lavoro, tutti estremamente di fretta e con lo sguardo assonnato. Notai subito tre individui che sicuramente lavoravano in banca e mi resi conto di quanto sia facile riconoscere un bancario dagli abiti, dall’aspetto o dal modo di fare. Qualcuno mi lanciò una rapida occhiata, quasi di disprezzo , invidiando forse la mia calma nel sorseggiare il mio cappuccino, ma non vi detti peso.

Stavo ripartendo alla volta della moto quando sulla strada a due passi da me avvenne un incidente. Una grossa motocicletta stradale con a bordo due persone proveniva dalla strada che anche io avevo appena percorso. Ad un certo punto, apparentemente senza motivo , questa si avvicinò troppo al bordo della strada e toccando il marciapiede il pilota perse il controllo e la moto cadde su un fianco e strisciò sull’asfalto per parecchi metri. Anche i due passeggeri rovinarono a terra e ruzzolarono per un breve tratto. Corsi subito a vedere in che condizioni erano e se si erano fatti male, ma con mia grande sorpresa quelli si rialzarono quasi subito e, mentre lui corse a vedere in che condizioni era il proprio mezzo, la ragazza che stava dietro, si tolse il casco e cominciò ad urlare contro l’altro che capii essere il suo ragazzo. Ne nacque una furibonda discussione tra i due, tanto che quando mi feci avanti per chiedere se avevano bisogno di aiuto, mi sentii mandare a quel paese da entrambi. Girai i tacchi e mi diressi scocciato verso la BMW per proseguire il mio viaggio; improvvisamente mi sentii chiamare, mi girai e vidi la ragazza di poco prima, la quale si scusò e mi chiese se le potevo dare un passaggio verso Como. Le chiesi come stava dopo il volo che aveva fatto e cosa avrebbe fatto il suo ragazzo con la moto, ma lei mi corresse subito con un bel <Ex-ragazzo, prego>. Le dissi che andavo verso colico per ridiscendere sull’altra costa del lago e che se voleva potevo portarla fino a Menaggio. Accettò subito pur di allontanarsi il prima possibile dal posto e la cosa non dispiaceva nemmeno a me.

Prima di salire in sella ci presentammo, lei si chiamava Elena ed era davvero un bel tipino, ricordo che mi colpirono i suoi profondi occhi blu, incorniciati da un bel viso acqua e sapone, biondi capelli ricci le coprivano le spalle e nonostante non fosse particolarmente alta aveva un fisico asciutto e ben proporzionato che lasciava intravedere graziose forme sotto l’abbigliamento motociclistico. Passammo a fianco della Ducati del suo ex che era davvero conciata male, probabilmente in maniera irreparabile, seduto lì vicino Giorgio, il proprietario mi guardò passare con disprezzo. Superato il paese presi per alcune stradine che costeggiavano il fianco della montagna passando per zone isolate e con un non so che di selvaggio pur rimanendo così vicine a paesi densamente abitati, soprattutto durante l’estate. Viaggiavo con calma, gustandomi il paesaggio km dopo km, solo mi dava una strana sensazione il fatto di avere con me una ragazza di cui non sapevo nulla a parte il nome che non proferiva parola. Ad un certo punto la sentii singhiozzare dietro di me, mi accostai e mi accorsi che stava piangendo. Le chiesi se voleva fermarsi due minuti, proprio davanti a noi c’era un prato circondato da un bosco di castagni ed io avevo ovviamente con me tutta l’attrezzatura da picnic e qualche spuntino che quando si è in giro in moto può sempre tornare utile. Elena acconsentì, ci sedemmo sulle giacche nell’erba e cominciammo a chiacchierare del più e del meno. Mi raccontò che quella mattina erano partiti di buon’ora da casa per andare allo Stelvio dove c’erano degli amici del suo tipo che sarebbero saliti dalla Svizzera e per poi ritornare a casa prima di sera.

<Giorgio è un patito di moto, e piace anche a me andarci, ma esagera, voi che guidate non avete idea di cosa voglia dire stare seduta a cavalcioni di un sellino microscopico per ore sfrecciando a tutta birra e facendo il pelo a decine di macchine, ti prendi certi spaventi che nemmeno ti immagini, pio quel cretino insiste e più glielo dico e più fa di peggio, tanto che come hai visto stamattina a momenti ci ammazziamo>.

Cercai di consolarla e di assecondarla, in fondo aveva ragione, dal suo punto di vista, purtroppo cosa ci vuoi fare, la passione per la moto ti porta a fare queste cose, solo che a volte sarebbe meglio non farne partecipe il proprio partner se questi non vuole. Andammo avanti per un’oretta buona a chiacchierare e lei si sciolse lasciandosi andare in racconti di cose private che probabilmente non aveva mai confidato a nessuno, fino anche ad un certo punto se ne rese conto e disse: <chissà perché ti sto raccontando queste cose, che tra parentesi non sa nessuno e delle quali probabilmente non te ne frega niente… scusami ma avevo davvero bisogno di parlare>. Dopo averle detto che non mi faceva che piacere darle una mano ci accorgemmo che erano oramai le undici passate e che ci conveniva rimetterci in marcia se non volevamo arrivare a notte fonda a casa. Ripartimmo stavolta un po’ più di lena alla volta di Colico, e dopo una rapida sortita sul lungolago, attraversammo il Pian di Spagna e da li giungemmo a Gravedona. Li pranzammo in un delizioso ristorantino del quale non ricordo il nome, nascosto tra le case nella parte antica del paese, mangiammo divinamente bene e proseguimmo nei nostri discorsi ed anche io non so come finii per lasciarmi andare ad imbarazzanti confessioni sulla relazione appena finita con Sara. Ci divertimmo parecchio devo dire, e alla fine, fummo quasi messi alla porta dal padrone di casa che ci offrì un grappino pur di liberarsi di noi. In un momento di galanteria offrii il pranzo (cosa alquanto rara con tutte le mie ex) e ripartimmo alla volta di Menaggio dove peraltro arrivammo in pochissimo tempo nonostante viaggiavo lentamente non avendo alcuna voglia di lasciare la bella Elena che ora viaggiava attaccata ai miei fianchi e talvolta mi chiamava per mostrarmi particolari scorci del lago o tra i monti. Giunti al paese ci fermammo vicino al molo del traghetto per il saluto di addio, le avrei voluto proporre di venire con me a Menaggio, o forse avrei potuto deviare il mio percorso e scendere a Como, ma mi sembrava di essere invadente o inopportuno. Ci scambiammo i nr. di cellulare e proprio prima del ciao finale lei mi si avvicinò e, dandomi un bacio sulla guancia, mi ringraziò. Quel piccolo bacio mi diede il coraggio di chiederle se non le andasse di venire a Bellagio, e da lì rientrare a Como dopocena. Con mia grande gioia accettò volentieri, anzi mi confidò che sperava davvero che glielo chiedessi. Aspettammo mezzoretta il traghetto e nel frattempo avvisai Paola del nostro arrivo, lei mi disse che ci avrebbe aspettati all’attracco di Bellagio. Mi chiese poi chi era questa amica misteriosa che veniva con me, e capì dalle poche parole che usai per descriverla che mi piaceva molto.

Paola ed io eravamo amici da molto molto tempo, avevamo frequentato il primo anno di ingegneria insieme, poi io abbandonai per entrare in banca e lei proseguì. Eravamo stati anche insieme per un certo periodo, poi lei scoprì che le piacevano di più le donne e finimmo per restare molto amici nonché consulenti sentimentali l’uno dell’altra.

Appena scesi dal traghetto vidi Paola che ci veniva incontro, e dal suo sguardo ad Elena capii che le aveva già messo gli occhi addosso e la rimproverai con lo sguardo. Le presentai ed andarono subito molto d’accordo e anche loro cominciarono subito a chiacchierare tanto che quasi mi tagliavano fuori dalla conversazione. Parcheggiai la moto in bella vista insieme alle molte altre che ogni giorno affollano la bellissima Bellagio, tanto che è uno di qui posti dove è difficile trovare parcheggio anche per le due ruote.

Entrammo a bere un aperitivo al Divina Commedia prima di andare a casa di Paola che ci aveva preparato una bella cenetta da guastare sulla terrazza di casa sua. Lei abitava infatti in una stupenda villa del Settecento appena fuori dal paese, era la villa al lago dei suoi genitori, e dopo la loro scomparsa Paola aveva ereditato tutto, tanto che avrebbe potuto permettersi di vivere di rendita senza particolari problemi, eppure a parte la casa, si sarebbe detta una ragazza normale, anche lei molto carina ed aggraziata, abbastanza alta e prosperosa, ma soprattutto con un modo di fare particolare, ed una voce suadente che era in grado di ammaliare un uomo tento da fargli esaudire qualunque desiderio. Elena rimase particolarmente colpita dalla residenza della mia amica e continuava a chiedermi se era veramente sua o meno. Ci accomodammo in terrazza e chiacchierando del più e del meno gustammo una deliziosa cenetta preparata per l’occasione, il tutto annaffiato da ottimo vino delle cantine della casa. Giunse la sera e con lei una brezza fresca dal lago; la stanchezza del viaggio condita dal torpore dell’alcol cominciava a farsi sentire quando un fulmine illuminò il cielo seguito da un fragoroso tuono. Come nei film in un attimo ci ritrovammo bagnati come pulcini sparecchiando il tavolo allagato da una tempesta improvvisa. Nessuno di noi si era accorto dell’arrivo dei nuvoloni carichi di pioggia, e sì che la sera prima avevo visto le previsioni e davano appunto una perturbazione in arrivo per la serata. Dopo una folle corsa sotto l’acqua per portare in salvo piatti, bicchieri e tovaglie, ci ritrovammo fradici nel soggiorno tutti con il fiatone, ci guardammo e scoppiammo a ridere.

<E adesso? Come si fa? Come andiamo a casa Elena?> chiesi.

<Voi dormite qui stanotte> disse sorridendo Paola.

Elena mi guardava con sguardo interrogativo come se potessi darle io la risposta alle sue domande. Le risposi che, a meno che non dovesse per forza rientrare a casa, potevamo chiamare e fermarci a dormire li, ripartendo la mattina presto per Como. Sorridendo accettò, ma ora il problema era mettersi addosso qualcosa di asciutto, Paola invitò Elena a farsi un bagno caldo di sopra, ma lei non voleva, e anche se insistetti a lungo anche io si accontentò di una tuta asciutta e la stessa cosa fece la padrona di casa; visto che però l’idea del bagno a me non dispiaceva, presi congedo dalle signorine e salii al piano di sopra, riempii la grande vasca e mi abbandonai nella schiuma al profumo di vaniglia. Era da anni che non passavo una giornata così piacevole, solo una cosa poteva migliorarla, ovvero addormentarsi col viso fra le tette della biondina da basso. Provai ad immaginare di fare l’amore con lei ed in un attimo ebbi una poderosa erezione, quasi dolorosa che non accennava ad andarsene, complice il fatto che non riuscivo a togliermi dalla testa l’immagine dei peli ricci e biondi de probabilmente adornavano la sua passerina. Cominciai quindi a farmi una sega, visto che non potevo averla… se solo non ci fosse stata Paola… ero quasi sul punto di venire quando all’improvviso si spalancò la porta e vidi apparire sulla porta le due ragazze in accappatoio; la qual cosa, essendo stato beccato così in flagrante mi fece scattare su e poi sprofondare nell’abisso della vergogna.

<Cosa stavi facendo sporcaccione, non lo sai che questi sono lavori da donne? Ti spiace se facciamo il bagno insieme a te? Sai Ele ed io avremmo cambiato idea…>

Detto ciò lasciò cadere l’accappatoio sotto cui era nuda ed dopo aver tolto l’altro ad Elena entrarono nella vasca con me. Io ero senza parole, erano del tutto disinibite, e complici nel loro giochetto perverso; capii che mi stavano spiando da un po’ e che avevano combinato qualcosa da basso prima di raggiungermi. Cominciarono a baciarsi, mentre quella lesbicona della mia amica le stuzzicava i capezzoli. Intanto il mio uccello spuntava sempre più arrossato che mai come un periscopio. Elena si stacco e mi venne vicino, mi guardò e dopo avermi dato un bacio mi disse che era tutto il giorno che voleva scoparmi e che dovevo ringraziare Paola che l’aveva convinta a lasciarsi andare, poi volse la sua attenzione al gingillo che fremeva sotto la schiuma, lo osservò a lungo e prese a menarmelo, mentre io le accarezzavo la schiena ed il culetto sodo e ben tornito. Nel giro di due o tre minuti uno schizzo di sperma tra le mani della bionda annunciò il mio orgasmo troppo a lungo rimandato in quella situazione paradisiaca.

<non sei mai stato così veloce con me> disse Paola, e propose di andare in camera da letto dove saremmo stati più comodi e più tranquilli. Dopo esserci reciprocamente risciacquati e palpeggiati, ci asciugammo e ci infilammo nella camera più bella che abbia mai visto, fuori da un palazzo antico. Un grande letto a baldacchino troneggiava nel mezzo della sala, con vari veli color pastello che fungevano da tende, una cosa un po’ mielosa ma molto romantica ed accattivante per una situazione a tre come quella.

In mezzo al letto feci sdraiare Elena, e subito fummo in due a baciarla ed a riempirla di attenzioni, io sul seno e sulla bocca, mentre Paola si occupava della passerina, lei gemeva, teneva le gambe spalancate e con le mani spingeva la testa dell’altra sempre più a fondo nelle sue carni alla ricerca degli umori più nascosti. E certamente a Paola la cosa non dispiaceva, visto come leccava e con la mano si trastullava la passera. Lasciai per un attimo il talamo per godere della scena nel suo complesso e vedendo quel bel culo sollevato non resistetti ad andare prendere da dietro quasi alla sprovvista la mia ospite per ringraziarla della bella sorpresa che mi aveva fatto. Gemette forte quando glielo misi dentro tutto in un colpo solo, ricordandomi che erano anni che non si faceva chiavare da un uomo; io continuai a stantuffare per un po’, ma la cosa che più mi eccitava era il totale abbandono di quella che sembrava un tipino tanto casto e puro. Sfilai il gingillo ad un passo dall’orgasmo di Paola che mi supplicò di continuare, ma non volli sentire ragioni, volevo prendere Elena e così feci, lei restò sdraiata supina con le gambe aperte e io mi misi sopra di lei. Ricordo l’espressione da porca che fece quando glielo appoggiai tra le gambe e cominciai ad entrare lentamente facendole gustare ogni cm della mia verga oramai impazzita. Il ritmo da prima tranquillo crebbe e divenne sempre più rapido fino a quando lei che si contorceva sotto di me venne con un urlo liberatorio ed io poco dopo di lei ricoprendo le sue deliziose tettine di sperma. Paola nel frattempo doveva aver avuto nostalgia del cazzo e dei suoi sapori, perché venne da me e mi ripulì con un delizioso pompino, prima di proseguire la sua opera sul seno dell’amica.

 

 

non so perché, ma dopo aver temporaneamente saziato il mio appetito sessuale, mi venne un sonno tremendo. mi sdraiai in mezzo al letto stanco e madido di sudore, le ragazze fecero altrettanto, Paola sulla sinistra ed Elena sulla destra. ci addormentammo profondamente tutti e tre, pacificamente abbracciati e coperti solo da un leggero lenzuolo di lino.

Venni svegliato la mattina successiva, quando il sole era già alto nel cielo da un rumore proveniente dal piano di sotto. ero solo nel letto e non v'era traccia delle ragazze nella stanza. avendo lasciato i vestiti zuppi nell'altra stanza presi il lenzuolo, me lo avvolsi intorno alla vita e scesi lentamente le scale di granito cercando di non far rumore e giunto in fondo capii dove erano finite le mie compagne: erano entrambe sdraiate sul divano, nude ed abbracciate come la sera precedente; evidentemente la loro voglia di giocare non si era esaurita e dopo che mi ero addormentato Paola l'aveva convinta a continuare il gioco da sole. Erano davvero bellissima da guardare, mi sarebbe piaciuto fargli una fotografia per immortalare quell'istante in un attimo eterno. le coprii con un plaid e mi accinsi a preparare la colazione per tutti e tre. non sapevo che gusti avesse Elena, perciò cucinai un po' di tutto, tipo le colazioni a buffet che ti servono al mare nei villaggi vacanze e di questo devo ringraziare la fornitissima cucina della casa.

Le svegliai con un bacio, e quasi si spaventarono, scoperte nel loro piccolo segreto perverso ma che in fondo mi piaceva e mi eccitava, farfugliarono qualcosa sul fatto che non avevano dormito di sopra perché russavo (cosa non vera, anche perché quando lo disse Paola, l'altra si mise a ridere per le balle che diceva l'amica) quando però le interruppi dicendole che non dovevano assolutamente rendere conto a me di ciò che facevano; con il cuore più leggero quindi attaccammo la colazione che sparì in un soffio

 

 

back   next

 

Di Dionecam